La Spagna ha già recepito la direttiva europea sull’Opa. E offre un esempio di come contemperare le esigenze di certezza del mercato con quelle della tutela degli azionisti di minoranza: in caso di acquisto di partecipazioni inferiori al 30 per cento si lega la determinazione del controllo di fatto alla nomina della maggioranza degli amministratori. Prevista la clausola di reciprocità, ma non si affida alla Consob spagnola l’ingrato compito della dimostrazione dell’equivalenza tra le diverse disposizioni, come invece si vorrebbe fare in Italia.

Entro il 14 settembre prossimo, dopo alcuni rinvii e terminate le consultazioni, il ministro dell’Economa Tommaso Padoa Schioppa dovrà portare all’esame del Consiglio dei ministri il testo del decreto legislativo per il recepimento della direttiva 2004/25/Ce concernente le offerte pubbliche di acquisto.
In Spagna, invece, il 28 di luglio 2007, il re Juan Carlos ha già firmato la legge di recepimento nell’ordinamento spagnolo di analoga normativa in materia di Opa. Vale la pena considerarla, per trarre alcuni spunti per il caso italiano, non viziati da un’ottica che si concentri solo ed esclusivamente, su quanto avviene nei mercati anglosassoni.

Certezze dei mercati ed esercizio del controllo

Quando, prima dell’estate, questo sito ospitò alcuni interventi a favore o contro (come quello del sottoscritto) il mantenimento della soglia del 30 per cento quale limite oltre il quale far scattare l’Opa obbligatoria, dagli oppositori a tale abbandono venne opposto che il mercato degli assetti proprietari avrebbe perso una condizione di assoluta certezza. Si sostenne infatti che affidare alla Consob il compito di verificare quando fosse mutato il controllo societario (anche sotto la soglia del 30 per cento) per far scattare l’Opa obbligatoria, avrebbe sottoposto il mercato a una condizione di incertezza, anche per i temuti ricorsi ai tribunali amministrativi che seguirebbero tale discrezionalità della Consob. Molti preferiscono dunque che il mutare del controllo societario sotto la soglia del 30 per cento possa avvenire anche a scapito degli azionisti di minoranza.
Non così ha deciso il legislatore spagnolo. Questi, infatti, preoccupato della tutela degli azionisti di minoranza, ha ritenuto che la variazione del controllo che impone l’obbligo di Opa scatti sempre quando venga superata la soglia del 30 per cento, ma anche quando, un soggetto acquisti una percentuale inferiore a tale soglia, se nei due anni successivi all’acquisto il nuovo controllore nomina più della metà degli amministratori, tenendo conto anche degli eventuali amministratori già nominati precedentemente all’acquisto. (1)
È un esempio efficace che la fantasia del legislatore spagnolo ci offre, per contemperare le esigenze di certezza del mercato con quelle della tutela degli azionisti di minoranza, in quanto, in caso di acquisto di partecipazioni inferiori al 30 per cento, consentirebbe di legare la determinazione del controllo di fatto all’elemento più forte di esercizio del controllo, che è la nomina della maggioranza degli amministratori. Se si volesse essere “più realisti” del re di Spagna, si potrebbe ulteriormente limitare l’applicazione del criterio sostanziale alle partecipazioni comprese tra il 15 ed il 30 per cento per evitare situazioni limite
Il legislatore italiano vuole dunque essere meno fantasioso di quello spagnolo nell’individuare condizioni oggettive per la tutela degli azionisti di minoranza nel caso di variazioni del controllo sotto la soglia del 30 per cento? Si eviterebbe in tal modo ciò che molti paventano: la discrezionalità della Consob, supposta fonte di incertezza per i mercati.

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La clausola di reciprocità

Ma a proposito di discrezionalità, e della sua supposta capacità di produrre incertezza per i mercati, ciò che invece mi sembra sì da evitare con ogni forza, è quanto prevede l’articolo 104 ter dello schema del provvedimento all’esame in Italia. Si tratta della nota clausola di reciprocità (invocata da molti sotto la bandiera della italianità per contenere la contendibilità delle imprese del nostro paese) per cui l’obbligo di Opa previsto dalle disposizioni di legge non si applica in caso di “offerta promossa da chi non sia soggetto a tali disposizioni, ovvero a disposizioni equivalenti, anche per quanto riguarda le regole per l’approvazione della delibera assembleare, ovvero da una società o ente controllata da quest’ultimo (…). La Consob determina (…) se le disposizioni applicabili all’offerente siano equivalenti a quelle cui è soggetta la società emittente”.
Come si legge nelle osservazioni che accompagnano il testo in consultazione “sul piano operativo la clausola di reciprocità presenta notevoli incertezze. A tal fine si propone nel testo di affidare alla Consob la valutazione della equivalenza fra gli statuti della società emittente e offerente (…).
In cosa consista la dimostrazione della equivalenza tra le disposizioni (letterale, sostanziale, totale, parzialmente prevalente e così via?) non pare immediatamente fonte di certezza per i mercati finanziari: anche per effetto della libertà statutaria che la legge riconosce alle società. Libertà non solo possibile fonte di pillole avvelenate, ma anche alla base di contenziosi senza fine, soprattutto se si tiene a mente che le norme che non si applicherebbero sono per l’appunto quelle che vietano agli amministratori di attuare misure difensive senza l’autorizzazione assembleare ottenuta in pendenza di offerta.
Anche la legge spagnola recepisce la clausola di reciprocità. (2) Ma, in base a una prima lettura delle norme stesse, non pare affidare alla Consob spagnola l’ingrato compito della dimostrazione dell’equivalenza tra le diverse disposizioni che, invece, il legislatore domestico intenderebbe affidare alla Consob italiana.
Infine, una ulteriore utile indicazione che viene dalla legge spagnola riguarda l’applicazione delle cosiddette regole di neutralizzazione che la direttiva europea ha lasciato alla discrezionalità dei singoli Stati nazionali. La disciplina spagnola (3) ha reso opzionale l’adozione di tali regole che prevedono l’inefficacia di alcune difese preventive – ad esempio poteri di voto differenziati (azioni privilegiate), limiti ai diritti di voto (società privatizzate) o al trasferimento di azioni (patti di blocco) – per le assemblee che si tengono nel corso dell’offerta e in quella successiva all’Opa. L’Italia, invece, impone le regole di neutralizzazione per legge. Tale scelta, che incide fortemente sull’autonomia statutaria delle imprese italiane contraddice l’evoluzione normativa a favore della libertà statutaria e sembra a prima vista presentare più costi che benefici. Il maggiore rischio è che ai patti parasociali che diventerebbero strumenti spuntati di fronte a un tentativo di scalata, si sostituirebbe un ritorno al fenomeno delle piramidi societarie, che resterebbero efficaci, di cui il sistema si stava faticosamente liberando.
Lascio agli esegeti del diritto spagnolo la verifica di ciò, ma se fosse vero, evviva Zapatero!

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(1)
Articolo 4, Partecipazione di controllo, comma 1.
(2) Capitolo VI, Norme di difesa, articolo 28, comma 5.
(3) Articolo 29, Regime opzionale.

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