La manovra di finanza pubblica, dopo le modifiche subite, è certamente più solida dal lato delle entrate, anche se appare ancora insufficiente a raggiungere l’obiettivo sul disavanzo. Permane un pesante deficit di trasparenza che genera incertezza sui conti pubblici e, quindi, sulle caratteristiche delle politiche fiscali future. Rimuovere questa incertezza sarebbe più vantaggioso per le prospettive di crescita dell’economia di quanto non siano le varie misure “per la famiglia e lo sviluppo” presenti nella Finanziaria.

Come negli ultimi anni, anche questa sessione di bilancio procede in modo disordinato con un susseguirsi di annunci, emendamenti, più o meno maxi, voti di fiducia.

Procedure caotiche

Cerchiamo di fare un po’ d’ordine. Il Governo ha presentato: il 29 settembre il disegno di legge finanziaria, il bilancio dello Stato a legislazione vigente per il 2006 e la prima sezione della Relazione previsionale e programmatica; il 30 settembre il decreto legge n. 203, contenente la parte fiscale della manovra per il 2006; il 17 ottobre il decreto legge n. 211 con misure correttive per il 2005; il 28 ottobre un emendamento al bilancio a legislazione vigente con una correzione del tendenziale 2006; il 30 ottobre la seconda sezione della Relazione previsionale e programmatica (Rpp) con il quadro complessivo della manovra 2006; l’8 novembre un emendamento al decreto legge 203 (che incorpora anche i contenuti del decreto legge 211), sul quale è stata posta la fiducia. Infine, il 9 novembre un emendamento alla stessa legge finanziaria, di nuovo con accluso voto di fiducia. Un sequenza micidiale che crea seri problemi alla qualità dei documenti di bilancio (una lettura delle tabelle della seconda sezione della Rpp è sufficiente per rendersene conto) e del lavoro di esame delle commissioni parlamentari.
Questa serie di interventi dovrebbe servire a rispettare gli obiettivi sul disavanzo: 4,3 per cento del Pil nel 2005 e 3,8 per cento nel 2006. Ma una valutazione del realismo di questi obiettivi è resa molto difficile dal modo in cui vengono presentate le cifre delle misure che compongono la manovra e il loro impatto sul conto della Pubblica amministrazione.
In linea di principio, si dovrebbe partire da una previsione tendenziale (le entrate e le spese a legislazione vigente), aggiungere gli effetti delle nuove misure che si intende approvare e ottenere la previsione finale programmatica. Nella realtà, questo esercizio è reso impervio dall’abitudine di modificare la base di partenza (il tendenziale), senza dichiararlo esplicitamente, contestualmente alla presentazione delle nuove misure.
Vale la pena di fare uno dei tanti possibili esempi, a costo di apparire pedanti. Consideriamo la correzione per il 2005: il maxi-emendamento presentato l’8 novembre comporta, secondo la relazione tecnica, una riduzione dell’indebitamento di 2,5 miliardi (850 milioni da dismissioni di immobili, 809 milioni da maggiori imposte sulle società nel nel settore dell’energia, 470 milioni da riduzioni dei consumi intermedi e degli investimenti dello Stato, eccetera). Ma nel conto della Pa per il 2005, l’indebitamento è pari, da luglio, sempre alla stessa cifra: 59.638 milioni, nella prima sezione della Rpp (29 settembre, dove il conto della Pa coincide, voce per voce, con quello presentato nel Dpef del 15 luglio) e nella seconda sezione della Rpp (30 ottobre). Naturalmente si deve supporre che il tendenziale implicito nelle due versioni – a distanza solo di un mese l’una dall’altra – sia diverso. Non perché nel corso di ottobre sia successo qualcosa di particolare, quanto perché, presumibilmente, si preferisce non esporre una previsione sfavorevole prima di aver approntato le opportune misure correttive. Poco male, purché una volta realizzata la correzione si spieghi in cosa la previsione precedente era sbagliata. Se ciò non avviene, può diventare legittimo il sospetto che la politica di bilancio venga condotta sulla base di un’equazione con due incognite, nella quale l’unica costante nota è il risultato. E diventa impossibile capire se il nuovo tendenziale sia corretto o non nasconda altre Easter eggs.

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La manovra per il 2006

Il problema del tendenziale si ripresenta per il 2006. L’emendamento al bilancio a legislazione vigente presentato il 28 ottobre contiene due modifiche: una riduzione di 5 miliardi degli incassi da vendite di immobili e un aumento di 1 miliardo dei dividendi da Eni ed Enel.
Di nuovo, si tratta di modifiche che toccano materie il cui quadro doveva essere ben noto anche un mese prima. Riguardo agli immobili, avevamo messo in evidenza come la previsione iniziale (6 miliardi) migliorasse in modo irrealistico il disavanzo tendenziale. Riguardo ai maggiori dividendi da Eni ed Enel le perplessità sono ovvie.
In ogni caso, queste modifiche hanno peggiorato il tendenziale (implicito, perché ci si è guardati bene dal presentarne una versione aggiornata), rendendolo più realistico, e richiesto nuove misure correttive, esposte nella seconda sezione della Rpp, per complessivi 4.180 milioni, di cui 2.680 milioni provenienti da aggravi di imposte per le società e 1.500 milioni da riduzioni di trasferimenti ad Anas e Ferrovie.
La tabella riassume il contenuto della manovra dopo queste modifiche. È certamente migliorata la sua efficacia nel ridurre il disavanzo. In questo senso, il giudizio dato sulla versione presentata a fine settembre  va corretto. Restano tuttavia forti perplessità sulla tenuta di misure come il taglio – il quinto in due anni, senza, tuttavia, effetti stabili sui consuntivi – dei consumi intermedi e degli investimenti dello Stato (rispettivamente del 26 e del 31 per cento), le massicce riduzioni ai trasferimenti alle imprese pubbliche (in buona parte una tantum), il taglio della spesa sanitaria. La successione di tagli ai consumi intermedi senza una verifica della loro effettiva sostenibilità è probabilmente alla base della comparsa di uno stanziamento per il ripiano di debiti pregressi delle amministrazioni centrali (170 milioni nel 2006 e 200 milioni negli anni successivi), una fattispecie che eravamo abituati a vedere per le amministrazioni locali. Tutti gli interventi sulla spesa sono puramente finanziari, non accompagnati da modifiche delle determinanti della spesa, della struttura e dell’organizzazione dei centri di spesa coinvolti. Non si può che condividere la preoccupazione espressa a questo riguardo dalla missione del Fondo monetario internazionale. (1) Dal lato delle entrate, la manovra è ora più solida, anche se dubbi permangono sulla natura non strutturale di alcune voci e sul successo dei propositi di recupero dell’evasione e di miglioramento della riscossione.
In definitiva, si può ritenere che, anche dopo le modifiche, la Finanziaria resti insufficiente a garantire l’obiettivo del 3,8 per cento e che il disavanzo 2006 viaggi in realtà nei dintorni del 4,5 per cento. Permane, insomma, l’incertezza sui conti pubblici e, quindi, sulle caratteristiche delle politiche fiscali future, un’incertezza la cui rimozione risulterebbe più vantaggiosa per le prospettive di crescita dell’economia di quanto non siano le varie misure “per la famiglia e lo sviluppo” presenti nella legge finanziaria.

Trasparenza carente da tempo

A generare incertezza sulla finanza pubblica concorre certamente la mancanza di trasparenza. La questione del tendenziale vista prima è solo un esempio. Ben si comprende allora perché nel comunicato conclusivo della missione del Fondo monetario internazionale, diffuso il 2 novembre e salutato dal ministro dell’Economia con un eloquente “We welcome”, si affermi che “Analysis of fiscal trends and prospects is severely hampered by a long-standing lack of transparency. (…) Italy’s budget presentation falls well short of industrial country transparency practices, and is in urgent need of improvement”. (2)
“Ben al di sotto degli standard dei paesi industrializzati”, “Urgente bisogno di miglioramenti” Quali? Un’ipotesi avanzata da molti, anche dallo stesso Fondo, è quella dell’istituzione di una commissione di esperti indipendenti che in qualche modo certifichi i conti pubblici. Altri pensano a uno status di maggiore indipendenza per la Ragioneria generale dello Stato, altri ancora a una commissione mista composta da esperti del ministero dell’Economia, della Banca d’Italia, dell’Istat e delle Regioni.
Bisogna dire che non sembrano proposte utili. La responsabilità della politica di bilancio deve restare interamente nelle mani del Governo e, in particolare, del ministro dell’Economia e del suo braccio operativo, la Ragioneria generale dello Stato. Diversa è la questione della certificazione dei dati a consuntivo, un compito svolto per il conto della Pa, dall’Istat. Sarebbe certamente utile aumentare il grado di indipendenza dell’Istat dal Governo, modificando le modalità di nomina del presidente e irrobustendo la commissione di garanzia.
La trasparenza della politica di bilancio deve, invece, essere garantita nel rapporto tra Governo, da un lato, e opinione pubblica, dall’altro. Il luogo ovvio nel quale collocare un centro indipendente di verifica tecnica della politica di bilancio è, quindi, il Parlamento. La strada da seguire è quella di rafforzare, eventualmente unificandoli, i Servizi Bilancio di Camera e Senato (che oggi operano con un numero complessivo di sei funzionari), sul modello del Congressional Budget Office americano. Tutto ciò servirà, comunque, a poco se non ci convinceremo che in questa situazione la trasparenza della politica fiscale non è un optional ma una necessità, un bene pubblico la cui mancanza danneggia tutti, Governo e Parlamento, opposizione e maggioranza.

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(1) Si legge nel rapporto del Fmi: “We are concerned, however, that Italy’s public expenditure dynamics will undermine achievement of the 2006 deficit target” – “Siamo preoccupati che la dinamica della spesa pubblica in Italia comprometta il raggiungimento dell’obiettivo di deficit nel 2006”.

(2) “L’analisi delle tendenze e delle prospettive del bilancio è gravemente ostacolata da una mancanza di trasparenza di lunga durata (…) La presentazione del bilancio è ben al di sotto degli standard di trasparenza dei paesi industrializzati e necessita urgentemente di miglioramenti”.

La manovra di finanza pubblica per il 2006 (milioni di euro)

 

2006

2007

2008

MINORI SPESE

   

Amministrazioni centrali (Consumi intermedi, investimenti, personale)

2.595

2.845

2.923

Amministrazioni locali (Patto di stabilità, sanità, personale)

6.093

6.165

6.222

Investimenti e trasferimenti a imprese pubbliche

5.251

2.710

2.965

Tabelle Legge Finanziaria

1.526

1.825

1.825

TOTALE

15.465

13.545

13.935

MAGGIORI ENTRATE

   

Imposte sulle società

5.932

3.905

4.060

Giochi e tabacchi

690

970

1.023

Riscossione, evasione, sanzioni

785

1.217

1.584

TOTALE

7.407

6.092

6.667

TOTALE COPERTURA FINANZIARIA

22.871

19.637

20.602

    

NUOVI INTERVENTI

   

Fondo famiglia e sviluppo

1.140

0

0

Cuneo contributivo

1.996

1.556

1.829

Proroga agevolazioni fiscali

1.217

366

116

Eccedenze di spesa

589

380

380

Altre minori entrate e maggiori spese

1.501

2.184

2.764

TOTALE

6.443

4.486

5.089

    

RIDUZIONE DISAVANZO

16.429

15.150

15.513

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