Lavoce.info

Le entrate a sorpresa

Ben 34 miliardi di differenza nel gettito per il 2006 tra le previsioni del Dpef del luglio 2005 e quello di quest’anno. Spiegabili per la metà con la revisione contabile operata dall’Istat e per 11 miliardi con interventi discrezionali. Il resto è una sottostima. Ma i dati relativi al primo semestre 2006 segnalano una crescita ancora maggiore, che il governo valuta in 5 miliardi. Davvero strutturali? Saperlo sarebbe importante. Alcuni suggerimenti per rendere più trasparenti le informazioni sulle entrate, in linea con quanto avviene in altri paesi.

L’andamento del gettito è sempre difficile da prevedere, perché molteplici sono i fattori da cui dipende. Tuttavia, quest’anno la successione di previsioni al rialzo è continua. Se è una buona notizia per i conti pubblici, non altrettanto sembra esserlo dal punto di vista della trasparenza e affidabilità con cui vengono redatte le previsioni di bilancio. Poche le spiegazioni finora offerte sulle cause delle revisioni, cosicché i motivi per cui gli incassi stanno andando molto meglio del previsto restano ancora largamente sconosciuti.

Le previsioni per il gettito 2006 fino all’ultimo Dpef …

Chiunque mettesse a confronto i due ultimi documenti di programmazione economica e finanziaria resterebbe certamente sorpreso nel notare che le entrate previste per il 2006 nel Dpef del luglio 2006  sono superiori di ben 34 miliardi rispetto a quelle stimate per lo stesso anno nel Dpef del luglio 2005. Va però ricordato che nel frattempo, l’Istat ha operato una revisione dei dati di contabilità nazionale (secondo criteri armonizzati in ambito comunitario), che ha avuto impatti di rilievo sui conti nazionali e sui conti pubblici. Se si osservano i dati della Relazioni di Cassa del marzo 2006, che incorporano la revisione statistica, si può stimare che circa 17 dei 34 miliardi sono imputabili alle diverse convenzioni contabili utilizzate. La differenza di previsione fra i due Dpef si dimezza a 17 miliardi. I fattori, discrezionali e automatici, che concorrono a spiegarla sono molteplici. L’apporto di ciascuno di essi è oggettivamente difficile da ricostruire, anche per le carenze delle informazioni di cui si può disporre.

Fattori discrezionali

Le previsioni contenute nei Dpef tengono conto degli effetti delle norme approvate fino al momento della loro elaborazione (sono, come si dice, “a legislazione vigente”).
La variazione delle previsioni di entrata che si registra fra l’uno e l’altro documento riflette quindi gli effetti esercitati sulle entrate dai provvedimenti adottati nel periodo di tempo intercorso fra il luglio 2005 e il luglio 2006.
Quelli introdotti con la manovra finanziaria per il 2006 dovevano comportare, secondo le valutazioni contenute nel Programma di stabilità di dicembre 2005, maggiori entrate nette per 7 miliardi (come saldo fra maggiori entrate per 10,7 miliardi e minori entrate per 3,7). A essi vanno aggiunte le entrate attese dal decreto Bersani-Visco del luglio 2006 (decreto 223): nel 2006, circa 3,8 miliardi, secondo le stime presentate nella Relazione tecnica di accompagnamento.
Nel complesso, gli interventi “discrezionali” potrebbero spiegare circa 11 dei 17 miliardi di differenza residua

Leggi anche:  Perché Karlsruhe ha bocciato il bilancio tedesco*

Fattori automatici

Una crescita del reddito nazionale, ampliando la base imponibile di molti tributi, determina automaticamente un aumento del gettito fiscale. Questo effetto dovrebbe essere inglobato nelle previsioni.
Il Dpef 2005 ipotizzava un aumento del Pil nominale per il 2006 del 3,9 per cento, ma solo dell’1,1 per cento delle entrate. Il Dpef 2006, invece, corregge al ribasso, al 3,5 per cento, la crescita prevista del Pil, ma allinea a questo tasso di crescita l’andamento delle entrate (+3,4 per cento), al netto degli effetti discrezionali. La diversa ipotesi circa la sensibilità delle entrate tributarie alla crescita del Pil nominale sembra in grado di spiegare gli ultimi 6 miliardi di differenza fra le previsioni dei due documenti di programmazione economica e finanziaria.
La sottostima delle entrate contenuta nel Dpef 2005 potrebbe essere giustificata dalle difficoltà a incorporare nei modelli previsivi le frequenti modifiche introdotte nella struttura di alcune importanti imposte. Oppure potrebbe essere finalizzata a indurre un contenimento delle spese. O a fare apparire una pressione fiscale tendenzialmente in calo: il Dpef 2005 evidenziava infatti una riduzione tendenziale (prima cioè della manovra finanziaria) della pressione fiscale pari a circa un punto di Pil.

… e oltre

La crescita delle imposte dirette e indirette emersa dagli accertamenti dei primi sei mesi del 2006 rispetto al periodo corrispondente dell’anno scorso è però all’incirca doppia rispetto a quella prevista (come somma degli effetti discrezionali e di quelli automatici) nell’ultimo Dpef su base annua. Il governo, presumibilmente utilizzando per quest’analisi i dati sull’autotassazione di luglio (non ancora resi noti), ha valutato che ciò corrisponde a una variazione strutturale delle entrate pari a 5 miliardi, non compresa nelle previsioni del Dpef 2006 su cui si basava l’entità della manovra di aggiustamento prospettata per il 2007.
Sarebbe interessante, e importante, in un’ottica di trasparenza, conoscere con più precisione su quali elementi il governo ha fondato la sua valutazione. Il prossimo assestamento di bilancio potrebbe essere l’occasione per farlo.

Cosa può essere successo?

La valutazione effettuata dal governo potrebbe essere più o meno “solida” a seconda del peso che è stato assegnato ai fattori che concorrono a spiegare la dinamica registrata negli accertamenti.
Una prima possibile spiegazione è che gli effetti delle norme discrezionali di aumento delle entrate nette siano stati sottostimati. Si può allora parlare di incremento strutturale delle entrate se gli elementi a disposizione permettono di ritenere che vi sia stata una sottostima non già di entrate una tantum o che comportano una mera redistribuzione temporale del prelievo (come la revisione dei regimi di ammortamento o la rivalutazione dei beni di impresa), quanto dell’impatto di interventi normativi da cui ci si attendono effetti permanenti.
Può avere inoltre contribuito il cosiddetto effetto “Visco”: la presa di posizione esplicita del viceministro, e dell’intero governo, di condanna delle politiche dei condoni e a favore dell’avvio di una decisa azione di contrasto all’evasione possono aver aumentato la propensione dei contribuenti a un assolvimento spontaneo dei loro obblighi tributari. La quantificazione di questo effetto è per sua natura incerta e la sua iscrizione fra le entrate strutturali opinabile.
Possono essere infine aumentate automaticamente le basi imponibili o perché la crescita è più sostenuta di quanto previsto o perchè si è modificata la composizione del Pil. Anche in questo caso, però, oltre a individuare con più precisione gli effetti per le singole tipologie di imposta, è necessario, per quanto non facile, distinguere quanto può essere ritenuto strutturale e quanto legato all’andamento congiunturale.

Leggi anche:  Il concordato preventivo? Funziona se è solo per contribuenti "infedeli"

Si può fare molto di più e molto meglio

Nonostante le difficoltà, è indubbio che si possa e si debba fare molto per migliorare le informazioni e permettere quindi, prima di tutto al governo e poi, in ragione di una necessaria trasparenza, anche all’opinione pubblica, di valutare in corso d’opera l’andamento delle entrate pubbliche.
A tal fine, le previsioni relative alle singole imposte dovrebbero tenere distinti gli effetti imputabili al ciclo (automatici) da quelli discrezionali, ma anche distinguere all’interno di questi ultimi: 

a) le variazioni con effetto una tantum, che comportano un amento di prelievo solo in uno o pochi anni; 
b) le variazioni che riflettono un anticipo nel pagamento delle imposte: per esempio, modifiche nei regimi di ammortamento, ma anche rivalutazioni che comporteranno minor gettito al realizzo, solitamente non contabilizzato;
c) le variazioni strutturali, ossia variazioni permanenti del prelievo.

Un primo importante passo potrebbe essere quello di introdurre l’obbligo di una relazione tecnica sui provvedimenti definitivamente approvati (1) e impostare un attento monitoraggio dei risultati delle manovre effettuate. Come mostra il caso di altri paesi (per esempio, il Regno Unito), la definizione degli obiettivi di incasso e la verifica dei risultati raggiunti è possibile, seppure con gli ovvi margini di errore impliciti nella previsioni, anche per le misure di cui è più difficile quantificare gli effetti: quelle di contrasto dell’evasione.


1)
Oggi l’obbligo riguarda solo i provvedimenti presentati e non si hanno quindi valutazioni degli effetti delle modifiche introdotte durante l’iter parlamentare.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  La crescita italiana che non c'è

Precedente

Sommario 12 settmebre 2006

Successivo

Verso le nuove partecipazioni statali?

15 commenti

  1. Guglielmo

    Fino a pochissimi mesi fa la colpa di una economia al tracollo era tutta (o al 99,9%) del precedente Governo di centrodestra. Nessuno si premurava di andare ad analizzare bene cosa stesse succedendo e cosa c’era dietro.

    Ora che i conti magicamente sembrano molto migliori tutti vanno ad arrovellarsi cercando di giustificare tale situazione senza nemmeno citare in una frase il precedente Governo (se non altro per cercare di abbassare un po’ quella percentuale di colpa al 99,9% di cui sopra).
    Addirittura in questo articolo si cita l”effetto Visco” come una delle cause determinanti (lo sarà stata, ma in che percentuale?).
    Non sono un Politico, ne tantomeno un economista, ma sono appassionato di questi argomenti, e mi piace sempre cercare in giro delle informazioni e commenti chiari e soprattutto autonomi, che analizzino la realtà senza farsi condizionare da nulla (per quanto possibile).
    Questo articolo non mi sembra rispondere a queste qualità!
    G

    • La redazione

      Caro lettore,
      il suo commento mi stupisce.
      Per qaunto riguarda il suo primo commento: fra i fattori che concorrono a spiegare le variazioni nelle previsioni di entrata intervenute fra il
      Dpef del 2005 e quello del 2006 il nostro articolo cita testualmente i provvedimenti “introdotti con la manovra finanziaria per il 2006” e cioè quelli dell’ultima finanziaria del governo Berlusconi che “dovevano comportare, secondo le valutazioni contenute nel Programma di stabilità di dicembre 2005, maggiori entrate nette per 7 miliardi” Quando si elencano i fattori che possono spiegare l’aumento delle entrate oltre le
      previsioni dell’ultimo Dpef 2006 si dice che “Una prima possibile spiegazione è che gli effetti delle norme discrezionali di aumento delle entrate nette siano stati sottostimati” Ciò significa che possono essersi
      verificate entrate superiori al previsto per tutti i provedimenti discrezionali citati nell’articolo e cioè sia per i provvedimenti della finanziaria per il 2006 (Tremonti) sia per il decreto di luglio (Bersani-Visco).
      Per qaunto poi riguarda l’effetto Visco: se si analizzano le entrate tributarie negli anni segnati dai reiterati annunci di condoni (2003-2004) (più di una volta annunciati prima che scadessero i termini per resentare le dichiarazioni dei redditi relative agli anni condonati) si vede che le entrate sono calate più di quanto fosse previsto. Una plausibile
      interpretazione è che ciò sia dovuto alla riduzione della tax compliance e cioè dell’adeguamento spontaneo del contribuente agli obblighi tributari. Nessuna meraviglia che si possa verificare quindi anche la situazione
      opposta (e cioè un aumento della tax copliance) quando i politici siano credibili nel dire no a politiche di condoni.
      Questo effetto è quantificabile? nell’articolo si dice testualmente “La quantificazione di questo effetto è per sua natura incerta e la sua
      iscrizione fra le entrate strutturali opinabile.”
      M.cecilia guerra

  2. giovanni ruberti

    Nelle grandi aziende in cui ho lavorato un’errore del “budget dei ricavi” di questa dimensione e così a ridosso di scadenze importanti avrebbe comportato la richiesta di dimissioni del controller. Nel nostro paese, invece, prevale da un lato la sorpresa, dall’altro la soddisfazione per le maggiori entrate: è incredibile!
    Ma le strutture tecniche del tesoro non avevano effettuato una due diligence sui conti al momento dell’insediamento del nuovo governo?
    E’ confusione connessa con i cambiamenti organizzativi dei primi 100 giorni o più semplicemente la incapacità gestionale delle variabili critiche dell’accounting statale?

  3. avv.giuseppe perillo

    Gentili redattrici,
    Le vie del signore sono infinite ma per restare con i piedi per terra è plausibile leggere dietro l’idea di diversa composizione del P.i.l. la crescita del gettito derivante dai nuovi occupati favoriti dal pacchetto Biagi?. Più che di effetto Visco, sarebbe il caso di parlare di serietà delle ultime finanziarie semmai effetto Tremonti…
    buon lavoro

    • La redazione

      Le previsioni che i Dpef fanno circa l’andamento dell’economia dovrebbero ovaimente tenere conto dell’andamento dell’occupazione, a qualunque fattore imputabile. I riflessi dell’andamento dell’occupazione sulle entrate dovrebbero quindi essere già incorporati nelle previsioni del Dpef.
      m.c.guerra

  4. michele caronti

    L’intervento di giannini-guerra in particolare, ma in generale i vostri articoli di analisi della politica di bilancio mi lasciano davvero piuttosto esterefatto. Ad un profano come il sottoscritto risulterebbe abbastanza ovvio che il fatto nuovo della politica fiscale italiana sta nella inaspettata crescita delle entrate nell’anno 2006. Ed altrettanto ovviamente sarei portato a pensare che cio’ sia il risultato delle politiche attuate dal governo precedente e in particolare dal ministro Tremonti. Ma di cio’ nemmeno uno straccio di analisi, anzi quasi il malcelato imbarazzo che trapela in particolare dalla fumosita’ dell’articolo di Giannini-Guerra: non meglio citate manovre discrezionali, cambiamenti statistici, la mancanza di dati etc. Quest’ultima in particolare, se impedisce agli autori di diffondersi nell’analisi vera e propria dell’aumento delle entrate, non le esime dall’attribuerne il merito (bonta’ loro) al cd. effetto Visco. Non occorre credo un genio dell’economia per capire come l’entrata in carica di un ministro nel mese di aprile non puo’ avere un effetto di cosi vasta portata nei mesi appena successivi. Appare davvero molto piu’ probabile che tale effetto venga da piu’ lontano, magari dalle politiche del centro-destra. Ma questo sembra non si possa dire. Non vorrei che alla base di questo ci sia il tipico atteggiamento di certa scienza economica schierata che sistematicamente decide a priori cio’ che val la pena di analizzare e cio’ che invece non ha rango scientifico. Peccato che cosi’ si decidano gia’ a priori le conclusioni dell’analisi. Mi sembra sia un po’ la stessa cosa cui si e’ assistito in occasione delle politiche fiscali dal lato dell’offerta attuate da Reagan e Thatcher negli anni 80 cui nessuno attribui’ valore ma che hanno poi in effetti cambiato l’economia e la politica mondiali. Se cosi’ fosse (come temo) la scienza economica non solo sarebbe triste ma forse non sarebbe proprio una scienza.

  5. Guglielmo

    Grazie per non avere pubblicato il commento a questo articolo che vi ho inviato ieri.
    E’ la conferma palese e inconfutabile che quello che vi ho scritto è giusto.
    Continuerò ad essere un iscritto alla vostra mailing list anche se magari vi leggerò con un po’ meno entusiasmo 🙁

    P.S. Per fortuna la rete è grande!

    • La redazione

      Caro lettore,
      non possiamo rispondere a tutti i commenti che arrivano. Richiederebbe un impegno a tempo pieno.Noi tutti prestiamo il nostro lavoro alla voce con entusiasmo e gratuitamente, può capitare che i nostri impegni di lavoro ci impediscano di rispondere a tamburo battente anche quando lo
      vorremmo. Questo non ha niente a che vedere con la censura. Lei, in particolare, non è stato oggetto di censura:
      Il suo commento non è stato pubblicato immediatamente come non lo sono tutti quelli a cui ci proponiamo di rispondere appena possibile (come abbiamo fatto).
      m.c.guerra

  6. aldo lanfranconi

    Mi complimento per il vostro studio che fa chiarezza dopo le polemiche estive su a chi dare il merito del boom delle entrate.

    Ho estrapolato voce per voce le extra entrate di H1 / 2006 (http://www.mef.gov.it/app/comunicati/view/view.asp?comunicato=20062773782006.htm ) e se i gettiti di IRE, IRES e SOSTITUTIVA ed delle I.I.continuassero con lo stesso ritmo di H1 e le altre entrate risultassero in linea con il DPEF 2006 a fine anno le entrate potrebbero superare di circa 11 miliardi quanto previsto dal DPEF 2006 ( di cui almeno 7 strutturali).
    Il Governo ha probabilmente e giustamente messo in gioco solo 5 miliardi per contenere “l’assalto alla diligenza”.

    Con questi numeri la P.F. risulterebbe al 42% ben superiore a quella del 2001 (41,2%) e a tutte quelle degli anni seguenti del passato Governo.
    Sono curioso di vedere se si accenderà la stessa disputa fra i due schieramenti per rivendicarne il merito.
    Una buona idea , e rispettosa degli stereotipi dei due Ministri, potrebbe essere di lasciare all’on. Tremonti il merito delle maggiori entrate e attribuire all’on. Visco la responsabilità della cresciuta pressione fiscale.
    Infine, poiché i 34 miliardi in più di imposte ( D + I ) rispetto al 2005 non possono essere piovuti dal cielo, anche l’on. Tremonti deve aver deciso, prima di lasciare la scrivania di Quintino Sella, di assaporare l’ebbrezza di “mettere le mani nelle tasche degli italiani”
    E questo in barba alla seguente frase contenuta dal preambolo del DPEF 2005 che mi ha molto colpito:
    “A problemi di crescita si risponde con politiche per la crescita”
    E’dal 2002 che tutti gli obiettivi vengono mancati proprio perché la crescita reale è puntualmente risultata molto minore di quella prevista nei vari documenti di programmazione economica.

  7. aldo lanfranconi

    Spulciando i documenti di cui avete fornito i links mi sono sorti alcuni dubbi (non tutti legati all’oggetto dell’articolo) e vi sarei grato se mi aiutaste a dissiparli:

    1) Relazione trimestrale di cassa: :il paragone delle entrate con vecchi e nuovi principi mostra la massima differenza per il 2006 (16,8 miliardi contro 9,2 nel 2005, 7,8 nel 2004 e 3,4 nel 2003) di cui 9,3 relativo elle imposte e 3,3 ai contributi sociali , mentre la differenza delle voci rimanenti risulta sensibilmente costante nei 4 anni.
    Come mai la differenza è minore nel 2003 che nell’anno di applicazione dei nuovi criteri?

    2) DPEF 2005: la tabella che mostra per vari anni l’INDEBITAMENTO NETTO vero, quello STRUTTURALE e quello al AL NETTO DELLE MISURE UNA TANTUM da’ per il 2001 rispettivamente 3,2%, 4,2% e 4,8% e per il 2000 1,9%, 2,8% e 2,8%: come mai la differenza fra il secondo e il primo e’più alta nel 2001 con una crescita italiana e mondiale molto minore che nel 2000?
    Quali sono state le misure una tantum del 2001 oltre quelle cancellate da Ecofin (responsabili del famigerato buco) e tali da sovracompensare il bonus fiscale distribuito?

    3)DPEF 2005: la tabella con le spese in rapporto al PIL e il loro breakdown mostra un aumento 2004 su 2001 dell’1,4%.; 0,8% e ‘ dovuto alla P.A. e welfare : a quali spese è riconducibile il rimanente 0,6%?

    4) DPEF 2005 : la sotto stima delle entrate tendenziali sembra in massima parte da imputare alle imposte dirette che sono state previste addirittura in calo dello 0,2% nonostante una previsione di crescita del PIL del 3,9% (IRES) e del costo del lavoro del 2,3% (IRE). Il commento sembra giustificarlo con gli effetti del secondo modulo di riforma dell’IRPEF.Ma questi effetti non si erano esauriti nel 2005, completamente per contribuenti tassati alla fonte e in gran parte per gli altri con l’acconto di novembre?

    Grazie.

  8. Luca Cifoni

    Condivido l’analisi sui misteri delle entrate. Ma mi sembra di capire che la differenza di 34 miliardi si riferisca al totale delle entrate, e non alla sole entrate tributarie. Quindi parliamo non solo di imposte, ma anche di contributi sociali, dividendi e altro. Rientrano nella stessa analisi?

    • La redazione

      Il riferimento è a tutte le entrate. L’articolo poi si sofferma su quelle che hanno avuto una dinamica inattesa e cioè le entrate tributarie (imposte dirette e indirette)
      m.c.guerra

  9. Massimiliano Cese

    Considerando il cambiamento demografico in atto ovvero molti più anziani per molto più tempo, ritengo che il DPEF sia inadeguato. Non si può pensare di poter crescere puntando sulla domanda interna. I frigoriferi degli Italiano scoppiano, ogni famiglia possiede in media 2 macchine….. C’è bisogno di cambiamenti ma questa volat veri. Speriamo di non perdere un’altra volta il treno come abiamo fatto nel 1990!

  10. giorgio mocci

    Ho letto con molta attenzione l’intervento delle signore Silvia Giannini e Maria Cecilia Guerra pubblicato sul Sole 24 Ore del 13 settembre 2006 e vorrei esprimere il parere di un ragioniere di provincia sul boom delle entrate fiscali registrato nei primi sei mesi del 2006, in quanto ritengo che non si sia tenuto conto di un piccolo particolare e precisamente:

    a) nel 2003 e nel 2004 molte imprese e professionisti hanno usufruito del “concordato fiscale” pagando, di conseguenza, le imposte a saldo e in acconto in misura ridotta;

    b) per il 2005 tale regime non è stato confermato dal governo Berlusconi e pertanto chi ne ha usufruito nel 2003 e nel 2004 ha pagato più imposte a saldo per il 2005 e in acconto per il 2006.

    c) i versamenti d’imposta per adeguamento agli studi di settore sono stati, sempre dal governo Berlusconi, anticipati al 31 luglio 2006, termine poi spostato dal comma 3 dell’art. 37 del Dl 223/2006 (Visco-Bersani) al 31.10.2006 quando gran parte dei contribuenti avevano già provveduto ai versamenti alla scadenza ordinaria del 20.06.2006, presumibilmente versando anche le somme da ravvedimento

    Se a tutto questo aggiungiamo che per l’Irap non è possibile usufruire del cosidetto ravvedimento operoso i calcoli sono presto fatti.
    Sarebbe interessante conoscere una Vostra analisi sui i costi che i titolari di partita iva andranno a sostenere per l’introduzione dell’obbligo di pagamento telematico delle imposte e della tenuta di un conto corrente. Obblighi vessatori e di scarsa utilità per la lotta all’evasione ma che contribuiranno a rendere sempre più attivi i bilanci degli Istituti di credito.

    Giorgio Mocci – Oristano

  11. flavio favilli

    La lettura analitica del Bollettino del settembre 2006, relativo alle entrate tributarie gennaio-luglio 2006, pubblicato dal Ministero dell’economia fa emergere interessanti risultanze, al di là del maggior gettito di 24.214. mil. di €, rispetto all’analogo periodo del 2005.
    Il primo è quello delle Ritenute Ire operate sui redditi di lavoro dipendente che risultano aumentate di 4.448 milioni di €: la spiegazione la si trova, per i lavoratori privati (+ 1707 mil .di €) p.e. nell’effetto dei rinnovi contrattuali dei metalmeccanici dell’industria, degli edili delle imprese artigiane, ecc; nel settore pubblico nell’analogo rinnovo dei dipendenti degli enti locali (+ 2034 mil.di €). Significativo pure il maggior gettito dei dipendenti statali per +707 mil.di €. Tali maggiori gettiti li si possono quindi acquisire a regime, salvo futuri crolli dell’occupazione.
    Il secondo dato è quello degli Acconti e Saldi della Autoliquidazione Ire/Ires: +3.637mil.di €.(+15,7%). A tale dato va aggiunto il gettito Irap che per il settore privato ammonta a +1.102 milioni(+10,8%).
    Ritenere acquisiti a regime tali maggiori entrate può essere meno certo, ma se si osserva che il maggior gettito deriva dai maggiori utili realizzati dalle imprese societarie ed individuali nel 2005, rispetto al 2004, e che per l’economia non si sta profilando un 2006 regressivo, può eesere ragionevole. L’effetto Visco poi e cioè la vanificazione dell’aspettativa del condono, essendo intervenuto a maggio, può aver influito solo su quei soggetti usi a presentare dichiarazioni non conformi a dati contabili o di bilancio.
    Il terzo dato è quello dell’Iva: + 5.062mil di €, che trova giustificazione primaria nel forte incremento dei prezzi dei carburanti al consumo ed in altre materie prime(rame p.e.) ed in altri beni di largo consumo. Anche tale maggior gettito, stante le prospettive dei mercati mondiali, lo si può ragionevolmente acquisire a regime.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén