Dopo la pubblicazione di tutti i documenti di bilancio la copertura della manovra di finanza pubblica per il 2006 continua ad apparire debole. Intanto, si parla di un possibile intervento correttivo sul 2005, per rimediare al mancato realizzarsi delle misure previste dalla Finanziaria dello scorso anno. E’ un problema che potrebbe ripresentarsi anche nel 2006. In particolare suscitano interrogativi le entrate da vendite di immobili, la regolazione dei flussi di Tesoreria, il co-finanziamento dei progetti comunitari, la lotta all’evasione e la riforma della riscossione.

Ora che tutti i documenti di bilancio sono stati resi pubblici, è possibile farsi un’idea più ponderata del quadro complessivo della manovra di finanza pubblica per il 2006.
Dobbiamo confermare l’impressione iniziale: nell’insieme la copertura – il modo in cui si prevede di raccogliere le risorse necessarie per finanziare una manovra di 22 miliardi – appare particolarmente debole e rende preoccupanti le prospettive per il 2006. Si parla in questi giorni di un intervento correttivo sul 2005, anche per rimediare al mancato realizzarsi delle misure previste nella Finanziaria dello scorso anno.
Il modo in cui è stata costruita la copertura della finanziaria 2006 annuncia che lo stesso problema si ripresenterà il prossimo anno. Senza tornare su questioni già affrontate, come la realizzabilità del taglio ulteriore ai consumi intermedi dei ministeri o di quello alla spesa degli enti locali, abbiamo alcune domande da porre.

Le entrate da vendite di immobili

Nel disegno di legge finanziaria si stabilisce che le erogazioni dall’istituendo Fondo innovazione (Agenda di Lisbona) “sono operate esclusivamente sul presupposto dei maggiori proventi rispetto alle previsioni di bilancio per l’anno 2006” derivanti da operazioni di dismissione di immobili nel limite massimo di 3 miliardi per il 2006. Andando a controllare, si vede che nel bilancio dello Stato per il 2006 (che non include ancora gli effetti della Finanziaria) sono previste entrate per dismissioni di immobili pari a 6 miliardi. Sembra che ciò significhi due cose. La prima è che il Fondo innovazione potrà essere finanziato solo se (e nella misura in cui) gli incassi da immobili saranno superiori a 6 miliardi. La seconda, più importante, è che in realtà già il tendenziale sconta incassi dagli immobili per 6 miliardi. Se questi ultimi non dovessero arrivare (e non è da escludere, se si ricorda che il bilancio per il 2005 prevedeva da questa fonte 8 miliardi, dei quali finora non sembra sia arrivato nulla), occorrerà reperire in altro modo questo ammontare oppure rassegnarsi a un maggiore disavanzo.
Non sarebbe stato più trasparente evidenziare i 6 miliardi come parte della manovra (indicando una correzione del deficit di 17,5 miliardi invece degli attuali 11,5 miliardi), invece di nasconderli nelle pieghe del tendenziale?
Visto che le entrate da dismissioni di immobili stanno diventando una componente importante degli equilibri di finanza pubblica, non sarebbe il caso di fornire al pubblico e al Parlamento qualche informazione sul grado di realizzazione della previsione di 8 miliardi per il 2005 e sui programmi di vendite che si intende mettere in cantiere per raccogliere tra i 6 e i 9 miliardi nel 2006?

La regolazione dei flussi di Tesoreria

Una parte importante della copertura della finanziaria, 2.236 milioni, è garantita dalla “regolazione dei flussi di Tesoreria”. Si tratta di limiti massimi alle erogazioni di fondi (per spese di investimento) che sono già nella disponibilità dei titolari, o perché trasferiti in passato dal bilancio o, addirittura, perché derivanti dall’accensione di mutui con le banche da parte dei titolari stessi. Questi limiti di cassa si tradurrebbero in una minore spesa, nel 2006, per l’Anas, per il Fondo innovazione tecnologica e per le contabilità speciali di Tesoreria. Naturalmente, la minor spesa nel 2006 sarebbe compensata da una maggiore spesa negli anni successivi: secondo la Relazione tecnica 400 milioni nel 2007, 500 milioni nel 2008 (e, si deve presumere, la parte restante negli anni successivi). Stranamente nel quadro complessivo della manovra sul triennio 2006-2008 distribuito in Parlamento compare la minore spesa nel 2006, ma non le maggiori spese nel 2007 e 2008. Una dimenticanza?
In passato si è spesso fatto ricorso a misure di questo tipo come extrema ratio per comporre manovre di metà anno, talvolta questi limiti hanno funzionato solo parzialmente e sono stati superati da deroghe. Insomma qualche dubbio sulla loro efficacia ci può essere. Ma il punto più importante è un altro. Nella presentazione della manovra è stata molto sottolineata la distinzione tra misure strutturali e misure una tantum. Le entrate una tantum, si è detto, sarebbero solo quelle da dismissioni. L’imposizione di limiti di cassa non è forse la più classica delle una tantum? Certo, a differenza di altre una tantum decise in passato (dai condoni al vendi-e-riaffitta) si limita a modificare il profilo temporale di una spesa senza creare costi aggiuntivi per i bilanci futuri. Ma si tratta sempre di un risparmio di spesa limitato a un anno, certamente non idoneo a finanziare nuove spese o sgravi fiscali permanenti.

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Il co-finanziamento dei progetti comunitari

Con riferimento al bilancio dello Stato (gli effetti sul conto delle Amministrazioni pubbliche non sono ricostruibili), un intervento di grande rilievo è quello sul “Fondo destinato al coordinamento delle politiche riguardanti l’appartenenza dell’Italia alla Comunità europea”, in pratica il fondo da cui escono le somme destinate dallo Stato a co-finanziare i progetti che l’Unione europea finanzia con i fondi strutturali. Da un lato, nella tabella D della legge finanziaria, si incrementa la dotazione del fondo con 3,8 miliardi nel 2006, il che fa pensare che di questa integrazione ci sia bisogno per far fronte agli impegni italiani per il ciclo corrente di programmazione degli investimenti, che deve concludersi nel 2008. Dall’altro, nella tabella F della stessa legge finanziaria, si rimodulano gli stanziamenti, riducendo di 6 miliardi proprio quelli per il 2006 e di altri 9 miliardi quelli relativi al 2007-2008. In tutto, una riduzione di 15 miliardi, che vengono spostati al 2009 e anni successivi. Ma per poter usufruire del contributo comunitario – nell’ottica appunto del co-finanziamento – i contributi italiani devono essere erogati entro il 2008. Per almeno una parte dei 15 miliardi (quella relativa al ciclo di programmazione corrente) un rinvio al 2009 può quindi avvenire solo al prezzo di rinunciare alla realizzazione di progetti di investimento già approvati e decisi.
In realtà, è probabile che il rinvio sia stato fatto solo per abbellire il bilancio, nell’ipotesi implicita che nel 2007 e 2008 gli stanziamenti saranno riportati indietro. Un balletto contabile non particolarmente edificante.
Quest’anno nella legge finanziaria compare, per la prima volta, la categoria del “finanziamento degli oneri inderogabili“: spese non incluse nel tendenziale ma a cui non si può rinunciare. I contributi per il co-finanziamento dei progetti comunitari sono destinati a comparire, sotto questa voce, l’anno prossimo?

La lotta all’evasione e la riforma della riscossione

La copertura della manovra finanziaria deriva per 625 milioni di euro (946 nel 2007 e 1278 nel 2008) da strumenti di contrasto all’evasione e dalla riforma della riscossione.
Secondo la relazione tecnica al decreto di accompagnamento alla Finanziaria, metà di tale somma, 300 milioni, deriverebbe da un aumento nel numero e nella produttività del personale impiegato nell’attività di controllo, a fronte di un incremento per 40 milioni nel 2006 (80 milioni nel 2007 e nel 2008) nelle risorse da destinare alle attività di verifiche fiscali e di contrasto del sommerso.
La somma di 300 milioni, da iscriversi fra le entrate del conto economico delle Amministrazioni pubbliche, deriva da un incremento nel “gettito di competenza” atteso, da iscriversi nel bilancio dello Stato, pari a 3 miliardi di euro nel 2006 (che diventano 4,6 miliardi in ciascuno dei due anni successivi). Come deve essere letta questa discrepanza? Si ipotizza che i ruoli emessi a seguito degli accertamenti effettuati dalla Guardia di finanza e dall’Agenzia delle entrate vadano a buon fine per il solo 10 per cento del loro ammontare?
Nel bilancio di previsione dello Stato che non include ancora gli effetti della manovra, le entrate di competenza relative all’attività di accertamento sono stimate pari a 13,8 miliardi. Passerebbero quindi a 16,8 miliardi per effetto della manovra. Nel bilancio di previsione 2005 esse erano pari a soli 8,4 miliardi; se ne prevede quindi il raddoppio in un solo anno. Cosa giustifica, a legislazione vigente, e quindi prima della valutazione degli effetti della manovra per il 2006, un incremento delle entrate da accertamento del 64 per cento? Si sono tenuti in considerazione, nel fare questa stima, così ottimistica, gli effetti negativi che i condoni anonimi degli ultimi anni eserciteranno sull’attività di accertamento futuro?
Altri 300 milioni di euro deriverebbero, nel 2006, dalla riforma del sistema di riscossione, che prevede il passaggio della titolarità di tale attività dai concessionari privati a una società per azioni, la Riscossione spa, di proprietà pubblica. Secondo le stime della relazione tecnica, la ripubblicizzazione della riscossione dovrebbe avere (ipso facto?) l’effetto di permettere l’estensione a tutto il territorio nazionale delle performance che il regime attuale raggiunge solo nelle zone di eccellenza, garantendo, a regime (e cioè dal 2008), un incremento di gettito pari a 780 milioni.
Seicento milioni di finanziamento della manovra finanziaria per il 2006 dipendono quindi, in larga parte, dalla credibilità dell’ipotesi di un aumento di produttività nell’accertamento fiscale e nella riscossione. È un’ipotesi fondata o ha piuttosto il sapore di una scommessa?

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