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LE GRANDI OPERETTE

Le grandi opere della Legge Obiettivo del governo Berlusconi (con l’eccezione del Ponte sullo Stretto), sono state fatte proprie dall’attuale governo, malgrado nel programma elettorale di quest’ultimo figurasse l’intenzione di mostrare chiari segnali discontinuità rispetto all’approccio da shopping list dell’esecutivo precedente. I fondi però sono pochi e alcune opere devono essere rinviate o cancellate dalla lista. Anche se si tratta di opere poco utili, le proteste sono vibrate. Meglio lasciare che gli enti locali che protestano se le finanzino da soli.

Opere escluse

Il problema con la shopping list di Di Pietro, come in passato con quella di Lunardi è che i fondi continuano a non essere sufficienti per tutti gli investimenti, e questo fatto provoca vivaci reazioni degli interessi esclusi: in particolare, per la linea Alta Velocità Genova-Milano (“Terzo valico”) sono da segnalare le reazioni dell’ex-ministro Lunardi, del sindaco di Genova e del governatore della Liguria (anch’egli ex-ministro dei trasporti), tutti uniti sotto un’unica bandiera. Questa linea non è stata proposta per il finanziamento dalla Commissione Europea, per l’ovvio motivo che non si tratta di un collegamento internazionale, ma ciò non ha mitigato le proteste. Altre reazioni negative sono emerse per l’autostrada tirrenica (Livorno-Civitavecchia).
Vediamo più da vicino le due opere “escluse”, che in effetti sono tra le meno difendibili dell’elenco dell’ex-presidente del Consiglio. La nuova linea ferroviaria Milano – Genova è stata più volte dichiarata non necessaria dal gruppo dirigente di FS, dopo accurate analisi della domanda possibile e della capacità residua delle due linee già esistenti. L’ex-ministro Lunardi commissionò il rifacimento di tali analisi alla società Ispa, che aveva ogni interesse a dichiarare fattibile il progetto anche in presenza di ritorni economici molto modesti. Ispa dichiarò anch’essa il progetto non fattibile, prima di essere sciolta d’autorità dalla Commissione Europea poiché chiaramente finalizzata a mascherare spesa pubblica (agli occhi di Bruxelles, e dei contribuenti italiani, si può aggiungere). Il governo allora dichiarò che avrebbe comunque “garantito” il 100% dei finanziamenti, eludendo i risultati delle analisi e la modesta funzionalità del progetto.
L’autostrada Livorno – Civitavecchia attraverserebbe una delle aree meno abitate del paese e più pregiate dal punto di vista ambientale (ma di questo aspetto non ci occupiamo) e si affiancherebbe a una strada statale quasi interamente a quattro corsie (la SS1, Aurelia). Facendo i conti, anche sulla base di ipotesi molto favorevoli al progetto, le speranze di dimostrare una qualche utilità dell’opera sono molto scarse (1). È così che lo studio ufficiale (ovviamente affidato a un soggetto non neutrale) postula che alla Aurelia attuale vengano posti limiti di velocità pari a 30-40 km-ora, cioè, di fatto, che si chiuda. ANAS approva.

Proteste vibrate, numeri nascosti e discrezionalità

Tornando alle proteste degli esclusi (che, verosimilmente, si moltiplicheranno), il loro aspetto peculiare è che ciascuna area adduce “forti” motivazioni a difesa dell’indispensabilità dell’opera che la riguarda: il nord più sviluppato a causa del traffico che già c’è e, simmetricamente, il sud al fine di indurre sviluppo, che genererà poi il traffico, ecc.
Un’altra motivazione, addotta come essenziale per le opere transfrontaliere (non perdere i finanziamenti europei) dovrebbe attenuarsi, dopo aver verificato che per l’opera più critica, la linea Alta Velocità Torino-Lione, tali finanziamenti coprono circa il 5% dei costi totali. Come era prevedibile, del resto, date le somme disponibili a livello europeo (8 miliardi per 27 paesi), e i costi reali dell’opera . Ma di questi numeri difficilmente la pubblica opinione sarà informata. Il finanziamento (peraltro non ancora certo) sarà presentato come un successo che rende indispensabile che i contribuenti italiani contribuiscano con il 98% mancante (senza contare gli “sforamenti” successivi (2). Tuttavia la discrezionalità politica nell’assegnazione delle risorse sembra davvero irrinunciabile, e per questo motivo nessuna analisi “comparativa” è alle viste. Tutte le opere sono a priori “strategiche per il Paese”, e quindi non valutabili secondo la prassi internazionale.
Una dimensione da tenere presente in questo atteggiamento è che i destinatari dei fondi sono quasi esclusivamente imprese nazionali (non solo in Italia), perché il settore delle opere civili non è facilmente apribile alla concorrenza. Consideriamo, per esempio, l’unica opera “cancellata” dall’attuale Governo, il Ponte sullo Stretto (neanche una delle più inutili, in realtà): subito si decide di allocare quei fondi alla stessa area geografica. Ma chi ha detto che i progetti di cui ha bisogno quell’area debbano ammontare a tre miliardi di Euro, e non a due o a quattro? Significativa appare la prevalenza delle logiche spartitorie su quelle funzionali ed economiche.

Rischi maggiori e mali minori

C’è però, se sono vere le premesse, il rischio concreto e grave che la costruzione di opere di dubbia utilità non sia il problema economico maggiore. Infatti una logica spartitoria/elettoralistica porta ad allocare le (scarse) risorse a pioggia, in uno schema perfettamente funzionale a quella logica: consentire l’avvio di un grande numero di opere molto “visibili”, per le quali tuttavia arriveranno fondi insufficienti a terminarle (e il sistematico gonfiarsi dei costi rispetto a quelli preventivati va in questa direzione). Infatti nessuno dei decisori risponderà né dei costi né dei tempi, come è apparso recentemente evidente per il progetto di Alta Velocità ferroviaria. Lo “stop and go” delle costruzioni può da solo incrementare di alcune volte il costo-opportunità delle opere (per il solo fatto che le risorse rimangono immobilizzate per un lungo tempo). Una stima per il passante ferroviario di Milano ha raggiunto la quantificazione del 100% di aumento del costo dell’opera per la collettività.
Paradossalmente, l’affermazione del sindaco di Genova e del governatore ligure di voler autofinanziare la linea AV Milano-Genova con risorse locali va nella direzione corretta, già seguita dai francesi. Questo atteggiamento, infatti, sicuramente aprirebbe un dibattito democratico sulle priorità di spesa, da cui probabilmente sorgerebbero forti spinte a minimizzarne i costi (spinte oggi assenti, o addirittura di segno opposto). Il problema, tuttavia, è che anche qui vi è il serio rischio di ricorrere a schemi di “finanza creativa”, tali da occultare l’onere ai veri pagatori di ultima istanza.  L’Italia ha un’ottima tradizione in questo campo.

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DISUGUAGLIANZA DI TEMPO

  1. daniele

    Le analisi di trasportisti, economisti dei trasporti e ragionieri sono sempre un elemento molto utile di valutazione per una decisione che però è -e deve essere- solo politica e che comprende anche altri criteri e logiche che in genere sfuggono a trasportisti, economisti e ragionieri. I quali naturalmente le giudicano "irrazionali", visto che dettate, appunto, da razionalità alter rispetto alle loro. Ammesso che le loro possano sempre essere definite univocamente tali dall’insieme di tutti i componenti delle loro comunità professionali, cosa che si solito ovviamente non è (anche gli economisti assumo decisioni "politiche"… e per fortuna). Altrimenti a) non si capirebbe come mai in molte altre parti del mondo si va nella direzione opposta a quella indicata nell’articolo e b) con tutta probabilità, gran parte delle opere esistenti, fosse stata valutata a suo tempo con quei criteri, non sarebbe stata eseguita.

  2. federico bigongiari

    L’articolo non sembra omogeneo, forse perchè è scritto da molti autori. Non si capisce in sostanza se la TAV od i completamenti autostradali, attesi da decenni, si vogliono o no. Certamente l’assegnazione dei ‘contributi europei’, non possono giustificare la realizzazione o meno delle nostre infrastrutture; essi sono solo uno stimolo ed una indicazione di priorità degli amici UE. Il vero problema è che le infrastrutture devono essere realizzate indipendentemente dal colore dei vari governi, perchè l’Italia è drammaticamente indietro e rischiamo sempre più di non reggere la competitività dell’Europa. In questa logica, plaudo al fatto che il Governo Prodi abbia sostanzialmente riconfermato l’elenco delle opere necessarie, facendo sforzi eccezionali per finanziarle e sapendo che tutto non potrà fare nell’attuale legislatura.

  3. USIMU

    La proposta di Genova di autofinanziare l’opera si basa sull’idea di sviluppare un PPP secondo la prassi internazionale, lasciando in capo al soggetto privato (costruttore/manutentore) il rischio di costruzione ed il rischio di disponibilità dell’asset e trasferendo ad un soggetto pubblico, come dichiarato dal Sindaco un soggetto composto da Enti Locali, il rischio domanda, naturalmente dopo aver svolto i necessari studi sul traffico e un’analisi costi-benefici e verificato la sostenibilità finanziaria dell’operazione. La finanziaria 2008 aiuta l’idea di "autofinanziamento" introducendo un principio di federalismo fiscale che consentirebbe di utilizzare l’extra-gettito generato dal sistema portuale ligure a sostegno del fabbisogno necessario. L’attuazione del disposto della finanziaria che interessa la regione liguria (art. 5) è quantomai indispensabile. Gli strumenti di funding utilizzabili a disposizione del soggetto pubblico che si dovrebbe interessare alla realizzazione e gestione del Terzo Valico sono utilizzati a livello internazionale (Eurovignette per il Brennero e Extragettito per il tunnel del Gottardo) e non hanno nulla a che vedere con la finanza creativa all’italiana.

  4. Nino Schilirò

    Vorrei segnalare da qualche mese la sparizione dal web del sito della TAV, dove si potevano seguire sia l’avanzamento dei lavori e sia il progressivo e inarrestabile lievitare dei costi. O forse tali informazioni sono collocate (o nascoste) da qualche altra parte?

  5. Andrea

    Concordo sul fatto che buona parte delle spese dovrebbero essere sostenute dagli enti locali, una volta realizzato un federalismo fiscale degno di questo nome. Più che grandi opere gli interventi devono riguardare il recupero urbanistico ed architettonico dei centri storici (pedonalizzandoli!), creando spazi verdi dove la gente possa riconnettersi con la Natura. Altro obbiettivo e quello di limitare l’impatto spesso devastante di opere che sono spesso servite ad arricchire la lobby dei cementieri, la più potente d’Europa, e la Fiat in osservanza della regola che chi costruisce strade, raccoglie traffico. Da queste poche righe spero si comprenda che va riprogettato il sistema di vita dell’intero pianeta, siamo una locomotiva lanciata a velocità folle dove i freni sono stati manomessi, ma di questo ci accorgeremo solo quando, finalmente consapevoli, vorremmo azionarli.

  6. paolo serra

    Parole sante. In scala minore accade in tutta Italia. A Parma e Bologna vogliono dal Governo una tramvia sotterranea su percorsi che faticano a giustificare una tramvia di superficie, e a Bologna fingono un project financing per un navetta con soldi invece regionali e comunali cammuffati. Intanto i servizi ferroviari locali sono lasciati in condizioni indecorose. Paolo Serra Bologna

  7. FRANCESCO COSTANZO

    Bisognerebbe conoscere l’impatto ambientale, l’utilità e il costo delle opere per dare un giudizio nel merito dell’articolo. I primi due elementi possono essere giudicati meglio dai cittadini locali, il terzo dai governanti locali. Questo mi spingerebbe a condividere la proposta dell’autore, che mi pare sia per un federalismo fiscale "compiuto". Tuttavia, condivido anche che esistono mille modi per nascondere ai contribuenti locali il reale costo delle opere, obbligandoli a finanziarle con l’aumento delle imposte locali. Di recente, abbiamo inoltre sentito parlare di come gli enti locali facciano un uso non proprio ortodosso della "finanza creativa", per mille finalità… Se a questo si aggiungono le "oscure" logiche di spartizione e la necessità di presentare progetti per ottenere i finanziamenti europei, ecco che il quadro mi appare preoccupante. Siamo davvero sicuri di voler lasciare ai governanti locali la libertà di finanziarsi da soli le loro opere? Questo non potrebbe determinare un forte aumento delle imposte locali e/o dell’indebitamento degli enti locali? Come possiamo tenere sotto controllo un simile scenario, con i politici di cui disponiamo?

  8. Tecnarco

    Al ministro delle infrastrutture: superare il paradigma concessorio per le infrastrutture stradali regionali mutandolo in fattore di sviluppo con nuovi meccanismi di sistema, risolutivi dei conflitti di interesse e produttivi con ampie ricadute di Capitale Sociale. Sistema autostradale – ha sviluppato e unificato il paese a suo tempo, attualmente rappresenta una strozzatura economica e logistica; paradossalmente le autostrade nate per le lunghe distanze, sono invece usate per tre quarti da percorrenze medio-brevi, supplendo a carenza infrastrutturali stradali locali, causando congestione e danni. La congestione grava in modo pesante sull’utenza, in contrasto il profitto dei gestori sale a rendita elevatissima. La geometria dell’autostrada, dovuta a esigenze di pedaggio, non la pone in grado di affrontare le conseguenze di incidenti e ingorghi senza scampo che la bloccano, per cui va in tilt tutta una zona; addirittura divise parti intiere del Paese (ragione vera e giusta delle opposizioni a volte insuperabili delle comunità locali) Non solo le autostrade, ma anche il sistema delle strade dello stato e delle province, devono affrontare problemi nuovi; già nel mag

  9. BIAGIO VACIRCA

    Personalmente consiglio agli autori, e in particolar modo al Prof. Ponti, di usare ogni tanto il treno, magari provare a prendere un espresso Mi-Ct e ogni tanto guardare le lancette dell’orologio. Sono convinto allora che in prossimità di VillaSGiovanni e magari a bordo del traghetto si lascerebbero andare a qualche riflessione più saggia. Definire un’opera come il Ponte "forse la meno inutile" è all’avviso di uno studente come me innanzitutto scarsa sensibilità verso una realtà traspostisitica difficile come quella del mezzogiorno e più in generale un pessimo modo di argomentare opinioni differenti da chi invece la considera prioritaria. Seguo da parecchio tempo il dibattito sulle infrastrutture in Italia e con rammarico registro nelle note di notevoli autori tra cui il prof.Ponti, un approccio parziale e ahimè molto spesso oppositivo a buona parte delle infrastrutture di cui il nostro Paese avrebbe bisogno. Si parla di logiche economiche e della necessità di analisi costibenefici (soprattutto quando c’è da muovere una pietra al Sud!) per giustificare il No a parecchie opere importanti. E la si smetta di offendere il Sud usando l’argomento mafie per dire NO a qualsiasi intervento!

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