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Una scommessa contro l’evasione

Le esperienze di alcuni paesi mostrano che i sistemi basati sul contrasto d’interesse non risolvono il problema dell’evasione fiscale. In Cina tentano una strada diversa: nei settori ad alta evasione lo scontrino è anche un “gratta e vinci” e dà diritto a partecipare a una lotteria molto pubblicizzata dai media. La tecnologia adottata è relativamente semplice e i risultati in termini di stimolo alla legalità degli scambi e di entrate fiscali sembrano incoraggianti. Pur con qualche cautela, potrebbe rivelarsi una buona idea anche per l’Italia.

I sistemi basati sul contrasto di interessi, ad esempio premiando con detrazioni fiscali il consumatore che richiede lo scontrino, sembrano a molti l’uovo di Colombo per debellare l’evasione. In realtà i problemi che si aprono in questo campo sono numerosi e le esperienze disponibili non sono incoraggianti.

Cose turche

Un recente studio analizza l’esperienza di Cipro Nord, ma sistemi simili sono usati in Turchia e in alcuni paesi latino-americani. (1)
Dal 1996 Cipro Nord prevede che venga rimborsato ai lavoratori e ai pensionati il 5 per cento (il 2,5 per cento a partire dal 2000) della spesa per consumi sottoposti a Iva. Il beneficio si può ottenere inviando al fisco gli scontrini tramite il datore di lavoro. La spesa mensile documentata non può essere maggiore del salario. L’effetto in termini di riduzione dell’evasione risulta però scarso. Infatti coloro che chiedono i rimborsi hanno ampie opportunità di raccogliere scontrini che in ogni caso verrebbero emessi (ad esempio dai supermercati), utilizzando anche quelli di persone che non possono beneficiare dell’agevolazione, come studenti e turisti. Tra i sintomi di malfunzionamento c’è il fatto che in genere chi richiede il rimborso lo fa per una spesa pari all’intero salario: possibile che non si risparmi mai nulla? Molti rinunciano alla richiesta perché la raccolta e la preparazione della documentazione è onerosa a fronte di quanto si riceve. Tra i più zelanti ci sono gli impiegati pubblici, che pare considerino la richiesta di rimborso un compito da svolgere nelle ore d’ufficio. I costi privati e pubblici di gestione del sistema sono molto elevati, a causa dell’enorme quantità di ricevute da manipolare. Certo, si potrebbe far meglio sfruttando le moderne tecnologie. Tuttavia, se guardiamo alle reazioni suscitate dalle misure sulla tracciabilità dei pagamenti ai lavoratori autonomi in Italia, si può davvero pensare che da noi si possa far meglio? Non sembra un caso del resto che il Fondo monetario internazionale abbia recentemente persuaso il governo turco a rinunciare al sistema dei rimborsi a partire dal 2008, sostituendolo con detrazioni fisse dall’imposta sul reddito.

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E a casa nostra?

Anche in Italia esistono esperienze di rilievo, come ad esempio il sistema di agevolazioni per le ristrutturazioni edilizie. Un recente studio sugli effetti ottenuti disegna un quadro in chiaroscuro. (2) Il ricorso alle agevolazioni appare molto concentrato nelle Regioni del Nord mentre è quasi assente nel Mezzogiorno. Negli anni di applicazione della misura risulta un’emersione di lavoro sommerso e di fatturato dichiarato in edilizia, ma un incremento di reddito imponibile inferiore al dato di contabilità nazionale, a causa della lievitazione dei costi dichiarati. Un più approfondito esame degli effetti richiederebbe comunque dati ulteriori rispetto a quelli resi noti, che si limitano al numero delle domande presentate per Regione.

Se il contrasto d’interessi funziona

Quanto agli scambi tra le due parti, agli esempi proposti da Maria Cecilia Guerra e Alberto Zanardi , se ne possono aggiungere altri se si considera un più ampio contesto di mercato. Se alcuni scambi avvengono comunque in modo regolare e danno diritto a detrazioni fiscali, si determina un flusso di risorse che tendenzialmente incrementa la domanda e quindi le quantità o i prezzi nel settore interessato. Ciò può spingere le imprese a ridurre la quota di evasione: è più difficile piangere miseria quando gli affari vanno meglio (evadere diventa più costoso). Vi può essere perciò un incremento del gettito fiscale al netto degli oneri per le detrazioni. In questo scenario i benefici per il consumatore sono comunque tendenzialmente intaccati dall’incremento dei prezzi “lordi”, ovvero prima del conteggio delle detrazioni fiscali (o degli sconti per gli scambi che restano in nero).
Ma ci si può poi davvero aspettare che se c’è il contrasto di interessi il consumatore pretenda o lo scontrino o lo sconto? Di fronte al fornitore che fa finta di niente si può essere frenati dal disagio psicologico, dal timore di qualche ritorsione futura in termini di qualità, dalla scarsa informazione sui modi e sui tempi per imporre il rispetto della legge e così via. La reazione più ragionevole del consumatore che aspira alla detrazione è se mai di cercare il fornitore che di suo opera legalmente. Ma anche cercare è costoso: si può quindi determinare un circolo vizioso in cui ben pochi danno lo scontrino, il consumatore è scoraggiato dal cercare alternative e, sia pure malvolentieri, accetta l’evasione, senza nulla pretendere.

Giocando si impara

Un esempio interessante di contrasto di interessi è fornito da un esperimento recentemente condotto su vasta scala in Cina, che prevede, per settori ad alta evasione come ristoranti, parrucchieri eccetera, il rilascio di scontrini che sono anche “gratta e vinci” e danno diritto a partecipare poi a una lotteria molto pubblicizzata dai media. I risultati ottenuti in termini di stimolo alla legalità degli scambi e di entrate fiscali sembrano incoraggianti. La tecnologia adottata per la stampa degli scontrini è relativamente semplice, e tra i fornitori ci sono anche aziende italiane. (3) I costi di controllo sono ridotti, poiché le uniche ricevute fiscali da verificare sono quelle dei vincitori. A parità di spesa per l’erario, questo metodo crea uno stimolo più potente per il consumatore: è probabile che gli appassionati del gioco (che non sono pochi) non si lascino tanto facilmente scoraggiare se lo scontrino non viene dato spontaneamente.
Naturalmente non mancano anche i lati negativi. Se adottassimo questo sistema in Italia, gli organizzatori del lotto clandestino potrebbero tentare di entrare nel business con apposite scommesse false. Si può inoltre pensare che il gioco sia poco compatibile con l’immagine di serietà e di fermezza che il fisco tenta faticosamente di costruire. Tuttavia, l’erario non ha mai disdegnato di raccogliere proventi dalle scommesse, se mai c’è a questo proposito il pericolo che si faccia concorrenza in casa. Del resto, una proposta simile era stata avanzata in passato anche dal Secit. L’immagine di serietà e severità del fisco può poi sempre essere coltivata con ulteriori misure. Senza però insistere troppo nell’imitare i cinesi: loro infatti includono anche la pena di morte tra le sanzioni comminabili per l’evasione fiscale.

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(1) Citato in: Marchese, C., “Rewarding the consumer for curbing the evasion of commodity taxes?”, Wp Polis n. 79, 2006, http://polis.unipmn.it/pubbl/index.php?paper=1826
(2) Di Lorenzo, P., Farina, A. e Santoro, F. (a cura di), “Andamento del settore edilizio ed effetti delle agevolazioni fiscali”, Documenti di lavoro dell’ufficio studi, Agenzia delle Entrate, 4/2006, http://fo.src.cnr.it/reader/?MIval=view_shtmlN&giornale=22228&type=8
(3) La milanese Cem (si veda IL Sole 24 Ore del 5 gennaio 2006). Hera ha brevettato un sistema applicabile con i comuni registratori di cassa.

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Un “partenariato privilegiato” tra Europa e Turchia

  1. Alberto

    Non conoscevo la trovata cinese.
    In passato avevo escogitato altre soluzioni del genere, convinto di questa idea.

    Avevo segnalato una di queste soluzioni con un post su “Ma il contrasto di interessi non è la soluzione” di Maria Cecilia Guerra e Alberto Zanardi, apparso su lavoce.info il 20 novembre; tuttavia la mia soluzione, molto simile a quella cinese, non era stata considerata intellettualmente valida e quindi non pubblicata.

    Bisogna che si capisca, da parte di chi governa, che bisogna utilizzare le enormi possibilità date dal caso.
    Andare alla ricerca di metodi deterministici, volti al raggiungimento della perfezione, della soluzione ottimale, è una pura illusione.

    Bisogna scegliere quali extracomunitari devono venire in Italia? Si faccia una lotteria simile alla green card americana! Risparmiamogli code ai consolati, risparmiamoci le loro code alle poste!
    Lo stato deve scegliere quali precari assumere? Faccia un esame di idoneità e poi estragga a sorte, fra i vincitori, i nominativi delle persone a cui dare un lavoro! (ci sono alcuni che scalano le montagne ma hanno “il soffio al cuore”, per cui passano davanti in graduatoria agli altri in quanto portatori di handicap!)

    Perché dovrebbe essere così? Perché qualsiasi soluzione teoricamente deterministica è in realtà soggetta agli stratagemmi di tutti i soggetti interessati.

    Siccome in Italia abbiamo il vizio di inventarci graduatorie di idoneità insensate, parametri di giudizio astrusi, controllori che non controllano (cosa gliene viene a fare i capziosi? Prendono forse un aumento di stipendio?) e commissioni che sonnecchiano (e magari fanno vincere amici o “clientes”) meglio per tutti è che si tenti la sorte.

    In questo modo, sotto a chi tocca e buona fortuna!

  2. raffaello morelli

    Dopo gli articoli di Giarda e Zanardi, la Marchese si rivolge ancora contro il contrasto di interessi. E ancora una volta le argomentazioni sono fragili ( parlo del testo perché i due brani richiamati nelle note sono inaccessibili, uno perché non si apre il sito dell’Università del Piemonte orientale, l’altro perché non funziona il link dall’Agenzia Entrate) .
    Le cose turche non sono probanti per la dimensione dell’esperimento, per l’ aliquota del tutto inadeguata e soprattutto per i meccanismi fuori bersaglio rispetto al contrasto di interessi (non a caso il FMI ha spinto per sostituirli con le detrazioni fisse). Il riferimento alle ristrutturazioni edilizie non é pertinente perché queste sono state pensate come incentivo all’attività edilizia, hanno funzionato ai fini dell’emersione e non forniscono controindicazioni . Quanto ai dubbi sollevati anche qualora il contrasto di interessi funzioni, valgono le considerazioni già fatte dai lettori sulla necessità di maggior concorrenza (Menegaldo) e sulla opportunità di ricorrere anche a mezzi aleatori senza utopie deterministiche (Alberto).
    La contrarietà dei tre articoli a studiare e sperimentare il contrasto di interessi pare insomma esprimere la diffidenza per la diversa mentalità sistemica che si attiverebbe. Al di là dei maggiori incassi per l’Erario, il contrasto di interessi influenzerebbe positivamente l’intera società perché migliorerebbe il meccanismo fiscale attivandone un funzionamento più diffuso e automatico. La nuova pratica fiscale allenerebbe i cittadini alla correttezza e contribuirebbe a mutare la filosofia del rapporto Amministrazione Pubblica – cittadino. Attenzione all’ordinario funzionamento generale del sistema piuttosto che alla vuota enfasi sul ricupero di imponibile attraverso controlli dal piglio vessatorio oppure sugli annunci di mirabolanti evasioni seguiti da assai miseri ricuperi effettivi.

  3. Simone

    Concordo con i metodi alla Cinese e con in commento di Alberto. I metodi deterministici vanno studiati, discussi ed applicati fino ad un certo limite, oltre sono esercizi inutili perchè la gente troverà metodi per escogitare. Quindi tanto vale rendere la cosa non controllabile in modo fraudolento (ottimo l’esempio delle liste di idoneità, fra le quali poi pescare a sorte per fare una assunzione, casomai si puo calmierare la sfiga aumentando le possibilità per chi sta nella lista da troppo tempo).
    Il meccanismo della Cina ha ottime speranze di funzionare in Italia, chi ha senso civico chiede lo scontrino, chi se ne frega non lo chiederà mai oppure se anche avrà qualche interesso si farà convincere facilmente da altre cause o solo per sentito dire. Quindi ben venga, perchè otterrà soprattutto da quella parte di cittadinanza poco sensibile alla cosa, un ottimo riscontro!

  4. ciro daniele

    Mi permetto di proporre solo una piccola variante all’ottimo metodo cinese. Perchè non prevedere anche una estrazione tra le dichiarazioni dei contribunti con una probabilità proporzionale alle imposte versate? Così chi più dichiara (ed evade meno) avrebbe anche maggiori probabilità di vittoria. Questo sistema sarebbe poco costoso e dovrebbe consentire un recupero di imponibile non trascurabile, sotto ipotesi abbastanza deboli sull’avversione al rischio degli evasori.

  5. Fabio Pancrazi

    Gli imprenditori artigiani hanno manifestato a Milano contro la finanziaria 2007 con un “simpatico” slogan: “ci hanno preso per il mulo”. Il mulo, infatti, è un animale adatto alle zone impervie (come un idraulico, con un solo dipendente, che conosco e che va a caccia sopra uno dei suoi due Suv, partendo dalla sua casa colonica ristrutturata e con la piscina). Il mulo è un “ibrido infecondo” (per la collettività come uno che paga pochissime tasse). Il mulo è figlio di un asino (come me che sono un lavoratore dipendente con lo stipendio tassato alla fonte e, per giunta, quando acquisto qualche bene economico devo ancora pagarci sopra l’Iva, anche del 20%). Se un governo (come quello svizzero o statunitense) facesse dedurre l’Iva agli asini sulle prestazioni dei muli avrebbe tutti i cittadini cavalli.

  6. Adriano

    Secondo me tutti i provvedimenti contro l’evasione che si basano su un controllo manuale di ricevute e scontrini sono inefficenti e destinati a fallire.
    Esiste una soluzione gia’ disponibile sul mercato e a costo zero: paghiamo tutto con metodi elettronici (bancomat, carte di credito, bonifici bancari). Il fisco utilizzera’ sistemi informatici per il controllo di TUTTE le transazioni elettroniche (e non solo un piccolo campione).
    Mi sembra che il ministro Bersani si stia muovendo in questa direzione, bravo!!

  7. FICHERA GIANCARLO

    Attualmente iscrivendosi al programma di fidelizzazione Nectar si riceve una scheda magnetica con i propri dati: comprando qualcosa in un esercizio convenzionato l’esercente fa passare tale scheda in un trasmettitori di dati come fosse un bancomat e accredita il profilo del consumatore dell’importo pagato: il consumatore riceverà così dei punti che si trasformeranno in buoni acquisto o regali. Invece della scheda Nectar il fisco darebbe una scheda IVA che si caricherebbe degli importi pagati a fronte dei quali erogherebbe dei buoni o dei premi: non sfuggirebbe più niente.

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