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Un’agenzia pubblica per la Pedemontana

La carenza di fondi pubblici è il maggiore ostacolo alla costruzione di nuove autostrade in Italia. D’altra parte, lo Stato ricava dalle reti autostradali un gettito fiscale. Se vi rinunciasse, molte opere potrebbero essere autofinanziate senza bisogno di contributi statali. A partire da Pedemontana e Tem: la loro realizzazione potrebbe essere affidata a una agenzia pubblica esente da imposte sul reddito, eliminando inoltre l’Iva sui pedaggi. E le critiche alla “rinazionalizzazione” sono spesso interessate.

La carenza di fondi pubblici è il maggiore ostacolo, ma non l’unico, alla costruzione delle nuove autostrade, pensiamo in particolare a Pedemontana e Tem, la Tangenziale Est Esterna di Milano. Le società di progetto hanno stimato che, pur applicando tariffe elevate, il doppio di quelle attualmente in vigore sulla Milano-Bergamo, e pur prevedendo concessioni molto lunghe, rispettivamente trenta e quaranta anni, non potrebbero avere un sufficiente ritorno sul capitale investito senza un contributo statale a fondo perduto di 2.600 milioni (circa il 60 per cento del costo) per la Pedemontana e di 364 milioni (21 per cento del costo) per la Tem. Importi che il governo fatica molto a trovare.

Oneri per la mobilità

In molti paesi le autostrade sono finanziate con fondi pubblici. In Italia, lo Stato non solo chiede che a finanziarle siano capitali “privati”, ma intende ottenerne anche ulteriori introiti fiscali: Iva sui pedaggi, imposte sul reddito dei concessionari, canoni di concessione e versamenti al fondo garanzia. Sui pedaggi si scaricano dunque, oltre ai costi delle infrastrutture, anche la fiscalità e i profitti delle concessionarie. L’onere che ne deriva a carico della mobilità è molto elevato: oggi i pedaggi pesano sul costo per chilometro delle auto quanto le imposte sulla benzina. (1)
All’ultima riunione del Cipe, Romano Prodi ha dichiarato che non vi sono risorse per nuove opere tranne quelle interamente autofinanziate. Benissimo. Se lo Stato si limitasse ad accollare agli utenti l’onere della costruzione (e gestione) delle autostrade rinunciando a ricavarne anche un gettito fiscale oltre all’imposta sulla benzina, molte opere potrebbero essere autofinanziate, senza bisogno di contributi pubblici a fondo perduto.

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Opere autofinanziate

Dall’analisi dei piani finanziari delle società promotrici si desume che se la costruzione di Pedemontana e Tem fosse affidata a una “Public Authority” esente da imposte sul reddito, come avviene ad esempio in Florida, e non vi fosse Iva sui pedaggi, le due autostrade potrebbero essere finanziate interamente a debito, senza alcun bisogno di contributi a fondo perduto da parte dello Stato: Tem potrebbe rimborsare il debito in quindici anni e la Pedemontana in trentasette.
Gli anni richiesti per l’ammortamento finanziario potrebbero diminuire notevolmente, se il traffico crescesse più di quanto previsto dalle società di progetto. In Italia, ma non in Spagna ad esempio, si addossa alle concessionarie il “rischio traffico“. È quindi logico e giustificato che queste presentino piani finanziari basati su aspettative di traffico molto prudenziali, con la conseguenza di gonfiare ulteriormente il sussidio richiesto oggi allo Stato. Se poi il traffico cresce più delle stime prudenziali, i profitti che ne derivano nell’arco dei trenta-quaranta anni di concessioni possono risultare enormi, ma allora lo Stato avrà le mani legate perché le concessionarie invocheranno la inviolabilità dei contratti.
Nel caso di una “Public Authority”, il “rischio traffico” può essere coperto prevedendo la possibilità di estendere la concessione per tutti gli anni necessari all’ammortamento finanziario. Questo, unito al fondo nazionale appositamente creato negli anni Settanta e ad altre eventuali garanzie pubbliche, consentirebbero all’agenzia pubblica di ottenere credito a condizioni primarie. Negli anni Sessanta e Settanta, la costruzione di tremila chilometri di autostrade è stata finanziata interamente a debito, con apporti di capitale dall’Iri pressoché insignificanti.
Qualunque proposta di “rinazionalizzare” le autostrade suscita subito le solite critiche: le imprese pubbliche sono inefficienti, esposte al clientelismo politico e così via. In verità non sembra che la Autostrade sotto l’Iri fosse mal gestita, anzi, secondo vari indici era più efficiente di altre concessionarie. La gestione di un’autostrada è poi molto più semplice di quella delle ferrovie o di una linea aerea. Né occorre creare nuovi “carrozzoni”: in Florida, la Public Authority appalta a diverse imprese private non solo la costruzione ma anche manutenzione e riscossione dei pedaggi.
Le tante critiche ai progetti di “rinazionalizzazione” del settore non nascono da genuine preoccupazioni per la presunta poca efficienza di agenzie pubbliche, quanto piuttosto dai concreti interessi del mondo della finanza e dell’imprenditoria che vede nelle autostrade un’eccezionale opportunità per procurarsi elevatissime rendite senza rischi, magari con la compiacente distrazione del potere politico, come ben dimostra l’esperienza dell’ultimo decennio.
La costituzione di un’agenzia pubblica o di più agenzie pubbliche regionali, richiederebbe certo una forte capacità di innovazione, sul piano legale e istituzionale. Tuttavia, questo potrebbe essere un modo per riprendere a costruire autostrade senza gravare sulla finanza pubblica. Si avrebbe poi anche il vantaggio di ridurre nel tempo l’onere dei pedaggi sulla mobilità.

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(1)
Per approfondimenti, rinvio al mio articolo “Autostrade, meglio pubblico o privato?”, nella rivista “L’Industria”, 2006 n. 3.

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La lenzuolata

  1. Carlo Rodini

    Peccato che sono anche una concentrazione di inquinamento probabilmente superiore al traffico cittadino. Credo che dovrebbero pagare una pollution tax e non esentarle.

    • La redazione

      L’obiettivo di ridurre l’inquinamento mediante imposte è un tema diverso e assai più ampio; dovrebbero essere tassate tutte le attività in proporzione al danno prodotto, e ve ne sono molte ben peggiori delle automobili. Peraltro, l’imposta sulla benzina è così elevata che si può ben pensare che copra già ampiamente tutte le esternalità negative del traffico su strada, ed anche i costi della rete stradale che invece, nel caso delle autostrade, vengono addossati agli utenti in aggiunta all’imposta sulla benzina. In Italia è forte la propensione a tassare tutto ciò che si muove, anche perché è più facile l’esazione, ma le conseguenze sul piano della crescita sono evidenti.

  2. Luigi D. sandon

    La Pedemontana è una pessima idea che tenta con malagrazia di porre rimedio agli errori commessi nel passato riguardo la viabilità a nord di Milano. I costi esorbitanti sono causati anche dalla necessità di attraversare zone tra le più densamente abitate in Italia e le poche aree naturali rimaste – si veda il tracciato tortuoso. Sinceramente, è meglio che non trovino i soldi.

  3. Carlo

    L’idea di trasformare il contributo a fondo perduto in una detassazione degli utili per un certo numero di anni è indubbiamente interessante. Specialmente in un Paese con un debito pubblico molto elevato, dove lo Stato non ha fondi da investire in infrastrutture.
    Ma, nell’esaminare i motivi per cui in Italia è così difficile realizzare opere pubbliche in Project financing forse potrebbe essere utile dare un’occhiata al di là dei nostri confini.
    In molti Paesi del terzo mondo il finanziamento di opere pubbliche attraverso il Project financing si è rivelato quasi impossibile perché la farraginosità delle leggi e l’inefficienza (e la corruzione) della burocrazia e della magistratura rendevano molto incerti i tempi e i costi per la realizzazione di una opera pubblica. La conseguenza tipica era che i potenziali investitori chiedevano condizioni finanziarie estremamente favorevoli.
    Ho il sospetto che la situazione italiana non sia troppo diversa da quella di questi paesi. Se fosse così, più che offrire contributi a fondo perduto o detassazioni converrebbe semplificare le leggi relative alla costruzioni di opere pubbliche.
    Saluti

  4. Antonio Granata

    Le chiederei se la creazione della società, CAL S.p.A. a cui ANAS ha trasferito funzioni e poteri di soggetto concedente ed aggiudicatore per la realizzazione di Pedemontana, Brebemi e Tem, sia una novità da salutare con fiducia o un pericolo da tenere sotto controllo. Se da un lato infatti la dimensione territoriale del soggetto (per quanto la maggioranza del CDA resti in capo ad ANAS) fa presagire un maggiore coinvolgimento delle realtà locali nella realizzazione di queste infrastrutture (con tutti i rischi connessi), la eventuale proliferazione di soggetti analoghi potrebbe far pensare ad una frammentazione della infrastrutturazione nazionale con una pletora di soggetti che costruiscono ciascuno per conto proprio senza alcun progetto unitario nazionale. Questa possibilità verrebbe ad aggiungersi quindi agli effetti della riforma Bassanini che ha previsto la devoluzione delle competenze in materia di strade agli Enti Locali generando una frammentazione dell’attività manutentiva sia ordinaria che straordinaria nello stesso ambito territoriale.

    • La redazione

      Ogni volta che si delegano funzioni dallo Stato agli enti territoriali si pone la questione se ciò non provochi frammentazione delle normative nazionali e diseconomie di scala. E’ un problema generale, tipico del “federalismo”. Nel caso specifico, la delega della funzione di soggetto concedente ad una società mista ancora controllata dall’ANAS mi pare soprattutto un’operazione “politica”, fatta per regalare visibilità alla Regione; non è chiaro se servirà ad accelerare il processo autorizzativo oppure lo renderà ancora più tortuoso. E’ vero peraltro che la gran parte del traffico autostradale è all’interno della regione, e pare quindi opportuno che l’ente Regione abbia voce in capitolo. Anche l’attività di manutenzione delle strade è per sua natura locale, e quindi un’organizzazione a livello regionale potrebbe essere preferibile alla gestione ANAS…dipende dalla capacità delle singole regioni.
      E’ chiaro comunque che la mia proposta non riguarda la fase autorizzativa bensì quella della costruzione e gestione. Qualunque sia il soggetto “concedente”, sostengo che sarebbe preferibile affidare la concessione ad un’agenzia pubblica piuttosto che a concessionarie private.

  5. antonio petrina

    LA sua risposta al sig.Granata mi ha incuriosito, perchè è vero che un’agenzia pubblica potrebbe avere più chance in Usa ( rectius: in Italia , anche se per il sistema bancocentriico italiano difficilmente sarà possibile recepire finanziamenti dalle famiglie direttamente come in Usa) che una concessionaria quasi interamente pubblica ( la CAL per la Brebemi al 51% della regione Lombardia) , ma se la pubblica illuminazione non la gestisce Londra, per dirla con Smith, a chi spetterebbe quel servizio pubblico se non all’autorità più vicina al territorio?

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