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LA RECESSIONE USA E LA MISERIA DELLA MACROECONOMIA

Le borse cadono per timori legati alla crisi dei mutui Usa. E la bolla immobiliare è da attribuirsi alla politica creditizia praticata, tra il 2001 e il 2004, dalla Fed ed in parte dalla Bce, sulla base di un timore deflattivo ingiustificato.Perché ora dovrebbe essere socialmente utile un’espansione monetaria e fiscale? I mercati interpretano le mosse delle banche centrali come se contenessero informazione privilegiata. Provocando così effetti reali e realmente dannosi. Tagli ai tassi spettacolari e drammatici come quello odierno non servono.

Ieri, e probabilmente accadrà anche oggi, i mercati borsistici sono crollati per timori legati alla crisi dei mutui Usa. La mia opinione sulle sue cause non è distante da quella che Tito Boeri e Luigi Guiso hanno espresso su questo sito. I dati e le analisi prodotte nel frattempo non ci hanno dato torto, anzi. Rimango dell’opinione che la bolla immobiliare sia da attribuirsi alla politica creditizia praticata, tra il 2001 e il 2004, dalla Fed e anche dalla Bce, sulla base di un timore deflattivo ingiustificato. La natura “selvaggia” del mercato dei mutui statunitense e l’utilizzo spregiudicato di strumenti per la cartolarizzazione hanno poi fatto il resto.

RECESSIONE E INFLAZIONE

Secondo tale diagnosi, la cura è ovvia. Permettere al sistema finanziario di ripulirsi attraverso fallimenti, fusioni, acquisizioni e ricapitalizzazioni. Nel frattempo, le banche centrali evitino che nel sistema dei pagamenti e nel mercato interbancario si generino situazioni di panico, strozzature sistemiche o “bank-runs”. L’eccesso di capitale e lavoro investiti nel settore edilizio in senso lato si muoveranno verso settori redditizi. Questo provoca fallimenti e temporanea disoccupazione: il prezzo da pagare, in un’economia di mercato, quando si fanno molti investimenti erronei.
La cosa, purtroppo, non finisce qui: il processo di riallocazione intersettoriale appena descritto sembra produrre una recessione ciclica dell’economia Usa. Ricordiamo anche che i prezzi delle materie prime sono cresciuti molto: per quanto l’economia americana ne sia molto meno dipendente rispetto a quarant’anni fa, anche questo fattore sta giocando un ruolo, come un giorno scopriremo. Poiché è anno di elezioni, sia la Fed che la Casa Bianca promettono misure salvifiche che tale recessione dovrebbero scongiurare. L’effetto delle medesime, per ora, sembra essere solo il panico. Qual è la logica economica che sottende questa espansione simultanea del debito pubblico e della massa monetaria?
La bolla del mercato immobiliare era inflazione localizzata: tautologicamente, se avessimo avuto inflazione generalizzata non ci sarebbe stata la bolla. Vero, ma questo non vuol dire che sia bene avere inflazione l’anno prossimo. Ragioni banali: l’inflazione è una tassa, erode il valore reale del salario nominale che non s’aggiusta mensilmente, erode il valore reale del debito pubblico detenuto dai privati, genera confusione sui prezzi relativi rallentando l’attività economica. Soprattutto, l’inflazione fa male (a fronte di uno shock reale) perché, come l’esperienza degli anni Settanta ha provato, non fa magicamente aumentare il livello di attività economica, ma l’opposto. Esiste una sola categoria di agenti economici (oltre ai governi indebitati) che dall’inflazione potrebbe guadagnarci: sono le banche i cui clienti hanno smesso di pagare i mutui cedendo la proprietà della casa alla banca stessa.

UN MODELLO CHE NON SPIEGA NULLA

Quale modello del sistema economico stanno usando le autorita’ monetarie e fiscali in queste circostanze?
Escludiamo, anzitutto, il “Real Business Cycle”. All’origine di questa crisi vi sono crediti facili buttati al vento in investimenti rischiosi. Shock tecnologici negativi non ne vedo, prezzi delle materie prime a parte. Se qualcuno se la sente di sostenere che il balletto di questi mesi è dovuto al prezzo del petrolio e che per questa ragione oggi si son tagliati 75 punti base, si faccia avanti. In ogni caso, il taglio dei 75 punti base non fara’ di certo diminuire i prezzi delle materie prime. Questa è, comunque, accademia. Negli ambienti in cui la politica economica si decide regna il modello “new”-keynesiano, che è come quello keynesiano-vecchio e senza filtro, solo con equazioni più complicate. Cosa dice questo modello sulle cause della crisi attuale? A mio avviso, l’assoluto nulla.
Come quello precedente non è in grado di spiegarci perché tante banche abbiano prestato soldi a persone che non erano in grado di restituirli. Peggio: poiché l’espansione creditizia 2001-2004 era, secondo i neo-keynesiani, una buona idea, esso predice che la bolla immobiliare non avrebbe dovuto gonfiarsi per poi esplodere. Non basta: esso basa tutte le sue predizioni sull’ipotesi che i prezzi siano rigidi. E allora, chiedo:

1. Se i prezzi rigidi sono la ragione dell’attivismo raccomandato alle banche centrali, perché i prezzi delle case si sono mossi così tanto? Per quale ragione sono rigidi i prezzi dei calzini e non quelli delle villette a schiera?
2. La teoria dice che le recessioni sono causate dai prezzi che non si abbassano. Nondimeno, i neokeynesiani temono soprattutto la deflazione, la quale consiste in un abbassamento dei prezzi. Potremmo metterci d’accordo, per una volta?
3. Se le case valgono il 30 per cento in meno di quanto sembrava valessero mesi fa, il credito gratuito a disposizione delle banche per acquistare l’addizionale debito pubblico, che differenza farà?
4. L’inflazione che si sta auspicando, in che senso faciliterà la fuoriuscita di lavoratori e capitale dal settore edilizio verso altre attività più redditizie?
5. Nel caso la risposta alla domanda 3 fosse “lo stimolo fiscale serve per evitare la trappola della liquidità”, chiedo: mi spiegate il Giappone 1996-2003? Il debito pubblico passò dal 60 per cento del Pil al 150 per cento, eppure rimasero nella trappola in questione. Quante migliaia di miliardi è lunga, questa trappola?
6. Giornate come queste suggeriscono che i mercati interpretano le mosse delle banche centrali come se contenessero informazione privilegiata. Chi ci lavora sa che informazione privilegiata e poteri divinatori scarseggiano. Vendere azioni solo perché la Fed ha tagliato i tassi di sorpresa fa danno. Diffonde panico e rovina il conto patrimoniale, rendendo complicato prendere a prestito per investire. Questo ha effetti reali, e realmente dannosi. Se così è, non sarebbe il caso di convincere gli operatori che la Fed non fa magie?

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STATISTICI O INQUISITORI?*

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LE RAGIONI DI UNA MOSSA A SORPRESA

29 commenti

  1. Angelo

    Proverò a rispondere alle varie domande. Buona parte della colpa di quanto accade è del sistema bancario.Parlo dell’Italia,ma le tecniche vengono dagli USA. Da un decennio si lavora a budget nelle banche.Budget personalizzati per la vendita di tutto e di più:prestiti,mutui,carte di credito,fondi comuni e mille altre cose tipo finanziamento e vendita auto nella banca,consegna dal concessionario.Naturalmente il TOP MANAGEMENT spinge perchè remunerato “a cottimo”. L’incapacità di banchieri e governanti ha una pietra miliare:l’introduzione dell’euro.Bastava lasciare la doppia circolazione per un paio d’anni od obbligare ai prezzi in euro e valuta locale. NULLA DI CIO’. La voracità dei palazzinari ha fatto il resto. quando con lo stipendio di un anno ci compri mezza stanza,c’è qualcosa che non va.Alla lunga si paga. Il PETROLIO : gli arabi non sono scemi e neppure lo è Chavez. quando hanno visto che venivano pagati in valuta destinata alla svalutazione,quando giunti a fare spesa in euro hanno realizzato che con quei dollari ci compravano sempre meno,hanno fatto come gli avvocati e i medici:hanno aumentato la parcella in dollari. Il petrolio non calerà mai sotto gli 80 dollari,

    • La redazione

      Forse il petrolio non scendera’ mai piu’ sotto gli 80 dollari. Non lo so. Pero’, permetta, qual’e’ la relazione di tutto questo con la bolla immobiliaria e l’intervento della Fed?

  2. maurizio maggini

    Concordo pienamente, a cominciare dal titolo …….a miseria della macroeconomia”. Tra i tanti interrogativi ne sottolineo il seguente “… non è in grado di spiegarci perché tante banche abbiano prestato soldi a persone che non erano in grado di restituirli”. Il sistema bancario potrebbe cortesemente rispondere?

    • La redazione

      Approfitto della condivisione per aggiungere un’altra considerazione. Eventi come quello di SocGen, il bailout delle monolines USA (MBIA and Ambac), il rating assurdo di MBS e CDOs, eccetera, suggeriscono che ci troviamo di fronte ad un collasso piuttosto serio sia dei sistemi di controllo ed incentivo interni alle istituzioni finanziarie, sia di quelli che regolano e controllo dall’esterno l’operato delle istituzioni stesse, ossia quel mercato nel suo complesso. Non vorrei dare l’impressione d’appartenere al gruppo dei teorici delle cospirazioni, nessuna cospirazione. Il problema e’ semplice: come ci insegnava Merton Miller, uno dei fattori piu’ importanti nell’evoluzione dei mercati finanziari e’ l’interazione fra regolatori e nuovi strumenti. A fronte di nuovi strumenti, sono necessarie nuove regole. A fronte di nuove opportunita’ di profitto, occorrono sistemi nuovi per creare incentivi alla trasparenza ed alla creazione e diffusione di infomazione veritiera. E’ un gioco dinamico senza fine, ma lasciare che la regola dello "everything goes" domini finisce per fare piu’ danno che guadagno, come gli eventi ci provano.

  3. giovanni la torre

    1) la causa principale della crisi per K. è l’insufficienza della domanda e l’eccesso di risparmio rispetto agli investimenti. La rigidità verso il basso dei prezzi è solo un’aggravante; 2) l’origine dell’attuale crisi (v. Stiglitz su Rep. del 10/8/07) sta nella riduzione delle tasse a favore dei ricchi attuata da Bush nel 2001; 3) questo avrebbe creato, sommato a quello proveniente dall’estero, un eccesso di risparmio che pur di impiegarsi non badava a rischi; 4) non sarebbe la prima volta. Vi ricordate l’enorme liquidità in petrodollari che si creò negli anni ’70? Ebbene le banche pur di impiegarla la prestò a piene mani ai paesi dell’america latina che poi dischiararono l’insolvenza nei primi anni 80 (azzardo morale?); 5) cosa dice K. quando si verificano questi squilibri? Che l’equilibrio (S=I) si ricrea attravarso una variazione del reddito. Cioè quello che sta puntualmente avvenendo: tutte le previsioni sul PIl sono in ribasso; 6) E’ ora che ci si renda conto che questa può essere una crisi strutturale seria dovuta all’enorme spostamento di reddito dai salari ai profitti che dura da molti anni nel mondo.

    • La redazione

      Lei capisce, credo, che SE i prezzi non fossero rigidi, non vi sarebbero mai eccessi di S su I, o viceversa. In questo caso specifico, poi, lei sta affermando che la struttura dei tassi d’interesse e’ rigida e non equilibria la domanda ed offerta fra S ed I. Dati i movimenti quotidiani dei tassi, l’affermazione andrebbe forse motivata e sostenuta meglio. Su quale evidenza si basa l’affermazione secondo cui vi e’ oggi un eccesso di risparmio in relazione all’investimento? L’impressione e’ che sia vero il contrario, non le sembra? In quale maniera la riduzione del carico fiscale sui “ricchi” avrebbe causato la bolla speculativa dei mortagages sub-prime, che sono in grande maggioranza prestiti a “non ricchi”? Anche gli altri punti sono alquanto dubbiosi, almeno in termini di fatti. In particolare, non vi e’ alcuna evidenza statistica che mostri un sostanziale spostamento nella distribuzione del reddito mondiale dal reddito da lavoro a quello da capitale. Questo vale, in particolare, per gli USA. Lo spostamento da capitale lavoro avvenne tra 1968 e 1972. Quello in senso inverso, da lavoro a capitale, inizio’ a fine anni ’70 e si concluse nel 1984. In ogni caso, la variazione era di 2-3 punti percentuali di PIL.

  4. Gianluca Filippi

    Sebbene possa essere vero che le banche centrali non possiedono la sfera di cristallo, il taglio improvviso da parte della Fed di 75 punti base e il fatto che il mercato ne sconti altri 25/50 nella comitato “ufficiale” di fine mese, fa comunque meditare su un pericoloso atteggiamento di rincorsa da parte soprattutto della Fed. A Bernanke è stata più volte attribuita l’incapacità di anticipare i mercati e, soprattutto di rassicurarli, qualità che invece aveva il suo predecessore (Greenspan). Il taglio odierno aumenta il fronte dei pessimisti, di coloro che ritengono che una mossa del genere non è spiegabile se non dal fatto che la situazione economica americana sia estremamente grave, senza andare a scomodare il piano Bush da 150 miliardi di dollari di incentivi fiscali. In questi ultimi mesi, la politica monetaria della Fed è parsa un po’ in affanno, sempre “dietro la curva”, come si dice in gergo. Ed in effetti, l’intensità della manovra e la confusione delle ultime ore, ne dà una ulteriore dimostrazione. Sparare così tante cartucce sulle prime teste messe fuori dal cespuglio, rischia di far rimanere la Fed con il grilletto scarico. E allora sì che l’inflazione farà male.

    • La redazione

      L’unica cosa su cui dissento e’ che Greenspan sapesse "anticipare i mercati", e lo abbia fatto in modo utile. Mi pare abbia fatto il contrario e molte dei guai odierni sono dovuti, al meno in parte, alla sua politica di credito facile che rincorreva i mercati finanziari, invece di anticiparli. Per i dettagli, rinvio ai precedenti articoli citati sopra. Proprio perche’, come dice lei, la Fed non e’ onniscente, cercare di anticipare i mercati e’ una pessima idea.

  5. SIMONE VINCIGUERRA

    Nessun mago economista, e forse nessuna economia politica aveva previsto che abbiamo raggiunto la perfetta informazione. I soggetti seguendo la soddisfazione perfetta dei loro desideri hanno diffuso e vendute tutte le informazione in loro possesso. Il manifestarsi della perfetta informazione sui mercati richiedi la generazione di un nuovo capitalismo orientato non verso la creazione di ricchezza, ma la creazione di un bene comune. Grazie.

  6. Carlo Catalano

    Concordo con il fatto che la bolla immobiliare sia scoppiata a causa della politica monetaria dell’ultimo quinquennio. Con bassi tassi tutti hanno creduto conveniente acquistare un’abitazione facendo così esplodere la domanda e quindi i prezzi. C’era da aspettarsi che la bolla esplodesse nel momento in cui si fossero rialzati i tassi. Tuttavia credo che politica monetaria dell’ultimo quinquennio sia stata perseguita per evitare che fasi di recessione arrivassero prima di quanto è accaduto. La concorrenza dei paesi cosiddetti BRIC ha eroso la competitività delle aziende americane ed europee e pertanto è stato necessario tenere bassi tassi per non incorrere in una fase di recessione. Ma il punto è un’altro. Cosa occorre fare adesso? Lasciare che il sistema bancario subisca le perdite derivanti dal rialzo dei tassi con i conseguenti effetti su tutto il comparto economico, sulle famiglie e sulla domanda, motivando tale scelta con la considerazione che in fondo è stato l’artefice di una cattiva allocazione delle risorse, oppure cercare di porre un argine alla crisi attraverso un ribasso dei tassi? La terza via sarebbe una politica fiscale espansiva ma i bilanci non la consentono.

    • La redazione

      Lo stimolo fiscale, che fa sempre danno, purtroppo lo stanno facendo negli USA anche se i bilanci non lo consentirebbero. In una situazione di crisi nulla fermera’ mai un politico a caccia di voti. Per quanto riguarda i "responsabili": non tutte le banche hanno fatto gravi errori o commesso omissioni. Io sono della vecchia scuola, penso che chi ha sbagliato debba pagare.

  7. Giovanni Marini

    Le istituzioni (le organizzazioni dei mercati, la vigilanza, le norme, ecc…) dovrebbero favorire un ambiente in cui sia “facile” calcolare le conseguenze delle proprie decisioni finanziarie (prendendo in considerazione le limitazioni informative e calcolatorie degli agenti: limitazione dello spazio degli stati conosciuto, limitazione dello spazio dei controlli esplorato, incertezza radicale sul PGD). Molti dei contratti e degli schemi che sono stati utilizzati in maniera spregiudicata finora “non dovrebbero proprio esistere” in quanto potrebbero essere troppo complessi per ampie categorie di operatori. Francamente ritengo che molti degli strumenti finanziari, oggi perfettamente legali, si risolvono in una sorta di “circonvenzione d’incapace” nei confronti di vaste categorie di operatori e risparmiatori. La pratica di cartolarizzare crediti originati su un mercato di mutui, valutati da organizzazioni private in conflitto di interesse (società di rating), venduti sulla base di mere supposizioni o in base a valutazioni “modellistiche” è del tutto incompatibile con un corretto funzionamento dei mercati reali. Uno dei motivi per cui tanti prestiti sono stati concessi senza una pur minima valutazione del rischio di insolvenza è semplicemente che gli originatori di tali prestiti sapevano (o speravano) che le pratiche finanziarie e le norme gli avrebbero concesso di traslare su altri operatori tale rischio, senza che questi ultimi avrebbero avuto la possibilità di valutare realmente cosa stavano acquistando. La cosa è andata avanti a tal punto che la crisi è divenuta sistemica, e nemmeno gli originatori di tale massa di crediti inesigibili può adesso tirarsene fuori. Oramai i portafogli e i bilanci di vasti gruppi di intermediari e di operatori finanziari sono funestati a tal punto da questi asset (si parla di oltre 1000 miliardi di dollari!) che nessuno si fida più della solvibilità degli altri e quindi diventa difficile pure per un operatore “sano” ottenere credito.

    • La redazione

      Concordo, anche per le ragioni adotte nella risposta al signor Maggini. Il problema, a mio avviso, e’ soprattutto microeconomico: di regolazione, regole di trasparenza, struttura dei mercati (il mercato finanziario a mio avviso e’ ben poco competitivo in realta’, e soffre di un alto livello di collusione, ma anche questo richiede un lungo articolo …). Credo le banche centrali potrebbero essere di grande aiuto se cominciassero a fare molta piu’ attenzione, ed a studiare empiricamente, la microstruttura dei mercati finanziari. Da tempo suggerisco che l’attivita’ di ratings (per lo meno di bonds) dovrebbe essere assegnata alla banche centrali stesse, o al regolatore dei mercati. Essi hanno gli incentivi giusti per farlo e, visto quanto costano ed il numero di economisti che impiegano, ne hanno anche le risorse. Non solo, avrebbero anche il potere per ottenere dagli emissori tutta l’informazione necessaria. Non vedo la ragione per cui non possa essere la Banca d’Italia a cominciare a dare il buon esempio in questa materia. Non serve un accordo mondiale, basta cominciare.

  8. Paolo Lazzari

    Egregio Professore, tanto tempo fa ho dovuto lasciare gli studi universitari di economia ( faccio l’operaio ), però una cosa mi ricordo. Blanchard e Fischer nell’introduzione al loro libro: “Lezioni di macroeconomia”, dicevano, più o meno, che gli interventi di politica economica andavano fatti all’interno di un paradigma ben compreso; altrimenti il mondo sarebbe stato lasciato in mano a dei ciarlatani. Domanda: il paradigma esiste? Serve a qualcosa? Abbiamo capito come funziona l’economia?
    Infine: non è che dopo le le elezioni americane gli USA si troveranno in recessione con inflazione e disocuppazione crescenti, si chiama stagflazione, vero?
    Grazie e mi scusi per aver abusato del suo tempo con queste vanesie

    • La redazione

      Blanchard e Fischer, sospetto, credono che il paradigma esista e sia esattamente quello keynesiano (neo, new, o senza filtro, fa nessuna differenza) che io trovo quasi completamente sbagliato. Bernanke, credo, concorda con loro. I fatti degli anni ’70, ’80 e ’90 danno loro torto, a mio avviso. Quelli del decennio ’00 sembrano dare loro torto marcio. Ma evidentemente io sono in una posizione di minoranza fra chi fa le politiche fiscali e monetarie.

  9. federico

    A metà agosto, ‘La voce’ pubblicava dei saggi che asserivano che il peggio della crisi era passato. I commenti a tali interventi erano tutti confermativi di tale asserzione. Ogni mio intervento, non pubblicato, descriveva meglio di altri ciò che poi è accaduto: la crisi in arrivo dei mutui sub prime è e sarà molto grave in quanto essa è sistemica degli USA, non solo legata ad una bolla speculativa. Quindi una crisi gravissima che è ancora tutta da percorrere e da cui l’Europa si può difendere solo lasciando libera la rivaluzione dell’Euro. La svalutazione dei prestiti fatti agli USA è infatti meno costosa rispetto all’ipotesi di riaprire linee di credito incocludenti. In sintesi, la bancarotta USA è l’unica via per ricominciare.

    • La redazione

      Credo molti abbiano sperato che il peggio fosse passato a fine estate. Non ero fra quelli, ma credo sia abbastanza per caso che l’ho azzeccata. Sono anche dell’opinione che, se fanno i conti bene, la dimensione reale di questa crisi sia minore di quanto si crede e che potrebbe essere contenuta ulteriormente con interventi leggermente piu’ saggi di quelli a cui abbiamo assistito sino ad ora. Ma per argomentare questo dovrei scrivere un lunugo articolo, che scrivero’ sul blog noisefromamerika appena ho un attimo. Che una ulteriore rivalutazione dell’euro possa essere utile alle banche europee che detengono passivita’ in dollari ed attivita’ in euro, non dubito. Che questa rivalutazione, in se e per se, faccia bene all’economia europea non ne sarei cosi’ certo. Il dollaro forte, rispetto all’euro, del 1999-2002 non ha poi fatto cosi’ bene a quella USA, non le pare?

  10. Liliana Gorini

    Il problema sta nella bolla speculativa, promossa da Greenspan, favorita dal Patto di stabilità, ed esemplificata dai mutui subprime, che passano dalle banche agli hedge funds. Se lo “stimolo economico” di Bush punta a rifinanziarla, invece di porvi rimedio come propone l’economista americano LaRouche, avremo un’iperinflazione come quella di Weimar. Non si tratta di intervenire sui tassi di interesse, ma di promuovere l’economia reale e non rifinanziare gli hedge funds.

    • La redazione

      Lo stimolo fiscale non e’ solo di Bush, ma bipartisan. Direi di piu’: e’ stato voluto piu’ dai democratici che dalla Casa Bianca. Le relazioni fra economia reale e mercati finanziari sono purtroppo complesse, oltre che essenziali. Direi che occorre fare tutto il possibile, specialmente nella regolazione e legislazione a livello micro, per far si’ che I mercati finanziari lavorino al servizio dell’economia reale.

  11. federico bigongiari

    Replicate al mio intervento dicendo la verità: ‘La voce è andata con i piedi di piombo nei commenti alla crisi americana dei mutui.’
    E’ questa prudenza che vi contesto, in quanto denota una grave carenza di analisi che doveva da almeno un lustro spingere ad una critica feroce sull’intero coacervo degli strumenti finanziari americani. Finalmente oggi, assieme alla mia piccola opinione, si affianca quella di Soros che disvela come sia il sistema finanziario americano, sorretto dal potere di signoraggio del dollaro, ad avere le ore contate. Importante che lo capiscano velocemente in molti per chiudere le porte ai dissennati flussi di ricchezza operati dai nostri investitori, in buona fede, sui prodotti finanziari americani. Non dare l’allarme significa impoverire l’Italia come, e molto di più, di quanto accaduto nella crisi Argentina.

    • La redazione

      I redattori de lavoce parleranno per loro. Mi permetta, pero’: lei conosce la famosa battuta su quelli che hanno previsto 14 delle ultime 2 crisi finanziarie? Ecco, vede, a volte occorre tenere il track-record delle previsioni. Sulle teorie economiche di Soros, poi e nonostante questa volta sia in parte d’accordo con me, forse dovremo stendere un velo pietoso. Io sono a favore dei vantaggi comparati, ed anche di quelli assoluti: gli speculatori finanziari dovrebbero fare gli speculatori finanziari. Come ci fece notare, fra gli altri, George Stigler, quello dello speculatore e’ un utile lavoro se fatto bene e con trasparenza.

  12. Maurizio Bovi

    Caro Prof. Boldrin,
    mi riferisco soprattutto alla miseria della macroeconomia (nello spiegare la realtà). Io non sono in grado di spiegare i fatti a cui lei si riferisce e, comunque, le mie considerazioni sono più generali. A mio avviso, finchè i macroeconomisti non aumenteranno il realismo delle loro assunzioni, la miseria non se ne andrà. Capisco le difficoltà analitiche dei teorici, ma capisco anche che l’obiettivo è spiegare la realtà, non clonare la repubblica delle banane. Tanto per dirne una, è estremamente probabile ed è altrettanto noto che la REH valga molto più in cielo che in terra. Ma, allora, perchè ancora così tanti articoli scientifici (e lezioni) di macro cominciano con simili “as if”? Grazie.

    • La redazione

      Suvvia, che la REH e’ il minore dei mali negli orrendi modelli che si utilizzano! Lei capisce che, d’altra parte, spiegare questa ed altre crisi simili attraverso l’ipotesi realista secondo cui "Gli investitori e gli agenti finanziari a volte fanno scelte sbagliate" non sarebbe molto utile per capire la causa sistemica delle crisi, ne’ per evitarle. I problemi dei modelli macro stanno chiaramente altrove.

  13. MASSIMO GIANNINI

    Non è mia abitudine rispondere agli articoli della Voce ma questo di Michele Boldrin mi ha convinto a farlo. Semplicemente per manifestargli tutta la mia stima, benché non ne abbia bisogno. Una visione epistemologica che usi con saggezza il formalismo matematico è sempre benvenuta e putroppo rara. Mi permetto solo di aggiungere una sfumatura al ragionamento di Michele. In un mondo bancario dominato dal moral hazard e dalla adverse selction un monitoraggio serio e credibile da parte delle Banche Centrali, unitamente ad una legislazione penalmente rilevante e sanzionatoria, avrebbero forse maggior effetti di politiche monetarie estemporanee e ambigue.
    Con stima
    M Giannini

    • La redazione

      La ringrazio della stima, ovviamente. E concordo al 100% anche con i suggerimenti avanzati. Non avevo ancora letto il suo commento, ed ho scritto cose simili anche io in risposta a precedenti commenti. Solo che lei l’ha detto meglio.

  14. francesco scacciati

    Dite: “la voce, come di consueto non ha dato valutazioni univoche, ma variegate a seconda degli autori.” A me pare che gli autori che scrivono su la voce la pensino tutti allo stesso modo o siano quantomeno tutti della stessa scuola. “I mercati” si aggiustano da sé e solo politiche monetarie sbagliate possono avere effetti negativi, mentre quelle giuste non hanno effetti. So che questa ipotesi va per la maggiore, ma ha un difetto: non sta né in cielo né in terra. Ha invece ragione Giovanni Latorre. L’evaporazione del nemico, militare e ideologico, ha fatto ritenere a capitalisti, imprenditori, rentiers, grossi professionisti che fosse il momento di recuperare, con gli interessi, i denari investiti per vincere la guerra fredda: la distribuzione del reddito è variata, nell’ultimo quindicennio, in misura imponente da salari e stipendi a profitti e rendite, con conseguente caduta della domanda aggregata da un lato ed eccesso di risparmi, da impiegare in qualche modo (con finti alti rendimenti), dall’altra. Le banche centrali se ne sono accorte con grande ritardo e può darsi che i rimedi non servano a molto, ma senza di questi il crack sarebbe clamoroso e incontrollabile. Molti uomini p

  15. Enrico Gallina

    Come il Prof. Boldrin non riesco a vedere il potere taumaturgico di una sana recessione. E a differenza del Prof. Wypolsz non riesco a vedere come : “le famiglie americane riscoprono il risparmio” Perché il consumatore statunitense dovrebbe cominciare a risparmiare nel 2008? – non lo ha mai fatto dagli anni 50 in poi e la psicologia non si cambia nel breve termine – da pochi giorni l’economia USA è governata da tassi reali negativi (CPI Index 2007 (all items) = 4.1% (*), tasso Fed 3.50%) quindi risparmiare equivale a perdere potere di acquisto – la svalutazione del dollaro deprime le importazioni di beni dal RoW ma non quelle Cinesi (che costituiscono 1/3 del trade deficit cioè USD 238 bn su 709 bn a nov07) perché il cambio non è flessibile – la recessione diminuirà ancora il reddito disponibile. Al Prof. Boldrin dico però che un taglio dei tassi di 75 bps che sembra eccessivo diminuisce il peso del servizio del debito delle famiglie. Alla fine tra foreclosure e rientri forzati l’indebitamento delle famiglie diminuirà per forza. Il che è diverso da risparmiare Invito gli accademici a riflettere sul paradigma classico “le famiglie risparmiano, le imprese investono”

    • La redazione

      L’articolo di Wyplosz, come dovrebbe trasparire del mio, io lo condivido. Non credo il problema sia solo di "scarso risparmio delle famiglie USA", ma credo che certamente quello sia un problema. E, in parte, quel problema e’ stato creato da una sequenza di bolle che hanno inflazionato il valore in dollari di alcuni assets USA, la borsa prima e le case poi. Credo che la recessione, se verra’, non sia poi una cosa cosi’ tragica.

  16. Alessandro Sciamarelli

    D’accordissimo con la tesi dell’autore. Gli interventi reiterati della Fed (il taglio sui Fed Funds dello 0,75% appena attuato e quello ulteriore, annunciato, dello 0,50%), hanno il sapore di una mossa disperata. Del resto, il paradosso evidente è che la medesima strategia con cui spera di portare fuori dalle secche la congiuntura USA è quella che ha portato le premesse per questo mezzo disastro: i tassi reali negativi tra il 2002 e il 2004 e la corsa sfrenata all’indebitamento privato ed ai bad mortgages. Quando poi Greenspan ha cominciato ad aumentarli, sempre più famiglie non hanno potuto ripagare i mutui ed il mercato immobiliare americano (che teneva in piedi la macchina dei consumi) si è rapidamente avvicinato al collasso. la verità pura e semplice è che gli USA consumano e vivono al di sopra dei loro mezzi e non c’è politica monetaria che possa riparare a un simile eccesso: crescita economica attraverso i consumi, a qualsiasi prezzo (disavanzi mostruosi in conto merci e del bilancio federale), questo è stato il mantra di Greenspan & CO. Molto meglio la vecchia Ue che cresce meno, ma in modo molto più sano e senza simili insostenibili squilibri

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