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LA SETTIMANA DI FUOCO DELLE BANCHE *

Quali lezioni trarre dalla vicenda Northern Rock? La prima è preoccupante: se un’ondata di panico si può scatenare nel paese finanziariamente più sofisticato d’Europa, allora può scatenarsi ovunque. E questo nonostante tutti i meccanismi di vigilanza e controllo predisposti. A crisi in atto, per impedire un peggioramento della situazione, è indispensabile intervenire con rapidità, decisione, visione chiara delle responsabilità, utilizzando tutti gli strumenti finanziari necessari. Il conflitto tra rigore scientifico e pragmatismo.

La terza settimana di settembre 2007 resterà negli annali delle crisi finanziarie per il primo attacco di panico bancario registrato in Gran Bretagna dopo più di un secolo. Ma anche per aver evidenziato i limiti cui, in tempo di crisi, sono soggetti i meccanismi di aggiustamento complessi e per aver segnato la sconfitta del rigore intellettuale nei confronti del pragmatismo. E  tutto ciò è avvenuto nell’arco di qualche giorno. Questi i fatti e questa la lezione che si può trarne.

La foto della crisi

Sabato 15 settembre sulla prima pagina di tutti i giornali appare una foto che mostra i clienti della Northern Rock, banca specializzata in mutui immobiliari, che fanno la coda agli sportelli per ritirare i loro soldi. Un’immagine di panico bancario calmo e disciplinato, molto britannico, ma pur sempre panico. Scatenato da rumors, secondo i quali nessuno voleva più far prestiti a una banca il cui portafoglio era principalmente composto da ipoteche e mutui ipotecari. Il prestito urgente, concesso dalla Banca d’Inghilterra a Northern Rock, non ha poi certo aggiustato le cose. Come ha poi riconosciuto il governatore centrale Mervyn King, è equivalso al grido di “al fuoco, al fuoco”, lanciato in una sala gremita. Northern Rock stava precipitando in una crisi di liquidità e il rischio di contagio ad altri istituti finanziari era concreto.
La prima lezione da trarre da questo avvenimento è semplice, ma agghiacciante: malgrado l’attenta vigilanza sulle banche, malgrado la garanzia dei depositi e malgrado la disponibilità delle banche centrali a concedere prestiti di ultima istanza, resta pur sempre possibile che si scatenino ondate di panico, come descritte nei libri di storia o come avviene nelle economie emergenti. Se è potuto avvenire nel paese finanziariamente più sofisticato d’Europa, può accadere ovunque.
Fortunatamente, le banche sono chiuse di domenica, cosicché il cancelliere dello Scacchiere, Alistair Darling, ha avuto il tempo per riflettere. E lunedì 17 settembre rilascia una dichiarazione: “Northern Rock è solvibile. La Banca d’Inghilterra la sosterrà nei suoi problemi di liquidità a breve termine”. Ma ancor più importante, aggiunge che “saranno garantite tutte le somme depositate presso la Northern Bank”. Tre giorni più tardi, il 20 settembre, il Tesoro conferma che tutti i conti esistenti, anche quelli chiusi durante l’ondata di panico, beneficiano di garanzia totale da parte dello Stato: le dichiarazioni precedenti non erano bastate a rassicurare i clienti e a far cessare il panico. Che cessa solo con l’impegno assoluto di garantire integralmente i depositi, grazie ai fondi pubblici.

Chi decide

Ci si può chiedere perché sia dovuto intervenire lo Stato e non un istituto specializzato. In Gran Bretagna la responsabilità della stabilità finanziaria è suddivisa tra il Tesoro, la Banca d’Inghilterra e la Financial Services Authority, o Fsa, il cane da guardia delle banche. In base a un promemoria firmato dalle tre istituzioni nel 1997, in caso di crisi il Tesoro deve assicurare che i ministri “siano in grado di prendere decisioni immediate”, la Banca ha il compito “di assicurare il buon funzionamento dei mercati finanziari” e la Fsa quello di “controllare la salute degli istituti finanziari”. Il sistema, mai messo veramente alla prova in precedenza, era probabilmente troppo complesso per ispirare fiducia, senza l’intervento deciso del Tesoro.
Ecco quindi la seconda lezione da trarre: quando inizia il panico, se si vuole impedire un peggioramento della situazione, è indispensabile intervenire con rapidità, decisione, visione chiara delle responsabilità, dando fondo agli strumenti finanziari necessari. È una lezione che vale per tutta l’Europa, e in particolare per le grandi banche con attività in più paesi. Nel caso delle banche paneuropee, le responsabilità sono suddivise tra il paese in cui vi è la sede principale e quelli ospitanti. È previsto un coordinamento, ma non è ben chiaro quale paese, in caso di necessità, debba metter mano al portafoglio. E, per giunta, il Comitato europeo di vigilanza bancaria, un organo consultivo creato nel 2003, è composto da ben cinquantuno membri, mentre la cooperazione tra i vari istituti è regolamentata da più di ottanta promemoria bilaterali e multilaterali. Come ha sottolineato Nicolas Veron, esiste un significativo rischio di scarsa capacità decisionale, in caso di crisi di una banca paneuropea, con personale sparso in vari paesi. L’esperienza britannica dovrebbe mettere sull’avviso e si dovrebbero creare strutture europee, con compiti di vigilanza sulle banche paneuropee e di sostegno in caso di crisi.

Se si mina la credibilità

La tappa successiva della crisi sopraggiunge giovedì 19 settembre, quando la Banca d’Inghilterra annuncia che è disposta a fornire liquidità alle banche, per periodi più lunghi di quanto non abbia fatto sinora. Esattamente il contrario di quanto aveva dichiarato il governatore Mervyn King una settimana prima, in una nota indirizzata al presidente della commissione Finanze della Camera dei comuni. In quel documento, datato 12 settembre, l’accademico divenuto banchiere centrale spiegava perché la sua condotta era stata molto diversa da quella dei suoi omologhi della Bce e della Fed: sin dall’inizio delle turbolenze sui mercati finanziari, si era rifiutato di fornire liquidità eccezionali alle banche in difficoltà, a un tasso minore di quello corrente, perché a suo avviso aiutare gli istituti imprudenti significava seminare i germi di crisi future. Nella sua nota il governatore riaffermava tale posizione, concludendo che “l’iniezione di liquidità nelle normali operazioni finanziarie, concessa solo in presenza di solide garanzie” (e cioè di prestiti alle banche garantiti da strumenti finanziari di buona qualità, buoni del tesoro o altre obbligazioni con rischio minimo) influisce poco sul livello dei tassi d’interesse di mercato nella concessione di crediti da banca a banca. Pur riconoscendo che “iniezioni di liquidità più generalizzate concesse dietro garanzia di strumenti meno affidabili” (come ipoteche o prodotti finanziari basati sul credito) potrebbero raggiungere lo scopo, aggiungeva tuttavia che tali concessioni “avrebbero in futuro incoraggiato coloro che rischiano troppo, come nell’attuale situazione”. Era una critica, neanche tanto velata, nei confronti di Bce e Fed.
La vicenda Northern Rock ha in un certo senso confermato i timori del governatore. Lo Stato ha in effetti dovuto soccorrere investitori che avevano depositato il loro denaro in una banca ben nota per la sua scarsa prudenza: l’episodio rimarrà impresso nella memoria collettiva e, probabilmente, in futuro i clienti non si interrogheranno più di tanto sulla solidità della banca prescelta, contando su un eventuale intervento pubblico per salvare i loro soldi. Il 20 settembre, in Parlamento, Mervyn King ha giustificato il suo intervento adducendo la crisi di fiducia del mercato, provocata da Northern Bank. A giusto titolo, del resto. Ma è un voltafaccia che ha minato la credibilità del governatore.
Terza e ultima lezione: la direzione di una banca è qualcosa di estremamente delicato. Rifiutando di accettare garanzie non affidabili, il governatore ha cercato di prosciugare il flusso di liquidità. Aveva ragione: per la banca centrale accettare strumenti finanziari dal valore incerto significava salvare banche fragili, il che avrebbe comportato il rischio di perdere il proprio capitale e, in definitiva, sarebbe equivalso a un sostegno al bilancio. Ma la sua prudenza ha paradossalmente contribuito ad aggravare la crisi e ha spinto lo Stato a intervenire. La Banca d’Inghilterra resta pur sempre una delle banche più sofisticate e razionalmente coerenti tra tutte le banche centrali. Ed è proprio per questo motivo che colpisce la sua brutale conversione al pragmatismo.

* La versione francese dell’articolo appare sul sito www.telos-eu.com. Traduzione di Daniela Crocco

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La risposta del Ministro Giulio Santagata

  1. federico bigongiari

    La teoria dei comportamenti si stà facendo sempre più astratta, e stà lavorando non più sui valori ma sulle analisi delle variazioni dei trends evulutivi del mercato. Per questo non riesce più a capire nulla. Il pubblico, o meglio un grosso numero di risparmiatori, và a vedere i motivi reali di una fragilità di sistema e viene a conoscere che sono stati erogati mutui da 100 € per un immobile che non può valere che 20 €. Il ritiro dei fondi, sapendo che la magistratura è reticente e lenta, è prima ancora che la salvaguardia dei propri risparmi, una revoca di fiducia al gruppo dirigente della banca che gli ha indicato, quanto a copertura del rischio, un pessimo investimento. Il panico è un comportamento irrazionale. Qui, ripeto, siamo di fronte a lucide considerazioni di sfiducia di una classe dirigente a cui si chiede di andare via, avendo proposto titoli spazzatura per titoli ultra sicuri. Il tutto dopo l’ennesima considerazione della inaffidabilità degli intermediari finanziari, crea anche a livello macroeconomico, elementi di crisi pericolosissime

  2. Ilaria Piemonte

    Non trovo incoerente il comportamento della BOE: se è di fatto intervenuta per soccorrere una banca in difficoltà, ha fatto sì che l’"investitore incauto" fosse costretto a rendere pubblica la sua condizione. Come dice lei, questo episodio resterà scolpito nella memoria collettiva (collegato al nome di Northern Rock); delle banche, per cui la minaccia di perdita di reputazione dovrebbe essere un disincentivo a investimenti imprudenti, e degli investitori, a cui forse ha ricordato che ci sono investitori affidabili e meno affidabili. Cordiali saluti

  3. Mario Russo

    Leggendo il pezzo, a me pare chiaro che ancora, nonostante l’abbondante letteratura, non si ha chiaro i concetto di crisi, poichè, quella commentata ne sono gli effetti, non è la crisi. Che ci sia stata imprudenza eccessiva delle banche, spinte anche dal loro personale tornaconto ad incassare le commissioni di vendita dei titoli che i loro veicoli cravano, non c’è dubbio, ma il nocciolo non è neanche questo. La crisi, quella vera, è l’aumento folle degli del prezzo degli immobili, che ha reso impossibile il carico delle rate nei redditi. Il resto, egregio professore, è conseguenza, e chiacchiericcio è il diverso atteggiamento delle banche centrale ad approcciare "la crisi".Cordiali saluti, mr

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