Il presidente francese ha ripetutamente criticato la Banca centrale europea durante la campagna elettorale: l’intuizione era giusta, ma sbagliato il bersaglio. Il problema è la mancanza di trasparenza della Bce, non le sue decisioni sui tassi di interesse. La trasparenza è alla base di quell’indipendenza ormai ritenuta indispensabile per attuare una buona politica monetaria, come hanno capito in molti paesi. Sarkozy dovrebbe usare la sua influenza per costringere la Bce a seguire quegli esempi. Si prenderebbe così anche una sottile vendetta. Durante la campagna elettorale, Nicolas Sarkozy ha ripetutamente criticato la Banca centrale europea. Da quando è divenuto presidente non ne ha più parlato, ma resta chiaramente scettico nei confronti dellistituto di Francoforte. Come in molti altri casi, lintuizione di Sarkozy è giusta, ma mira al bersaglio sbagliato. Quello che non funziona dentro la Bce è la mancanza di trasparenza, non le sue decisioni sui tassi di interesse. Le responsabilità della Bce È sbagliato sostenere che la Bce è lostacolo alla crescita e alla creazione di posti di lavoro in Europa. Nei venti anni precedenti allentrata in vigore della moneta unica, leconomia statunitense ha creato 32 milioni di nuovi posti di lavoro, mentre i paesi dellarea euro – una regione che ha pressappoco la stessa grandezza economica ne hanno creato appena la metà. Da quando leuro è stato introdotto, il numero dei posti di lavoro creati in Europa e negli Stati Uniti è identico, circa 18 milioni. È nella crescita della produttività che lEuropa è rimasta indietro rispetto agli Stati Uniti, ma non cè nulla che la Bce possa fare per accelerarla. Buoni e cattivi esempi Le banche centrali di maggior successo nel mondo hanno capito limportante legame che esiste tra trasparenza e indipendenza e sono diventate vere e proprie case di vetro. I dati presentati al comitato che ha la responsabilità di fissare i tassi di interesse sono disponibili sui siti internet. Le previsioni sono chiaramente spiegate nei “Rapporti sullinflazione” e il comitato se ne assume la piena responsabilità, facendole proprie. Inoltre poiché è impossibile stabilire un appropriato livello del tasso di interesse di oggi senza avere una visione dellevoluzione che il tasso di riferimento potrebbe avere in futuro, il comitato pubblica anche le sue aspettative su tale evoluzione. Le opinioni diverse da quelle deliberate dal comitato e le divergenze sono il segnale di un dibattito sano vengono chiaramente spiegate nei verbali delle riunioni. Le decisioni vengono sempre prese con un voto e il voto di ogni membro del comitato è reso pubblico, riducendo in questo modo il rischio che le pressioni reciproche impediscano ai singoli membri di esprimere il proprio dissenso. La Riksbank, la Banca dInghilterra, le banche centrali di Canada, Norvegia e Nuova Zelanda e molte altre adottano questo sistema e si sforzano costantemente di migliorare la loro trasparenza. La pubblicazione delle previsioni sul tasso dinteresse è lultimo passo in questa ricerca di trasparenza. La Riksbank e la Banca di Norvegia già lo fanno. Alla Banca dInghilterra, che ancora non le pubblica, è in corso un dibattito aperto e animato sullopportunità di prendere questa strada. Testo inglese dell’articolo su www.voxeu.org
Sarkozy potrebbe dare un grande contributo a migliorare la politica monetaria in Europa, indirizzando le sue critiche verso il giusto bersaglio: la mancanza di trasparenza della Banca.
È ormai chiaro a tutti che una buona politica monetaria richiede la delega del potere di fissare i tassi di interesse a una banca centrale indipendente, ma una democrazia può accettare una tale delega solo se la banca centrale è pienamente responsabile delle sue azioni, vale a dire se le sue decisioni possono essere vagliate ex-post dal Parlamento, dal grande pubblico, dalla stampa, dal mondo accademico. Questo perché la trasparenza della banca centrale è la base per la sua indipendenza.
Diventa però impossibile esaminare attentamente loperato di una banca centrale che non rivela mai per intero le sue analisi e il processo attraverso il quale prende le sue decisioni. Una banca centrale che non è mai del tutto trasparente non può essere considerata pienamente responsabile e in una società democratica prima o poi perderà anche la sua indipendenza. I membri del board della Bce potrebbero riferire al Parlamento europeo ogni settimana, invece che quattro volte allanno, ma questo non li renderebbe più responsabili delle loro azioni se le analisi e il processo decisionale della Banca continuano a rimanere riservati.
La Bce è lontana anni luce da tutto ciò. Il Consiglio direttivo, il comitato che fissa i tassi di interesse, non si assume alcuna responsabilità sulle previsioni diffuse dallo staff della Banca stessa. Se queste si rivelano ripetutamente sbagliate, i membri del Consiglio non ne sono responsabili; possono semplicemente limitarsi a darne la colpa allo staff.
Le deliberazioni del Consiglio direttivo sono segrete. Non sappiamo mai se una votazione è avvenuta, tanto meno come ha votato ogni singolo membro del Consiglio. Nessuno sa se sono stati discussi differenti punti di vista o quali argomenti sono stati presentati a favore o contro una decisione. Tuttavia, visto che le voci oltrepassano con una certa frequenza gli spessi muri della Bce, sappiamo che nellultimo anno allinterno del Consiglio si sono affrontati due gruppi. Uno favorevole a un innalzamento relativamente veloce dei tassi di interesse, un altro favorevole a un rialzo graduale. Ha prevalso il gradualismo, ma quali sono state le argomentazioni a favore o contro questa scelta? Senza conoscerle è impossibile stabilire se la linea che ha prevalso sia quella giusta.
Jean Claude Trichet, il presidente della Banca, ha preso labitudine di preannunciare una variazione del tasso di interesse un mese prima della deliberazione del Consiglio. Siamo sicuri che il resto del Consiglio sia daccordo? Ancora, voci di corridoio raccontano che in almeno unoccasione alcuni membri hanno protestato poiché il giorno della riunione, sono stati messi di fronte a un fatto compiuto. Gli annunci di Trichet, poi, assomigliano ai responsi delloracolo di Delfi occorre interpretarli cercando un cambiamento anche solo nella sfumatura di un aggettivo. Provate a mostrare i comunicati della Banca ai vostri amici più intelligenti e guardate cosa riescono a ricavarne.
Lo scorso novembre la Bce ha riunito i migliori economisti monetari a livello mondiale in una conferenza il cui scopo era quello di discutere apertamente la strategia della Banca. Durante la conferenza sono emerse tensioni tangibili, tra lo staff della banca e tra lo staff e alcuni membri del Consiglio, sul ruolo che gli aggregati monetari dovrebbero giocare nella definizione di un appropriato livello dei tassi di interesse. Gli accademici e gli operatori del mercato presenti hanno avuto la chiara impressione che questi argomenti cruciali siano stati discussi di rado in modo aperto allinterno della Banca e che, almeno in questo caso, fosse il dogma piuttosto che la ragione a governare listituto.
Sono molto pochi i membri del Consiglio direttivo della Bce che hanno esperienza nel settore privato. In maggioranza sono banchieri centrali allantica, cresciuti in una cultura che presuppone che i banchieri centrali siano i custodi del sapere e che i mercati debbano essere lasciati a fare congetture. Sono rimasti almeno dieci anni indietro rispetto alle moderne pratiche di una banca centrale.
Sostenere che la Federal Riserve non è poi molto più trasparente è una linea di difesa molto debole. In primo luogo, non è vero: i verbali del Federal Open Market Committe sono pubblicati dopo qualche settimana. Le riunioni vengono registrate e le registrazioni rese pubbliche dopo qualche anno. È una pratica che personalmente non consiglio perché le registrazioni, a differenza dei verbali, hanno leffetto di inibire ogni dibattito animato. E poi, il presidente Bernanke si sta dando molto da fare per migliorare la comunicazione della Fed, lha indicata come una delle sue priorità. Comunque, anche se la Fed rimanesse non trasparente, perché la Bce dovrebbe seguire un (cattivo) esempio piuttosto che quelli della Riksbank e della Banca dInghilterra?
Se Nicolas Sarkozy mirasse al bersaglio giusto e utilizzasse la sua autorità per costringere la Bce a essere più trasparente, contribuirebbe enormemente a migliorare la politica monetaria in Europa. Costringendo la Banca a creare le condizioni che le permettano di diventare seriamente responsabile delle sue azioni, si prenderebbe anche una sottile vendetta su coloro che, anche dentro la Bce, lo accusano di minarne lindipendenza.
Lavoce è di tutti: sostienila!
Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!
piero postacchini
Con leuro abbiamo accettato il cambio fisso della moneta allinterno dei paesi europei più sviluppati, rinunciando quindi sia alla politica monetaria che al ruolo stabilizzante di un regime a cambi variabili, con grande plauso dei partner europei in primis della Germania che sono stati sempre infastiditi dalle continue svalutazioni della nostra moneta. È chiaro, che il cambio fisso richiede una politica di bilancio condivisa da tutti i paesi partecipanti, ha prevalso la strada di fissare dei parametri da rispettare sia sul debito che sul disavanzo, ciò perché si voleva tutelare la moneta al fine di controllare linflazione, invece che la tutela delloccupazione e della crescita del pil europeo. LItalia parti con un debito pubblico di oltre il 100% del pil e con un arretramento di infrastrutture ed opere pubbliche nei confronti degli altri paesi dellarea euro, si era in presenza di un paese che aveva bisogno di tutto, meno che di avere una moneta forte, forse doveva in modo spietato far pagare allestero i suoi squilibri e poi fare il passo verso la moneta unica (una svalutazione della moneta del 50% avrebbe fatto crescere il pil, avrebbe provocato un aumento generale dei prezzi riducendo quindi il valore reale del debito pubblico, lo stesso debito sarebbe aumentato solo degli interessi, quindi il rapporto D/PIL sarebbe sceso al 70%, naturalmente si poteva rischiare una crisi finanziaria come quella dellargentina? Ciò però non avvenne nel 1992 con una svalutazione di oltre il 40%). Il governo ha scelto la via di entrare subito nelleuro e quindi siamo stati costretti a rispettare i parametri obbligatori previsti. Tali parametri sono stati più gravosi per le economie che si sono presentate alleuro con i dati non in ordine e tra queste lItalia, che in ogni anno ha attuato politiche di bilancio al fine di rispettare con grande difficoltà il parametro del 3%, non si poteva pensare che avrebbe ridotto anche lenorme peso del debito pubblico. Poi anche i tassi, si è detto che con lentrata nelleuro, il paese avrebbe goduto di tassi più bassi e quindi si avvantaggiava il paese con il debito più alto. Ma anche questa affermazione si è rilevata infondata, in quanto se si vuole creare una moneta forte il suo tasso è più alto delle altre. In questo scenario il nostro paese con i vincoli dei parametri non ha potuto fare nemmeno le opere pubbliche necessarie per recuperare larretramento infrastrutturale nei confronti degli altri paesi europei. Cosa fare quindi? Si sta levando una campagna di scudi contro il dirigismo della Bce che avendo come compito quello di controllare linflazione è contraria ad una politica monetaria espansiva per svalutare leuro, ciò è possibile in quanto la Bce è svincolata dai governi dei singoli paesi. Secondo me sposterei il problema alla data dellingresso nelleuro, sicuramente è stato un passo affrettato e non si è fatto pesare agli altri partner che era impossibile rispettare i criteri previsti, si doveva subito riallineare le economie in fatto di debito pubblico creando delle obbligazioni europee che dovevano assorbire i debiti pubblici oltre le soglie del 50/60 %. Tali obbligazioni europee dovevano essere rimborsate da tutti i paesi, in rapporto al pil prodotto da ogni paese, in tale modo tutti partivano con lo stesso debito e quindi la regola del 3% non serviva in quanto si doveva obbligare il pareggio. In alternativa invece di fissare i parametri attuali che non permettono la crescita delleconomie più indebitate si dovevano utilizzare dei parametri che tenevano conto delloccupazione e del reddito procapite di ogni cittadino e del ritardo delle infrastrutture, in modo tale che si potesse permettere sforamenti al bilancio per investimenti pubblici, o misure di agevolazioni alle imprese per lincremento delloccupazione ed infine misure fiscali (ad esempio liva sociale con opportune modifiche) destinate alla riduzione dei contributi statali sui dipendenti che a parità di costo per limpresa permetta laumento del reddito spendibile. Ciò non è stato fatto ieri, però non è detto che non si possa fare oggi, rimettendo in discussione sia i poteri della Bce che la creazione di queste obbligazioni europee o la fissazione di nuovi parametri. Ma vi è di più la Bce dovrebbe mettere a disposizione di ogni stato membro a cui venga riconosciuta una carenza di infrastrutture, dei prestiti per colmare tale squilibrio. In tale modo la produttività di ogni paese cresce e chi ne guadagna è il sistema Europa che risulterà più competitivo nei confronti del resto del mondo (tale motivazione dovrebbe essere sufficiente a superare il problema che si pone nel resto dellEuropa, ossia perché pagare i debiti dei paesi più indebitati?). Se lEuropa deve essere unita, non lo può essere solo con la moneta, in tale modo è come mettere la camicia di forza alleconomia nazionale più debole. Continuare con la politica attuale, lItalia diventerà in Europa il paese più povero (se cera il cambio variabile, non vi sarebbero stati squilibri nella bilancia dei pagamenti, invece con il cambio fisso, lo squilibrio deve essere eliminato con la diminuzione dei redditi interni, data la rigidità dei prezzi al ribasso), le nostre aziende più sane o con più mercato verranno comperate dallestero e lItalia sarà in Europa come il mezzogiorno oggi è in Italia, si vivrà di sussidi da parte dei restanti paesi, è naturale che vi sarà da parte delleconomia più produttiva del nord un tentativo di sganciamento della restante parte dellItalia. Quindi se lo spirito europeo non prevale su tutti i paesi, allItalia non rimane altro che uscire dallEuropa e dalleuro riconquistando quindi tutti i benefici della politica monetaria utilizzando la lira pesante oppure in alternativa unirsi allAmerica, anche con il cambio fisso con il dollaro o utilizzando il dollaro invece della lira, perché in tale modo anche noi sfrutteremo lattuale politica americana, che con un dollaro basso sta curando i propri mali. Se invece del cambio fisso euro, allepoca lItalia si agganciava al dollaro oggi i nostri prodotti in esportazione costavano il 40% in meno con un notevole incremento del pil. Non riesco a vedere unaltra via di uscita, si parla di crescita del pil dellItalia, ma ciò è sbagliato si deve parlare di crescita del pil europeo, e lunico modo per farlo crescere è unire leconomia dellEuropa. In Italia si parla di ridurre le imposte e ridurre le spese, ma ciò non produce leffetto dellaumento del pil, si è vero che con la riduzione delle imposte e delle spese vi è un arretramento dello stato dalleconomia e quindi le imprese private che dovrebbero essere più efficienti saranno in grado di gestire meglio le risorse finanziarie, ciò sicuramente aiuta ma non risolve il problema alla radice come anzi citato.