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QUANTO E’ REDISTRIBUTIVA LA FINANZIARIA 2008? POCO

Nella legge finanziaria 2008 c’è un sostegno alle famiglie numerose. Ma l’effetto redistributivo della manovra è modesto. Perché lo sconto sull’Ici è generalizzato, senza legame col reddito complessivo Irpef dei proprietari. Intanto l’Irpef negli ultimi anni sta assumendo una struttura nuova: da una parte tecnicamente più complessa (forse troppo per essere comprensibile da parte del contribuente) e dall’altra un po’ più attenta ai fenomeni di povertà e ai limiti intrinseci di una imposta personale sul reddito.

La legge finanziaria approvata il 21 dicembre scorso conferma quasi totalmente quanto previsto dal disegno di legge di settembre. Alcune novità di rilievo riguardano il sostegno alle famiglie numerose e l’Ici, il cui impatto complessivo è però neutrale dal punto di vista redistributivo. Di particolare interesse è l’introduzione di una ulteriore detrazione/sussidio in sede Irpef, pari a 1.200 euro, per i nuclei familiari con più di tre figli a carico. Essa spetta senza distinzione di reddito: la sua finalità è infatti il sostegno ai nuclei familiari numerosi. La detrazione deve essere ripartita al 50 per cento tra i coniugi, ma se un coniuge è a carico dell’altro la detrazione compete a quest’ultimo per l’intero importo. Si introduce poi un ulteriore elemento che guarda con favore all’imposta negativa sul reddito: se la detrazione in esame comporta l’incapienza del soggetto beneficiario oppure se spetta ad un contribuente già incapiente, è riconosciuto un sussidio pari alla quota di detrazione che non ha trovato capienza. La misura riguarda circa 140 mila famiglie (lo 0,65 per cento del totale) e il suo costo si aggira intorno a 165 milioni di euro. Considerando che dal periodo d’imposta 2007 gli assegni al nucleo familiare (ANF) sono stati significativamente aumentati, è possibile concludere che negli ultimi due anni il sostegno strutturale alle famiglie numerose è stato significativo (Grafico 1).

Grafico 1: Variazione del reddito disponibile tra il 2006 e il 2008 per una famiglia in casa di affitto composta da 4 figli, moglie casalinga e marito lavoratore dipendente (1)

Lo sconto sull’Ici perde il legame col reddito complessivo Irpef dei proprietari e riguarda tutte le abitazioni, fatta eccezione per quelle signorili, le ville e i castelli (ovvero patrimoni particolarmente consistenti) (Grafico 2) (2). Lo sgravio fiscale è dunque esteso alla maggior parte dei contribuenti Ici (e Irpef, si ricordi infatti che oggi nel nostro paese l’80 per cento delle famiglie sono proprietarie almeno dell’abitazione di residenza): in una logica di uso redistributivo delle risorse, molti di questi contribuenti non avrebbero “bisogno” di una riduzione fiscale, anche perché il beneficio massimo di 200 euro è decrescente e “troppo mite” in termini relativi per i contribuenti molto ricchi. Se a queste considerazioni si aggiunge che il principale fattore di criticità dell’Ici deriva dal forte ritardo accumulatosi negli anni nello stato dei lavori di aggiornamento del Catasto e nella rivalutazione delle rendite catastali, segue che i benefici concessi sono capricciosamente distribuiti (3). La perdita di gettito derivante da questo provvedimento sale dai 900 milioni stimati per il disegno di legge finanziaria a 980 milioni; non molto di più anche perché, a causa dei problemi del nostro sistema impositivo (evasione, elusione, efficacia ed efficienza dell’accertamento e della riscossione, ecc.), i contribuenti che dichiarano più di 50 mila euro (inizialmente esclusi dall’agevolazione) sono solo il 3,4 per cento del totale (e di questi il 72 per cento beneficia dello sgravio Ici). Si noti tuttavia che alla riduzione dell’Ici per i contribuenti con reddito superiore ai 50 mila euro sono destinate risorse in ammontare pari al 50 per cento di quelle destinate al sostegno per le famiglie numerose.

Grafico 2: L’aliquota media ICI

Sono invece confermati i provvedimenti relativi ai contratti di locazione registrati di unità immobiliari adibite ad abitazione principale (ma anche tali provvedimenti producono i loro effetti già dal periodo d’imposta 2007), l’esenzione da imposta per i contribuenti il cui reddito complessivo sia minore di 500 euro e derivi esclusivamente da redditi fondiari e la misura che prevede il cambiamento del parametro di riferimento per la decrescenza delle detrazioni per carichi di lavoro e di famiglia (reddito complessivo diminuito, ora, della rendita catastale rivalutata dell’immobile di residenza). È infine diventata legge la misura una tantum per i contribuenti incapienti: come era stato osservato ad ottobre, essa riguarda tutti quelli che non sono dichiarati a carico di altri contribuenti.

L’impatto redistributivo della manovra (4)

È interessante confrontare gli effetti delle ultime due leggi finanziarie rispetto alla situazione del 2006. Non si considera l’effetto del bonus incapienti, misura una tantum relativa al solo 2007, mentre si considera l’impatto sul 2007 delle norme (strutturali) introdotte con la legge finanziaria 2007.

Tra il 2007 e il 2008 gli effetti delle misure a favore delle famiglie numerose e/o in affitto sono parzialmente controbilanciati da quelli degli sgravi generalizzati concessi in sede Ici (Tabella 1). Considerando solamente le modifiche all’Irpef, l’indice di redistribuzione per le famiglie passa da 5,78 a 5,85, mentre aumenta da 6,29 a 6,38 considerando gli assegni familiari e l’impatto dei risparmi connessi alla riduzione dell’Ici. La situazione migliora invece sensibilmente se confrontata con il 2006: l’indice di redistribuzione passa da 6,04 a 6,38 per effetto, soprattutto, della revisione del sistema degli assegni al nucleo familiare. Simile la situazione se si guarda all’impatto delle manovre sui contribuenti Irpef.

Se si analizza l’effetto delle modifiche avvenute tra il 2007 e il 2008 sui redditi familiari equivalenti (Tabella 2), si nota tuttavia che la riduzione Ici si concentra sugli ultimi 5 decili e che complessivamente i primi tre risultano i meno avvantaggiati.

Le possibili novità per il futuro

L’impatto redistributivo complessivo della legge finanziaria sui redditi soggetti ad Irpef è modesto. Non c’è da stupirsi. Nonostante siano previsti ulteriori elementi che avvicinano l’imposta ad una negative income tax, essa non può fare miracoli: gli incapienti sono molti (circa il 29 per cento dei contribuenti) e la necessità di limitare le aliquote marginali massime allo scopo di non disincentivare l’offerta di lavoro affievolisce la possibilità di attuare una più consistente redistribuzione attraverso quest’imposta. Senza dimenticare poi che l’85 per cento dei contribuenti sono lavoratori dipendenti o pensionati, mentre i redditi da lavoro e da pensione costituiscono l’80 per cento del reddito complessivo dichiarato. Non a caso nel 2007 la manovra sull’Irpef è stata associata alla revisione della struttura degli assegni al nucleo familiare: essi sono diventati molto più consistenti anche se, prevalentemente a causa della logica categoriale che li caratterizza (riguardano i soli lavoratori dipendenti), il loro impatto sulla riduzione della disuguaglianza è modesto.
La legge finanziaria prevede per il 2008 una possibile e ulteriore riduzione del carico fiscale nei confronti dei lavoratori dipendenti meno abbienti da attuarsi attraverso l’incremento di almeno il 20 per cento della detrazione per carichi di lavoro. È la stessa legge a stabilire le priorità: prima la riduzione del disavanzo, poi, se la dinamica delle entrate sarà particolarmente favorevole, la riduzione aggiuntiva dell’Irpef per i lavoratori dipendenti. È senz’altro un obiettivo condivisibile, considerando anche il recente dibattito relativo alla dinamica dei redditi e dei profitti nell’ultimo decennio.
L’Irpef negli ultimi anni sta dunque assumendo una struttura nuova: da una parte tecnicamente più complessa (forse troppo per essere comprensibile da parte del contribuente medio) e dall’altra un po’ più attenta ai fenomeni di povertà e ai limiti intrinseci di una imposta personale sul reddito. Una direzione d’intervento capace di raggiungere l’obiettivo di una maggiore equità sociale solo se “aiutata” dalla riduzione strutturale dell’evasione fiscale (e da un aumento della riscossione) che finanzi le riforme annunciate e da una migliore gestione della “prova dei mezzi” da parte dell’Amministrazione Finanziaria che permetta di migliorare il target degli interventi di spesa.

(1) Si considera una famiglia di sei componenti, di cui 4 figli a carico di età superiore a tre anni, moglie non lavoratrice e marito lavoratore dipendente per l’intero anno. Sia il marito, sia la moglie hanno una età superiore ai trenta anni; la famiglia vive in casa di affitto. L’intero reddito familiare deriva dal lavoro dipendente del marito. Il marito non può beneficiare di deduzioni o detrazioni per oneri. Si omette l’impatto delle addizionali regionali e comunali.
(2) Per il calcolo dell’andamento dell’aliquota media Ici si è utilizzata una detrazione di 114 euro e una aliquota legale del 5,2 per mille (valori medi a livello nazionale).
(3) Per dettagli si rinvia a Simone Pellegrino, “L’Ici: una valutazione ad un decennio dalla sua introduzione”, in corso di pubblicazione su Economia Pubblica.
(4) Per valutare gli effetti redistributivi della manovra proposta dal governo si utilizza un modello di microsimulazione fiscale basato su dati Banca d’Italia. Per dettagli si veda “Il Modello di microsimulazione Irpef 2004” di Simone Pellegrino, Siep, WP 583/07. 

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  1. GIANLUCA COCCO

    Il suo articolo fa buona luce su come una manovra finanziaria fatta passare per un pacchetto di provvedimenti improntati all’equità, costituisca in realtà un abile inganno per quei tanti elettori che per un po’ di mesi percepiranno effetti redistributivi, che in realtà sono quasi inesistenti. Questo è il Governo degli slogan. Il protocollo sul welfare ne costituisce un caso emblematico. In questo Paese non c’è alcuna volontà politica di redistribuire le risorse, nonostante tale volontà possa contribuire notevolmente a rilanciare la domanda. Il nostro sistema fiscale è sempre più basato sulla imposizione indiretta, per definizione iniqua. I cittadini accettano inermi e spesso inconsapevoli le ingiustizie. Gli esperti avallano spesso il permanere della maldistribuzione della ricchezza, talvolta per interesse personale, talvolta sposando teorie dal dubbio fondamento. E’ un paese in continuo declino, i cui effetti (si vede ad es il tasso di disoccupazione) sono ben mascherati dai governi.

    • La redazione

      È difficile che i cittadini nel breve periodo possano nel complesso percepire un elevato o un modesto effetto redistributivo. Possono semmai valutare individualmente la variazione del loro reddito disponibile a seguito di una modifica legislativa.
      Il sistema fiscale italiano, come quello degli altri paesi industrializzati, è solo lievemente progressivo. Questo perché l’imposizione personale è molto progressiva, mente l’imposizione indiretta è regressiva rispetto al reddito delle famiglie (e lievemente progressiva rispetto alla spesa). Per dettagli si veda Massimo Baldini e Stefano Toso “Diseguaglianza, povertà e politiche pubbliche”, Il Mulino, Bologna, 2004. Non potrebbe essere diversamente, dato che oggi il peso dell’imposizione diretta e di quella indiretta rispetto al PIL è più o meno simile.

  2. FRANCESCO COSTANZO

    1.Se non erro, Lei ha usato come riferimento per definire la famiglia numerosa un nucleo di 6 componenti. In percentuale, sul totale dei nuclei familiari italiani, quante sono le “famiglie numerose” così definite?

    2. Come definisce esattamente una famiglia italiana “ricca”?

    3. Secondo Lei, una politica fiscale espansiva dell’Italia al momento dovrebbe privilegiare l’effetto redistributivo, oppure l’aumento generalizzato del reddito disponibile?

    4. Secondo Lei, quali caratteristiche deve avere una riforma fiscale in Italia, per essere considerata “strutturale”?

    grazie

    Francesco Costanzo

    • La redazione

      1) Ho usato nel grafico una famiglia di sei componenti con 4 figli perché è il requisito minimo per ottenere la detrazione/sussidio previsto dalla finanziaria. Pertanto, non si fa riferimento ad una famiglia beneficiaria della detrazione sulla base solo del numero dei componenti, ma sulla base del numero dei componenti e del numero dei figli a carico. Come precisato nell’articolo, le famiglie numerose beneficiarie dei 1.200 euro sono circa 140 mila, pari allo 0,65 per cento del totale delle famiglie.
      2) Non esiste una definizione specifica per “ricco”. Come d’altra parte non è facile dare una definizione di povertà.
      3) Premetto che le osservazioni e i commenti presenti nel mio articolo sono di carattere tecnico e non politico. Dipende dunque da quanto costa in termini di gettito e come si distribuiscono gli aumenti del reddito disponibile. Aumentare il reddito disponibile annuo di 500 euro, ad esempio, per una famiglia con un reddito di 20 mila euro ha effetti ben diversi anche sull’impulso ai consumi rispetto ad un aumento analogo per una famiglia con un reddito di 100 mila euro. Per le prime 500 euro sono molti soldi, per le seconde no. E poi famiglie con un reddito di 20 mila euro sono moltissime, mentre quelle con un reddito sopra i 100 mila euro sono molto poche. Quindi sostenere la domanda e privilegiare l’effetto redistributivo dovrebbero andare nella stessa direzione.

      4) Da una parte strutturale significa che le modifiche normative sono destinate a perdurare negli anni, e non una tantum come il bonus incapienti i cui effetti sono stati stimati nel mio articolo di ottobre. Dall’altra una riforma strutturale significa pensare veramente ad una struttura dell’imposta (ma anche della spesa) che realizzi gli obiettivi prioritari. Molte di queste considerazioni, oggi come oggi, possono però rimanere solo sulla carta a causa dell’evasione fiscale. È obiettivo indiscutibile aiutare un vero incapiente; è spreco di risorse aiutare un falso incapiente. Stesso discorso vale per gli assegni familiari: si parla molto dell’evasione dei lavoratori autonomi; ma molto spesso si dimentica che anche i lavoratori dipendenti possono evadere per mezzo del secondo lavoro in nero. Gli incapienti, poi, sono molti: come si è visto dall’effetto temporaneo del bonus incapienti, misure a loro favore sono in grado veramente di incrementare il loro reddito disponibile; cosa che invece non può avvenire con un’imposta personale che non consente ai contribuenti di sfruttare pienamente gli elementi di personalizzazione dell’imposta a causa di una imposta lorda troppo bassa. Ci sono però anche punti negativi (si veda il libro del Prof. Paolo Bosi, Corso di Scienza delle finanze, il Mulino, 2006). In primo luogo un’imposta negativa pura richiede a tutti i cittadini di presentare all’Amministrazione Finanziaria la propria posizione reddituale, quando oggi non tutti i contribuenti dell’imposta personale sono tenuti alla presentazione della dichiarazione dei redditi. In secondo luogo potrebbe comportare un notevole incremento dell’aliquota media d’imposta, e quindi delle aliquote marginali legali, per i contribuenti più ricchi al fine di consentire un trasferimento di risorse a tutti i contribuenti incapienti, cioè quelli che potenzialmente potrebbero beneficiare del sussidio. Rimarrebbe poi il problema politico di attuare una riduzione anche per il ceto medio: probabilmente lo sconto generalizzato sull’Ici attuato da questa finanziaria ha questa giustificazione. Oggi si vincono le elezioni proponendo riduzioni di tributi. Tuttavia il livello della spesa è alto (anche a causa delle sue inefficienze e degli sprechi) e il gettito dell’Irpef è pari a circa 10 punti di Pil (un quarto della pressione fiscale).

  3. Bruno Castiglioni

    L’articolo è interessante e senz’altro lodevole nel confermare che la riduzione generalizzata ICI non ha effetti ridistributivi, mentre i 1200 Euro annui per le famiglie numerose effettivamente cercano almeno di sterilizzare i rincari.
    Non ho però capito se, nei calcoli svolti, si tiene conto del fatto che con la finanziaria 2007 le deduzioni sono state trasformate in detrazioni e dunque l’imponibile è risultato aumentato. Così una famiglia numerosa come la mia (4 figli) figurava essere “più ricca” ai fini dello stesso assegno familiare e ai fini dell’addizionali IRPEF comunale e regionale, che non è che pesino poco. So che la mia situazione si è ripetuta in altre famiglie. I provvedimenti sull’assegno familiare e sull’IRPEF della finanziaria 2007 hanno avuto pertanto un peso scarso, o addirittura in alcuni casi negativo. Si tiene conto di tutto questo nell’articolo?
    Inoltre per quello che mi risulta il sistema degli assegni familiari non corrisponde ad una generosa ridistribuzione di reddito da parte dello Stato, ma è finanziato dai datori di lavoro a favore dei dipendenti. Sono cioè già soldi loro. E fino al 2005 l’INPS ha distribuito meno del ricevuto. Non so ora.

    • La redazione

      La microsimulazione sul 2006, 2007 e 2008 replica fedelmente la normativa in ogni periodo d’imposta. Pertanto tra il 2006 e il 2007 è stato considerato il passaggio dalle deduzioni per carichi di lavoro e di famiglia in detrazioni. Per dettagli si veda Simone Pellegrino “IRPEF 2007: una redistribuzione (quasi) irrilevante?”, Rivista di Diritto Finanziario e Scienza delle Finanze, anno LXVI, fasc. 1, 2007, pp. 24-43. Oppure, in una versione precedente, Simone Pellegrino “IRPEF 2007: una redistribuzione (quasi) irrilevante?” SIEP, 2007, WP n. 584, scaricabile dal sito http://www.unipv.it/websiep.
      In questi articoli si sottolinea anche come, a parità di addizionali, tra il 2006 e il 2007 molti sgravi fiscali sono stati compensati proprio a causa delle modalità di calcolo della base imponibile per le addizionali e del passaggio da un sistema di deduzioni a quello di detrazioni. Il titolo dell’articolo, infine, concorda pienamente con le osservazioni fatte.

  4. Paolo Graziosi

    Condivido circa la scarsità degli effetti ridistribuivi; e mi domando poi perché non si sia voluto tener conto della composizione delle famiglie nella determinazione della detrazione/sussidio spettante, anziché stabilire una misura fissa di 1200 euro a prescindere dal numero di figli (quantunque superiori a tre), non sarebbe stata più equa una detrazione/sussidio correlata all’effettiva numerosità del nucleo familiare (ad es. stabilendo un tot. a figlio)? Che poi, basterebbe introdurre il quoziente familiare…

  5. michele

    Lei afferma in una risposta a un lettore che " Non esiste una definizione specifica per “ricco”. Come d’altra parte non è facile dare una definizione di povertà". In effetti si tratta di definizioni difficili da formulare, e tuttavia a mio parere sarebbe pressochè necessario che si provasse a farlo, anche delineando come – storicamente – le soglie di benessere o malessere che corrispondono alle due opposte definizioni si siano situate (i trend) e in che misura la letteratura economica prevalente abbia contribuito a definirle. Infatti, noi usiamo normalmente indicatori statistici che stabiliscono una soglia di povertà: come sono individuati, questi indicatori? Come sono variati nel tempo? A quale logica rispondono? Non credo sia impossibile indagrlo, penso anzi che alcuni – Gorreri,ad esempio – l’abbiano fatto in passato. Ci sono state anche, se non vado errato, inchieste nazionali sulla povertà nel corso del XIX secolo. Insomma: non mi pare trattarsi di dettagli, perchè poi certe scelte di politica economica vengono fatte proprio sulla base della definizione di quelle soglie. Che a me paiono assai soggette ai rapporti di forza contrattuale/sociale vigenti.

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