In questa campagna elettorale, i politici citano spesso e volentieri i dati dell’economia a sostegno della bontà delle loro idee e dei loro programmi. Numeri allo sbaraglio, che nessuno si prende la briga di controllare. Invece un confronto con i dati reali, magari di Eurostat, non guasterebbe. Perché gli errori fioccano. Anche nel dibattito fra i due candidati per le elezioni.
La campagna elettorale è ormai entrata nel vivo; mai come in questi tempi leconomia è al centro dei dibattiti, soprattutto televisivi. Con i politici di entrambi gli schieramenti perennemente impegnati a snocciolare cifre, dati, statistiche: ma siamo proprio sicuri che queste cifre, questi dati, queste statistiche siano esatte? Cè qualcuno che si prende la briga di controllare se le affermazioni sono, fattualmente, vere?
Negli Stati Uniti, il giorno dopo i dibattiti, servizi e inchieste fanno le pulci alle dichiarazioni dei due contendenti, per individuare eventuali errori (in particolare sulle questioni economiche) delluno o dellaltro.
Domani andrà in onda il primo confronto televisivo tra idue candidati premier del prossimo Governo italiano. Staremo con le orecchie tese: cominceremo anche noi a fare le pulci ai nostri politici. Speriamo solo che qualcuno segua il nostro esempio.
Invitiamo i nostri lettori ad aiutarci a smascherare dichiarazioni dubbie.
Ipse dixit
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Mentre Fassino afferma che la crescita del Pil italiano nel 2005 era pari a zero, Fini interrompe dicendo "In Francia è 0.3 e la Germania lanno scorso era in recessione" (Ballarò, martedì 4 aprile)
Dai dati disponibili su Eurostat si può facilmente vedere che la Germania ha registrato una crescita del Pil nel 2005 delllo 0.9% (dati definitivi), non proprio in recessione. Per la Francia lEurostat non ha ancora il dato definitivo, ma una previsione di crescita dell1.6%.
Percentuale di crescita del Pil
1996 | 1997 | 1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 | |
Germany | 1.0 | 1.8 | 2.0 | 2.0 | 3.2 | 1.2 | 0.1 | -0.2 | 1.6 | 0.9 |
France | 1.1 | 2.4 | 3.6 | 3.3 | 4.1 | 2.1 | 1.2 | 0.8 | 2.3 | 1.5(f) |
Fonte: Eurostat
Secondo lISAT francese, INSE (Institut National de la Statistique et des Études Économiques), la crescita delleconomia è stata dell1.4%; mentre secondo la Commissione Europea nellInterim forecast (directorate-general for economic and financial affairs) del 21 febbraio 2006, la crescita del Pil francese è stata dell1,5%, comunque non 0.3%.
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Nel duello televisivo Prodi ha affermato che il sud e’ cresciuto meno del nord sotto il governo Berlusconi.
(dal secondo confronto tv, lunedì 3 Aprile)
Non è vero. Il PIL del Mezzogiorno è cresciuto dell’1.3% l’anno tra il 2000 e il 2004, mentre il PIL del Nord è cresciuto solo dell’1.0%. Una simile differenza marginale in favore del Mezzogiorno si era verificata anche nei cinque anni precedenti.
I dati relativi possono essere scaricati dal sito dell’Istat ("conti territoriali"):
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Segnalazione di un lettore; dal rotocalco propagandistico del Presidente del Consiglio: "La vera storia italiana – dietro le quinte del governo del governo Berlusconi – pag. 154
"27.119 dollari è il reddito medio odierno degli italiani (nel 2001 era di 24.670 dollari)"
Guardando il sito www.uic.it, che è il sito dell’Ufficio Italiano dei Cambi, si vede che nel 2001 il cambio dollaro/euro era circa 0.90 dollari per un euro nel 2001; oggi e’ circa 1.20 (dollari per un euro). Il valore del dollaro è quindi cresciuto del 33% circa, ed è questo che traina la crescita di cui sopra.
Traducendo gli stessi valori in Euro avremmo 27.411 Euro nel 2001 (24.670/0.90) e 22.599 Euro nel 2004 (di nuovo, 27421/1.20). Di certo, partendo da qualunque serie in euro, se la converti in dollari al cambio corrente ottieni una forte crescita del valore dato l’apprezzamento dell’euro nel frattempo. Ad esempio, se il reddito in euro fosse stato di 20000 euro in entrambi gli anni, in dollari ci sarebbe una crescita di circa il 33%.
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Il record di famiglie italiane che possiede la propria abitazione, l87%, 3 milioni lhanno comprato nei 5 anni del nostro governo. (dichiarazione del Presidente del Consiglio nel corso del secondo confronto tv con Romano Prodi, lunedì 3 Aprile)
Indagine banca d’italia sui bilanci delle famiglie italiane del 2004. La quota di famiglie propietarie della casa di abitazione e’ il 69.68 percento; 20,96 in affitto, le altre hanno una casa a riscatto o in godimento (gratuito e a pagamento).
TITOLO DI |
GODIMENTO |
DELL’ABITA-
Z IONE (5) | Freq. Percent Cum.
————+———————————–
1 | 5,583 69.68 69.68
2 | 1,679 20.96 90.64
3 | 35 0.44 91.08
4 | 190 2.37 93.45
5 | 525 6.55 100.00
————+———————————–
Total | 8,012 100.00
A Ballarò si è parlato di conti pubblici e del "drammatico" debito che il governo di centro sinistra avrebbe lasciato in eredità. Ancora una volta si è citato un dato, il 3,2% del rapporto disavanzo/Pil. Cerchiamo di spiegare ai lettori sia limportanza del dato sia la corretta interpretazione che bisogna attribuirgli.
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Segnalazione di un lettore: Molti italiani hanno ricevuto a casa un rotocalco propagandistico del Presidente del Consiglio. Fra le tante affermazioni, vi sottoponiamo quella di pagina 4 in cui si sostiene quanto segue:
"Addio alla lira: il grave errore di Prodi. L’euro quotato a 1936 lire ha, di fatto, dimezzato stipendi e pensioni: secondo gli italiani, il cambio giusto da applicare era a 1500 lire"
Commento: Al momento della conversione in euro, il cambio lira marco era intorno alle mille lire per marco; il marco venne convertito a 1.995 marchi per euro e quindi, dato il cambio del marco con l’euro e quello della lira con il marco fissato dal mercato, la conversione della lira con l’euro doveva avvenire intorno a 2000 lire per un euro
– anche volendo un cambio a 1500 lire non sarebbe stato praticabile proprio perché troppo lontano dal cambio di mercato;
– qualunque fosse il livello del cambio di conversione, nel momento del changeover sono stati ridefiniti in euro usando lo stesso cambio sia i salari e i redditi che i prezzi dei beni commerciati in Italia. Il potere d’acquisto in beni nazionali è quindi (a meno degli arrotondamenti, qualche abuso etc.) sostanzialmente indipendente dal cambio usato per il changeover.
Ad esempio, un lavoratore con un salario di 2 milioni di lire, che compra, poniamo solo pizze che costano 4000 lire l’una, prima del chnageover può comprare 500 pizze al mese; se il changeover avviene a 2000 lire per euro il suo salario diventa di 1000 euro e il prezzo della pizza 2 euro: come prima può comprare 500 pizze. Se la conversione avviene a 1500 euro il suo salario diventa 1333 euro e il prezzo della pizza 2.67 euro: potere d’acquisto 500 pizze, sempre lo stesso. Ma con un cambio rivalutato a 1500 lire si vede subito che un tedesco deve pagare 2.67 euro (anziché 2 euro)per comprare le pizze italiane. Di conseguenza ne acquista meno e i produttori italiani perdono competitività, producono di meno, assumono meno lavoratori etc. D’altro canto, gli italiani con 1333 euro ottenuti con il cambio a 1500, anziché comprare solo prodotti nazionali possono anche comprare beni tedeschi e ottenerne di più. Un cambio rivalutato della lira deve corrispondere a un cambio svalutato del marco.
Insomma, il livello del cambio di conversione non altera il potere di acquistare beni nazionali; ha un effetto sulla nostra capacità di acquistare beni esteri e sulla nostra possibilità di vendere all’estero beni nazionali: ma un cambio che ci rende meno caro comprare beni all’estero rende più cari i nostri beni all’estero e riduce l’export.
In tutti i casi, discutere delle 1500 lire è un non senso. Un cambio intorno alle 1500 lire per euro sarebbe potuto avvenire prima della svalutazione del 1992, quando occorrevano "solo" 760 lire per un marco. Tenendo il cambio marco/euro a 1.995 marchi per euro, la lira si sarebbe potuta convertire a 1500 lire per euro. Ma quella era storia lontana e pregressa al momento della adozione dell’euro e del changeover: allora il cambio di mercato era intorno a quello a cui è avvenuta la conversione.
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Lincursione delleuro nei bilanci familiari ha prodotto un aumento dei prezzi in tutta Europa. Leuro, secondo noi, è stato introdotto con troppa fretta, senza le necessarie precauzioni, cioè senza tenere le altre monete in corso per un certo tempo. Ancora oggi il 90% degli italiani ragiona in lire.( dichiarazione tv del Presidente del consiglio nel corso del confronto tv del 14 marzo con Romano Prodi)
Euro batte Lira 97 a 3.
Il Presidente Silvio Berlusconi ha più volte sostenuto che gli italiani ragionano ancora in lire. Ha affermato che il 90% degli italiani ragiona in lire. Questa ipotesi può essere verificata sulla base di una indagine, SHARE "Survey of Health, Ageing and Retirement" , condotta nel 2004, tesa a studiare le condizioni di vita degli ultracinquantenni in Europa. Il questionario contiene domande su aspetti economici quali i redditi, i consumi etc
In Italia sono stati intervistati circa 2500 individui.
Lintervistatore pone le domande e poi registra immediatamente la risposta sul suo computer portatile se la risposta è fornita in euro viene immediatamente registrata. Se non cè risposta o lintervistato mostra indecisione la domanda viene riproposta chiedendo di rispondere il lire.
Ci sono due possibili fonti di distorsione (di segno contrario) nel confronto risposta in lire o in euro. Da un lato si tratta di una campione di individui di età comprese tra i 50 e i 100 anni, più propensi in media a rispondere in lire, dallaltro lintervistatore si aspetta che la risposta sia in euro, e solo in caso di "indecisione" fornisce esplicitamente la possibilità di rispondere il lire.
Levidenza empirica è schiacciante (si veda tabella): persino sul valore della casa di proprietà, che certamente è stata acquistata o ricevuta in dono negli anni della lira, il 97% risponde in euro.
Domanda | Rispondono in euro | Rispondono in lire | Numero Risposte Totali |
Pensando agli ultimi 12 mesi: quanto ha speso allincirca la sua famiglia in beni alimentari e bevande che avete consumato a casa in un mese normale? |
1462 (99,12%) |
13 (0,88%) |
1475 |
Al lordo di imposte e contributi, a quanto ammontava allincirca il suo reddito da lavoro dipendente nel 2003? |
341 (98,27%) |
6 (1,73%) |
347 |
Al lordo delle imposte, a quanto ammontava all’incirca un singolo pagamento della sua pensione nel 2003? |
415 (98,57%) |
6 (1,43%) |
421 |
Secondo lei, quanto ricaverebbe se oggi vendesse la sua casa? |
892 (97,38%) |
24 (2,62%) |
916 |
Nota: la domanda sul consumo e quella sulla casa viene posta solo ad un membro della famiglia.
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"I quattro governi della sinistra avevano messo in circolo 7 miliardi di euro per opere pubbliche, noi ne abbiamo messi in circolo ad oggi 51 miliardi di euro, con il prossimo Cipe arriveranno a 73 miliardi. Significa che abbiamo fatto esattamente 10 volte quello che hanno fatto i governi della sinistra." (Silvio Berlusconi, durante il duello televisivo Berlusconi vs Prodi del 14 marzo, Rai1)
Secondo i dati forniti recentemente dallAnce nel suo Rapporto sulle infrastrutture in Italia (2005). Utilizzando valori in euro costanti (1995) la spesa per opere pubbliche è stata complessivamente pari a 73,1 miliardi dal 1997 al 2001 (una media di 14,62 allanno) e a 64,7 miliardi dal 2002 al 2005 (una media di 16,17 allanno) (1). Non è chiaro da dove il Presidente del Consiglio abbia tratto la cifra dei 7 miliardi, mentre i 51 (anzi, oltre 52) erano effettivamente i fondi stanziati (ma non ancora "messi in circolo") dal Cipe per i progetti approvati sino alla fine del 2004.
Secondo i dati Banca d’Italia, inoltre, gli investimenti pubblici totali (quindi comprensivi delle grandi opere) hanno oscillato tra il 2,2 e il 2,5% del Pil tra 1996 e 2001 e tra 2,4 e 2,6% del Pil tra 2002 e 2004 (non sono disponibili i dati 2005). Si tratta di dati incompatibili con un rapporto di 1 a 10 tra gli investimenti in opere pubbliche della tredicesima e della quattordicesima legislatura.
(1) Il dato 2005 è basato su previsioni e quello del 2004 su preconsuntivi. Per ciascuna legislatura è stato scelto di attribuire la spesa del primo anno alla legislatura precedente, dal momento che tali spese sono in gran parte attribuibili a decisioni prese dal governo precedente.
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"Guardavo solo i dati europei. Non ho il minimo interesse per la moltiplicazione di dati che vengono fatti da varie fonti: il mio giudice è la Commissione europea e sono i dati Eurostat quelli fondamentali". (Dichiarazioni di Giulio Tremonti a Porta a Porta, 16 marzo 2006),
"Quando ieri sono stato interrogato sui dati della Banca d’Italia è venuta fuori una roba del tipo, io dico quello che dicono tutti i ministri che per me valgono solo i dati Eurostat.." (Nuova Dichiarazione di Giulio Tremonti a Porta a Porta, 20 Marzo 2006)
La bontà dei dati italiani, come si può leggere all’interno del Bollettino economico, è garantita dalla Banca d’Italia ed è conforme agli standard europei.
Fonte: Banca dItalia, Bollettino economico, pag. 56°
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"Nel 2001 abbiamo trovato un buco di 37 mila miliardi certificato da Eurostat e Istat, che ha portato i nostri conti al deficit del 3,2% mentre i governi dellUlivo avevano dichiarato lo 0,8%. Proprio a causa del malgoverno dellUlivo siamo andati in deficit eccessivo prima di Francia e Germania."(Dichiarazione, contestata, ma formalmente corretta di Silvio Berlusconi nel duello televisivo, 14 marzo 2006 In base alla segnalazione di alcuni lettori abbiamo verificato la seguente dichiarazione).
I dati ufficiali Istat relativi al 2001 e pubblicati fino a luglio del 2004 (vedi c. stampa 5/7/04) indicavano un "rapporto indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche (deficit) / Pil" pari al 2,6%, quindi ben al disotto del 3%. Nel marzo del 2005 (c. stampa del 1/3/05), a seguito di decisioni Eurostat sul trattamento delle operazioni delle Ferrovie dello Stato, il deficit per il 2001 fu rivisto al 3,0%. Infine, secondo i dati rilasciati dall’Istat a febbraio 2006, i quali incorporano anche una rivalutazione del Pil di circa il 2,5% per il 2001, il rapporto riferito al 2001 è ora pari a 3,1% (3,2% se non ci fosse stata la rivalutazione). Di conseguenza, l’affermazione di Berlusconi che nel 2001 il deficit aveva già "sfondato" il limite del 3% è corretta sulla base dei recenti dati Istat, ma tale risultato è dovuto alla decisione Eurostat presa nel 2004/2005: sul piano sostanziale, quindi, non si può affermare che fu la politica del
governo di centrosinistra a portare il deficit nel 2001 oltre la soglia del 3%.
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Lucia Annunziata: "Ma la Confindustria pone il problema sostanziale, sottolinea i dati di un’Italia ferma. Io non sono riuscita a capire in tutti i suoi interventi come lei può dire…". "Glielo spiego – interviene il premier – il governo della sinistra ha avuto uno sviluppo inferiore alla media UE dello 0,9%, noi dello 0,8. Quindi abbiamo fatto meglio. Capisco che lei non sia molto pratica di economia, ma i dati sono questi". (Dichiarazioni del presidente del Consiglio durante lintervista a Lucia Annunciata "In mezz’ora" domenica 12 marzo, Rai3)
Guardiamo, invece, i dati.
Pil ai prezzi di mercato (variazione percentuale rispetto allanno precedente)
EU 15 | Italia | Differenza (EU15 – Italia) | |
1996 | 1.6 | 0.7 | +0.9 |
1997 | 2.6 | 1.9 | +0.7 |
1998 | 2.9 | 1.4 | +1.5 |
1999 | 3 | 1.9 | +1.1 |
2000 | 3.9 | 3.6 | +0.3 |
2001 | 1.9 | 1.8 | +0.1 |
2002 | 1.1 | 0.3 | +0.8 |
2003 | 1 | +1 | |
2004 | 2.3 | 1.1 | +1.2 |
2005 | 1.4 | +1.4 |
Media | EU 15 | Italia |
Differenza (EU15-Italia) |
1997-2000 | 3.1 | 2.2 | +0.9 |
2002-2005 | 1.45 | 0.35 | +1.1 |
Fonte: Eurostat
Abbiamo preso in considerazione i periodi 1997-2000 e 2002-2005 escludendo gli anni in cui si sono svolte le elezioni (1996 e 2001), per la semplice ragione che il loro risultato potrebbe non essere imputato interamente alluno o allaltro schieramento. Dai dati si può vedere che per il periodo di governo del centrosinistra (1997-2000) la media europea è superiore dello 0,9 per cento alla crescita italiana, mentre per il periodo di Governo del centrodestra la media europea è superiore a quella italiana dell1,1 per cento.
Anche qualora si volessero attribuire al Governo Berlusconi i risultati del 2001 e al centrosinistra quelli del 1996, non avremmo quanto detto dal presidente del Consiglio: la differenza tra la media europea e la media italiana risulterebbe dello 0,9 per cento, uguale per entrambi i periodi.
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Il ministro dellEconomia Giulio Tremonti dichiara "(…)per tre anni siamo cresciuti il doppio della Germania…". Francesco Rutelli interrompe: "No, metà della Germania". Tremonti precisa: "…nel 2001, 2002 e 2003", Rutelli insiste "no, metà della Germania". (Francesco Rutelli,Ballarò – puntata del 7/3/2006)
Vediamo i dati:
Pil ai prezzi di mercato ( variazione percentuale rispetto allanno precedente)
1996 | 1997 | 1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 | |
Germania | 1 | 1.8 | 2 | 2 | 3.2 | 1.2 | 0.1 | -0.2 | 1.6 | 0.9 |
Italia | 0.7 | 1.9 | 1.4 | 1.9 | 3.6 | 1.8 | 0.3 | 1.1 |
Fonte: Eurostat
Secondo questi dati la crescita della Germania è stata inferiore di poco meno della metà rispetto a quella italiana nel periodo 2001-2003.
Media Germania 2001-2003 |
+0.37 |
Media Italia 2001-2003 |
+0.70 |
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Sempre nella stessa puntata di Ballarò, il ministro Tremonti afferma: "mi pare che (Rutelli lha infatti dichiarato in precedenza, n.d.r.) lonorevole Rutelli abbia detto che nel 2003 lItalia è cresciuta dello 0,0 per cento. Nel 2003, una informazione che può essere verificata, la crescita, invece, è stata dell1,4 per cento…"(Giulio Tremonti, Ballarò – puntata del 7/3/2006)
Basta guardare le tabelle qui sopra per rendersi conto che laffermazione del Ministro è errata. Nel 2003 lItalia ha avuto crescita zero.
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"Il governo, nell’ attuale legislatura, ha ridotto la pressione fiscale complessiva dal 45% al 40,6%. E intende continuare su questa strada anche nella prossima legislatura". Lo ha affermato il premier Silvio Berlusconi parlando a ‘Porta a porta’." (Dichiarazioni del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi riportate a "Porta a Porta" 8 marzo).
La pressione fiscale è la somma di imposte dirette, imposte indirette, contributi sociali e imposte in conto capitale, rapportata al Prodotto interno lordo (Pil).
Vediamo i dati.
2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 | |
Pressione fiscale (valori percentuali) | 41,6 | 41,3 | 40,8 | 41,4 | 40,7 | 40,6 |
Pressione fiscale al netto delle imposte in conto capitale (valori percentuali) | 41,5 | 41,2 | 40,6 | 40,0 | 40,1 | 40,5 |
Fonte. Istat, marzo 2006
Se si considera la pressione fiscale nella sua versione più ampia (prima riga), la riduzione durante lattuale legislatura (2005 rispetto al 2000) è pari a un solo punto percentuale. Il risultato non cambia se si escludono le imposte in conto capitale (seconda riga), che contengono entrate straordinare, quali i condoni. Anzi, al netto dei condoni, negli ultimi due anni la pressione fiscale è tornata a salire.
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… a seguito delle riforme dellIrpef introdotte dal centrodestra "Sono oggi 10 milioni i contribuenti in più che non devono neppure fare la dichiarazionedei redditi ne avevamo trovati 2 milioni e mezzo di prima" (Dichiarazione del Presidente del Consiglio durante il Duello televisivo Berlusconi vs Prodi del 14 marzo, Rai1)
La cosiddetta no tax area e le deduzioni per carichi familiari (entrambe decrescenti al crescere del reddito) introdotte con le riforme Irpef dal 2003 e dal 2005 riducono il reddito imponibile. Fino a che le deduzioni sono più ampie del reddito, il contribuente non paga alcuna imposta. Le deduzioni in questione individuano quindi una soglia di esenzione.
Anche prima dell’introduzione dei due moduli di riforma Irpef esisteva però una soglia di esenzione entro cui ricadevano tutti i soggetti che potevano godere di detrazioni di imposta (per redditi di lavoro e per carichi famigliari) tali da annullare l’imposta dovuta.
Gli ultimi dati ufficiali a cui si possa accedere su quanti siano i contribuenti al di sotto di questa soglia di esenzione riguardano il 2001 (entro breve dovrebbero essere disponibili anche quelli relativi al 2002) e sono riportati nella tabella che segue. Da essi risulta che, già nel 2001, i soggetti con imposta nulla erano 8,2 milioni.
Se, come dice Berlusconi, ora sono circa 12,5 milioni (e il dato appare comunque plausibile, sulla base di microsimulazioni), la platea dei soggetti esenti è cresciuta non di 10 milioni di unità ma di 4,3 milioni.
Persone fisiche anno di imposta 2001
Fasce di reddito complessivo | Dichiaranti | Imposta netta nulla |
fino a 5000 | 8.235.111 | 5.124.788 |
da 5000 a 20000 | 21.538.114 | 3.053.582 |
da 20000 a 50000 | 7.881.082 | 14.923 |
oltre 50000 | 1.139.361 | 716 |
Totale | 38.793.668 | 8.194.009 |
Fonte: dati Sogei Cd-rom Le dichiarazioni in cifre
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" l85% dei 10000 scioperi allanno che si sono verificati sono stati fatti per motivi politici.." (Dichiarazione del Presidente del Consiglio durante il Duello televisivo Berlusconi vs Prodi del 14 marzo, Rai1)
Non esistono dati statistici aggregati, riferiti alla totalità degli scioperi effettuati anno per anno, che indichino se uno sciopero è avvenuto per motivi politici. Una ricerca su questo punto potrebbe essere svolta soltanto sugli scioperi del settore dei servizi pubblici, soggetti al controllo della Commissione di Garanzia istituita dalla legge n. 146/1990; la maggior parte di questi riguardano il settore dei trasporti ed è osservabile nel sito web del Ministero dei trasporti e delle infrastrutture. Basta una scorsa ai dati ivi disponibili per constatare che la parte nettamente maggiore degli scioperi nel settore dei trasporti è dettata da motivi di ordine strettamente sindacale-contrattuale.
Quanto ai dati Istat disponibili, in riferimento alla generalità degli scioperi effettuati in Italia essi sono così rubricati: "ore non lavorate per conflitti originati dal rapporto di lavoro distinte per mese e causa". Essi inoltre non riguardano il numero degli scioperi, bensì il numero di ore non lavorate. Ecco i dati in questione:
Anni 2001-2005 (Migliaia)
Motivazioni | 2001 | 2002 | 2003 | 2004p |
Rinnovo contratto di lavoro | 4 204 | 2 153 | 3 194 | 1 951 |
Rivendicazioni salariali | 146 | 83 | 157 | 119 |
Rivendicazioni economico-normative | 1 592 | 1 344 | 1 379 | 1 550 |
Licenziamenti e sospensione | 351 | 744 | 261 | 387 |
Solidarietà | 22 | 538 | 21 | 189 |
Altre cause | 723 | 1 242 | 717 | 654 |
TOTALE | 7 038 | 6 104 | 5 730 | 4 852 |
Fonte: Istat
Poiché non vengono censiti gli scioperi per "motivi politici", possiamo in via di approssimazione ricondurli prima alle ore non lavorate per "Altre cause", poi alla somma delle ore non lavorate per motivi di "Solidarietà" e "Altre cause". Nella seguente tabella sono indicate le incidenze percentuali di queste "motivazioni" sul totale delle ore non lavorate. Ne risulta con certezza che la dichiarazione di Berlusconi è falsa: gli scioperi per motivo politico, nel quadriennio 2001-2004, quandanche potessero essere fatti coincidere con tutti gli "scioperi di solidarietà" e tutti gli "scioperi per altre cause", non raggiungerebbero mai il 30% del totale, attestandosi per tre dei quattro anni fra il 10 e il 18%.
Percentuale sul totale | 2001 | 2002 | 2003 | 2004p |
Altre cause | 10,27 | 20,35 | 12,51 | 13,48 |
Altre cause + solidarietà | 10,58 | 29,16 | 12,88 | 17,37 |
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"Nel periodo 1998-2001 la pressione fiscale scese di 4 punti in 4 anni. Le entrate non diminuirono perché ci fu un recupero dell’evasione. Con Berlusconi in 5 anni la pressione fiscale è scesa di un punto, ma sono aumentate le tasse degli enti locali, a causa dei tagli dei trasferimenti. Con Berlusconi gli italiani hanno pagato più tasse". Lo afferma ad Otto e mezzo il segretario Ds Piero Fassino. (Dichiarazione dellOn. Piero Fassino alla puntata di Otto e mezzo, 8 Febbraio).
Riprendiamo il tema della pressione fiscale
La definizione ufficiale di "pressione fiscale" è la somma di imposte dirette, imposte indirette, contributi sociali e imposte in conto capitale, rapportata al Prodotto interno lordo (Pil). Talvolta il termine non comprende le imposte in conto capitale, nelle quali è incluso il gettito di condoni e sanatorie.
Vediamo i dati (valori in percentuale).
1995 | 1996 | 1997 | 1998 | 1999 | 2000 | 2001 | 2002 | 2003 | 2004 | 2005 | |
Pressione fiscale 1 | 41,2% | 41,6% | 43,7% | 42,3% | 42,4% | 41,6% | 41,3% | 40,8% | 41,4% | 40,7% | 40,6% |
Pressione fiscale 2 | 40,6% | 41,4% | 43,0% | 41,9% | 42,3% | 41,5% | 41,2% | 40,6% | 40,0% | 40,1% | 40,5% |
1 Comprensiva delle imposte in conto capitale
2 Al netto delle imposte in conto capitale
Fonte. Istat, marzo 2006
Come si vede, per entrambe le definizioni cè un picco nel 1997 (lanno dellammissione dellItalia alleuro), dopo di che la tendenza è alla diminuzione. Dal 1997 al 2001 la diminuzione è stata di 2,4 punti per la prima definizione e di 1,8 punti per la seconda definizione. Dal 2001 al 2005 la diminuzione è di 0,7 punti per entrambe le definizioni.
La pressione fiscale, in entrambe le definizioni, comprende le imposte di tutti i livelli di governo, quindi anche quelle attribuite alle regioni (ad esempio, lIrap e laddizionale Irpef) e agli enti locali (ad esempio, lIci).
Questo dicono i dati ufficiali, quanta parte poi dellandamento delle entrate sia imputabile al ciclo economico (che determina gli imponibili), al recupero dellevasione, alla variazione delle aliquote legali richiede unanalisi molto più complessa.
* A cura di Davide Baldi e Ludovico Poggi per la Redazione de lavoce.info
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Roberta Furlotti
Che sbandierare cifre “a sentimento” sia pratica intenzionale o frutto di scarsa preparazione, demerito di giornalisti o politici poco importa. È buona cosa segnalarne gli errori con la massima perseveranza e visibilità. Perché i nostri giornalisti non si occupano di questo, anziché prendere goffamente parte? I numeri non mentono (una volta che ci si sia accordati sul loro valore indicativo rispetto ai fenomeni, sulla loro capacità descrittiva ed interpretativa) e noi tutti ne abbiamo bisogno, se non altro per riconquistare un punto fermo e, con questo, un minimo di capacità critica. Potrebbero anche contribuire ad emanciparci dalla passività in cui ci costringe una comunicazione in cui la realtà è ridotta ad accidente e smascherare come tale quel conflitto permanente dove il vero è appannaggio di chi urla più forte? Io credo di sì. In questo, il vostro vegliare ci è di aiuto (lo scorso 21.02 ho molto apprezzato anche le riflessioni sulla sondaggistica e i suoi misteri di Billari e Rosina). Ma perché, al di là dellappuntamento elettorale, non farne un impegno corrente? Così come si misura il tempo assegnato ai politici dai mezzi di comunicazione (dove il problema è stabilire chi è più visibile, in una dubbia equazione tra presenza e prevalenza che relega i cittadini nel ruolo di pellicole impressionabili), occorrerebbe misurare il grado di veridicità della loro comunicazione. Pensateci. Dal vostro impegno su questo fronte potrebbe nascere un progetto di enorme valore ed utilità: in campagna elettorale come nella comunicazione corrente, posto che i tempi delluna e dellaltra possano veramente essere distinti; un progetto che potrebbe contribuire non poco alla riconquista di una moralità e di un rigore di cui anche il giornalismo ha evidentemente bisogno. Nel fiorire di osservatori più o meno utili che affogano linformazione di numeri senza chiarirne il senso, per questo Osservatorio spezzerei una lancia.
Renato Calabrese
Qualcuno di voi vuole invece commentare la dichiarazione di Berlusconi circa la svendita della Lira per l’ingresso nell’Euro?
Simeone Russo
Oltre le statistiche, basta fare la spesa tutti i giorni, per notare il disagio della classe media, l’impoverimento della società. Basta guardare gli annunci di lavori, come faccio io, e capire che il vero capitale, quello umano, è devalorizzato da una precarizzazione al limite della legalità, da un lavoro nero lasciato fare a produrre i suoi effetti, da una televisione standardizzata. E che nel settore pubblico, sempre più che in quello privato, e nella commistione fra i due,
conta avere l’aggancio giusto.
L’italiano che vede questo ha meno bisogno delle statistiche (necessarie, ovviamente) per capire che l’economia danza a passo di gambero.
aldo lanfranconi
Allo studio , per il quale mi complimento , vorrei aggiungere :
1)PdC
L’affermazione era gia’ stata fatta da Tremonti e mi ero gia’ premurato di controllarla con diversi metodi di elaborazione delle crescite , diversi riferimenti per interpretare “EUROPA” ( Europa a 25 , a 15 , a 12 , Eurozone ) e con diversi periodi per il CSX ed il CDX.
L’affermazione RISULTA VERA se :
1) si comparano le crescite composte.
2) si prende come riferimento l’Europa a 12
3) si considera per il CSX il periodo 1996 2000 e per il CDX 2001 2005.
Secondo me non ne è però corretta la lettura, infatti considrando le crescite medie composte:
CSX EU12 2,9%
CSX ITALIA 2,0%
CDX EU12 1,4%
CDX ITALIA 0,6%
si puo dedurre che nel periodo del CSX l’Italia e’ cresciuta 2/3 ( 68% ) di quanto sia cresciuta l’Europa a 12 nel periodo del CDX meno della meta’ ( 46% )
Cio’ e’ piu’ significativo della differenza fra le crescite.
Infatti una crescita del 9% si puo considerare sostanzialmente uguale ad una del 10% mentre una crescita dello 0,1% e’ abissalmente diversa da una dell’1%, nonostante la differenza sia 1% contro 0,9%.
Sarebbe pero’ piu’ corretto considerare per ciascun governo gli anni governati da una sua finanziaria (CSX 97 – 01 , CDX 02 – 06)
Considerando questi diversi periodi la differenza delle crescite composte diviene la stessa (-0,8%) mentre il divario fra loro il rapporto diverge ulteriormente a favore del CSX (74% vs 41%)
3) RUTELLI
Il confronto Italia Germania fatto da Tremonti e’ una dimostrazione di come , definendo a piacere le “assumptions” , si possono sempre trovare i risultati che fanno piu’ comodo.
In TUTTO il perodo del CSX la Germania e’ cresciuta del 2,1% , l’Italia del 2,2%.
In TUTTO il periodo del CDX la Germania e’ cresciuta dello 0,7% l’Italia dello 0,6%.
3) TREMONTI
Tremonti aveva poi detto di avere ragione poiche’ i dati erano in fase di revisione; cio’ e’ avvenuto ma solo al ribasso.
Saluti
La redazione
Ha ragione il lettore che ingegnandosi a suffcienza a sciegliere
opportuna dati e assunzioni si possono legittimare molte (non tutte) le affermazione
Per minimizzare il rischio noi:
1. Usiamo solo ed esclusivamente dati ufficiali
2. Usoamo l’Europa a 15 come termine di raffronto, che e’ lo standard
3. Qualora i raffronti dipendano da assunzioni vengono esplicitati i raffronti rimuovendo le assunzioni come nel caso della affermazione di Berlusconi
marcello
In Italia non c’è il gusto anglosassone per l’esattezza. I nostri politici sbagliano i dati un po’ per insipienza, un po’ per malafede, ma di una cosa sono certi: i loro (e)lettori non controllano, anzi a volte condividono l’idea che delle cifre sia opportuno fare un uso strumentale. Come tutte le campagne elettorali dominate dalla tv, vince chi la spara più grossa. E i lettori de “lavoce”, me compreso, non rappresentano il Paese, tantomeno chi ha il potere di deciderne l’esito: elettori capricciosi a bassa scolarità.
luca
In questa battaglia di numeri, cifre, algortitmi e funzioni di varia natura, vorrei segnalare alla vostra attenzione 3 cose. La prima cosa che mi preme dire è che tutte le cifre snocciolate in trasmissioni politiche o in giorrnali all’italiano medio(cioè la maggior parte dell’elettorato italiano) non interessano affatto. Per rendersene conto basta vedere quante poche persone seguono un programma politico o ancora peggio, quante comprano un quotidiano. La seconda è che la cosa grave non è tanto che queste cifre vengano manipolate dai politici di turno secondo il proprio tornaconto personale, bensì che i numeri siano forniti con toni, modalità e interpretazioni diversi dai telegiornali della tv pubblica. Questo è il vero scandalo:un telegiornale della tv di Stato (molto più seguito di un programma politico) dovrebbe avere delle regole precise riguardo alla messa in onda di queste cifre:tempi, modi e oggetto uguali in ogni tg. Le videate riguardanti dati di organismi indipendenti e autorevoli dovrebbero apparire nei 3 tg rai di una giornata alla stessa maniera ( in caratteri cubitali) dando un tempo ragionevole perchè il telespettatore possa capirli e senza alcuna intervista successiva di alcun esponente politico che possa deviarli. La terza cosa è che questi numeri andrebbero supportati da un esempio chiaro che faccia comprendere a tutti il significato della videata in questione. Un esempio: “salgono i prezzi dei beni al consumo del 10%”, il pane da 3 euro al kg passa a 3 e 30. “i salari salgono dell 1%! da 1000 euro a 1010, quindi il potere d’acquisto del salariato scende perchè con 1010 euro compra meno pane (che ora costa 3 e 30 al kg) di quando ne guadagnava 1000 e il pane ne costava 3. Molto semplice, ma poco conveniente alla politica che tutti possano sapere in questo modo le cose.
antonio gasperi
Mi aggiungo al coro di elogi ad articoli come questo, con una sottolineatura da “educatore”: vista l’ignoranza della nostra classe politica (ma un popolo ha i politici che si meritano) sui dati economici, trovo grave oltrecchè sintomatico che anche nella riforma delle superiori si sia perpetuata la tradizionale impostazione che vede le scienze economiche appannaggio degli “addetti ai lavori” piuttosto che parte ineliminabile della cosiddetta cultura di base. Dirò di più: nel liceo economico, all’interno del quale resta confinata la cultura economico-giuridica, ha prevalso un impianto curricolare di tipo pseudo-specialistico, rispetto all’ipotesi iniziale avanzata dal prof. Stefano Zamagni, che prevedeva uno studio graduale, prima descrittivo e poi logico-analitico della disciplina. Forse qualcuno confida nel fatto che la figura della massaia che va a fare la spesa stia scomparendo..
distinti saluti
Antonio Gasperi
L. Manna
provo a rispondere al sig. Calabrese, con i miei limitati strumenti (non sono un economista)
mi pare di capire che il sig. Calabrese si riferisse alle affermazioni del Presidente del Consiglio secondo cui si sarebbe potuto a suo tempo ottenere un cambio di 1 euro contro 1.500 lire (invece che 1936, 27).
Ebbene, prima dell’Euro esisteva l’ECU, una moneta virtuale o moneta-paniere (utilizzata ad esempio come riferimento nei contratti cui partecipava la UE e soggetti di diversi Paesi membri) il cui valore era considerato come media ponderata delle valute che lo componevano e che il 1 gennaio 1999 venne sostituito dall’euro con cambio 1:1.
secondo il seguente link:
http://www.mediasalles.it/ybk04nat/Ecu.pdf
al dicembre 1998, un giorno prima del cambio, lECU valeva quasi 1941 lire. In altre parole nel passaggio all’Euro si riuscì ad ottenere un tasso di cambio più favorevole rispetto allultima rilevazione di quasi 5 lire. Gli aggiustamenti erano nellordine dei centesimi. Per dire i tedeschi ottennero cambio a 1,955, i francesi a 6,559 (rispetto a 1,960 e 6,57)
Se quanto sopra ho grossolanamente esposto è vero – mi piacerebbe avere conferme o smentite dagli esperti presenti sul sito, cui comunque vanno i miei complimenti, o dai frequentatori – l’ipotesi del cambio 1 euro = 1500 lire mi pare appartenere, più che al campo del vero o falso, a quello della fantascienza. Ed anzi mi pare di poter dire che il governo allora in carica non fece un brutto lavoro.
Antonio Bottoni
Forse se agli insegnanti di liceo si spiegasse come funziona un bilancio dello stato, ne esiste una bella riclassifica nel sito del Cnel, avremmo col tempo dei cittadini più coscienti di cosa vuol dire pil, avanzo e così via.
per la cosidetta svendita del cambio della lira rispetto all’euro, chi l’ha seguita a suo tempo sa perfettamente che non vi sia stata nessuna svendita, anzi! stupisce che nessun giornalista abbia replicato a tali affermazioni.
aldo lanfranconi
Quanto scritto dal Sig Manna e’ corretto anche se a fine ’98 l’Ecu si basava sui cambi bilaterali delle valute aderenti alòl’Euro , negoziati ad inizio maggio.
E’ stato quindi con questo atto che si sono fissati i cambi irrevocabili valute aderenti / euro.
Per quanto riguarda la polemica sul livello del cambio a me pare che il premier l’abbia definitivamente chiusa affermando che lui avrebbe gradito / ottenuto 1500 lire / euro.
Il cambio fino ad allora era stato criticato da chi ritieneva che la lira fosse stata sopravvalutata e che attribuiva alla lira troppo forte la caduta della nostra competitivita’.
Costoro avrebbero pertanto gradito 2100 – 2200 lire / euro ( piu’ lire per un euro quindi lira piu’ debole )
Il cambio a 1500 , auspicato da Berlusconi nel faccia a faccia con Bertinotti , configura invece una lira piu’ forte ( +29% ) in quanto un euro sarebbe costato meno lire..
Considerato che i critici appartengono quasi tutti alla sua coalizione diciamo che la sua uscita risulta abbastanza inspiegabile.
( a meno che non si pensi che la forza di una moneta rispetto ad un’altra sia direttamente e non inversamente proporzionale al numero che ne esprime il cambio ; piu’ alto il numero piu’ forte la moneta come sostenuto in TV da un Consigliere regionale)
Prendendo entrambe le affermazioni per buone io penso si possa concludere con tranquillita’ che , poiche’ nella stessa parte politica , c’e’ chi avrebbe auspicato una lira piu’ forte ( il premier ) e chi l’avrebba voluta piu’ debole ( quasi tutti gli altri ), il CAMBIO E’ GIUSTO e che la polemica sul cambio dell’euro e’ solo propaganda elettorale , condotta peraltro in ordine sparso e nella confusione.
Lorenzo Torrisi
Credo che nelle affermazioni del Presidente del Consiglio circa il più favorevole cambio lira-euro a 1500 non ci sia niente di errato. Infatti, Berlusconi ha sempre dichiarato che avrebbe voluto un’entrata posticipata del nostro Paese nell’area euro. A distanza di qualche anno sarebbe forse stato possibile proporre un simile rapporto di cambio. Perciò non gli si può attribuire la fantasiosa richiesta di un cambio più favorevole dal 2002!!!
A parte questa doverosa precisazione, credo che il problema del caro euro, noto anche in altre parti d’Europa sia dovuto a magheggi delle grandi catene di distribuzione e delle industrie che si sono riempite le tasche alla faccia dei cittadini, che non hanno avuto il tempo di accorgersi di quanto avveniva. Colpa di noi cittadini, in primis, e dei sempre più ricchi produttori. E’ vero che il governo non ha mosso un dito, ma se si è sempre ispirato al principio che il mercato è il regolatore dell’economia, intervenendo sarebbe andato contro i propri principi ispiratori.
passante
A proposito di numeri “sparati” al vento, vorrei segnalare che il Presidente del Consiglio sta diffondendo un opuscolo in cui si afferma, tra l’altro, che le rapine in casa sono diminuite del 48,7%
qui si sbugiarda la cosa
http://www.oracamminiamoeretti.com/oce/comments.php?id=1823_0_1_0_C#commenti
Valentino
Che in Italia la cultura scientifica sia maltrattata in tutti i suoi aspetti non è notizia di oggi e le cause sono molteplici.
Da giornalista posso dire che secondo me una nota di biasimo va ai cosiddetti media, Tv e quotidiani in testa. Le statistiche si possono interpretare, è vero, ma alcuni standard sono condivisi e alcuni dati sono certi: perché mai, allora, vediamo un Porta a Porta o un Ballarò in cui la redazione si preoccupa di inchiodare i litiganti all’ufficialità dei dati, magari proiettandoli sullo schermo a beneficio degli ascoltatori?
C’è uno sciopero? Il TG fornirà due dati sull’adesione: quello dei sindacati (alto), quello dell’azienda (basso). E tanti saluti all’idea che un giornalista possa verificare di persona il dato reale.
Ricordo che una volta Vespa, pizzicato da non so quale ospite per una sua presunta faziosità, rispose assai piccato che nella sua trasmissione a un sospiro di destra corrispondeva un sospiro di sinistra. Ecco, questa è la cultura cui sono abituati milioni di italiani: il massimo che si può pretendere sono due bugie contrapposte, non una verità.
Giorgio Gazzotti
Alcune riflessioni e un paio di domande su alcune ricorrenti affermazioni di Berlusconi
Oltre al fatto che circa 4,5 milioni di pensioni sono ancora sotto a questa cifra, la domanda è: portando le pensioni a 516 euro di quanto le ha aumentate? Dalle tabelle Inps si ricava che nel 2001 (governo centro-sinistra) limporto di tutte le pensioni era aumentato del 5% (sul 2000), nel 2002 (anno dei 516 euro) è aumentato del 4,6%. Conclusione: laumento a 516 euro hadeterminato un aumento delle pensioni inferiore al trend precedente.
. 420 mila diviso 70 fa 6000 operai per cantiere. Mi chiedo da dove venga fuori una cifra così assurda.
. Le leggi fatte dal Parlamento nel quinquennio 01/06 sono 665. Nel quinquennio 96/01 (governo centro-sinistra) furono 906. Quelle di iniziativa di governo sono state 517, contro 697 del precedente governo.
. Essendo clandestini come si fa a sapere esattamente quanti sono e di quanto sono calati? Ma B. si riferisce probabilmente agli sbarchi di clandestini, effettivamente calati dal 2002 al 2004. Ma il ministero dellInterno valuta che via mare arrivi solo il 10% dei clandestini, dunque quel 51%, ammesso che sia vero, si riduce al 5%. Per di più B. cita i dati fino al 2004 e ignora il 2005 che ha fatto segnare, parole di Pisanu, . Ma il ministero non ha ancora fornito il dato complessivo del 2005.
L. Manna
Mi tocca segnalare almeno uno strafalcione nel mio precedente intervento: non ha ovviamente senso paragonare in termini assoluti gli aggiustamenti in centesimi, millesimi o altro di marco, franco e lira rispetto all’euro (e tenendo conto del valore dell’ECU nel periodo immediatamente precedente all’entrata in vigore dell’euro) dato che TRA LORO le monete europee non erano certo cambiate 1:1. Mi scuso dell’errore
aldo lanfranconi
Vorrei segnalare la seguente inesattezza che mi pare avere rilevato ieri sera ( 15 / 02 ) ad “Otto e mezzo” sulLA 7.
Mario Baldassarri ha affermato che dei nuovi posti di lavoro creati dalla fine del primo trimestre 2001 a fine 2005 solo il 15% erano a termine
Dispongo purtroppo solo dei seguenti dati :
1)media occupati 2000 e 2001 tratti da Relazione Generale sulla Situazione Economica del Paese – (2003 )
http://www.dt.tesoro.it/Aree-Docum/Analisi-Pr/Documenti-/Relazione-2/Relazione-Generale-Situazione-Econom.txt_cvt.htm
volume 1 , pagina 71
2) occupati III trimestre 2005 tratto da :
Rilevazione sulle forze di lavoro ( Istat )
http://www.istat.it/salastampa/comunicati/in_calendario/forzelav/20051220_00/ diagramma ottenibile cliccando a sinistra
che riassumo
Occupati a tempo indeterminato ( K# ) :
2000 13601
2001 14002
2002 14570
Occupati a tempo determinato ( precari ) ( K# ) :
2000 1530
2001 1514
2002 2034
I precari ( tempo determinato ) sono si’ il 12,3% ,
ma puntuali , a Q3 2005 ; se si considera invece la
VARIAZIONE 2005 vs 2000 ( quella che da’ la
percentuale poiu’ bassa ) i precari rappresentano il
34,2% ( 47,8% 2005 vs 2001 )
E’ poi impressionante vedere la dinamica di crescita fra i nuovi posti di lavoro di quelli a tempo determinato :
12,8% della differenza dei posti 2003 – 2001
81,0% della differenza dei posti 2005 -2003.
Stessa dinamica per il tempo parziale se si vedono i nuovi posti di lavoro spaccati in “full time” e “part time” ( PART TIME : 03 / 01 16,8% . 05 / 03 107,7% essendo diminuiti quelli a tempo pieno )
Sono certo che voi saprete trovare i dati relativi ai termini esatti citati ( fine q1 2001 – fine 2005 ) ma non credo che con questi cambiera’ la sostanza.
Saluti
Massimo GIANNINI
Per il prossimo confronto si dovrebbe dare a Prodi la lista verificata e corretta dei dati citati da Berlusconi visto che questo é diventato un vero problema d’immagine e credibilità.
Suggerisco dal primo confronto i seguenti, che ad occhio mi sembrano numeri fantasiosi:
– Investimenti in infrastrutture, cantieri aperti e relativi occupati.
– Aumento degli stipendi pubblici
– Occupati (bisogna rbadire che nuovi occupati non ce ne sono quasi…)
– Aumento pensioni
– Etc.
paolo bianco
a proposito di numeri in libertà sugli scioperi, nessuno vuol dire che 10.000 scioperi all’anno, divisi per 365 giorni fa 27 al giorno, cioè più di uno ogni ora compresi notte, domeniche e festivi????
NICK
In una trasmissione in cui erano presenti Berluscoi e Rutelli, forse a Ballarò, ed in un momento in cui l’Euro valeva circa 1,3 dollari, Berlusconi lamentava che la forza dell’Euro penalizzava gli esportatori italiani nella misura del 30 % in quanto a modo su, ma senza dirlo, il valore corretto doveva essere un Euro un dollaro e che a suo tempo Prodi non si era battuto per un cambio pù favorevole magari a 2500 lire per Euro. Io credo che di quetse cose non capisca assolutamente nulla.
Grazie per l’opportuità,
Nick
Alessandro Sciamarelli
purtroppo la questione dei dati economici fasulli e spacciati per “veri” senza che il telespettatore medio possa farsi un’idea corretta dello stato delle cose si fa sempre più seria. Non passa giorno senza imbattersi in
concetti di grande impatto emotivo sull’elettorato quali “pressione fiscale” “tasso di disoccupazione” enunciati nel modo più distorto possibile e lontani dal loro significato.
“Pressione fiscale” sic et simpliciter non vuol dire nulla. proviamo a scomporla: dal 2001 quella diretta è diminuita di 1 punto, il che è abbastanza risibile, quella indiretta è aumentata di ben di più, e quella in conto capitale è aumentata per effetto dei condoni.
Tasso di disoccupazione andrebbe letto insieme all’andamento degli occupati (la cui crescita è costantemente in discesa ed è in gran parte frutto di regolarizzazione).
Trovo stupefacente che professori di economia prestati alla politica si vantino del fatto che l’occupazione è “cresciuta” (mettiamola pure così..) ma nello stesso tempo il pil è rimasto fermo e l’economia ha conosciuto la peggiore stagnazione dal dopoguerra (ma in campagna elettorale non si hanno remore). La produttività del lavoro in questi anni ha avuto crescita negativa, il che è tutt’altro che una bella notizia.
Ma parlare in TV in questi termini sembra una costante. E nessuno che si prenda la briga (men che mai i giornalisti presenti) di far presente che 1 punto in meno di “pressione fiscale” (sic!) e un tasso di crescita ancora positivo dell’occupazione non vogliono dire proprio nulla se il pil è pratica rimasto (in termini reali) quello di 5 anni fa.
Alessandro Sciamarelli
corrado finardi
Il vero problema a mio avviso non riguarda tanto la “fotografia” recente del PIL per dirimere la partitissima Italia-Germania.
Vi sono indicatori ben più predittivi circa il medio-lungo termine.
Brevemente:
La Germania destina il 2,5% del Pil alla R&S, l’Italia il’1,1, ;
La Germania ha un rapporto di 12,4 ricercatori x 1000 persone al 2001 in Germania (dati OCSE), e 6,5 Italia.
La Germania vanta inoltre circa il doppio dei diplomati sul totale della popolazione (e i diplomati sono quella parte della popolazione che probabilmente costituisce la spina dorsale di un paese);
La stessa quota di lavoratori qualificati nell’industria manifatturiera, come sottolineato da LaVoceinfo,è più alta in Germania.
15° e 47° posto:le posizioni poi occupate rispettivamente da Germania e Italia nel 2005 circa l’Indicedi Competitività e Crescita del World Economic Forum.
Le esportazioni sono calate per entrambi i paesi, ma peggio ha fatto l’Italia.
Ecco, credo che la prossima volta che Tremonti cerca di usare televisivamente lo sfottò Italia-Germania, gli vada ricordato che il “malato d’Europa”, resta per sempre il Belpaese..
Giovanni Battisti
Siccome il PIL è la ricchezza prodotta da una nazione è più corretto paragonare i due periodi 1997-2000 e 2001-2005(EU-Italia)in valori assoluti e non con la media. Infatti il divario con la EU nel periodo 1997-2000, di crescita dell’economia e stato +3,6; nel periodo 2002-2005, periodo di crisi economica globale, è stato +3,5. Questi sono dati oggettivi come è oggetiva la differenza dei due contesti dii sviluppo economico.
Rinaldo Sorgenti
Con riferimento ai commenti espressi da Corrado Finardi il 16.03.06 e da L.Manna il 15.03 e Nick il 16.03 circa il rapporto Lira-Euro.
Q U O T E
Questi commenti si collegano con i numeri sugli indici economici pubblicati sul Corriere della Sera del 22.02.2006 che hanno scatenato l’ilarità della “Compagnia d’avanspettacolo” in televisione.
Si mettevano a confronto i dati dell’ITALIA – FRANCIA – GERMANIA su :
PIL 2006 inflazione Prod.Industriale Retribuzioni Disoccupazione
ITALIA 1,3 % 2,2 % + 3,5 % + 2,3 % 7,5 %
FRANCIA 1,9 % 1,5 % – 0,4 % + 3,2 % 9,5 %
GERMANIA 1,5 % 2,1 % + 3,4 % + 0,2 % (*) 11,3 %
Commentando questi dati, l’economista tedesco Daniel Gross diceva:
– Sul PIL: Un’accellerazione c’è, dopo un 2005 nel quale l’economia è rimasta sostanzialmente ferma. Ma che in Italia la ripresa europea sia arrivata più debole non è una sorpresa: il vostro paese e il mio, la Germania, si sono scambiati il posto. Tre o quattro mesi fa eravamo noi a crescere meno, ora è l’opposto.
– Sulla competitività: E’ dovuto all’atteggiamento dei sindacati: hanno accettato una maggiore perdita del potere d’acquisto dei salari, che ha consentito un recupero di competitività sui costi industriali.
PROPRIO IN LINEA CON QUELLO CHE HANNO DETTO (RIDENDO) I TANTI LEADERS DELLA SINISTRA (da Letta a Fassino, a Prodi, a Pecoraro, ed il Partito sindacale Cgil, ecc.ecc.), MA LORO SONO ONESTI ED OBIETTIVI !
Soprattutto, amano il nostro Paese e sono orgogliosi di essere italiani.
Rinaldo
Io credo che una delle ragioni fondamentali della difficoltà che quasi tutta la EU (ma in particolare i grandi Paesi: Germania, Francia ed Italia) ha avuto in questi ultimi 3 anni (con crescita vicina allo zero), sia soprattutto e sostanzialmente dovuta alla NON gestione della “politica monetaria” da parte della BCE, che ha pensato solo a controllare l’inflazione che, …. più bassa di così ….!
Basti ricordare che 3 anni fà il Dollaro USA galleggiava ad un cambio intorno allo 0,80 per 1 EURO e che ora veleggia vicino a 1,24 USDollari sempre per 1 EURO, dopo aver toccato punte di 1,30/1,35.!
Provate a fare il semplice calcolo: Questo corrisponde ad una svalutazione del dollaro di oltre il 60% (moneta che si usa per i commerci internazionali, con le Americhe ma anche e soprattutto con il Far East), e quindi i manufatti (EUROPEI) sono prodotti ed offerti/venduti a valori maggiorati del 60% !
Ecco da dove viene, in particolar modo, la stagnazione europea (Italia compresa) e purtroppo NON usciremo da questa situazione se i nostri banchieri nella BCE non provvederanno a tentare di riequilibrare il rapporto di cambio EURO/DOLLARO, senza aspettare che faccia tutto (forse troppo tardi) chi sostituirà Alan Greenspan alla Federal Reserve.
Quindi l’EURO è stata certamente una conquista, molto meno opportuna invece la rigidità dei meccanismi di Maastricht e della BCE di tenere fermo l’Euro mentre il Dollaro strategicamente si svalutava per far riprendere l’economia USA !
La Commissione EU non ci ha proprio pensato nei 3 anni passati (ahinoi), ma chissà se il nuovo Presidente (Barroso) solleverà questo fondamentale punto con i Governi degli Stati Membri ? Speriamo !
leonardo rosselli
Credo che l’entrata della lira nell’euro sia stata mal gestita e mal valutata nei suoi effetti sul nostro sistema idustriale, aggravati da una gestione della Bce quantomeno discutibile.
Punto primo è vero che senza obiettivo euro non avremmo avuto lo stimolo per una finanza oubblica più rigorosa. ciò ha spinto ad accellarare il risanamento dei conti pubblici anche se l’obiettivo era stato solo parzialmente conseguito grazie a un maquillage finanziario ma non strutturale voluto nella famosa finanziaria di Prodi decisiva per l’ingresso nella moneta.
Come al solito siamo entrati in guerra non avendo le armi per combattere. I conti non erano strutturalmente sani, il nostro sistema industriale totalmente impreparato a competere con moneta forte dato che si basava su micro e piccole imprese concentrate in settori maturi e manufatturieri.
Molto meglio era non entrate subito nell’euro, adottare nel frattempo una lira forte convertendo la moneta 1000 lire= 1 nuova lira per fare abituare le persone ai nuovi prezzi e solo dovo aver risanato le fiananze ed aver dato tempo al sistema economico di pensare alla nuova situazione competitiva. In altri tre anni ce l’avremmo fatta lo stesso e non saremmo in questo pantano.
sulla gestione della Bce qualcuno dovrà aprire una riflessione prima o poi. Tenere l’euro sopravvalutato non aggredendo i tassi come ha fatto fed è stata una mossa suicida che è servita solo agli americani. paura dell’inflazione con la più enorme invasione di prodotti sottocosto della storia economica, ha saputo veramente di poco. Non chiedevo dall’euro svalutazioni competitive ma neanche gap competitivi. Invece è stato prorpio questo. Un bene nel breve ( ma nel lungo gli effetti sulla finanza pubbliche potrebbero essere paradossalmente negativi) una iattura per il sistema delle imprese italiane, un disastro per le famiglie che hanno visto una impennata dei prezzi fuori da ogni possibile controllo.
Alex Bernard
In risposta ai commenti dei sig. Lanfranconi e Giannini sul tema dell’occupazione.
Cito una parte di un recente studio dell’ISFOL:
“È opportuno notare che loccupazione a tempo
determinato aveva mantenuto un andamento
crescente in maniera pressoché costante dal 1993
al 2000: oltre che in termini assoluti lincidenza
del lavoro temporaneo sul totale delloccupazione
dipendente era passata, infatti, dal 6,2% a oltre il
10% del totale degli occupati dipendenti nel 2000.
Dal 2001 in poi, invece, nonostante un aumento
del numero di lavoratori temporanei, la loro
incidenza sullinsieme dei lavoratori dipendenti ha
cominciato a diminuire progressivamente; ciò
significa che negli ultimi tre anni loccupazione
temporanea è sì cresciuta, ma quella a tempo
indeterminato è aumentata ancor di più.”
Alcune considerazioni:
– la Legge Biagi e quindi l’attuale Governo non ha acuito la precarizzazione (perché in ultima analisi a decidere sono le imprese e non i governi con quali contratti assumere)
– benché nel 2000 i contratti a tempo determinato siano aumentati fino al 10% sul totale, non mi sembra che per questo siamo tutti “precari”; l’incidenza è poi diminuita dal 2001.
-il part-time, tanto vituperato, ha permesso l’ingresso sul mercato di molte donne, che finalmente come in ogni Paese civile possono contribuire al reddito familiare, e smettere di “fare a maglia” tutto il giorno…
-le riforme istituzionali sul mercato del lavoro, giuste o sbagliate che le si giudichino, sono frutto di un processo lungo iniziato un decennio or sono
Detto questo e di dati se ne trovano a iosa, e visti i commenti di economisti non certo di destra, come il prof. Ichino (sul Corriere), basta fare propaganda politica contro il governo; i dati (che possono anche essere sbagliati) per loro fortuna non sono iscritti a nessun partito.
FRANCO BARBARINI
I motivi della percezione sulla crescita di alcuni prezzi è corretta e le cause sono diverse.
La prima è che il nostro sistema produttivo esposto alla concorrenza internazionale era molto più arratrato degli altri patner europei.
Secondo che il nostro debito pubblico era ed è molto più elevato degli altri soci dell’euro.
Conseguenze:
L’apparato pubblico locale, Regione, Provincie, Comuni, che si sono visti tagliati gli introiti hanno agito sui servizi, con accise o con i prezzi o inventando nuove imposte per rimpinguare le casse. (su acqua, su gas, ici, tosap, immondizia ecc.) queste hanno inciso principalmente sugli esercizi commerciali, i quali hanno dovuto trasferirla sui prezzi anche a causa dei diminuiti affari a seguito crisi consumi)
L’apparato pubblico centrale ha fatto la medesima cosa sulle accise di sua competenza ( petrolio, elettricità ) si è limitato ad incassare gli aumenti ed anche questi sono andati a gravare sui costi degli esercizi.
Il risultato che oggi stiamo verificando è che il commercio non solo ha dovuto aumentare, ma il paradosso è che gli aumenti sono solo serviti per salvarsi l’attività non a fare guadagni come è il comune sentire. Di fatto la maggioranza dei commercianti ha guadagnato di gran lunga meno.
Quindi e concludo stiamo pagando e continueremo ancora per molto, la dissennata gestione del pubblico denaro fatto dal 1975 in poi.
Quindi i problemi del nostro paese si risolveranno solo se si avrà il coraggio di cambiare il controllo della spesa pubblica.
L’entrata nell’euro ha solo bloccato l’emorragia, ma per guarire ci vogliono terapie molto più forti.
Dr. Franco BARBARINI
Giovanni Maglio
Il Presidente del Consiglio nei suoi interventi non ha citato i dati sulla stato della ricerca scientifica italiana già segnalati da altre mail. Vorrei aggiungere che l’argomento è oggetto di discussione nella comunità scientifica internazionale e, come prevedibile, ne usciamo con le ossa rotte. Segnalo in proposito lo Special Report: “Saving Italian Science” pubblicato sulla più prestigiosa rivista scientifica internazionale, Nature (Vol 440, pag 265-5), il 16 marzo 2006. Servirà anche a conoscere la qualità dei vertici degli Enti di Ricerca insediati dal Ministro Moratti.
aldo lanfranconi
Sono stupito dell’intervento del Sig. Alex Bernard che citando un recente studio dell’ISFOL pare contestare uno mio intervento precedente basato su dati ISTAT e del MINISTERO del TESORO ( di cui fornivo i links ) e semplicissime operazioni aritmetiche.
I link sono i seguenti :
Per dati 2005 :
http://www.istat.it/salastampa/comunicati/in_calendario/forzelav/20051220_00/
Poi cliccare “Diagramma1” nell’area download a destra
Per i dati 2000/2001/2002/2003
http://www.dt.tesoro.it/Aree-Docum/Analisi-Pr/Documenti-/Relazione-2/Relazione-Generale-Situazione-Econom.txt_cvt.htm
Poi aprire il documento pdf “RGE 2003-Vol I” ed andare a pag 71 ( scritta sul documento )
I dati estratti dai documenti succitati sono :
2000 13601 1530 10,1%
2001 14002 1514 9,8%
2002 14287 1563 9,9%
2003 14464 1583 9,9%
2005 14570 2034 12,3%
Dove per ogni anno il primo numero e’ quello degli occupati a TEMPO INDETERMINATO , il secondo quello invece degli occupati a TEMPO DETERMINATO ( impropriamente indicati come PRECARI ) ed il terzo l’icidenza dei precari sul totale LAVORATORI DIPENDENTI.
Il dato 2005 e’ il dato puntuale a fine Q3 2005 mentre i dati precedenti sono la media annua.
E’ quindi corretto quanto afferma il mio gentile interlocutore per gli anni 2000 , 2001 , 2002 e 2003 ma non e’ vero in seguito :
Infatti con calcoli semplicissimi si puo’ ricavare quanto segue :
Dal 2000 al 2005 gli occupati totali sono aumentati di 1473 mila unita’ di cui 504 mila = 34,2% “precari”
Il mio intervento , come richiesto esplicitamente dall’articolo , non si poneva l’obiettivo di dare giudizi o attribuire responsabilita’ su e di fatti , bensi’ , nello spirito del “fact-checking”, di mettere in evidenza dati scorretti forniti da esponenti politici.( on. Baldassarri che aveva confuso ad 8 e 1/2 la percentuale puntuale dei precari con la loro percentuale sui nuovi posti creati dal 2000)
Seguiva poi una considerazione O.T. sul peggioramento del fenomeno 2005 vs 2003
pierpaolo
Il passaggio allEuro ha influenzato le revisioni dei prezzi.
Laumento è stato tuttavia complessivamente molto limitato;
Laumento si è registrato soprattutto per le imprese soggette ad una minore pressione concorrenziale;
Spesso laumento è stato causato dallanticipo della revisione dei listini (la revisione, normalmente diluita nel tempo, è stata concentrata nel periodo del changeover soprattutto per evitare successive modifiche).
In ogni caso laumento di alcune voci è stato più che compensato dalla corrispondente diminuzioni di altre.
In realtà il changeover non ha influito sui livello reale dei prezzi, anche se esiste un aumento certo dellinflazione percepita.
Perché?
Spesso sono aumentati beni che si acquistano più frequentemente (questo rafforza nel consumatore la percezione di un aumento generalizzato);
Maggior rilievo attribuito agli incrementi piuttosto che alle diminuzioni: il consumatore tende a memorizzare laumento massimo, anche se in realtà lincremento complessivo è stato pari allinflazione;
Ricordo impreciso dei prezzi in lire;
Arrotondamento mentale da parte del consumatore (cambio 1 euro = 2.000 £): questo comporta un aumento percepito del 3,2% in più rispetto allinflazione reale;
Spesso il confronto avviene con i prezzi praticati quando cera la Lira, quindi nel 2001. Il confronto viene effettuato cioè avendo memoria di un prezzo praticato non un anno fa (come viene calcolata linflazione) ma due tre fa. Questo determina una percezione dellinflazione doppia rispetto a quella reale.
Attenzione eccezionale della stampa sui prezzi
Alex Bernard
Prendo atto della precisazione del Sig. Lanfranconi.
Aggiungo che non contesto le sue argomentazioni, dove peraltro non traspaiono giudizi politici, come invece in altre pubblicate. E per quanto possa sembrare “impacciato”, il mio “in risposta” non è “contro” l’idea altrui; affermo solo che i dati si prestano a molteplici letture, dandone una a favore della crescita occupazionale.
Il “vero o falso” è molto utile a fini conoscitivi, ma dal mio punto di vista, prestandosi cmq a diversi giudizi sulle politiche economiche, non a fini normativi.
Cordialmente
A.B.
Marcello Signorelli
Innanzitutto, mi complimento per la pregevole attività de “Lavoce.info” e, in particolare, per l’iniziativa su “Vero o falso”.
Vorrei contribuire con un piccolo suggerimento alla corretta analisi quantitativa dell’evoluzione dell’occupazione dipendente (a termine e permanente).
Visto che, come è noto, dal I Trimestre 2004 ha preso il via la nuova Rilevazione Continua sulle Forze di Lavoro, suggerirei l’opportunità di analizzare l’evoluzione dell’occupazione dipendente (a termine e permanente) utilizzando la “ricostruzione delle serie storiche degli occupati dipendenti per carattere dell’occupazione IV Trimestre 1992 – IV Trimestre 2003” (disponibile nel sito ISTAT) coerente con i dati della nuova rilevazione avviata nel I Trimestre 2004. E’ così possibile analizzare l’evoluzione della “precarizzazione” (per la parte misurata dall’andamento dell’occupazione dipendente a termine rispetto all’occupazione dipendente permanente) per il periodo IV Trimestre 1992 – IV Trimestre 2005 utilizzando dati (maggiormente) omogenei.
Ringrazio anticipatamente chiunque vorrà rispondermi.
Daniele A.
Un dato che che il più delle volte è citato in maniera confusa e usando cifre sempre diverse è quello sulla conversione dei contratti flessibili in contratti a tempo indeterminato.
Il Premier ha citato, se ricordo bene all’ultima puntata di Ballarò, un tasso di conversione del 70% in 18 mesi, mentre studi recenti parlano per l’italia di valori un pò più bassi. Sarebbe opportuno fare chiarezza su questo punto che credo sia uno dei criteri per valutare quanto “sostenibile” sia la flessibilità nelle assunzioni.
Giorgia
Spett.le redazione de LaVoce,
anzitutto grazie per l’operazione verità che state conducendo, anche se temo che non stia sortendo alcun effetto sui nostri politici.
A questo proposito, ieri sera a Ballarò il Vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini, nel denigrare l’attendibilità dell’agenzia di rating Fitch e nel difendere l’andamento economico del nostro paese, ha affermato che il tasso di crescita della Francia nel 2005 è stato pari allo 0.3% e che la Germania nel 2004 era in recessione.
Per quanto non certamente brillanti gli andamenti economici di questi due paesi, a me non risultano corretti questi dati.
Me lo potete confermare?
grazie
Valter Sorana
“Traducendo gli stessi valori in Euro avremmo 27.411 Euro nel 2001 (24.670/0.90) e 22.599 Euro nel 2004 (di nuovo, 27421/1.20).”
Ho letto bene? Il reddito medio degli Italiani sarebbe diminuito di quasi il 18% tra il 2001 e il 2004? Sono d’accordo che il governo Berlusconi sia stato una disgrazia per l’Italia, ma questo mi sembra troppo. Ma se (modulo la valuta di riferimento) lo dice lui stesso …
Grazie di questo divertente (anche se, ahime’, probabilmente ininfluente) servizio di sbugiardamento.
francesco
sul sito di forza italia e comparsa questa risposta, alle obbiezione per quanto scritto a pag 154 del libro(??) iviata come materiale elettorale
http://www.forzaitalia.it/notizie/arc_8191.htm
Mario Riccieri
L’altra sera Fini a Porta a Porta ha sostenuto di voler abolire l’Ici per evitare che vi sia una doppia tassazione sulla prima casa (Ici + Irpef), anche ieri sera ha ripetuto il concetto; Berlusconi ne ha fatto il leit-motiv del suo appello.
Bisognerebbe ricordare che invece la tassazione Irpef sulla prima casa non esiste più perchè l’aveva già abolita il centrosinistra che quindi, mentre era al governo (Premier Amato, ministro Del Turco), ha di fatto esonerato dall’Irpef la prima casa, mentre non risulta che in questa legislatura il Polo abbia fatto alcunchè per ridurre l?ici, anzi ha creato le condizioni affinchè i comuni l’aumentassero.
Infatti la detrazione spettante ai fini Irpef per l’abitazione principale era stata già portata, con la finanziaria per il 2000, da 1.100.000 a 1.800.000 lire realizzando quindi già un sostanzioso sgravio. La legge finanziaria per il 2001 (L. 388/2000) ha poi previsto che l’importo della detrazione fosse aumentato fino ad essere pari alla rendita catastale. In pratica la prima casa è stata così esentata completamente dall’imposta sul reddito delle persone fisiche qualunque sia il suo valore.
Fabio Laricchia
Il confronto del reddito italiano in dollari pubblicato sulla Vera Storia Italiana cela in realtà uno spettacolare errore metodologico. Le cifre riportate sono di fonte Banca Mondiale (particolare omesso nella pubblicazione) e si riferiscono al PIL pro capite italiano nel 2001 e nel 2003 (non può essere quindi il reddito “odierno” come recita invece il testo originale) misurato in dollari USA PPP, cioè a parità di potere dacquisto. Come è noto, le parità di potere dacquisto servono per agevolare i confronti tra variabili economiche di Paesi diversi in uno stesso periodo di tempo, e non per confronti temporali relativi allo stesso Paese, che risulterebbero distorti. Trattandosi di cambi a parità di potere dacquisto, è fuorviante tradurre queste cifre in euro al tasso di cambio di mercato, ma il vero problema è che il raffronto risulta viziato alla fonte dalla scelta di grandezze non coerenti.
antonio gasperi
l’altra sera l’ex ministro Tremonti a otto e mezzo ha portato come esempio di cattiva gestione della finanza locale il caso del comune (e della provincia) di Milano che ha comprato il 100 % dell’Autostrada MI-GE di cui era già l’azionista di maggioranza.
Mi chiedo:
1) l’ente locale si è indebitato per questa acquisizione o ha utilizzato avanzi di tesoreria?
2) il conto economico dell’autostrada MI-GE è davvero in rosso, come sembra alludere l’onorevole, oppure frutta dividendi comparabili a quelli delle aziende del settore?
3) cosa ne è del cash flow di questa azienda?
Premesso che questi sono elementi per giudicare la bontà di un investimento finanziario e che forse non sarebbe proprio questo il lavoro di un ente territoriale, mi piacerebbe sapere se l’on. “primo della classe” ha preso un altro granchio
grazie dell’attenzione
A. Gasperi