Dopo l’approvazione della legge sul risparmio, è stato convocato, per il 22 febbraio, il Comitato interministeriale del risparmio. E’ un organo con competenze limitate e ormai obsoleto. Il nostro ordinamento si regge sul ruolo centrale delle Autorità indipendenti, nel presupposto che debbano esercitare i loro poteri in modo del tutto autonomo rispetto alle determinazioni politiche. Per prevenire il rischio di un controllo politico sulla vigilanza è meglio abolire il Cicr. Ma in tempo di campagna elettorale, qualcuno avrà il coraggio di proporlo?

Appena approvata la legge sul risparmio (il cui spessore tecnico è ampiamente testimoniato dai forti dubbi espressi delle stesse Autorità di vigilanza e dall’immediato intervento del Parlamento per procrastinarne l’entrata in vigore) arriva, puntuale, una incomprensibile e chiaramente “elettorale” convocazione del Cicr, Comitato interministeriale per il credito e il risparmio.

Un organo inutile

Fin dai tempi dell’approvazione del Testo unico bancario nel 1993 (Tub) un coro di voci aveva chiesto l’abolizione di un organo ormai completamente inutile, tornato in vita più di recente soltanto come triste teatro degli scontri all’arma bianca tra il ministro del Tesoro e l’allora Governatore della Banca d’Italia. Nel corso della discussione del progetto di legge sul risparmio ci furono alcuni maldestri tentativi di trasformarlo in una sorta di megacoordinatore politico dei controlli sul mercato finanziario, tentativi fortunatamente e rapidamente rintuzzati.
Così, attualmente le competenze del Cicr rimangono quelle indicate dall’articolo 2 del Tub solo ed esclusivamente in ambito bancario e cioè l’alta vigilanza in materia di credito e di tutela del risparmio: non ha alcun potere di direttiva e non può adottare provvedimenti specifici su singoli soggetti.
Per il Testo unico della finanza il Cicr, invece, è uno sconosciuto ed è, quindi, del tutto privo di competenze sulla disciplina in materia di trasparenza e correttezza degli operatori e sul funzionamento dei mercati.

Le Autorità si coordinano da sole

In sostanza, il nostro ordinamento si regge sul ruolo centrale delle Autorità indipendenti, nel presupposto che i poteri di controllo debbano essere esercitati, non soltanto con un adeguato grado di professionalità, ma anche e soprattutto in modo del tutto autonomo rispetto alle determinazioni politiche. È questo il filo conduttore che ha caratterizzato l’evoluzione del nostro ordinamento negli ultimi anni e si può senz’altro dire che, seppure con non poche contraddizioni, come testimoniano le ultime vicende, siamo sulla buona strada.
È evidente, poi, che le Autorità di vigilanza non possono agire per compartimenti stagni, e devono evitare che la mancanza di coordinamento generi, come poi è effettivamente avvenuto, buchi nel sistema, prontamente sfruttati da chi vuole fare il furbo. Ma per questo non c’è certo bisogno del Cicr, sia perché non ha alcuna competenza di coordinamento, sia perché proprio la legge sul risparmio, all’articolo 20 ha opportunamente stabilito che le Autorità si devono autonomamente coordinare tra di loro attraverso protocolli d’intesa o comitati, riunendosi almeno una volta l’anno. Ed è solo e soltanto questa la sede prevista per il coordinamento. L’autonomia delle Autorità non deve, naturalmente, tradursi in autoreferenzialità. La legge sul risparmio ha perso l’occasione di creare, come pure era stato proposto, una commissione parlamentare permanente che potesse rappresentare il luogo di “rendicontazione” delle Autorità (in altri termini, un conto è una relazione davanti all’intero Parlamento, un conto è una relazione presentata a un numero ristretto e qualificato di parlamentari che può più facilmente e utilmente interloquire con le Autorità). Non vi è dubbio, comunque, che se da un lato è necessario ampliare e rafforzare i meccanismi di accountability, dall’altro è evidente che anche in questo campo il Cicr non riveste alcun ruolo e, con la pletora di ministri che ne fanno parte, finisce con il rappresentare un vecchio residuo della legislazione previgente del tutto obsoleto.

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Le tentazioni politiche

Alla luce di queste considerazioni c’è da chiedersi cosa si (e cosa ci) racconteranno i partecipanti a una riunione che si preannuncia decisamente affollata. Non si comprende, cioè, quali possano essere le finalità dell’incontro, a meno di dover subire i solito generici, e in fin dei conti inutili, proclami sulla tutela del risparmio.
In realtà, come è del tutto evidente, il vero pericolo è un altro e cioè il tentativo di utilizzare il grimaldello del Cicr per riportare l’attività di vigilanza sotto l’ombrello governativo e quindi sottoporre a un controllo politico i mercati finanziari e i soggetti che vi operano. Sebbene un simile tentativo sia in assoluto contrasto con il nostro ordinamento e con le regole comunitarie, non bisogna mai arretrare la guardia perché, soprattutto in un momento dove farsi (a parole) paladini dei risparmiatori può rendere in termini elettorali, il rischio che si ripropongano interventi che ormai appartengono all’antiquariato dei sistemi finanziari è sempre in agguato.
Sono allora necessarie soluzioni drastiche: c’è qualche forza politica disposta a mettere nel suo programma elettorale la semplice e banale proposta di abolire il Cicr?

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