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I benefici della Tav

Le polemiche sul collegamento transalpino Torino-Lione non tengono conto degli aspetti chiave di analisi economica e ambientale. Vi è stato infatti un difetto di comunicazione che ha impedito di illustrare adeguatamente gli obiettivi ambientali e ha trascurato gli effetti di opzione, di difficile quantificazione all’interno delle analisi tradizionali. Due lavori basati sull’analisi costi-benefici estesa dimostrano che non sono trascurabili i valori di opzione che il progetto è in grado di generare. E confermano il ruolo strategico del collegamento.

I benefici della Tav, di Massimo Centra e Giuseppe Pennisi

Le polemiche delle ultime settimane sul traforo nella linea ferroviaria ad alta velocità, realizzata con il sostegno dell’Unione Europea, per il collegamento transalpino Torino-Lione non hanno tenuto conto degli aspetti chiave di analisi economica e ambientale. Inoltre, hanno sottovalutato il ruolo che il progetto ha nell’ambito del posizionamento strategico del nostro paese all’interno della gerarchia trasportistica europea: l’Italia è un paese trasformatore, la competitività dei cui prodotti dipende in modo cruciale dall’efficienza del sistema di trasporto.

Un progetto che parte da lontano

Il progetto è stato definito alla fine degli anni Novanta, quando era in carica il Governo Amato e il dicastero dell’Ambiente era guidato da un ministro “verde”, Edo Ronchi, la cui commissione per la valutazione d’impatto ambientale ha vagliato, ed elogiato, il progetto. Il Governo italiano dell’epoca lo presentò all’Unione Europea perché venisse incluso nell’elenco di progetti ad altissima priorità delle grandi reti transeuropee, i Trans European Networks.
Gli obiettivi del progetto, e in particolare del tunnel di cinquantadue chilometri che prosegue per altri trentadue nella circonvallazione di Bussoleno, erano, e sono, due: a) riduzioni dei tempi di percorrenza (e aggancio dell’Italia agli altri principali Net); b) miglioramento delle condizioni ambientali, sia nell’immediato sia soprattutto in prospettiva, riequilibrando il trasporto merci (e, in una misura minore, quello passeggeri) a favore della rotaia “in ragione dell’esigenza di tutelare l’ambiente nelle aree in cui si è registrato un forte aumento del trasporto delle merci su gomma”.
Naturalmente, come qualsiasi grande opera infrastrutturale, la fase di attuazione avrebbe provocato discontinuità e disagio per chi vive, abita e lavora nei pressi dei cantieri. Ma gli obiettivi del progetto e le sue componenti, soprattutto il tunnel, sono stati discussi a lungo nella fase di allestimento dell’investimento e successivamente. (1)
Non sappiamo quale informazione sul progetto, aspetto chiave del processo decisionale, sia stata presentata e discussa con gli stakeholder della Val di Susa. (2)
La divergenza tra le loro reazioni e quelle degli abitanti dell’altro versante delle Alpi, che soprattutto per motivi ambientali insistono perché l’opera non abbia ritardi, può indicare un difetto di comunicazione nei confronti delle autorità locali, e da parte di queste ultime verso ai cittadini. Ciò si sarebbe verificato soprattutto nella seconda metà degli anni Novanta quando il progetto era in fase di allestimento e prima della sua inclusione nella “quick list” dell’Unione, avvenuta nell’autunno 2003 al termine di un lungo negoziato durante il quale tanto il Governo centrale quanto la Regione, la provincia e i principali comuni si sono adoperati perché la Tav Torino-Lione (e relativo tunnel) rientrasse in quell’elenco.

Due analisi costi benefici estese

Occorre sottolineare che i benefici ambientali per la riduzione di inquinamento da traffico su Tir riguardano direttamente gli abitanti delle aree in prossimità del tunnel, sia italiane sia francesi. I benefici in termini di riduzione dei tempi di percorrenza (nonché di incidenti stradali) si spalmano su un territorio molto vasto e su vari Net, principalmente sul corridoio Parigi-Colonia, quello a più alta intensità di traffico in Europa.
Negli scenari controfattuali elaborati negli anni Novanta, si è potuto toccare con mano come senza la Tav Torino-Lione, il sistema Italia, e non solo la Regione Piemonte, sarebbe stato fortemente danneggiato in termini di perdita di competitività e di quota del commercio mondiale a ragione dei più elevati costi di trasporto derivanti dal mancato collegamento con i Net del resto d’Europa.
Dati gli alti costi del tunnel, un’analisi economica convenzionale dava risultati marginali ove non negativi in termini di valore attuale netto (Van) ai tassi di attualizzazione normalmente adottati dall’Unione Europea (tra il 5 e l’8 per cento), anche tenendo conto di elevati benefici ambientali. Per questo motivo, in un primo momento, la Commissione europea, allora presieduta da Romano Prodi, non aveva ritenuto di includere il progetto nella “quick list”. A titolo di cronaca, vale la pena ricordare che allora i comuni della Val di Susa erano insorti contro la Commissione Prodi, accusata di non essere sensibile alle opportunità di sviluppo che il progetto avrebbe portato ai loro territori.
Tuttavia, un’analisi convenzionale poco si adatta a infrastrutture a lunga gestazione, a rilevante impiego di risorse tali da comportare scelte irreversibili in un contesto di incertezza. (3)
Occorre fare ricorso all’analisi costi-benefici estesa alle opzioni reali, in grado di tenere conto delle opportunità di guadagno, o di riduzione delle perdite, offerte dalla volatilità delle variabili in gioco. Nel caso specifico, il progetto consente un riequilibrio tra le modalità di trasporto – ossia rende possibile accedere ai vantaggi della multimodalità.
Sono state pubblicate almeno due analisi costi benefici estese della Tav Torino-Lione. (4) Condotte con tecniche leggermente differenti, esplorano con rigore quantitativo opportunità, ossia opzioni, anche esse differenti.
La prima analisi non tiene conto dei benefici ambientali, ma unicamente di quelli trasportistici. In termini di Van, il valore del progetto per la collettività diventa significativo se si quantizza, sotto un’ampia gamma di ipotesi di volatilità, l’opzione di flessibilità – ossia l’opportunità di sopperire alle esigenze di domanda straordinaria in caso di shock temporanei dovuti a determinanti quali la saturazione dei valichi alpini, la congestione di alcuni modi di trasporti alternativi, una crescita dell’Est europeo più dinamica di quanto oggi prevedibile.
La seconda incorpora, oltre a considerazioni trasportistiche, gli aspetti ambientali sotto due scenari di effetti forti e deboli e studia, in particolare, le opzioni di espansione (il tunnel a due tubi del progetto esecutivo quale definito) e di differimento (incorporando così il ruolo dell’attesa in termini di informazioni a disposizione del decisore). Come è possibile verificare dalle tabelle riportate in basso, pure in presenza di un tasso di attualizzazione dell’8 per cento, il Van esteso è positivo in caso di effetti ambientali pronunciati, mentre è negativo nell’ipotesi di una stima moderata degli effetti ambientali. L’opzione di differimento è considerata con segno negativo poiché la realizzazione del primo collegamento, e quindi la rinuncia alla possibilità del differimento, rappresenta un costo per il progetto. L’opzione di espansione rappresenta un beneficio a cui invece si accede attuando il progetto. Tenendo conto degli effetti ambientali e delle opzioni associate al progetto, il bilancio complessivo può dirsi positivo, anche in presenza di un tasso di attualizzatone dell’8 per cento. (5)
Entrambi i lavori basati sull’analisi costi-benefici estesa dimostrano che i valori di opzione che il progetto è in grado di generare, non sono trascurabili e confermano il ruolo strategico del collegamento. Il difetto di comunicazione consiste proprio nel non averne adeguatamente illustrato gli obiettivi ambientali e nell’aver trascurato gli effetti di opzione, di difficile quantificazione all’interno delle analisi tradizionali.

Leggi anche:  Superbonus: la nuova stretta colpisce i più deboli

Valore attuale netto esteso nell’ipotesi di effetti ambientali “deboli”

(valori in milioni di euro)

Progetto I Tunnel

(VANE)

Opzione di differimento

Opzione di espansione

VANES

Interesse

5%

8%

5%

8%

5%

8%

5%

8%

Volatilità

5%

405,24

-399,20

-502,93

-4,65

471,92

305,70

374,23

-98,15

8%

405,24

-399,20

-503,69

-33,75

472,94

316,28

374,49

-116,67

20%

405,24

-399,20

-622,53

-216,60

607,47

500,03

390,18

-115,87

Fonte: nostre elaborazioni

Valore attuale netto esteso nell’ipotesi di effetti ambientali “forti”

(valori in milioni di euro)

Progetto I Tunnel

(VANE)

Opzione di differimento

Opzione di espansione

VANES

Interesse

5%

8%

5%

8%

5%

8%

5%

8%

Volatilità

5%

871,21

-187,96

-968,90

-43,76

521,83

426,09

424,14

194,37

8%

871,21

-187,96

-969,07

-95,35

522,43

428,92

424,57

145,61

20%

871,21

-187,96

-1121,31

-309,37

643,17

582,88

393,07

85,65

Fonte: nostre elaborazioni

* Massimo Centra, economista, è assistente del presidente di Trenitalia spa. Questo articolo è stato scritto a titolo personale e non impegna né l’azienda né i suoi amministratori.

(1) Ad esempio, è stata riservata all’argomento una sessione del congresso scientifico dell’Associazione italiana di valutazione, Aiv, tenuto a Milano nel marzo 2003.
(2) De Filippi G. “Informazioni, news e valutazione” Rassegna Italiana di Valutazione Anno IX, 2005 , n. 32 pp.45-53.
(3) Ad esempio, in materia della possibilità di innovazioni tecnologiche che portino al funzionamento di Tir non inquinanti tra tre-quattro lustri quando la Tav Torino-Lione sarà in piena vita economica.
(4) Pennisi G., Scandizzo P.L. Valutare l’incertezza: l’analisi costi benefici nel XXI secolo Torino, Giappichelli 2003 pp.346-355. E Centra M. “Analisi costi benefici con opzioni reali: un’applicazione al settore dei trasporti ferroviari” Rassegna Italiana di Valutazione Anno IX, 2005 , n. 32 pp. 97-116.
(5) Un tasso di attualizzazione dell’8 per cento è elevato rispetto, ad esempio, al 6 per cento utilizzato per i fondi strutturali europei e, per implicazione, per gli investimenti a concorrere su fondi Cipe.

Il valore d’opzione della Tav, di Marco Ponti

Il concetto di “valore di opzione” deriva dall’analisi finanziaria, ed è rilevante merito scientifico di Giuseppe Pennisi e Lucio Scandizzo averne promosso l’uso anche nella valutazione degli investimenti pubblici. Tuttavia, vi sono ragioni per ritenere che, nel caso del collegamento ad alta velocità tra Torino e Lione, un uso più esteso e strategico di quell’approccio darebbe risultati diametralmente opposti a quelli presentati dallo stesso Pennisi e da Massimo Centra su lavoce.info.
Secondo gli autori, l’”opzione” essenziale, che farebbe passare da negativo a positivo il valore sociale dell’investimento nel collegamento alta velocità Torino-Lione, deriva dall’accresciuta possibilità di usare modi diversi di trasporto, con la conseguente possibilità di espandere l’offerta in caso di eventi imprevisti.
Verissimo, ma l’analisi andrebbe estesa a progetti alternativi meno costosi. Il che, tra l’altro, è “buona pratica” internazionale, di validità generale. Si pensi per esempio ad approcci del tipo “analisi di valore aggiunto”, usati da Lanfranco Senn sia per la linea Av Torino-Milano che per il Ponte sullo stretto di Messina. Ovviamente, tendono a produrre risultati più favorevoli dell’analisi costi-benefici (e per questo sono politicamente molto più gradite): assumono infatti implicitamente nullo il costo sociale del capitale e del lavoro. L’assunzione, in sé non certo condannabile, dovrebbe essere estesa all’analisi di schemi alternativi di spesa pubblica, altrimenti si garantiscono quasi automaticamente risultati “apologetici” per i progetti analizzati.
E lo stesso vale per le considerazioni sul “valore di opzione” del progetto Tav: espandere la capacità stradale, introducendo forti vincoli ambientali sui veicoli merci, costerebbe una frazione della soluzione ferroviaria, e consentirebbe di fronteggiare altrettanto bene “shock di domanda”. Considerazioni identiche, poi, possono essere estese ai servizi aerei, per quanto concerne la (modesta) domanda passeggeri prevista sulla tratta Torino-Lione.

Shock tecnologici e altre modalità di trasporto

Lo “shock” potrebbe essere anche generato da fattori energetici o ambientali, che renderebbero impossibile (o costosissimo) il transito sul tracciato di mezzi a propulsione basata su fonti petrolifere. Ma se questo scenario si verificasse, verrebbe meno gran parte della stessa domanda di trasporto: l’energia spesa da aerei e veicoli stradali sul valico è una frazione piccolissima di quella totale spesa dalla mobilità merci e passeggeri (si pensi che sul corridoio V il traffico di lunga percorrenza non supera il 5 per cento del totale). Si tratta dunque di uno scenario estremo, che ridurrebbe drasticamente le attività economiche. (1) E non sembra comunque confortato da considerazioni energetiche: con il prezzo del petrolio oltre i 60 dollari al barile, già oggi molte fonti energetiche alternative risultano competitive. Né tale prezzo sembra destinato a scendere, accelerando così sia il progresso tecnico nei consumi unitari dei veicoli, che la produzione di carburanti di origine non fossile.
Curiosamente, Pennisi e Centra trascurano le modalità di trasporto alternative più significative, proprio dal punto di vista del loro “valore di opzione”: la strada e l’aereo. Intrinsecamente tali modalità si presentano molto più flessibili nello spazio e nel tempo di quelle ferroviarie: i veicoli stradali e aerei sono assai più “fungibili” di quelli ferroviari, che sono legati a infrastrutture specifiche da questioni di alimentazione elettrica, pendenze delle linee, eccetera. Tutto lascia supporre dunque che un’analisi che includa il “valore di opzione”, ma che fosse estesa a tutti i modi di trasporto, “premierebbe” le tecnologie più flessibili, coeteris paribus, e non il contrario.
Se poi nell’analisi immettiamo un ulteriore elemento innovativo rispetto al tradizionale approccio costi-benefici, il “costo sociale” dei fondi pubblici, il quadro cambia ulteriormente a sfavore della soluzione ferroviaria. Nel contesto dell’Unione Europea, il “costo sociale” è strettamente legato al vincolo di bilancio, ed è tanto più elevato quanto più elevato è il deficit pubblico. L’applicazione di questo elemento all’analisi economica di un progetto pubblico non fa che quantificare l’ovvia considerazione che tra due progetti identici in termini di costi e di benefici socio-economici, è da preferire quello che presenta maggiori rientri finanziari. Non necessita di commenti quanto peserebbe questo ovvio fattore confrontando progetti stradali, che generalmente hanno ritorni finanziari netti positivi o moderatamente negativi, con il progetto Tav, che con ogni probabilità ripagherà a malapena i costi di esercizio.

I costi aggiornati

Last but not least, il costo ufficiale dell’alta velocità Torino-Lione sembra molto lontano dalle più realistiche stime attuali (anche tenendo conto, come è ovvio, dell’inflazione). Le stime ufficiali attuali sono arrivate a 13 miliardi di euro per la sola quota italiana, mentre per quella francese sembra si sia ancora lontani da una valutazione attendibile. Per l’ultima tratta della linea, verso Lione, manca persino un progetto definitivo: sono più di 100 km, ed estendendo i valori di costo della linea Milano-Torino, si può tranquillamente parlare di almeno 5 miliardi di euro.
Sarebbe interessante verificare i risultati dell’analisi con questi valori, anche considerando che generalmente i costi a consuntivo in opere del genere superano di molto quelli a preventivo. La sistematica sottostima iniziale avviene ovunque per ovvie ragioni di opportunità politiche dei promotori dei progetti di spesa, ma non costituisce certo una buona prassi valutativa.

(1) La ferrovia non è un sistema, al contrario della strada, infatti postula servizi stradali alle estremità degli spostamenti.

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Leggi anche:  Come togliere il trasporto merci dal binario morto

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Un terzo trimestre triste per le forze lavoro

  1. Antonio Durante

    Gentili autori,
    sulla questione TO-Lione sto cercando di farmi un opinione che vada un po’ oltre le schematizzazioni mediatiche.
    Leggendo gli argomenti e i dati dei consulenti no-Tav ho capito che stiamo per imbarcarci in un’altra di quelle imprese per le quali non esistono i volumi che le giustifichino (Ponte sullo Stretto etc.).
    Nel vostro articolo imputate buona parte delle reazioni al “difetto di comunicazione” perchè, se spiegato bene, il progetto avrebbe una sua validità e consistenza.
    Voglio essere sincero: non so se, tra Van, ipotesi di volatilità, opzione di flessibilità, effetti ambientali forti e deboli (come si definiscono?), opzione di differimento ecc., le popolazioni della Val Susa si siano chiarite le idee, so per certo, invece, che io sono più confuso di prima.
    Non è che avete aggiunto difetto di comunicazione a difetto di comunicazione ?
    Grazie e benvenuto sia un chiarimento.
    Antonio Durante

    • La redazione

      Il collegamento ferroviario Torino-Lione rappresenta un caso
      sostanzialmente diverso del ponte sullo stretto di Messina poiché la linea ferroviaria giocherebbe invece un ruolo completamente nuovo nello scacchiere dei trasporti europei: si tratterebbe di cambiare una tendenza è in atto da più di mezzo secolo a favore del trasporto su gomma. I valori di
      opzioni nascono dalla possibilità di tener conto, all’interno della valutazione, di ciò potrebbe verificarsi ma che ovviamente dipende dalla realizzazione di una serie di variabili casuali che per loro stessa natura non sono prevedibili. Spesso ci si confonde se si è alle prese con un
      linguaggio tecnico con termini quali di opzioni, volatilità, van. Per semplificare, si pensi a due scenari: uno dove i traffici si ridurranno se considerati sul piano relativo, ma non caleranno i costi della congestione e i danni ambientali; un altro in grado di cogliere i flussi trasportistici più importanti senza per questo “svalorizzare” le aree circostanti.
      Speriamo di aver aggiunto chiarezza di comunicazione a difetto di comunicazione. Dall’altra parte delle Alpi (nel versante francese) è stata effettuata un’attenta attività di comunicazione. Ciò spiega perché le popolazioni ed i loro sindaci premono perché il progetto non subisca ritardi.
      Massimo Centra e Giuseppe Pennisi

  2. piergiuseppe gillio

    Con buona pace del prof. Ponti l’obiettivo UE è il trasferimento del 30% del trasporto merci su rotaia all’altezza del 2030 e del 50% al 2050 (potrò sbagliarmi, ma sono date che le conseguenze del cambiamento climatico potrebbero anticipare). Lo strumento primario per il raggiungimento dell’obiettivo è quello di una rete centrale, articolata in corridoi interoperabili e interconnessi, di cui la Torino-Lione è il cuore (fra l’altro, anche in piena recessione, 2,5 milioni di TIR continuano a varcare l’arco alpino occidentale). Le nuove infrastrutture hanno la funzione di rendere la rotaia competitiva con la strada (e l’unica via riconosciuta è quella della maggior capacità dei treni, a sua volta consentita da adeguate specifiche tecniche delle linee). L’alternativa alle nuove infrastrutture rimane così quella più costosa degli incentivi. La Svizzera ha quest’anno raggiunto il traguardo del 69% del trasporto merci su rotaia. Non solo grazie alla tassa sul traffico pesante, ma a 220 milioni (in euro) di incentivi al combinato. Ovvero più di quanto spenderà annualmente l’Italia di qui al 2029 per la realizzazione della NLTL. E quegli incentivi non saranno più corrisposti dopo la messa in esercizio dei tunnel Alptransit. Hanno sbagliato i loro conti o vedono lontano?

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