L’Agenzia delle Entrate assume come elemento centrale la scelta del legislatore di conoscibilità degli elenchi nominativi dei contribuenti da parte di chiunque, ossia da parte di soggetti indeterminati. Viceversa il Garante assegna un ruolo determinante ad altri passaggi e ne trae un limite tassativo alle modalità della pubblicazione. Ma entrambe le letture si fondano sulla norma. Non si configura quindi né un problema di legittimità né un illecito. Il vero nodo giuridico e politico è quale trasparenza in materia fiscale si voglia oggi garantire nel nostro ordinamento.
La scelta dellAgenzia delle Entrate di pubblicare su internet i redditi dichiarati dagli italiani nel 2005 e la netta divaricazione delle posizioni che ne è seguita, si inseriscono nellampio dibattito che caratterizza da sempre la storia dei rapporti fra la trasparenza e la privacy. Il fatto è che trasparenza e privacy sono per loro natura antagonistiche e la Costituzione, nei cui principi fondamentali entrambe sono radicate, non ne definisce un ordine predeterminato di priorità, ma rimette al legislatore il compito di fissarne il punto di equilibrio in rapporto ai distinti interessi da tutelare.
LA NORMATIVA
A livello di legislazione generale con la legge n. 241/1990 fu operata una scelta di fondo a favore della trasparenza della pubblica amministrazione che, dalla tradizione dello Stato unitario fino ad allora, era stata invece improntata al segreto amministrativo, in un più complessivo assetto di separatezza nei confronti degli amministrati.
La legislazione sulla tutela dei dati personali, varata successivamente, ora raccolta nel Codice della privacy (Dlgs n. 196/2003), non ha cancellato tale scelta, ma ha introdotto, attraverso progressivi aggiustamenti, gli strumenti per gestire il raccordo delle esigenze di trasparenza con quelle di protezione della sfera individuale. In particolare, in considerazione delle peculiari finalità di pubblico interesse perseguite dai soggetti pubblici, il Codice della privacy sottopone il trattamento dei dati personali da essi effettuato a una disciplina giuridica distinta rispetto a quella dettata per il trattamento di tali dati da parte dei soggetti privati.
Per quanto riguarda la pubblicazione di dati personali diversi da quelli sensibili e giudiziari da parte di soggetti pubblici, il Codice prevede che ne siano ammesse la comunicazione e la diffusione unicamente quando sono previste da una norma di legge o di regolamento. (1) Ciò significa che la normativa generale sui rapporti fra trasparenza e privacy rinvia la determinazione concreta del loro bilanciamento nei singoli ambiti di disciplina alle specifiche scelte operate dal legislatore. Detto in altri termini, come garanzia generale per la legittimità della pubblicazione di dati personali da parte di soggetti pubblici, il Codice fissa lesistenza di una norma che la autorizzi.
Per la pubblicità delle dichiarazioni dei redditi la norma di riferimento è identificata, tanto dallAgenzia delle Entrate quanto dal Garante per la protezione dei dati personali, nellarticolo 69 del Dpr n. 600/1973, come modificato dalla legge n. 413/1991, che dispone che annualmente lamministrazione finanziaria provveda a formare, secondo i termini e le modalità da essa stessa fissati anno per anno con apposito decreto, lelenco nominativo dei contribuenti che hanno presentato la dichiarazione dei redditi e lelenco nominativo dei soggetti che esercitano imprese commerciali, arti e professioni, e che tali elenchi siano depositati per la durata di un anno, ai fini della consultazione da parte di chiunque, sia presso lo stesso ufficio delle imposte sia presso i comuni interessati. (2)
Diversa, però, è la valenza assegnata rispettivamente dallAgenzia e dal Garante a tale previsione, come emerge dalla contrapposta lettura effettuata dalle due autorità circa lutilizzabilità della pubblicazione su internet.
LETTURE CONTRAPPOSTE
LAgenzia delle Entrate assume come elemento centrale la scelta chiaramente effettuata dal legislatore di conoscibilità degli elenchi da parte di chiunque, ossia da parte di soggetti indeterminati. Ritiene quindi essenziale che la consultazione dei dati non debba essere vincolata ad alcun requisito di legittimazione soggettiva (e cioè allesistenza di interessi del soggetto che consulta differenziati rispetto a quelli propri della generalità degli altri soggetti) e interpreta, corrispondentemente, la durata di un anno della pubblicazione come garanzia fissata dal legislatore perché la consultabilità possa effettivamente e pienamente dispiegarsi. In questo modo, infatti, i dati relativi a un anno vengono sostituiti con quelli relativi allanno seguente senza soluzione di continuità. In questa prospettiva, lAgenzia delle Entrate considera lutilizzo delle nuove tecnologie telematiche come un mezzo non solo possibile, ma dovuto, per unattuazione della norma coerente con la volontà del legislatore grazie allorganizzazione informatizzata dellamministrazione fiscale.
Laltra autorità, il Garante, assegna viceversa un ruolo determinante ai passaggi dellarticolo 69 che prevedono che lamministrazione fiscale nazionale forma, per ciascun comune, [gli] elenchi nominativi da distribuire agli uffici delle imposte territorialmente competenti e che gli elenchi sono depositati (
) sia presso lo stesso ufficio delle imposte sia presso i comuni interessati, per trarne un limite tassativo circa le modalità della pubblicazione degli elenchi stessi e, conseguentemente, il divieto di procedere, nel quadro legislativo vigente, alla pubblicazione su internet, in quanto ne deriverebbe una modalità di diffusione sproporzionata in rapporto alle finalità per le quali lattuale disciplina prevede una relativa trasparenza. (3)
Riteniamo che sia da respingere la qualificazione effettuata dal Garante della pubblicazione su internet disposta dallAgenzia delle Entrate per lanno dimposta 2005 come problema di legittimità. E questo proprio in ragione della compresenza nella norma autorizzatrice, larticolo 69, di elementi idonei a fondare tanto luna quanto laltra delle due diverse ricostruzioni seguite rispettivamente dallAgenzia delle Entrate e dal Garante, in ordine alla lettura che di tale disposizione può essere data alla luce della normativa, successiva nel tempo, volta a conseguire linformatizzazione della pubblica amministrazione.
Tanto più quindi sono da respingere le prese di posizione di quanti premono, strumentalmente ad altri e distinti interessi, che certo traggono più giovamento da un regime di segretezza che non da uno di trasparenza, per ravvisare addirittura un illecito nella scelta effettuata dallAgenzia delle Entrate.
Occorre invece riportare il dibattito al suo vero nodo, giuridico e politico insieme, ossia a quanta o (meglio) quale trasparenza in materia fiscale si voglia oggi garantire nel nostro ordinamento (4). È preferibile privare, in nome della riservatezza, la lotta allevasione fiscale del contributo che potrebbe venirle dalla valorizzazione del controllo sociale o al contrario occorre potenziarla con il supporto della consapevolezza diffusa di questo grave fenomeno grazie alla trasparenza dei dati?
Il che, ancora una volta, significa interrogarsi su come vada intesa la cittadinanza, nel suo delicato equilibrio di diritti e di doveri, rispetto al quale lobbligo di concorrere alle spese pubbliche in ragione della [propria] capacità contributiva (5) rappresenta un passaggio essenziale dello stesso circuito democratico dello Stato di diritto e la trasparenza rappresenta uno strumento fondamentale per garantire che tale obbligo sia equamente ripartito tra tutti i consociati.
(1)Articolo 19, c. 3, Dlgs n. 196/2003.
(2)Articolo 69, c. 6.
(3)Garante, 6 maggio 2008, corsivo aggiunto.
(4) Le ragioni per cui ai fini della trasparenza non è sufficiente la pubblicazione dei dati sono trattate nel contributo di Arena "Trasparenza Evasori e democrazia" sul sito www. labsus.org
(5)Articolo 53 Costituzione.
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ciro daniele
Il problema non è se è legittimo diffondere certi dati, ma se serve a qualcosa. Se lo scopo era quello di contribuire a rendere più equo il sistema fiscale, attraverso la pressione del controllo sociale, allora possiamo dire che questo obiettivo è stato completamente mancato. In una società fondata sul mito della furbizia, infatti, la consapevolezza di vivere accanto a degli evasori non ha alcun effetto sulla propensione ad evadere dei contribuenti infedeli e può addirittura generare comportamenti imitativi.
Ermanno Tarozzi
I redditi dei cittadini di Bologna sono già visionabili da tutti presso un ufficio del Comune. Trozzi
Filippo Crescentini
In nome del sogno di avere uno Stato che riesce a far pagare le tasse a tutti i cittadini, come da Costituzione repubblicana; del sogno di avere tasse più leggere per chi non può evadere; del sogno di vedere le istituzioni pubbliche piene di soldi; del sogno di vedere che qualcuno si ricorda ancora che accanto ai consumi privati ci sono anche quelli collettivi, volontari o no, e che non mi serve a nulla che lo Stato non mi metta le mani in tasca, se poi non ha i quattrini per pagare i poliziotti, io credo che per perseguire gli alti scopi della lotta all’evasione fiscale sia preferibile rinunciare alla privacy ed avere più trasparenza e più controllo sociale.
Pietro De Luca
Sono pienamente d’accordo con gli autori. E’ assurda la polemica che si è fatta sui mass media ignorando il dato normativo, così come sono ispirate a tutt’altri fini che quello della seria tutela dei "consumatori" le strumentali prese di posizione di alcne associazioni che hanno "strombazzato" adddirittura l’avvio di una class action per risarcimenti miliardari, che potrebbe ripercuotersi sugli "attori" nell’auspicato caso di condanna alle spese giudiziali. Faccio l’avvocato, pago le tasse e sono veramente sconcertato delle dichiarazioni dei redditi di numerosi colleghi della mia città, i quali "guadagnerebbero" meno delle loro segretarie, pagate – è ovvio – rigorosamente in nero. Ben vengano iniziative comme quella dell’ex vice ministro Visco, per introdurre un serio controllo sociale e per realizzare, al di là della vuota retorica, l’equità fiscale basata sul principio che tutti paghino per pagare di meno.
Stefano Parravicini
Quando leggo che la vera ragione della pubblicazione degli elenchi è la lotta alla evasione fiscale e la sollecitazione del controllo "sociale" dei cittadini, che in questo caso assurgono a controllori e giudici dei loro vicini, mi si accappona la pelle, perchè la differenza tra le democrazie e le dittature si sostanzia proprio nel rispetto del singolo, della sua sfera privata e dei suoi diritti, anche confliggenti con lo Stato. Nelle dittature tutto è sottoposto allo scopo ultimo dello Stato, sempre nobile e volto al bene dei cittadini. Questo vale per tutte le dittature comuniste o fasciste, religiose o laiche, perchè tutte le dittature sono convinte di agire per il bene dei propri cittadini. Il controllo "sociale" è usato da tutte le dittature per controllare ogni respiro dei propri cittadini. In Italia lo Stato che deve essere in grado di fare pagare le tasse e non c’è altra via. Altre soluzioni, come il controllo "sociale", sono inutili controproducenti e del tutto inefficaci. Forse se un Paese si ribella al pagamento delle tasse il problema non è amministrativo, ma politico.
giorgio pagano
Non voglio entrare nel merito della "giustezza" o meno della pubblicazione. La questione è scivolosa assai. Però mi preme sottolineare che non è pensabile che il file dei dati venga pubblicato in maniera "scaricabile". L’Agenzia doveva garantire la visibilità del dato o dei dati, e quindi l’accessibilità al proprio portale, ma non la possibilità del trasferimento di tutti i dati. Questo lo trovo un errore deprecabile.
Victor Crescenzi
Mi sembra un modo ragionevole (e per questo pacato) di porre la questione sui giusti binari, lasciando da parte le sguaiatezze di alcuni presunti tutori degli interessi dei consumatori, i quali, per loro verso, dovrebbero essere, proprio in quanto consumatori, ossia spenditori di moneta a favore di imprenditori commerciali, tra i maggiori interessati ad una certa trasparenza ad oltranza. E mi sembra che così si metta a nudo come la posizione del Garante sia piuttosto sbilanciata verso non tanto il riserbo o riservatezza, che dir si voglia, ma verso una configurazione di una tutela del diritto alla riservatezza che sia tale da andare a detrimento della trasparenza, ossia del controllo sociale sui contegni fiscali dei nostri concittadini. I quali, solo in quanto evasori, possono avere interesse a mantenere nascosti i redditi dichiarati; non vedo in qual modo la tutela della riservatezza possa essere tale da impedire un confronto tra i redditi dichiarati di alcune categorie di contribuentidi cittadini che perciò stesso sono contribuentie i relativi tenori di vita: confronto che non infrequentementeper così diresi rivela come la fonte di dissonanze davvero stridenti.
lorenzo marzano
La vostra opinione contrasta con quella di illiceità della pubblicazione on line sostenuta dal Prof. Stefano Rodotà su Repubblica; sostiene il Prof. la sostanziale differenza tra usare mezzi cartacei/informatici e Internet strumento anonimo, aperto e senza garanzia sui periodo di conservazione. Personalmente mi domando (reddito fisso ed elettore del centro-sinistra ) quale motivo abbia indotto Visco (che ha assunto la responsabilità politica della decisione) a effettuare tale scelta; penso a ragioni meschine tipo mancata ricandidatura nel PD. D’altra parte perchè solo quest’anno e non quello precedente? Voglio poi sperare che una affermazione dell’on Gasparri a EXIT circa un voluto ritardo tra dati disponibili a marzo e pubblicazione post elettorale sia falsa. Mi dispiace che tale azione sminuisca comunque quelle condotte con TPS di lotta all’evasione. Infine e vi risulta che tutti i dipendenti dell’agenzia delle entrate abbiano ricevuto dei premi sostanziosi correlati alla individuazione di tributi evasi (colto origliando una conversazione tra due donne al bar di fronte al Ministero dell’Economia).
Ellegi
Fare del controllo sociale, ovvero della delazione, uno strumento contro la lotta all’evasione penso sia una delle operazioni più infime che uno stato possa mettere in atto. L’invidia come strumento di lotta all’evasione. Siamo alla resa? Lo Stato non esiste piu’? Visto che ci possono essere rischi di epidemia per le malattie infettive, quando mettiamo su internet le analisi delle persone? Per avvertire tutti e dare modo di proteggersi. Anche questa e’ una lotta legittima dello stato contro un grave fenomeno che minaccia la collettivita’. Lo stato ha una serie infinita di modi per scovare gli evasori e deve avere gli strumenti per farlo. Ma se lo stato e’ incapace di riscuotere le tasse che fa? Utilizza l’invidia come mezzo per scovare l’illecito? E il mio vicino si arrabbia perche’ ha visto che non pago le tasse facendo il suo stesso lavoro, ma non sa che spendo il mio stipendio per mantenere la moglie divorziata e tre figli. Ma a lui gli rode e fa la spiata. Metodo ineccepibile. Bah! Forse in Myanmar.
Fabio Checchi
L’articolo di Gregorio Arena e Maria Paola Guerra e’ molto ben fatto e mi complimento con gli autori: spiega molto bene i termini della questione che per altri motivi avevo giusto un paio di mesi fa affrontato direttamente con il Garante della Privacy. Devo, a onor del vero, aggiungere che andando al proprio comune e chiedendo l’accesso agli elenchi dei contribuenti che hanno presentato la dichiarazione dei redditi, mi e’ capitato (dopo aver superato a suon di citazioni di legge, l’iniziale muro di gomma dei funzionari comunali) di poter consultare un semplice elenco di nominativi di persone, senza alcuna informazione fiscale associata. Ovvero, un elenco assolutamente privo di senso e, per giunta, inutile: ben diverso da quanto si e’ potuto osservare via internet.
Gianpaolo Favretto
L’elemento della trasparenza in questa vicenda e sulla questione in oggetto, secondo me, fa premio, nell’interesse di tutti, su eventuali esigenze di privacy. Sarebbe sufficiente ricordare alcune cose fondamentali sulla natura dell’imposta e sulla sua funzione. L’imposta, e non la tassa che è altra cosa, è quell’obbligazione di riparto attraverso cui tutti concorrono "alle alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva." (Cost art. 53). Il singolo è, rispetto all’imposta, soggetto passivo in quanto tenuto a contribuire, come sopra, nel contempo è soggetto attivo verso gli altri consociati nella sua pretesa che ognuno contribuisca in ragione della sua capacità contributiva. Poiché si può dubitare, nel nostro paese che quest’ultima cosa si verifichi, anzi è ampiamente dimostrato il contrario, non vedo perché ci si debba stracciare le vesti se dati di una certa sensibilità, ma con forte valenza pubblica emergono presso la pubblica opinione.
Matteo Margulis
Il 6° comma dell’art. 69, dpr 600/73, nel testo in vigore sino al 31.12.91, precisava che negli elenchi fosse specificato, per ogni contribuente anche il "reddito complessivo dichiarato". Il testo modificato dalla l. 413/91, invece, prevede solo che siano pubblicati "a) elenco nominativo dei contribuenti che hanno presentato la dichiarazione dei redditi; b) elenco nominativo dei soggetti che esercitano imprese commerciali, arti e professioni." Al 2° comma del testo vigente, relativo ai cattivi da esporre al pubblico ludibrio, infine, si prevede espressamente, ora come allora, che "negli elenchi deve essere specificato se gli accertamenti sono definitivi o in contestazione e devono essere indicati, in caso di rettifica, anche gli imponibili dichiarati dai contribuenti." Non è necessario esser fini esegeti per affermare che, no, proprio non si poteva. Poi, che sia stata cosa buona e giusta è altra faccenda.
Mauro Lanzilotto
Da dove proviene questa certezza che la lotta all’evasione fiscale viene valorizzata dal controllo sociale? Non mi sembra che questo mitico controllo abbia prodotto alcunchè quando si pensò di instaurare l’attività di delazione fiscale con un apposito numero delle Finanze dove poter lasciare le proprie rimostranze. O almeno i media non ci hanno mai informato di risultati in tal senso. Premetto che sono un lavoratore dipendente e quindi ho ben poco da nascondere, ma mi sembra che più che di controllo sociale l’unico fenomeno che si è generato è quello del voyeurismo fiscale e dell’invidia malcelata verso vicini e colleghi (per non parlare di fenomeni di micro e macrocriminalità che si potrebbero ingenerare). Insomma ho idea che prima di parlare di controllo sociale così a cuor leggero, si dovrebbe conoscere (in senso sociologico) in maniera un po’ più approfondita le attitudini di una popolazione del tutto inidonea (per cultura e per mancanza di una radicata società civile) ad anteporre il senso civico alla chiacchiera livida e livorosa. Se solo in Finlandia è stata adottata questa forma di trasparenza fiscale una ragione ci sarà.
Stefano Cenni
Non sono un giurista ma, leggendo le norme, avevo intuito che il problema fosse eminentemente politico. La pubblicazione su web risolveva il problema della frequente indisponibilità/inaccessibilità degli elenchi presso gli uffici locali dell’Agenzia delle Entrate e gli Uffici Tributi dei comuni, verificata recentemente da almeno un paio di quotidiani. Anche nel recente caso di Bologna (estratti degli elenchi pubblicati su Repubblica e Resto del Carlino), i dati non furono presi dagli elenchi ex D.P.R. 600/73 ma dalla banca dati Siatel… perché gli elenchi non erano disponibili. Era tuttavia evidente che il download libero e anonimo degli elenchi avrebbe scatenato un putiferio. Ci voleva poco tecnicamente a mettere i dati in una sezione riservata del sito, accessibile dopo opportuna identificazione e registrazione dell’utente: si vede che non lo si voleva fare per ragioni politiche. Ora però rischiamo di tornare ai vecchi tabulati cartacei o alla consultazione a video con trascrizione manuale dei dati.
aris blasetti
Appare evidente anche al più sprovveduto che la decisione di Visco di pubblicare su Internet i dati fiscali degli italiani a due giorni dal passaggio delle consegne al Ministero delle Finanze è stata unicamente una manovra politica allo scopo di screditare in partenza il nuovo governo che, qualunque posizione avesse preso, favorevole o contraria, si sarebbe comunque alienato una parte dell’opinione pubblica. Discutendo nel merito della questione è altrettanto evidente la bontà della decisione presa che è improntata alla massima trasparenza e l’unico filtro che avrebbe dovuto essere posto era quello che la consultazione degli elenchi doveva presupporre l’iscrizione al sito dell’Agenzia delle Entrate con conseguente rintracciabilità dell’interrogante. Il tutto al fine di scoraggiare eventuali maleintenzionati. Il vero scandalo non sono i grandi contribuenti Paperoni ma gli innumerevoli evasori che dichiarano redditi da poveri pensionati ed hanno tenori di vita da nababbi, il solo fatto di poter apparire su Internet alla vista di tutti (senza ipotizzare eventuali delazioni che ripugnano la coscienza) potrebbe indurli ad un comportamento fiscale più dignitoso.
Michele Costabile
Nel dibattito sui dati di contribuzione fiscale si oscilla fra "giuridichese" e "ideologismi", senza chiarire essenza (oggetto), finalità del tema (problema?) e ruolo dei mezzi. 1. Essenza. Sono i dati tributari sensibili? Per rispondere e’ necessario chiarire cosa sia sensibile. E’ sensibile un dato "individuale" che reso pubblico modifica il posizionamento sociale dell’individuo e gli atteggiamenti e i comportamenti sociali che lo riguardano, con implicazioni negative. A ciascuno – soggettivamente o scientificamente (psicometrica) – le verifiche del caso 2. E’ il modo migliore per incentivare il controllo sociale? Detraibilità anche minima (e magari mirata ai settori le cui misure di sommerso sono maggiori, e per cui quindi il mancato tributo da detraibilita’ sarebbe compensato dal maggiore gettito da emersione) e formalizzazione dei documeni amministrativi (perche’ mai i tassisti non emetono uno scontrino fiscale?) sono due semplici esempi di inventivi efficaci al controllo sociale. 3. Sono i mezzi di comunicazione (e i rpocessi in senso lato) neutrali rispetto al messaggio? Notoriamente no. Vale quindi la pena trovare il "giusto mezzo" (che sia messaggio).
as
Le argomentazioni dell’articolo di Arena e Guerra lasciano perplessi (il fine giustifica i mezzi?)e non hanno convinto nemmeno il Garante, che ha stabilito che l’atto dell’agenzia delle entrate è illegittimo. Sono completamente d’accordo con quanto detto da Ellegi e Parravicini. Invece mi stupisce che un avvocato come De luca dimentichi il principio di legalità nella pubblica amministrazione, mentre il discorso di Crescentini potrebbe giustificare ex ante ogni arbitrio del potere politico…
valerio
L’autorità garante deve ragionare in termini di legittimità. E non si danno mai due interpretazioni di una norma. sSlo una vale, altrimenti non è una norma
Michele Del Monaco
Sono un dirigente di un’azienda e quindi pago fino all’ultima lira le mie tasse. Ma qualcuno di voi ha provato a vedere quanto dichiarano i titolari dei negozi più famosi della propria città? Ma qualcuno si è reso conto che i titolari dei più famosi e rinomati ristoranti di Roma dichiarano meno di quanto guadagna una segretaria di un’ azienda? Poi ci sono anche gli onesti, è ovvio, ma molti di questi dati fanno semplicemente rabbrividire. La Privacy da sempre ha un costo, è quello che celando i dati in nome della privacy, i mascalzoni hanno la vita più facile. Prima di intervenire in maniera così drastica, secondo me il Garante avrebbe dovuto chiedersi quali sono gli interessi primari dello stato. Uno Stato che faccia capire ai suoi cittadini evasori che aumenta in rischio di denunce perchè questi redditi sono sotto gli occhi di tutti è uno stato che cura i suoi interessi. Uno stato che dice "Si possono pubblicare solo i dati delle persone note" è uno stato che ci tratta, come al solito, come cretini, che pensano soltanto a sbirciare i redditi del vicino di casa. Oltretutto ipocrita, sapendo benissimo che presso i Comuni e le sezioni dell’Agenzia non si può avere un bel niente.
Raffaello Morelli
L’apparente imparzialità con cui gli autori parteggiano per la PA, si sgretola all’ultima riga quando la trasparenza è definita "uno strumento fondamentale per garantire che (pagare le tasse) sia equamente ripartito tra tutti". Così, per il controllo fiscale, conterebbe più la delazione strisciante che gli organi dello Stato. In realtà la trasparenza non c’entra (né deve) con il controllo fiscale (le segnalazioni dei cittadini allo Stato cerano ben prima della trasparenza ex L. 241/1990). La Costituzione si fonda sulla libertà del cittadino e la sua privacy. Da qui viene la trasparenza, non viceversa. La trasparenza consente ai cittadini di vedere all’interno della PA , non è uno strumento per ridurre la privacy. Per ridurla occorre la legge, ad esempio, per diffondere dati di cittadini che svolgono attività pubbliche. Per gli altri dati fiscali del cittadino conosciuti dalla PA nell’esercizio delle sue funzioni di controllo, la PA ha l’obbligo del segreto. Insomma, il giudizio di illegittimità espresso dal Garante è esatto e corrisponde allunica lettura possibile, a lume di logica e di diritto, del Dpr 600/1973, della L. 241/1990, del DLgs 196/2003 e del DLgs 82/2005.
davide guerra
Per non farla tanto lunga direi che chi non ha nulla da nascondere difficilmente può trovare obiezioni serie alla pubblicazione in rete dei propri dati fiscali. Dall’analisi dei dati emerge una cosa che si sapeva già, ma che vederla nero su bianco lascia stupefatti e indignati: le tasse le pagano quasi solo i lavoratori dipendenti. E’ bene che si sappia! Chi parla di invidia sociale si vergogni! Chi non paga le tasse in misura adeguata è un ladro. Se ne prenda atto.
lodovico malavasi
Abituati a confondere i primi con i secondi e a non fare distinzioni,credo che non si possa fare chiarezza chiarezza se non cambiando cambiando Costituzione e Codici. Per altro verso chi pone limiti al Diritto di Informazione non fa parte della " nostra tanto amata società orizzontale" e pertanto i suoi comportamenti saranno sempre censurabili ed allora che ognuno faccia come crede, fermo il Diritto della Magistratura ad indagare ed ad esprimere ciò che è buono e ciò che è cattivo, sempre secondo Legge.
GAETANO LO PINTO
Il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate in merito alla pubblicazione on-line dei redditi di oltre 38 milioni di italiani, rispecchia la linea assunta già in passato dai Governi di sinistra. Mi meraviglia il fatto che nessuno dei commentatori sia di destra che di sinistra, nè tantomeno La Voce.info, che come ho già fatto notare in una mia precedente e-mail è apertamente e molto poco trasparentemente schierata a sinistra, abbia fatto notare una poco edificante somiglianza tra questa ennesima iniziativa fomentatrice di litigi e invidia e risentimento tra i cittadini e l’iniziativa adottata qualche anno fa, ad opera di un governo di uguale colore politico a quello che oggi ha adottato l’iniziativa oggetto di tanti commenti contro e a favore,rappresentata dalla scritta 117 fatta apporre sulle auto della finanza, allo scopo di far diventare delatori gli Italiani, cosa brutta e disdicevole indipendentemente dagli scopi nobili che in teoria si prefigge. Tanto vi dovevo in quanto attento lettore on line de lavoce.
lucio tamagno
Se le analisi macro erano state già uno schiaffo ai contribuenti onesti, con circa un 90% degli italiani che si barcamenano fra l’indigenza e l’arrivare con grande difficoltà alla fine del mese (a questo corrispondono 40.000 o meno euro lordi annui), l’analisi puntuale è sale su ferite aperte. Come si possa vivere in un appartamento da oltre 1 M euro con 600 euro mensili di spese di amministrazione ed un imponibile di 25.000 euro è cosa degna di una laurea onoris causa in economia! Chi poi l’appartamento (A1), l’ha appena comprato, ristrutturato ed arredato (stima attendibile 1,5 M euro) con reddito 0, dovrebbe essere alla guida della BCE. E’ certo che la GdF abbia molto altro da fare, ma penso sia bene attivare urgenti azioni per far sì che certe "assurdità" rientrino nel limite della decenza. Quando il governo stimolerà in modo attivo la trasparenza, rendendo possibile una estesa detrazione delle spese sostenute (oggi non si detrae neanche l’ICI, ma spero che se gli immobili A1 lusso manterranno la tassa almeno questa dovrebbe essere detratta dall’imponibile) sarà sempre troppo tardi.
Ermanno Tarozzi
Ripeto quanto già detto in precedenza.
Presso gli uffici del Comune di Bologna sono, da anni, visibili e consultabili i redditi di tutti gli utenti.Gli stessi giornali locali provvedono alla loro pubblicizzazione.
Ermanno Tarozzi
Libero
Ricorderete tutti la vergognosa (e illegittima) decisione di censurare la trasmissione "le iene", che avevano fatto un pezzo sull’uso della droga tra i parlamentari, che non comportava la diffusione di dati sensibili o personali. Purtroppo nessuno fece ricorso. Ogni volta questo pseudo garante distorce le norme e in sostanza le riscrive per giustificare il proprio potere o per fare qualcosa a favore dei potenti di turno. C’e’ purtroppo un consenso mediatico assolutamente ingiustificato, e avallato dai mezzi di informazione che protegge questi falsi garanti dei diritti. Quando hanno fatto l’ispezione in Telecom hanno bevuto ogni fandonia che gli fu raccontata, mentre venivano commessi reati di ogni tipo (intercettazioni abusive, abuso di dati di traffico, sms, dossier, ecc). Dopo poche settimane le magistratura scopriva tutto. Di fronte a questa dimostrazione di incapacita’ nessuno ha pensato bene di dare le dovute dimissioni. Dubito che il pessimo Visco riesca a fare valere le sue ottime ragioni giuridiche contro un potere sostanzialmente autoreferenziale.
Orazio Cicciarella
Credo che i cittadini abbiano il diritto di conoscere gli elenchi con i redditi dichiarati e le tasse pagate perché questo da la misura del controllo sociale su uno degli aspetti del patto fondamentale per il buon funzionamento della società e ha funzione di deterrenza generale. Tuttavia vanno risolte le problematiche sulla pubblicazione online. Credo che se il problema diventa solo tecnico, le soluzioni informatiche, per la tracciabilità e legittimità di chi accede ai dati, per la impossibilità di copiarli e costituire banche dati improprie e di chiuderne l’accessibilità dopo il tempo stabilito si trovano facilmente, con buona pace di tutti. Penso che, come sempre, dietro queste problematiche si nascondono altri interessi, di settori molto forti e ben rappresentati che la debolezza della politica oggettivamente amplifica perpetuandoli, lasciandoli irrisolti e nascondendo i veri problemi di sostanza su cui andrebbe appuntata lattenzione e che andrebbero messi al centro della della discussione e dellazione politica.