Poniamo a disposizione dei lettori il parere legale nel quale Pietro Ichino argomenta l’incostituzionalità del testo di riforma del t.f.r. elaborato dal ministro Maroni. Il parere, redatto nel settembre 2005 su incarico dell’Ania, sviluppa tesi già sostenute dallo stesso Ichino nel primo e nel secondo volume del suo trattato su “Il contratto di lavoro” (Giuffré, rispettivamente 2000 e 2003). agosto 2004.
Alleghiamo inoltre il Testo Unico della previdenza complementare e la Legge n.243 del 23 agosto 2004.
Poniamo a disposizione dei lettori il parere legale di Pietro Ichino sulla riforma del t.f.r. Il parere, redatto nel settembre 2005 su incarico dell’Ania, sviluppa tesi già sostenute dallo stesso Ichino nel primo e nel secondo volume del suo trattato su “Il contratto di lavoro” (Giuffré, rispettivamente 2000 e 2003), aggiornandole in riferimento al nuovo testo legislativo. In estrema sintesi, il parere è nel senso che:
a) il testo elaborato dal ministro Maroni contrasta con il contenuto della legge-delega, la quale prevede la libertà di scelta del lavoratore non solo per la destinazione del tfr, ma anche per la destinazione del contributo di previdenza complementare a carico del datore di lavoro;
b) questa opzione contenuta nella legge-delega, che innova profondamente rispetto al regime vigente, è la più conforme al diritto comunitario, mentre la scelta opposta potrebbe presentare dei problemi di non conformità con il principio comunitario della libera concorrenza nel mercato dei servizi finanziari.
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Nato a Milano nel 1949, è stato dirigente sindacale della Fiom-Cgil dal 1969 al 1972; dopo il servizio militare, dal 1973 al 1979 è stato responsabile del Coordinamento servizi legali della Camera del Lavoro di Milano. Dal 1970 è iscritto all’Albo dei Giornalisti e dal 1975 a quello degli Avvocati. Nell’ottava legislatura (1979-1983) è stato membro della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, eletto nelle liste del Partito comunista italiano. Ricercatore dal 1983 nell’Università statale di Milano, dal 1986 al 1991 è stato professore straordinario di diritto del lavoro nell’Università di Cagliari; dal 1991 è professore ordinario della stessa materia nell’Università statale di Milano. Nel 1985 ha assunto l’incarico di coordinatore della redazione della “Rivista italiana di diritto del lavoro” (diretta dal prof. Giuseppe Pera), della quale è stato vicedirettore dal 1991 e direttore responsabile dal 2002 al 2008, quando è stato eletto al Senato. È stato senatore dal 2008 al 2018. Dal 1997 è editorialista del Corriere della Sera. Dall’aprile 1998 al marzo 1999 ha collaborato anche con l’Unità. Quasi tutte le sue pubblicazioni sono disponibili nell’Archivio degli scritti di Pietro Ichino, agevolmente raggiungibile dal suo sito: www.pietroichino.it.
Casetti Flavio
I fondi pensioni negoziali nel mercato dei prodotti finanziari sono parte della domanda di servizi finanziari, cioè comprano servizi da banche e assicurazioni. Non esiste un mercato finanziario dove competono fondi negoziali e intermediari finanziari: il play field level deve essere lo stesso anche in caso di praticanti di diverse discipline? L’identificazione dei fondi pensione negoziali come meri soggetti finanziari nega la peculiarità del risparmio previdenziale. Vorrei ricordare che il lavoratore verifca dopo 40 anni se il prodotto era quello giusto, vorrei ricordare la asimmetria informativa fra cliente singolo e operatore finanziario o assicurativo, asimmetria che ha permesso l’affermarsi di polizze correttamente definite dal Ministro Maroni “patacche”. Il Fondo pensione negoziale porta equilibrio sul mercato finanziario avendo come unica finalità la tutela del risparmio previdenziale e ne esalta le virtù allocative (per i giuristi: contribuisce ad abbattere i costi di intermediazione).
La prossima obiezione sarà che il lavoratore è maturo e sa scegliere e non ha bisogno do tutele.
Se fosse vero perchè questa libertà non viene concessa ed esercitata in altri casi. I parlamentari della Repubblica hanno un fondo pensione: quanti si sono sottratti a questa fastidiosa tutela? Idem per dirigenti d’azienda e giornalisti? Ma come, i ceti più preparati e “intelligenti” del Paese sono conculcati nelle loro libertà e l’ANIA non protesta e Ichino non commenta sul Corriere? Forse perchè le assicurazioni gestiscono già buona parte di quei patrimoni? Come per capire a volte è sufficiente chiedere chi paga.