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PISA AMARA PER MERIDIONALI E IMMIGRATI

I risultati dell’indagine Pisa sono sconfortanti per l’Italia. E i punteggi sono significativamente inferiori alla media italiana sia per gli studenti meridionali che per quelli figli di immigrati. Proprio le due componenti destinate a pesare di più nella composizione della popolazione scolastica del prossimo futuro. In prospettiva, dunque, la situazione peggiorerà ancora. Intervenire è necessario. Ma ogni euro investito per migliorare l’offerta scolastica darà potenzialmente maggiori ritorni se indirizzato al Mezzogiorno o agli immigrati.

Poco tempo fa sono stati diffusi i risultati del test Pisa effettuato nel 2006. L’esito è preoccupante perché conferma la posizione di coda dell’Italia rispetto sia ai paesi Ocse sia alla media europea.
Per fare un solo esempio, nei test di lettura il punteggio medio degli studenti italiani è calato da 487 a 469 rispetto alla rilevazione precedente, contro una media Ocse scesa, nello stesso periodo, da 500 a 492. E la nostra posizione sarebbe probabilmente peggiorata ancora se, come in altri paesi, fossero stati considerati anche i corsi professionali gestiti dalle regioni, che invece sono stati esclusi, producendo così una sovrastima della media campionaria delle performance.

LA SCUOLA E LA DEMOGRAFIA

Il problema è generalizzato. Tuttavia, vale la pena di notare che in Italia agiscono due componenti demografiche che in prospettiva, a parità di altre condizioni, potrebbero far ulteriormente calare i risultati.
In particolare, le due componenti più dinamiche all’interno della popolazione scolastica italiana sono gli alunni meridionali e quelli immigrati o figli di immigrati. Ciò dipende dal fatto che il tasso di fertilità femminile è stato, ed è tuttora, più basso nel Centro-Nord (1,20) che nel Mezzogiorno (1,33) e che la fertilità è ancora maggiore tra le donne immigrate (2,60). È perciò possibile predire già oggi che il peso di queste due categorie all’interno della popolazione di studenti quindicenni che sosterranno il test Pisa nelle prossime tornate tenderà a salire. Perché ci si deve preoccupare di questo? Perché i punteggi Pisa sono significativamente inferiori alla media sia per gli studenti meridionali che per quelli figli di immigrati.
Ad esempio, per la literacy scientifica, gli score Pisa sono pari a 448 per gli studenti meridionali contro i 520 e 501 rispettivamente del Nord-Est e del Nord-Ovest, con un gap che quindi varia tra 72 e 53.
Per la prima volta, è inoltre possibile studiare le differenze tra le regioni meridionali. Pur in presenza di risultati diversi per diverse tipologie di test, un dato emerge con chiarezza: la variabilità media tra le regioni meridionali è più bassa della variabilità tra le regioni del Nord. Dunque, i bassi risultati delle scuole meridionali sono un fenomeno generalizzato.
Scostamenti ancora più significativi si registrano tra i punteggi medi degli studenti immigrati (1) e le performance medie regionali: si passa da un gap di 111 punti della Liguria a un minimo di 67 punti per il Piemonte. È da notare che lo scostamento dei risultati degli immigrati rispetto alla media nazionale è in Italia più pronunciato che in altri Paesi europei, come Spagna, Inghilterra, Belgio.
Per l’andamento scolastico insoddisfacente degli studenti del Mezzogiorno sono state proposte in passato spiegazioni legate a un insieme di fattori economici, ambientali e familiari. (2)
Gli score più bassi degli studenti figli di immigrati possono essere spiegati in due modi. Da un lato, il fatto che l’Italia riceva la quasi totalità di immigrati in forma illegale – e li regolarizzi poi con le sanatorie – contribuisce ad attrarre persone con livelli di istruzione inferiori rispetto a quanto accade negli altri principali paesi dell’Unione Europea. L’eredità familiare è una delle principali determinanti degli apprendimenti di uno studente, e ciò quindi spiega in parte i bassi punteggi. Dall’altro lato, la scuola italiana sconta ritardi patologici nell’adattare l’offerta formativa alle esigenze del tutto particolari di comunità immigrate che si debbono integrare, ma la cui istruzione difficilmente può prescindere da una comprensione delle culture d’origine.
Alla luce di tutto ciò, è lecito aspettarsi in prospettiva un peggioramento delle performance medie degli studenti italiani. Sulla base di ipotesi prudenti, si può stimare che la percentuale di studenti di 15 anni meridionali e immigrati sul totale Italia salirà dal 45,6 per cento del 2006 al 51,4 per cento del 2016. (3) Ebbene, se nel frattempo le performance rimanessero costanti sul livello del 2006, per l’effetto meccanico della ricomposizione della popolazione studentesca a vantaggio di meridionali e immigrati, nel 2016 il valore medio del test Pisa scenderebbe di almeno 10 punti.

INVESTIRE NELL’EDUCAZIONE DEL SUD

È quindi necessario riflettere su come migliorare i risultati scolastici non tanto in termini generali quanto specificamente per queste due componenti, più dinamiche e, al tempo stesso, più sofferenti. Tanto più che senza decisive inversioni di rotta nelle politiche scolastiche, l’andamento demografico differenziato tra aree del paese comporterà una riduzione della spesa pro-capite in istruzione nelle regioni meridionali, peggiorando ulteriormente le probabilità di successo degli studenti di quelle aree.
Dunque, per spendere meglio, si dovrebbe considerare come ogni euro investito per migliorare l’offerta scolastica darà potenzialmente maggiori ritorni se indirizzato al Mezzogiorno o agli immigrati.
Il provvedimento del ministro Fioroni per il recupero degli apprendimenti in matematica e lingua italiana va nella giusta direzione. (4) Ma appare insufficiente: lo stanziamento di 5 milioni di euro consentirà di dare supporto a meno del 10 per cento della popolazione studentesca. (5)
Se fossero focalizzati sugli studenti meridionali e immigrati, i 5 milioni di euro consentirebbero di raggiungerne quasi il 20 per cento.

PER SAPERNE DI PIÙ

“Quaderno bianco sulla scuola italiana”, 2007, ministero dell’Economia e delle Finanze e ministero delle Pubblica istruzione.

(1) Per gli immigrati ci si riferisce alle sole regioni e province autonome per cui il calcolo disaggregato è possibile.
(2) Si vedano Checchi D. e Peragine V. (2005) "Regional disparities and equality of opportunity: the case of Italy". Iza Discussion Paper No. 1874. E Bratti, M., Checchi, D., Filippin, A. (2007) "Territorial Differences in Italian Students’ Mathematical Competencies: Evidence from Pisa 2003", Iza Discussion Paper No. 2603 (February).
(3) Nello specifico, il calcolo si basa sulle seguenti ipotesi. Per gli studenti meridionali si è semplicemente estrapolato il numero di abitanti del Mezzogiorno che al 2006 avevano 5 anni e, quindi, avranno 15 anni nel 2016. Anche per gli studenti immigrati si è estrapolato il numero di abitanti immigrati che al 2006 avevano 5 anni ma a tale ammontare si è sommato il flusso stimato determinato dai nuovi arrivi. Per semplicità, si è previsto un afflusso di immigrati (di ogni età) di 150mila unità all’anno e allo stock finale di immigrati si è applicato un coefficiente di ricongiungimento familiare di 1 “immigrato di 5 anni equivalente del 2006” ogni 100 immigrati presenti a fine periodo. Agli studenti immigrati si è applicato un gap Pisa di 89 punti (il valore intermedio tra il massimo di 111 e il minimo di 67) rispetto agli studenti autoctoni.
(4) Vedi comunicato stampa del 19 dicembre 2007.
(5) Si giunge a una stima dell’8,5 per cento della popolazione studentesca ipotizzando: a) un costo orario di 20 euro; b) pacchetti di supporto di 50 ore; c) 10 allievi per classe di supporto.

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28 commenti

  1. Fulicchio

    Nella scuola italiana si insegnano troppe materie e ci sono troppi insegnanti, il peso maggiore è dato alle materie letterarie, i licei scientifici di sicentifico hanno ben poco e sono una brutta copia dei licei classici, tutto ciò è frutto di una concezione enciclopedista del sapere e di tante altre cose. A diciotto anni uno studente italiano, nella migliore delle ipotesi, se è stato licenziato con 100, conosce molte nozioni ma non ha alcuna competenza specifica. L’unica sostanziale differenza tra liceo classico e scientifico mi pare sia che in quest’ultimo non si studi il greco. Invece uno scientifico dovrebbe essere caratterizzato da materie come matematica e fisica, prima di tutto, invece abbiamo almeno venti ore tra italiano, latino, filosofia storia! Se poi ci prendiamo pure il lusso di costringere i ragazzi a un’ora settimanale di catechismo! E tre ore di fisica e due di scienze! Per cambiare la scuola è "semplice": abolirei l’ora di religione, educazione fisica facoltativa e solo nell ore pomeridiane, meno ore di materie letterarie nei licei e più scientifiche, molto meno insegnanti e ore, più laboratori. Facile no?

  2. Giuseppe Fedeli

    Si può concludere che in Italia si promuovano anche gli studenti impreparati? Inoltre cosa se ne ricava a proposito della qualificazione degli insegnanti?

  3. Alessandro Figà Talamanca

    Mi sembra che il lavoro del 2007 di Bratti ed altri citato in questo articolo mostrasse che l’investimento statale nelle scuole (cioè per il personale) non fosse affatto correlato agli esiti del test PISA. Si trovava una correlazione solo per gli investimenti locali (ad es. manutenzione degli immobili). Anche questa correlazione non faceva emergere un nesso causale. Mi sembra quindi azzardato affermare che “ogni euro investito per migliorare l’offerta scolastica darà potenzialmente maggiori ritorni se indirizzato al Mezzogiorno o agli immigrati”. Per quanto riguarda il mezzogiorno io cercherei prima di tutto di capire meglio le cause dei disastrosi risultati di PISA. Una possibile spiegazione è il disinteresse dei docenti e degli studenti a rispondere a un quiz il cui esito non comporta alcun vantaggio o penalizzazione in termini scolastici. E infatti perché ci si dovrebbe impegnare in un simile inutile esercizio? L’unica risposta a questa domanda è che ci si impegna per “senso civico” oppure per “disciplina”. Forse quel che maggior manca al meridione è un diffuso senso civico, o l’abitudine a seguire, per disciplina, istruzioni o ordini non irragionevoli.

    • La redazione

      Il ruolo delle risorse pubbliche e private investite nella scuola nell’influenzare il rendimento degli studenti è oggetto di aspre controversie nella letteratura specialistica. Tuttavia, per quanto sia difficile ipotizzare un meccanismo automatico che leghi maggiori risorse a migliori rendimenti degli studenti, anche gli autori che si mostrano più scettici sul ruolo delle risorse scolastiche (e tra questi gli autori citati da Figà Talamanca) non si spingono ad affermare che investire nella scuola sia inutile. E dunque, nel caso specifico, è difficile sostenere che un riequilibrio territoriale delle risorse scolastiche possa avere effetti nulli sulle performance degli studenti. È peraltro vero che non si tratta solo di quanto spendere, ma di come spendere.

  4. fiorenzo

    Gli unici investimenti redditizi che si possono fare sui figli degli immigrati consistono nel rimandarli (con i loro genitori) al piu’ presto nei loro paesi di provenienza. Infatti, non vedo proprio che utilità possa avere, per un paese come l’Italia la cui gioventu’ nazionale è da decenni disoccupata o, al piu’, precaria, creare una concorrenza occupazionale giovanile straniera. Gli investimenti sui figli degli immigrati proposti dagli autori integrano i criteri della disallocazione delle risorse e, piu’ in generale, riflettono la scientificamente deplorevole faziosità ideologica, di ispirazione vaticano-padronale, con cui il 99% degli economisti accademici concionano di immigrazione.

    • La redazione

      Il commento di Fiorenzo è deliberatamente provocatorio. L’autore forse non sa che, nella generalità dei casi, gli immigrati non entrano in concorrenza con i lavoratori italiani nativi ma svolgono attività – es. nel settore costruzioni o nelle raccolte agricole, piuttosto che come badanti e infermieri – che i lavoratori italiani nativi non sono interessati a svolgere. Di fronte a una popolazione che invecchia rapidamente e che ha problemi di bassa natalità, fare a meno dei lavoratori immigrati provocherebbe un impoverimento generalizzato dell’Italia. Questo lo si deriva dal ragionamento (economico) sui numeri: siccome la matematica non è un’opinione sono, ci creda, fatti e non c’è alcuna faziosità ideologica. Chiunque ha bisogno di un aiuto per i propri figli o anziani di famiglia lo constata facilmente nella propria vita quotidiana.

  5. Mario D. Amore

    C’è un altro aspetto non messo in luce nell’articolo ma implicitamente contenuto in esso: l’intersezione tra i due gruppi analizzati, rappresentato dagli immigrati stanziati nelle regioni meridionali, in media molto meno istruiti di quelli delle regioni settentrionali. Tuttavia essi rappresentano in molte province una frazione trascurabile della popolazione quindi non so se l’effetto negativo sui risultati è statisticamente significativo.

    • La redazione

      Mario D. Amore ha ragione a osservare che la situazione degli immigrati al Sud è comparativamente più svantaggiato rispetto a quello degli immigrati al Centro-Nord. Ma vede anche giusto che gli immigrati al Sud hanno un’incidenza decisamente inferiore rispetto a quanta ne hanno al Centro-Nord: tra la popolazione studentesca di 15 anni al 2006, gli immigrati erano il 7,7% al Centro-Nord e l’1,3% nel Mezzogiorno.

  6. arteu

    Perchè si parla solo di € investiti per migliorare l’offerta scolastica e non, invece, di rinnovare la classe insegnante, a partire da coloro che ripetutamente presentano risultati insoddisfacenti (anche pesati con la composizione sociale/nazionale delle classi studentesche)?

    • La redazione

      Il commento di Arteu invoca l’uso di criteri premiali in funzione del merito degli insegnanti. L’orientamento ci pare condivisibile. Va però osservato che i criteri premiali riguardano come distribuire le retribuzioni tra i docenti e, comunque, il miglioramento della qualità della scuola richiede un aumento degli investimenti. In altri termini, limitandosi alla questione delle retribuzioni, se anche si stabilisse un premio del 20% per i docenti più bravi/responsabili essi non potrebbero comunque raggiungere lo stipendio dei loro colleghi in Francia o Germania e ciò anche tenendo conto del diverso costo della vita in Italia rispetto a quei paesi.

  7. Ribichesu Cristian

    Per migliorare il sistema dell’Istruzione occorrerebbe, purtroppo, una nuova riforma, che però potrebbe essere poco invasiva e molto costruttiva. Tra i principali punti da richiedere sarebbe giusto diminuire il numero degli alunni delle situazioni urbane, dove già si hanno classi di 28/30 alunni, impostando un numero massimo di 16/18 studenti per classe, e contemporaneamente si dovrebbero mantenere le scuole delle piccole realtà locali, per non accelerare quei processi di spopolamento delle zone interne, valorizzando le varie culture locali e creando dei luoghi di aggregazione, anche serali, per giovani che in questo modo possono essere allontanati dalle strade. Con un numero max. di 18 alunni per classe si possono fare i lavori individualizzati, sia per gli studenti del sud che per i fligli degli immigrati, colmando quei famosi gap e migliorando qualitativamente le lezioni. Per fare questo da una parte si devono controllare le attuali destinazioni degli insegnanti, ovvero se insegnanti assunti con contratti di 18 ore settimanali sono poi impiegati nelle classi, d’altra parte bisogna aumentare le assunzioni utilizzando i soldi dei progetti. Merito e miglioramento delle lezioni.

    • La redazione

      Il commento di Cristian Ribichesu invoca la riduzione del numero di studenti per docente, con particolare attenzione ai tessuti urbani. Compatibilmente con i vincoli di bilancio, il suo suggerimento ci pare condivisibile.

  8. Luigi

    La constatazione che gli studenti meridionali sono “deficienti” rispetto a quelli del resto dell’Italia non può stupire perchè il Meridione è arretrato praticamente su tutto. Ciò che rende perplessi è però il fatto che i politici e gli intellettuali che riflettono su questo tema, non abbiano ancora saputo individuare, come ha fatto efficacemente in passato lo studioso americano R. Putnam, nella generale assenza di civismo l’origine inequivocabile del disastro che contrassegna chi abita a sud di Roma.
    Credo tuttavia che il peggio debba ancora venire. Il CentroNord poteva fino a qualche tempo fa avvalersi di buoni insegnanti formati da un sistema scolastico autoctono di stile nordeuropeo. Adesso e ancor più nel futuro, causa un sistema concorsuale nazionale a dir poco perverso, la percentuale di insegnanti meridionali migrati in Settentrione, formati (diciamo così) godendo di incredibili facilitazioni e per questo carenti in modo pauroso dei requisiti minimi necessari per svolgere adeguatamente il loro ufficio, salirà in modo destabilizzante. Non solo non si miglioreranno i punteggi al Test PISA al Sud, ma, e ci sono già le avvisaglie, sarà inevitabile la regressione anche al Nord.

    • La redazione

      Il commento di Luigi tocca il tema del minore civismo nel Mezzogiorno, rifacendosi all’opera di Robert Putnam. È plausibile ed è stato anche suggerito nel dibattito che le esternalità ambientali legate al basso capitale sociale possano in parte spiegare le differenze territoriali nelle performance. Del tutto infondate ci paiono invece le considerazioni sul ruolo dei docenti meridionali migrati nel settentrione.

  9. elvira zuin

    Non ho commenti, solo domande. Perché in Italia meridionale i risultati scolastici sono così negativi? La scuola è un’istituzione:c’è una relazione tra rapporto cittadino/istituzioni, senso della legalità e qualità del servizio istruzione? Può essere davvero solo una questione di investimenti economici nella scuola?

  10. Flavio

    Mi sono diplomato due anni fà e ho visto questi problemi: 1)Un bravissimo ingegnere non sempre è un buon insegnante. 2)A volte si bocciano pochi studenti perchè più ce ne sono più soldi riceve la scuola. In prima superiore 12 miei compagni di classe hanno ripetuto la prima, forse sono troppo "buoni" gli insegnanti delle medie e le maestre delle elementari, ma in certi casi è anche colpa di certi genitori, sempre pronti a difendere il figlio, anche nel torto. 3)l’orientamento, anche per l’univesità, sarebbe meglio chiamarla pubblicità. Scuole e università fanno a gara a chi si accaparra più studenti: "vendono" un prodotto. Dovevo fare un corso finanziato dalla Ue l’anno scorso, per selezionare le 15 persone tra le tante che avevano fatto domanda, non bastò un test (come all’università) venne anche uno psicologo del lavoro che ci fece fare altri test per due giorni. Tutto ciò per un inutile corso, e appena due quiz per decidere chi dovrà fare il medico?!

  11. Carlo Raggi

    La diminuzione della media Ocse nel test di lettura da 500 a 492 rappresenta un ulteriore conferma della generale decadenza degli studi, e non solo di questi, nell’europa occidentale rispetto ai cd paesi emergenti; se teniamo conto di ciò, il meridione italiano presenta un’accentuazione di fenomeni già in atto e diffusi a livello continentale. Un’inversione di tendenza è possibile, ma non sarà il solo aspetto economico a risollevare la qualità degli studi, bensì di un riorientamento culturale di vasta portata.In primo luogo occorre ristabilire una cultura del merito: laddove la competizione globale si misura anche il termini di produzione scientifica (ivi compresa quella umanistica) è indispensabile riorientare tutte le istituzioni scolastiche in questo senso; in secondo deve essere proposto ai giovani una nuova gerarchia di valori, laddove oggi sono piuttosto sistematicamente acculturati con i disvalori della società occidentale, dalla cultura dell’effimero e dell’immagine al privilegio dell’avere sull’essere. Ne saremo capaci?

  12. mauro ramoni

    Suggerimenti: Più meritocrazia sia per gli studenti che per i docenti. Più buoni docenti, più soldi e più ore di lavoro in classe per i docenti validi.

  13. Gianfranco Vecchio

    Mi chiedo, è proprio necessario ospitare nel vostro sito commenti cretini di persone che, commentando le vostre analisi, parlano di ideologia padronale-vaticana, di pericolo per l’istruzione dei giovani padani che si vedranno invasi da insegnanti meridionali e amenità di tal risma? Dal mio meridionalissimo studio sono usciti giovani avvocati che ora lavorano nei migliori studi legali milanesi (e quindi italiani) ed i titolari di tali studi non temono alcun calo della qualità delle loro prestazioni, anzi! Se i giovani meridionali avessero i medesimi strumenti ed opportunità di quelli del nord PISA avrebbe riportato dati diversi. A proposito di civismo, che a noi mancherebbe, quanti sono i meridionali che hanno portato milioni di Euro a Vaduz?

  14. roberta carlini

    I risultati Pisa dei ragazzi del Mezzogiorno e di quelli di origine straniera non evidenziano un problema “del Sud” ma un problema di tutta l’Italia. Se la scuola non funziona laddove deve recuperare situazioni di partenza più difficili (per reddito, condizioni sociali, lingua, senso civico, spazzatura…), vuol dire che la scuola in sé non funziona. Ragioniamo allora sui cambiamenti dei meccanismi che bloccano la scuola: programmi, reclutamento degli insegnanti e dirigenti, orari, organizzazione, valutazione, infine risorse. (p.s.: A meno di non voler fare un salto all’indietro di qualche secolo, come propone qui qualche post di ispirazione razzista o isolazionista).

    • La redazione

      Prima di rispondere, vorremmo ringraziare tutti i lettori che hanno voluto inviare commenti al nostro contributo. Nell’arco della nostra pluriennale (sia pur discontinua) esperienza di pubblicazione su http://www.lavoce.info, questo è il contributo che ha raccolto più commenti.

      Condividiamo con Roberta Carlini che la questione delle risorse non è l’unica su cui agire ma occorrerebbe lavorare anche su programmi, reclutamento degli insegnanti e dirigenti, orari, organizzazione, valutazione.

  15. Franco Vecchiatti

    Sarebbe interessante anche capire come mai con una differenza tanto marcata tra il nord-est e le Regioni Meridionali nei risultati scolastici, i giudizi dati agli alunni in uscita dalla terza media vedano nel nord-est una percentuale di Ottimo del 13% circa mentre nel Sud tale percentuale sale quasi al 23%. E sarebbe anche interessante capire come dovrebbe essere investito ogni euro per migliorare "l’offerta scolastica" nel Mezzogiorno.

  16. Ing. Giovanni Rossi

    La situazione è complicata dalle condizioni e dal contesto socio – culturale in cui si trova ad operare la scuola ; è difficile conseguire risultati accettabili e numericamente consistenti nelle regioni meridionali in cui esiste una nutrita popolazione di giovanissimi e di giovani che sfugge all’ obbligo scolastico perchè la situazione socio – culturale non lo permette; basti pensare alle sacche di povertà e di criminalità diffuse nelle regioni del sud Italia. Esiste poi il problema del livello di preparazione e di partecipazione del corpo docente che, nel corso degli ultimi decenni è andato scemando per diverse ragioni, prima fra tutte e forse sconosciuta ai non addetti, il fatto che molti docenti insegnano in discipline che non conoscono o conoscono poco, ( è il caso delle materie teniche ! ) il mancato controllo da parte dei D.S. ( spesso più incapaci dei docenti ), le mediazioni e le difese corporativistiche da parte sindacale, che impediscono talvolta l’ allontanamento dei fannulloni, le frustrazioni degli insegnanti bravi e meritevoli perchè non adeguatamente retribuiti, la mancanza di un efficace aggiornamento e di un sistema di valutazione oggettivo.

  17. marco

    Secondo il mio modesto avviso è assurdo paragonare i 100 del Sud a quelli del Nord, facendone un indicatore di maggiore qualità.
    Molti nel Meridione sono i voti gonfiati quale omaggio a genitori pesanti.
    Lo dico da Meridionale.

  18. franco

    In questo momento di basso profilo politico, civile e con questo Paese alla mercè di opportunisti di bassa lega, molti atteggiamenti del Grande Totò e soprattutto molte frasi suonano come delle vere profezie: "Tu mangi un pollo io niente e per la statistica abbiamo mangiato mezzo pollo a testa". Io sono un piccolo imprenditore vorrei dire a qualcuno di farsi un giro in Veneto (ci lavoro) o nel Bresciano. Mi chiedo come possono essere credibili certe indagini. La statistica e la ricerca sono "fotografie della realtà" (quinidi fotografie) che vanno interpetrate da cervelli colti, aperti e capaci. A Verona dopo 20 anni hanno rifatto il vino a metanolo debbo credere che gli industriali del posto sono tutti deliquenti?

  19. Giuseppe Riccardi

    Ho letto l’articolo di Giavazzi sul Corriere di oggi che fa riferimento aa voi rispetto a risultati Ocse e Pisa Da ex-insegnante vorrei fare alcune annotazione in margine: 1. sarebbe opportuno che i risultati Ocse e PISA fossero pubblicizzati dipiù anche per coinvolgere in un dibattito enti locali e famiglie anche in una competizione virtuosa 2. Continuare a dare nuovi fondi per premiare cattivi risultati delle aree carenti può far fare la fine della Campania e di Napoli: niente responsabilità e incentivare i comportamenti negativi che finiscono col rendere di più economicamt3. L’unica vera riforma è partire dai dati reali della scuola e cominciare a trarne le conseguenze: troppi insegnanti troppi bidelli, troppe ore passate a scuola dagli studenti, troppi anni scolastici delle superiori, troppa superficialità e parassitismo degli enti dell’aggiornamento e dell’università. 3. Giavazzi propone di passare ai presidi il potere di selezionare gli insegnanti ! Presidi confermati con esami burla come dirigenti, presidi che al contrario degli altri paesi europei non vengono da studi specialistici di eccellenza o non hanno contratti triennali rinnovabili sulla base di risultati raggiunti.

  20. giuseppe

    A seguito dell’articolo e sopratutto dei commenti, mi viene difficile commentare alcuni di questi, mi stupisce molto il fatto che nessuno abbia posto interrogativi su alcuni aspetti secvondo me di primaria importanza, e cioè: come mai i docenti del sud che lavorano al nord riescano ad ottenere risultati diversi da quelli che rimangono nelle natie terre? Forse perchè quest’ultimi sono i più BRAVI a superare i concorsi al Sud…..vogliamo poi parlare delle strutture edilizie scolastiche? dell’esistenza dei laboratori e dell’aggiornamento degli stessi? vogliamo infine parlare dell’efficienza dei Dirigenti Scolastici e della loro professionalità? inoltre e concludo altrimenti vado sul banale vogliamo parlare dei controlli sui fondi PON e sui corsi previsti nei POF delle varie scuole? e per finire che dire dei corsi di recupero? si pensa sempre e solo a recuperare le carenze dei ragazzi che più delle volte non hanno voglia di studiare e non si pensa mai o quasi mai di dare opportunità ai ragazzi più preparati e vogliosi di migliorarsi…..

  21. mario r.

    E’ proprio di questi giorni lo sdegno dei benpensanti per il giudizio sulla classe insegnante meridionale (che -contra facta non valet argumentum- riempie le scuole dell’intera penisola) espressa da un certo schieramento politico. Verrebbe da dire:il bue che dice cornuto all’asino (se non fosse che l’asino è quello in cattedra).

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