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Alitalia: destinazione finale

L’offerta di Air France può apparire indigesta. Ma i margini di trattativa sono ridotti quasi a zero perché Alitalia ha accumulato oltre 1,7 miliardi di debiti finanziari, perde centinaia di milioni l’anno insieme a quote del mercato nazionale, internazionale e intercontinentale, ha una flotta tra le più diversificate e vecchie d’Europa. E anche perché non ci sono state, in quindici mesi, concrete offerte alternative. I diritti di traffico (e gli slots) sono il suo unico valore. Se salta la scadenza del 31 marzo, però, andrà inevitabilmente verso il fallimento.

Non è affatto detto che la lunghissima agonia di Alitalia giunga a una qualche conclusione in tempi brevi. Purtroppo, l’’atto finale – che vede molti attori in scena in posizione negoziale – coincide con la campagna elettorale. Il che significa che il governo non ha l’’autorevolezza e il potere per coordinare e guidare una trattativa complessa tra gli acquirenti di Air France-Klm, i sindacati, la Sea, i politici lombardi: gli manca infatti completamente l’’orizzonte temporale necessario a rendere credibili promesse e minacce.

VERSO IL BARATRO

Quanto affermato da Tommaso Padoa-Schioppa nell’’intervista al Corriere della Sera del 19 marzo è perfettamente corretto sotto il profilo tecnico: “la partita può avere soltanto tre conclusioni: l’’esito positivo della trattativa, l’’arrivo di un’’offerta concorrente o l’’amministrazione straordinaria con la probabile liquidazione della compagnia”, cioè il fallimento. Il clima di campagna elettorale fa però sì che improvvisati Dulcamara lascino intendere l’’esistenza di qualche “specifico, simpatico, prolifico” capace di ringiovanire la “matrona rigida” (Alitalia) senza danneggiare Malpensa, senza tagliare posti di lavoro e senza far sborsare altri soldi all’’erario. Il rischio è che, in un ambiente così drogato, la trattativa si ingarbugli fino alla scadenza del 31 marzo. Dopodiché, si scivolerebbe inevitabilmente nel baratro del fallimento.

UN’’OFFERTA SENZA ALTERNATIVE

L’’offerta di Air France può apparire indigesta, confezionata in modo abbastanza puntiglioso e ultimativo da far ribollire l’’orgoglio nazionale. Eppure, le condizioni in cui Alitalia è stata ridotta da una politica (nazionale non meno che locale) cieca e rapace, da sindacati rissosi e corporativi, da un management inetto e cedevole alle richieste di tutti sono tali da dover far prevalere la vergogna nazionale sull’’orgoglio. Se oggi i margini di trattativa sono ridotti quasi a zero è perché Alitalia ha accumulato oltre 1,7 miliardi di debiti finanziari, continua a perdere centinaia di milioni di euro l’’anno (da dieci anni, non da ieri) insieme a quote del mercato nazionale, internazionale e intercontinentale, ha una flotta tra le più diversificate e vecchie d’’Europa e ha deteriorato gran parte del suo brand name.
Ma i margini sono stretti anche perché non ci sono state, in quindici mesi, offerte concrete alternative a quella di Air France. Air One (1) ha perduto due volte l’’occasione: non ha presentato un’’offerta nel luglio 2007, quando tutti gli altri concorrenti si erano ritirati dalla barocca procedura d’’asta allora messa in piedi dal ministero dell’’Economia, ha presentato un’’offerta non credibile a dicembre 2007, spingendo così il governo alla trattativa in esclusiva con Air France. L’’invocata cordata lombarda è stata proprio come l’’araba fenice secondo Da Ponte: “che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa”. C’è ancora la possibilità di un’’offerta migliorativa rispetto a quella di Air France-Klm, ma nessuno si è fatto avanti. Berlusconi evoca (invoca?) di nuovo Air One, poi i suoi figli: staremo a vedere.

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REAZIONI SCONTATE

Scontata era la reazione negativa dei sindacati agli esuberi annunciati dal presidente di Air France, Jean-Cyril Spinetta: circa 2100 unità tra Alitalia Fly e Alitalia Servizi. A veder bene, si tratta di un taglio inferiore al 15 per cento dei dipendenti totali delle due aziende, comunque coperti da un regime particolarmente generoso di cassa integrazione istituito dal governo nell’’ottobre 2004. Era irragionevole attendersi tagli meno incisivi. E non è chiaro, ora, se la voce grossa dei sindacati sia da spiegarsi con la consueta prassi negoziale o se veramente avessero aspettative irragionevoli. In ogni caso, va rammentato che il fallimento porta a circa 15mila “esuberi” (se includiamo Alitalia Servizi) o circa 11.400 se si include solo Alitalia Fly. Ci sono poi gli azionisti privati di Alitalia (il 50,1% del capitale) che certo non gioirebbero per il fallimento.
Altrettanto scontata la reazione negativa del “partito del Nord”, anche se, per quanto riguarda Malpensa, nell’offerta di Air France non c’è nulla di nuovo rispetto al piano industriale presentato nell’’autunno scorso da Maurizio Prato. Spinetta è stato chiarissimo: “il grosso delle perdite di Alitalia è generato da Milano Malpensa. Dal punto di vista industriale mi sembra ragionevole la scelta di concentrare il ruolo di hub sull’’aeroporto di Fiumicino”. Sorprende che la neo-presidente di Confindustria si sia precipitata ad accodarsi alla richiesta di “moratoria” per Malpensa avanzata da Formigoni e dai leader della Lega Nord: cosa direbbe se le chiedessero di mantenere attiva per due anni una linea di produzione in perdita della sua azienda? Lo Stato, del resto, non può versare altri “aiuti” a compensazione di quelle perdite, perché Bruxelles (giustamente) lo impedisce.
La Sea non sembra intenzionata a recedere dal suo ricorso, con richiesta di danni perché Alitalia non rispetta impegni presi da tempo per Malpensa. Air France-Klm non vuole far fronte a tale richiesta e pretende il ritiro del ricorso. È difficile dire se l’ìentità delle richieste di Sea sia congrua o esorbitante, ma se gli accordi c’erano è ragionevole  vi sia anche il vulnus. Al momento non si vede una via d’’uscita.

DIRITTI DI TRAFFICO E QUOTE DI MERCATO

Se mantenere l’’hub a Malpensa non ha senso industriale (ammesso e non concesso che avesse mai avuto senso avere un hub a Malpensa) e la moratoria sarebbe un salasso per la compagnia, ci potrebbe essere un’’alternativa: rivedere i diritti di traffico (e quindi gli accordi bilaterali con i paesi extra-europei) in modo da consentire ad altre compagnie europee che lo trovassero conveniente di servire le rotte (o una loro parte) lasciate da Alitalia da e per l’’aeroporto varesino. Ma Air France-Klm pone tra le condizioni sospensive della sua offerta d’’acquisto, subito dopo l’’accordo con le organizzazioni sindacali, “il rilascio di un impegno scritto da parte della competente autorità governativa di mantenere il portafoglio attuale dei diritti di traffico di Alitalia”.
Perché? Se quelle rotte sono in perdita, perché non lasciare che provi qualcun altro a servirle? Il timore è, evidentemente, che, qualora attivati, i voli da Malpensa portino via passeggeri dagli hub di Parigi, Fiumicino e Amsterdam e, quindi, incidano negativamente sui ricavi del nuovo gruppo. La clausola sospensiva, in sostanza, dice che la valutazione di Alitalia, che alcuni hanno giudicato oltraggiosamente bassa, senza tenere conto dei debiti che Air France-Klm si accolla e la ricapitalizzazione che si impegna a fare, dipende tra l’’altro dalla sua quota di mercato effettiva e potenziale. Se la prima venisse ridotta e la seconda minacciata da una riallocazione dei diritti di traffico, Alitalia varrebbe ancora meno, forse nulla.
Che poi l’’impegno scritto possa valere effettivamente qualcosa è un altro discorso: potrebbe impedire che la Commissione europea negozi nuovi accordi di open skies, dopo quello con gli Stati Uniti e che entrerà in vigore tra pochi giorni? Ovviamente no. Ma i tempi per new entries a Malpensa sarebbero comunque più lunghi. Certo che farsi dettare da Air France-Klm la politica del trasporto aereo, impedendo a Malpensa di trovare sul mercato soluzioni alternative ad Alitalia non è gradevole. Ma è il risultato della debolezza contrattuale in cui si ritrova un Governo senza più potere politico e senza alternative: insomma con le spalle al muro.
Se la scadenza del 31 marzo salta, non c’è da sperare che il “lavacro elettorale” possa improvvisamente cambiare le prospettive, a meno di credere davvero che l’’araba fenice ci sia, da qualche parte, e torni a volare. Intanto, però, Spinetta sarà volato via per sempre.

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(1) Che peraltro nel 2007 ha avuto un fatturato di poco superiore alle perdite registrate da Alitalia nello stesso anno.

 


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LA RISPOSTA AI COMMENTI

27 commenti

  1. Alfonso Fuggetta

    Nell’articolo si ammette che in realtà Air France vuole limitare Malpensa per non perdere traffico. Visto che La Voce ha sempre difeso i diritti dei consumatori e il ruolo del mercato, trovo il commento francamente incomprensibile. Se Alitalia è messa così male da non valere nulla e se per farla valere qualcosa bisogna limitare concorrenza e mercato, allora è meglio che fallisca.

    • La redazione

      Egregio Dottor Fuggetta,

      mi sembra che lei si sia iscritto al partito del fallimento (di Alitalia)! Su cui ha detto molto bene il Ministro Padoa Schioppa nella sua intervista al Corriere di mercoledì 19. Mi spiace che lei trovi il mio commento incomprensibile. Francamente, non credevo di essere stato così oscuro.
      Per venirle incontro, le dirò comunque quanto segue.
      1) Chiaro che sarebbe meglio salvare Alitalia e, al contempo, mercato econcorrenza. Sono stato il primo a dire mesi fa (su Il Sole 24 Ore e su lavoce.info) che la revisione dei diritti di traffico e l’apertura del mercato ad operatori stranieri sarebbe stata la via d’uscita più giusta e corretta.
      2) Ma la liberalizzazione dei cieli avrebbe fatto un gran bene anche nel 2000.
      Già, ma allora si credeva che le magnifiche e progressive sorti di Malpensa giustificassero la tutela del monopolio Alitalia e le perdite che Malpensa avrebbe generato ad Alitalia (ma io non rimasi in silenzio, come potrà constatare andando a rileggersi i miei articoli del 1998-2000 sul Sole 24 Ore).
      3) Chi inneggia al mercato e ai consumatori non può non vedere che Malpensa è un aeroporto costruito con prevalenza di soldi pubblici, che ha danneggiato molti milanesi (che pure ne sono i maggiori azionisti!), costretti in buona misura a migrare dal più comodo Linate in nome di un progetto di hub tutto sbagliato (per collocazione geografica e per assenza di un vettore capace di farlo esistere); voluto solo per equilibrismo politico territoriale e che, alla fine, è costato ai contruibuenti italiani molto più della sua costruzione – dal momento che grava moltissimo sui conti di Alitalia (che al 49,9% è dello Stato).
      4) Se Alitalia fallisse, non solo la perdita per i consumatori sarebbe molto maggiore che se chiudessero solo una parte dei voli per Malpensa, ma sarebbe un danno anche per tutti gli azionisti (al 50,1% privati) e, ovviamente per i lavoratori (oltre 11.000 nella sola Alitalia Fly).
      5) Che Alitalia debba fallire solo per tenere il punto che qualche manager lombardo (anzi lombardo-occidentale, visto che tutti quelli di Bergamo, Brescia, Mantova e Cremona non si sognano di andare a Malpensa) ha diritto (e chi l’ha stabilito?) di andare senza scali in Cina o in India, mi sembra francamente…privo di senso. Tanto più che i manager della Sea non sembrano così interessati a tenersi Alitalia.
      6) Possibile che il malpensismo possa arrivare ad accecare fino a questo punto?

      A.B.

  2. Pandreait

    Al di là dei grandissimi BLA BLA BLA solo dopo attenta ricerca e solo qua su La Voce ho potuto chiarirmi l’aspetto "protezionistico" della offerta Air France: lasciano Malpensa ma si vogliono tenere i diritti di atterraggio ( SLOT )! Questo effettivamente è un pò troppo, e ha ragione la SEA a far causa, se quello che vuole è la "liberalizzazione" degli slot.

  3. marco conti

    L’impasse sulla trattativa alitalia-air france è sicuramente dovuta alla debolezza di un governo di natura preelettorale. tuttavia costerebbe relativamente poco accompagnare in pre-pensionamento i lavoratori con maggiore anzianità di servizio (un pò come è nella normale prassi nel settore del credito in occasione di fusioni) azzerando gli esuberi….

  4. luigi

    Secondo il Ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi quella di Air France più che un’offerta sembra un diktat pieno di clausole vessatorie al punto che oltre a essere inaccettabile lascia dubbi sulle reali intenzioni finali. Mi sarei meravigliato se la predetta Compagnia aerea avesse posto delle condizioni più “digeribili” considerato il fatto che la trattativa, secondo le indicazioni fornite a suo tempo dal Ministro dell’Economia Padoa- Schioppa devono svilupparsi “in esclusiva”. A questo punto mi pare che Alitalia sia in un “cul di sac”: o cala i pantaloni e raggiunge un’intesa con Air France o, tra non molto, dovrà portare i libri contabili in tribunale.

  5. Pietro Spirito

    Quello che è stupefacente, nella vicenda di Alitalia, è l’assenza di memoria storica sui tanti bivi strategici che sono stati grossolanamente evitati nel corso degli anni passati. I fondamentali dell’azienda indicavano con chiarezza la necessità inderogabile di una ristrutturazione, che nè la politica nè il sindacato ha voluto affrontare quando ancora c’era tempo per irrobustire le spalle della compagnia in vista della liberalizzazione. Come pure era necessaria una alleanza internazionale per affrontare la dimensione intercontinentale del mercato, se si voleva restare compagnia di bandiera in un sistema mondiale. Ora, quando ormai è troppo tardi per tutto, ci si straccia la vesti, alla ricerca dell’araba fenice che faccia quadrare il cerchio. Possibile che in Italia si debba essere tutti come Alice nel Paese delle meraviglie, sorprendendosi per il destino cinico e baro quando invece nulla si è fatto, da parte di tutti gli stakeholders, per affrontare di petto una situazione che doveva essere inevitabilmente riscritta dentro le regole della liberalizzazione ed in un sistema competitivo che, con le compagnie low cost, ha cambiato radicalmente le coordinate del gioco concorrenziale?

  6. Luciano Pasato

    L’Alitalia non sarà mai ceduta ad Air France perchè significherebbe che ingenti capitali stranieri (almeno 2 miliardi di €uro) entrerebbero nel nostro Paese portando ricchezza e posti di lavoro, ma togliendo potere agli interessi di chi controlla l’economia italiana, sostanzialmente dominata da monopoli e oligopoli; si ricorda il caso analogo di alcuni anni fa quando investitori russi erano disponibili ad investire in una squadra di calcio italiana? (analogamente a ciò che è stato fatto da Abramovic in Inghilterra con il Chelsea). Questo fu impedito in Italia, perchè ciò avrebbe significato che chi controllava l’industria del calcio in Italia, non poteva continuare a farlo perchè gli investitori esteri non avrebbero accettato eventuali sopprusi o "manovre" che ledevano i propri interessi; "condizionamenti" che tutti i presidenti delle società calcistiche professionistiche italiane possono accettare per non mettersi contro chi dispone dei loro maggiori introiti (diritti televisivi). Quindi anche per il caso Alitalia gli italiani si rassegnino pure, capitali esteri non entreranno mai. Meglio il fallimento. Il declino del Paese è inesorabile ed inevitabile

  7. fabrizio

    Salviamo Malpensa che ha un valore reale ed è utile all’Italia. Alitalia è giusto che fallisca, poi qualcuno la acquisterà in tribunale e la farà ripartire "ripulita" come è successo con SwissAir e altri casi. Qualcuno mi spiega perchè la SEA dovrebbe suicidarsi?

  8. lodovico malavasi

    L’azionista di maggioranza (Padoa Schioppa) per vendere la sua partecipazione in Alitalia ad Air France Klm che si impegna a risanare, deve avere l’assenso dei sindacati e e la contemporanea rinuncia a pretese di danni legate a diritti di traffico da parte di SEA. Queste richieste sono condizioni essenziali per il buon fine della trattativa e ne mostrano la debolezza ed i limiti,che erano evidenti sin dall’inizio. Da una parte un azionista senza idee e pasticcione, poco credibile nella gestione della compagnia e che ha attuato procedure di vendita che si sono poi rivelate, come ampiamente previsto, in giochi senza sbocchi e che potrebbero esser causa di risarcimento per gli azionisti di minoranza. Anche questo Governo ha la sua finanza creativa: aste competitive per Aziende quotate in borsa.

  9. Giuliano Ferrari

    Ora il nemico principale di Altalia è il clima elettorale. Ma anche i giorni successivi al 14 Aprile non saranno migliori. La scelta delle tempistiche, come sanno tutti quelli che fanno transazioni commerciali, è determinante e ciò è ancora più accentuato se una delle parti ha il baratro di fronte a sè. Le parti in causa sono molte: compagnie aeree, altri hub, banche, istituzioni locali e nazionali, azionisti pubblici e privati, fornitori, sindacati, politici. Molti di questi danno l’idea di pensare che convenga loro di arrivare "ad un secondo dalla fine" così da poter strappare il risultato migliore. Chi vincerà avrà ottenuto il miglior risultato possibile e gli altri cercheranno di limitare le perdite. Qualcuno poi, già della partita, vincerà proprio se Alitalia fallirà. In tutta questa baillamme non è invece difficile immaginare chi ha già perso.

  10. Giuliano

    E’ vero, Alitalia si trova in un Cul de Sac, ma non per come questo governo ha gestito la vendita. L’unico player che puo’ realmente risollevarla e’ Air France e purtroppo alle sue condizioni. Chi metterebbe i soldi per comprarla, per rinnovare il parco aerei e rilanciarla? I soldi da mettere dentro sono molti e senza la certezza di risollevarla. AirFrance puo’ metterci le sinergie, che vogliono anche dire chiusura di un hub inutile, e licenziamenti. La questione degli slot di Malpensa e’ una cosa risolvibile in una normale negoziazione. E credo anche che il futuro governo sapra’ ben contrattare. Altre cordate non esistono, altrimenti in 2 anni si sarebbero manifestate. E’ palesemente chiaro che le dichiarazioni di Berlusconi sono pura campagna elettorale. Inoltre, se Air One voleva veramente comprarsela avrebbe potuto mettere un’offerta decente. Ora il tempo e’ scaduto, a meno che qualcuno non faccia un’offerta vincolante immediatamente. La Due Diligence non serve, tutti conoscono la situazione di Alitalia. Serve soltanto conoscere il debito ad oggi. Si parte da zero.

  11. renato

    Siamo arrivati alla fine della tragedia o quasi. Air France non fa beneficenza, "salva Alitalia" al miglior costo perchè stracciarsi i capelli? In una economia assistita come quella italiana credo che oggi sia – terribile- preferibile far fallire Alitalia e successivamente favorire una seria riflessione sul trasporto aereo e, magari, sostenere non una Compagnia di bandiera ma una vera società di trasporto aereo.

  12. Vladimiro D'Agostino

    Concordo assolutamente con Andrea Boitani, mi sembra che alternative ce ne siano davvero poche. Se poi c’erano perchè non sono emerse prima? Il fallimento ormai è dietro l’angolo.

  13. Alessandro

    Ho trovato l’articolo di Boitani molto interessante, chiederei all’autore qualche chiarimento circa lo stato attuale della liberalizzazione del “mercato degli slot”. Personalmente ritengo che i problemi di Alitalia siano due: sindacati con troppo potere ricattatorio, Malpensa. In particolare, se come sembra, Alitalia vola in perdita a Malpensa verrebbe da pensare che le rotte che fanno scalo in questo aereoporto non siano in grado di generare quel volume di traffico necessario a renderle economicamente sostenibili. Sostanzialmente Alitalia avrebbe in tutto questo periodo “sussidiato” Malpensa, la quale non sarebbe stata opportunamente protetta da una politica centralizzata di sviluppo degli aereoporti del Nord. Si è puntato su un modello ad hub,mentre il mercato ha mostrato gradire di più un modelloPoint-to-Point. Provate a convincere un imprenditore del Nord ad andare a prendere un volo intercontinentale a Malpensa, ovvero innumerevoli ore di coda in A4, quando può andare a Venezia o Treviso e prendere un volo per un hub europeo? Ed infatti Formigoni inizialmente ha chiesto che Alitalia liberasse gli slot, successivamente ha corretto il tiro dicendo che ci deve volare per almeno 3 anni.

  14. Renato

    Alitalia é evidentemente stata portata ad una situazione di decozione volutamente, avendo viaggiato su molte compagnie posso affermare senza timor di smentita che Alitalia é tuttora la migliore. I piloti sono i migliori e sono stati bloccati con un brutto imbroglio sulle licenze di volo. Comunque, l’affare alitalia si inserisce nel progetto di smantellamento dell’intero patrimonio idustriale italiano, il cui maggior attore é stato ed é tuttora il Sig. Poodi. La prossima preda sará TELECOM che, diranno, sta per fallire… bla, bla, bla…

  15. daniele nepoti

    Quando AF-KLM parla di "diritti di traffico" non si riferisce agli slot, ma agli accordi bilaterali che regolano molto rigidamente i collegamenti intercontinentali. Che Alitalia dovesse prima o poi rifocalizzarsi su Fiumicino e finire nelle braccia dei francesi come vettore sostanzialmente regionale l’ho scritto io stesso su questo sito nel 2004. Chiunque non fosse stato cieco o interessato al mantenimento dello staus quo avrebbe potuto vederlo. Detto questo, se il prezzo da pagare per la salvezza di un’azienda è che si impedisca alla domanda (che è localizzata al Nord per il 62% e segnatamente a Milano per il 33%) di trovare altre soluzioni (cioè compagnie che sostituiscano AZ laddove AZ non arriva più) significa frenare il potenziale di crecita del mercato, ridurre i gradi di concorrenza e, in definitiva offrire un servizio peggiore a costi maggiori. Se questo fosse lo scenario, valuterei più attentamente l’opzione del commissariamento.

  16. bulfarini graziella

    Esiste che, per meri interessi di parte e non dell’Alitalia che tira a fare naufragare l’accordo con AirFrance. Se l’Alitalia rimanesse Italiana ci guadagnerebbero : – gli industriali che ne farebbero la scalata ( esempio il buon Tronchetti che ha smantellato e poi venduto anzi, svenduto fregando, come norma, migliaia di piccoli risparmiatori ) – i sindacati che avrebbero buon giuoco nel ricattare i nuovi proprietari per imporre la salvaguardia dei posti di lavoro anche se cosi’ fecendo rischerebbero 18000 lavoratori anziche’ 1500/2000 che godrebbero comunque di amortizzatori sociali – i politici che potrebbero continuare a utilizzare Alitalia come fonte di voti, di potere e probabili finaziamenti trasversali. Per questi motivi è indispensabile che Alitalia esca dall’Italia e venga guidata da mani straniere non insozzate nelle nostre paludi del malaffare.

  17. Francesco Smorgoni

    La vicenda Alitalia è l’ennesimo esempio di quali danni possa fare una classe politica inadeguata che si occupa di industria e mercato solo "per sentito dire". Purtroppo non c’è parte politica che abbia affrontato l’argomento con semplice logica di mercato. A chi serve una compagnia di bandiera in perdita costante? ai cittadini che la sovvenzionano? al sistema turistico che si polarizza sulle rotte low-cost? al mondo business che cerca efficienza? Solo un sano piano industriale ed ammortizzatori sociali adeguati possono rilanciare la compagnia. E ad oggi se ne è visto solo uno…. A chi interessa la proprietà di una compagnia, se trasporta passeggeri e merci a prezzi adeguati in sicurezza e con puntualità? Purtroppo il nostro non è un paese nel quale si possano fare progetti usando il buon senso che muove qualsiasi strategia di business. E se usassimo un volo Alitalia per emigrare?

  18. Francesco Bigonzi

    A fronte di tanta sapienza di mercato che si legge in giro, molto modestamente volevo far notare che ai 2100 esuberi di posti di lavoro previsti da Air France vanno aggiunti i 7500 che verranno persi in Lombardia, considerando l’indotto. Ma se il danno si fermasse qui, che la Lombardia si arrangi. Il fatto più grave è che ai tanti settori produttivi abbandonati dall’Italia si aggiunge anche questo. W lo straniero! come sempre. Saluti

  19. Giovanni Barcio

    Vivo in Svezia da ormai 15 anni ed ho viaggiato per tutto questo tempo quasi esclusivamente con Alitalia, naturalmente anche con altre compagnie (SAS, British Airways, Lufthansa, Brussels Airlines, Easy Jet, ed altre) e devo dire che mi sono trovato sempre bene. Il problema principale di Alitalia é stato sempre l’eccessiva gestione politicizzata della compagnia, badando in primis ad interessi di parte politica (vedi Malpensa) piuttosto che a pure logiche di mercato. Quella di Berlusconi e della cordata italiana é solo una boutade elettorale. Da Italiano che vive all’estero spero veramente che non lascino fallire Alitalia e che essa venga acquistata ed integrata nel gruppo Air France-Klm. Oltretutto, Alitalia si era giá alleata nel 97 con Klm e solo i suoi debiti le impedirono di procedere ad una vera e propria fusione con la compagnia olandese.

  20. Renato Saracini

    Chi è che dovrebbe rispondere di questi danni causati ai lavoratori e alla nazione. Povera Italia che epoca disastrata che deve affrontare. Speriamo bene. Ci sono per forza dei responsabili. Perchè non si viene mai a conoscenza di questi signori.

  21. Michele Bosso

    Il sud dista piu´di 800 km dai confini rispetto al nord ed ha bisogno di traporti efficientissimi. ben venga il fallimento dell´Alitalia e si servano gli aeroporti del sud dalla compagnia migliore e non dalla piu´raccomandata. Voglio volare da Napoli a Kiev con Ryan per 50 euro e non passare per Fiumicino per fare contento Veltroni e Malpensa per fare contento Bossi e Berlusconi.

  22. lodovico

    A legger Luigi Guiso si sta trovando per Alitalia una soluzione, forse non perfetta ma pur sempre una soluzione. Disturbare la trattativa in corso arrecherebbe ulteriori danni ad Alitalia tali da compromettere gli accordi e le situazioni che seguiranno con le aperture di volo Open Sky e ulteriori perdite da parte dell’erario, perchè ogni giorno la compagnia perde valore. Mi è sembrato di capire, ma forse sbaglio, che l’acquisto del 49% del capitale Alitalia da parte Air France Klm, avverrà con scambio di azioni e che quindi l’erario si troverà in mano titoli azionari oltre a tutto pagati assai cari con l’obbligo di partecipare in seguito, pro quota, agli aumenti di capitale e con esborso di ulteriore denaro e che Alitalia, nel nuovo piano industriale, non ha interesse a mantenere le rotte con l’America; l’Italia non ha bisogno di un altro “salvatore della patria”, bastano ed avanzano quelli che ci sono.

  23. Luigi

    Air France ha abbandonato il tavolo delle trattative per l’acquisto di Alitalia, ritenendo non accettabile la controproposta avanzata dai sindacati. Molto probabilmente, visto la piega che sta assumendo la questione, assisteremo nei prossimi giorni ad una gara fra i vari protagonisti della vicenda per non restare con il cerino in mano e, quindi, per non scottarsi.
    Pare che la frase “restare con il cerino in mano” tragga origine da ciò che accadeva nelle trincee durante la prima guerra mondiale al momento dell’accensione delle sigarette al buio. Il cerino acceso doveva essere tenuto dal più giovane dei soldati, il quale correva così il maggior rischio di essere colpito dal tiro dei cecchini che spesso orientavano il tiro guidati dalla fiammella del cerino stesso..

  24. edoardo

    "Onorevole non si preoccupi la consideri cosa fatta"; "monsignore sarà un piacere accontentarla" e via dicendo! Alitalia ha troppi dipendenti, tutti romani, li deve trasportare con aerei navetta nei vari aereoporti d’Italia. Immaginate che su 4 aerei cargo si alternano 138 piloti, che anno subito rifiutato di entrare in Air France: "tenemo a famija aRoma". Vogliono a tutti i costi salvare il logo Alitalia che con scioperi, disservizi e scarsa attenzione verso l’utente, è diventato lo zimbello del mondo. In ogni caso che sia Air France, Berlusconi o Gesù, l’unica ricetta è tagliare, tagliare e ancora tagliare.
    Edoardo

  25. edoardo

    Alitalia è un grosso rottame che fa acqua da tutte le parti. Praticamente dietro lo sventolio della bandiera nazionale e le urla indignate dei sindacati cosa si chiede al futuro compratore?"Investi un sacco di soldi ma lascia le cose come sono!" Intelligentemente Air France se ne andata. Un prossimo possibile acquirente, a queste condizioni, va ricercato in qualche clinica psichiatrica. Edoardo

  26. giovanni visigalli

    I sindacati gioiranno ed in assenza di altra cordata proclameranno anche uno sciopero.

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