La problematica dei rendimenti dei fondi pensione è strettamente intrecciata a quella dei costi dal momento che i rendimenti sono espressi al netto dei medesimi. In linea di massima, i rendimenti storici dei fondi pensione italiani sono stati abbastanza soddisfacenti. Se poi si tiene conto delle agevolazioni fiscali e della contribuzione addizionale del datore di lavoro la convenienza dei fondi rispetto al Tfr (che, non dimentichiamolo, in periodi di inflazione superiore al 6 per cento dà rendimenti negativi..) mi pare difficilmente confutabile. Certo, in una fase di turbolenza come quella che stiamo vivendo i rendimenti risentono pesantemente dell’andamento negativo dei mercati. Tuttavia, non esistono investimenti sicuri (pensiamo al mercato immobiliare statunitense…) e anche le regole della previdenza pubblica sono soggette a cambiamenti, a volte molto radicali e penalizzanti.
L’intento non deve essere dunque quello di demonizzare la previdenza privata, ma piuttosto di orientarla nella giusta direzione dal punto di vista:

a)      della trasparenza per quanto riguarda costi e rendimenti;
b)      della capacità di offrire strumenti di affinamento della consapevolezza degli aderenti (ad esempio, il progetto esemplificativo che stima annualmente la pensione complementare e che ora è divenuto obbligatorio), affiancati da opportuni meccanismi di guida alle scelte individuali, anche mediante default options;
c)      della necessità di regole di autodisciplina che gli operatori si impegnino a rispettare, soprattutto dal lato del contenimento dei costi.

Per quanto riguarda la gestione del portafoglio, il ricorso a forme di garanzia finanziaria è senz’altro auspicabile, soprattutto nelle fasi di caduta del mercato e in ogni caso quando l’aderente si avvicina alla pensione. Per i “silenti” la soluzione migliore, piuttosto che le forme di  garanzia oggi previste, sarebbe quella di prevedere per essi linee di default life cycle,  così come avviene negli Stati Uniti.
Tornando al tema dell’articolo, la tabella dell’Indicatore sintetico dei costi cui ho fatto richiamo  dimostra in tutta evidenza che è possibile trovare sul mercato prodotti assai convenienti a fianco a prodotti estremamente costosi. Non dimentichiamo, peraltro, che anche per i fondi negoziali la gestione finanziaria è svolta dagli stessi operatori di mercato (banche assicurazioni,SGR…) che offrono fondi aperti e PIP e pertanto i costi di gestione in un mercato concorrenziale dovrebbero essere destinati ad allinearsi. La vera differenza la fanno, salvo prova del contrario, i costi di distribuzione dei diversi prodotti. E’ un tema aperto e che meriterebbe ulteriori riflessioni.

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