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QUANTE ASPETTATIVE NEL BARILE

La speculazione non c’entra, almeno non come la si intende nell’immaginario collettivo. Ma non è neanche corretto dire che tutto dipende dal gioco della domanda e dell’offerta. Il fatto è che il petrolio è una risorsa esauribile. E il suo prezzo rimarrà elevato e variabile fino a quando i produttori continueranno ad aspettarsi che le sue quotazioni possano solo salire. Per esempio, perché si stima che la domanda cinese di greggio aumenterà molto in futuro, tanto da giustificare un prezzo intorno ai 250 dollari. Il ruolo dei tassi di interesse.

 

Che cosa c’è dietro le fluttuazioni del prezzo del greggio? Fino a poco tempo fa sembrava che il prezzo potesse solamente salire. Poi la tendenza si è bruscamente invertita e il prezzo è sceso del 20 per cento in poche settimane. Per i politici, e molti altri con loro, è evidente che tutto questo non può che essere colpa della “speculazione”.

LE IPOTETICHE COLPE DELLA SPECULAZIONE

Nell’immaginazione popolare il colpevole è lo “speculatore” che compra petrolio anche se non ne ha bisogno per un’attività industriale e lo mette da parte per “speculare” su ulteriori rialzi. Tuttavia, è facile vedere che questa immagine della speculazione che artificialmente riduce l’offerta è sbagliata. Se gli “speculatori” fossero molti, le scorte dovrebbero aumentare, ma questo non è avvenuto: le scorte sono rimaste finora intorno ai livelli minimi.
La “speculazione” così intesa non può dunque essere responsabile dell’aumento del prezzo. Ma si può allora concludere che tutte queste fluttuazioni sono giustificate dai fondamentali della domanda e dell’offerta? Neanche questa conclusione appare corretta. 
Infatti, tutta la controversia sul ruolo della speculazione nel mercato del petrolio è poco utile perché non tiene conto di un fattore fondamentale: il petrolio è un bene durevole e una risorsa esauribile.

UNA RISORSA ESAURIBILE

Il fatto che il petrolio sia una risorsa esauribile è fondamentale perché implica che per qualsiasi proprietario di un giacimento (ad esempio Bp o il re dell’Arabia Saudita) la scelta è sempre e solo inter-temporale: estrarre oggi o estrarre domani. Che cosa determinerà la scelta? Se estrae oggi, riceve il prezzo di oggi (meno il costo di estrazione). Se estrae domani, ottiene il prezzo di domani (di nuovo, meno costi di estrazione), scontato per l’odierno tasso di interesse
È chiaro che produrre più petrolio oggi sarà conveniente solo se quello che si può guadagnare domani è inferiore a quello che si avrebbe producendo oggi e investendo il ricavo sul mercato dei capitali. In altre parole, vale la legge di Hotelling: il proprietario ha interesse a produrre oggi soltanto se il prezzo di domani è inferiore al prezzo di oggi (maggiorato degli interessi). 
In questo senso, sono “speculatori” tutti i proprietari di giacimenti di petrolio: le compagnie petrolifere, Putin e anche il re dell’Arabia Saudita. Tutti quanti basano le loro scelte sul rapporto tra prezzo odierno e prezzo futuro.
Ma il futuro, ovviamente, non è mai certo. 
Oggi prevale l’opinione che la domanda di greggio esploderà in Cina quando tutte le famiglie cinesi si compreranno una macchina. Se questo si verificherà veramente nei prossimi dieci-venti anni, è chiaro che un prezzo altissimo sarà giustificato. Ma non è detto che sarà così, l’economia cinese potrebbe rallentare o magari qualcuno inventerà un’auto elettrica più conveniente. A seconda di come variano queste aspettative, il prezzo di mercato del greggio può variare molto, anche se la domanda e l’offerta odierna rimangono costanti.
Ciò implica che la Cina influenza il prezzo del petrolio di oggi non tanto perché la domanda cinese è alta oggi (la Cina rappresenta oggi meno del 10 per cento del consumo globale di greggio), ma perché si stima che la domanda cinese di greggio aumenterà molto in futuro, alimentando le aspettative di prezzi più elevati in futuro. E ciò induce i produttori a ridurre le loro estrazioni oggi.
Non è un mistero che l’offerta ha reagito poco ai prezzi elevati del greggio: i produttori di petrolio razionali stanno solo aspettando i prezzi ancora più elevati di domani.
Non a caso, il re saudita ha dichiarato di recente che se verranno scoperte riserve supplementari di petrolio nel suo paese, consiglia di lasciarlo sotto terra, perché “con la grazia di Dio i nostri figli potrebbero farne un utilizzo migliore”.
Non è un atteggiamento della sola Arabia Saudita. Negli ultimi anni, le principali compagnie petrolifere hanno restituito più soldi ai propri azionisti attraverso dividendi e riacquisto di azioni di quello che hanno investito in esplorazione e produzione. Questo comportamento suggerisce che la maggior parte dei fornitori ha l’impressione che sia più vantaggioso ritardare l’estrazione. Il presidente della russa Gazprom ha parlato di un prezzo futuro di 250 dollari (a barile).
Se la domanda futura proveniente dalla Cina dovesse rendere il petrolio così scarso, per esempio nel 2025, da giustificare un prezzo di mercato di 250 dollari, in questo momento gli speculatori starebbero effettivamente facendo quello che è ottimale da un punto di vista sociale: preparano già oggi l’economia per un periodo di scarsità futuro. Naturalmente, possono sbagliarsi, ma ci vorrà molto tempo prima di poterlo capire.

IL RUOLO DEI TASSI

Per un futuro così lontano, l’impatto dei tassi di interesse può essere molto importante. Se utilizziamo gli attuali tassi di interesse a lungo termine (3,8 per cento) degli Stati Uniti per scontare a oggi i 250 dollari dell’anno 2025, troviamo che un barile dovrebbe costare, oggi, circa 130 dollari. Tuttavia, lo stesso prezzo del 2025 scontato al tasso di interesse più elevato dello scorso anno (4,6 per cento) comporterebbe un prezzo oggi di soli 110 dollari a barile. La corsa dei prezzi del petrolio negli ultimi mesi potrebbe quindi essere dovuta anche al fatto che i tassi di interesse negli Stati Uniti sono scesi notevolmente: ceteris paribus, i produttori di petrolio sono disposti a vendere petrolio oggi solo a un prezzo molto più elevato.
Il prezzo del petrolio rimarrà dunque elevato e variabile fino a quando i produttori continueranno ad aspettarsi che i prezzi possano solo salire (mentre la remunerazione del capitale rimane bassa). La negoziazione frenetica tra i veri “speculatori” che stanno semplicemente scommettendo l’uno contro l’altro è irrilevante.
In ogni caso, ciò che una parte guadagna l’altra la perde nel mercato dei derivati. Regolamentare i mercati dei derivati del petrolio potrebbe influenzare l’ammontare (del mercato degli scambi) delle “speculazioni”, ma non indurrà i produttori ad aumentare le estrazioni.
Se gli “speculatori” non sono da biasimare, ne consegue che non vi è alcuna bolla nel mercato petrolifero? Non necessariamente. Una bolla inizia quando l’aumento del prezzo di ieri porta ad aspettative di aumenti di prezzo domani.
Potrebbe benissimo accadere che i prezzi non aumentino come si pensa, se la futura domanda di petrolio della Cina sarà inferiore a quella prevista oggi, o se l’approvvigionamento da fonti di energia alternativa diventerà così economico come alcuni suggeriscono. Fino a quando non lo scopriremo, i prezzi del petrolio resteranno probabilmente alti e molto variabili.

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IL PROBLEMA E’ CAPITALE

16 commenti

  1. andrea

    Scusate l’ignoranza, ma i tassi di interesse americani sono bassi, si ha come conseguenza che circola più moneta e il dollaro perde valore? Se è così in pratica i petrolieri che vendono in dollari, di fronte alla moneta verde in picchiata, alzano il prezzo anche per non vedere ridotti i propri guadagni reali. E così? Mi è sembrato infatti che il rialzo del dollaro sia corrisposto ad una riduzione del prezo del barile; ma c’è davvero relazione?

  2. checco

    Il pezzo del barile é sceso del 20% in due settimane dopo essere aumentato in modo frenetico nel periodo precedente. Nel mentre i tassi di interesse sono rimasti praticamene fermi in Europa e negli USA. E allora? La domanda rimane la stessa, perché é successo e chi ha gadagnato o perso in questa manovra estiva? Pensando a come i giornali economici abbiano “tirato” la volata alle aspettative rialziste di questi mesi, mi sorge più di un dubbio e mi viene in mente la definizione di esperto di economia, che viene descritto come quel tale che quando cadi e ti sbucci il ginocchio ti spiega in termini tecnici che ti sei sbucciato il ginocchio perché sei caduto.

  3. Matteo Civiero

    Ottimo articolo. Vorrei solo far presente che la domanda di petrolio è trainata non solo dai possibili futuri consumi di benzina per trasporti privati, ma da un set molto più vasto di impieghi: benzina e diesel per trasporto merci e trazione agricola, generazione elettrica, produzione di materie plastiche, produzione di fertilizzanti e pesticidi, produzione del settore chimico, e via dicendo. Quando un’economia come quella cinese o indiana si sviluppano ai tassi odierni, l’aumento della domanda futura di petrolio va ben oltre i semplici consumi privati di benzina, con un effetto ancor maggiore sulle attese di crescita dei prezzi, secondo i meccanismi ben spiegati nell’articolo.

  4. Valerio Potì

    Una piccola nota ‘tecnica’ su un passaggio del bell’articolo ‘Quante aspettative nel barile’, nel quale si legge che, se il proprietario di un pozzo di petrolio “estrae domani, ottiene il prezzo di domani (…meno costi di estrazione), scontato per l’odierno tasso di interesse”. Chiaramente l’autore intende che, nelle condizioni ipotizzate, il prezzo odierno è uguale al prezzo atteso, al netto dei costi di estrrazione, scontato al tasso di interesse odierno. Ebbene, a voler essere rigorosi, il prezzo odierno dovrebbe essere uguale invece all’aspettativa neutrale verso il rischio, sempre al netto dei costi di estrazione, scontata al tasso di interesse attuale. Questo vuol dire che fluttuazioni nei premi al rischio, e non solo nei tassi di interesse, possono generare volatilità aggiuntiva rispetto a quella determinata dalla volatilità delle aspettative. E’ pur vero, per contro, che queste ultime potrebbero eccedere la volatilità di aspetative razionali, e quindi la volatilità dei cosiddetti ‘fondamentali’. Ciò rappresenterebbe una situazione di genuina ‘excess-volatility’, sulla quale l’articolo a dire il vero non si sofferma, che potrebbe giustificare interventi di policy.

  5. Davide3D

    L’alzata di indignazione verso gli "speculatori" è sempre un indice di debolezza nel nostro paese, quando i "politici" non sanno più a chi dare la colpa per ciò che accade. Questo articolo, ben fatto, dimostra l’urgenza della creazione di reali possibili impieghi di fonte alternative. E, poichè l’auto ad idrogeno già esiste e la produzione di idrogeno è possibile farla a domicilio, si tratta solo di sapere chi inizierà per primo ad allontanarsi dalla schiavitù del petrolio.

  6. stefano

    Il suo ragionamento è molto stuzzicante e contemporaneamente molto facile da comprendere. Non capisco però perché i cosiddetti ‘speculatori’ si siano accorti solamente oggi di questa caratteristica del mercato petrolifero. Non riesco inoltre a capire perché tutti gli speculatori se ne siano accorti contemporaneamente in tutti i mercati delle materie prime (energia, alimentari, metalli ecc.). In particolare non comprendo se e come questo ragionamento sia estendibile alle materie prime alimentari, delle quali si dispone una riserva sicuramente non esauribile (l’economia si sta preparando per un periodo di scarsità futura di generi alimentari?).

  7. Gianni

    Si può anche commentare che il mercato non ha proprio una grande fiducia sulle potenzialità future delle fonti rinnovabili.

  8. paolo

    Assumiamo che gli speculatori esistono e che sono attivi anche sul mercato del petrolio, quale sarebbe il loro principale obiettivo? Visto la grande inelasticita’ della domanda di petrolio nel breve periodo, per definizione, solo i paesi dell’OPEC sono in grado di ostacolare una crescita "incontrollata" del prezzo. Se l’organizzazione dei paesi esportatori e’ accondiscendente e ritiene il guadagno attuale superiore alle minore entrate future allora la speculazione e’ proficua e porta alla crescita dei prezzi osservata. Sarebbe interessante osservare l’andamento delle quantita’ trattate sui mercati dei futures, non solo i prezzi, e la suddivisione degli scambi per categoria di operatore. Ultimo ma non per importanza, possibile che i mercati del petrolio abbiano semplicemente previsto l’escalation tra Russia e Georgia? Del resto un po’ il petrolio centra pure li’.

  9. Gabriele Guadagni

    Articolo chiaro ed esplicativo, a differenza del generale bla-bla sull’argomento, ma non sarebbe ora, soprattutto da parte di chi mostra di avere idee chiare, di non limitarsi a citare in modo sempre solo generico le fonti cosidette alternative, per iniziare a rendere edotta l’opinione pubblica riguardo cosa e da chi debba essere fatto per scongiurare l’eventualità che l’attuale civiltà (materialistica e imperfetta finchè si vuole, però…) svanisca con l’utilizzo dell’ultimo barile disponibile di petrolio…….Mi rendo conto della difficoltà di dover introdurre concetti rigorosi di termodinamica (ardui da volgarizzare, oltre tutto…), o di economia politica (idem) su cui basare ragionamenti che è più facile e comodo lasciar percepire a ciascuno secondo la propria emotività e sensibilità dialettica…. Per caso non fu così all’epoca del referendum "nucleare sì /nucleare no"? Davvero vogliamo arrivare al prossimo appuntamento nelle stesse condizioni?

  10. cesare mussini

    L’articolo è interessantissimo perchè cerca di esaminare le oggettive ragioni del variare del prezzo del petrolio. Resta per me un interrogativo: come si spiega che ogni giorno in borsa vengono trattati barili di petrolio in quantità superiore a cento volte il quantitativo di greggio prodotto?

  11. Corrado Truffi

    Ottima e corretta analisi economica. Mancano solo due cose, che hanno a che fare con la fisica e non con l’economia. 1) Se il petrolio è una risorsa esauribile, il problema di fondo è che si sta esaurendo. I produttori non producono tutto ciò che possono non solo in attesa di aumenti di prezzo futuro, ma anche perché non ce la fanno a produrre 2) E non ce la fanno non perché non ci sia più petrolio in assoluto, ma perché il petrolio che c’è è sempre più costoso da estrarre, o perché di peggiore qualità, o perché più in profondità, ecc., e diventa conveniente solo se il prezzo è molto alto. Da una situazione, vera fino agli anni ’40, in cui l’EROEI (= Energia ricavata / Energia spesa) era attorno a 100, siamo oggi in una situazione che gli esperti lo valutano al massimo in un valore pari a 10. Il che fa una bella differenza…. In conclusione, dal punto di vista economico, concordo che il problema fondamentale sono appunto "i fondamentali" del mercato e non la speculazione, che è un’aggiunta che complica il modello. Ma dal punto di vista sociale, il problema fondamentale è inventare al più presto una società che resti tecnologica ma usi pochissimo petrolio.

  12. Alfonso Albano

    La storia recente ha insegnato a tutti noi che il prezzo del barile di petrolio è soggetto ad ampie fluttuazioni, in entrambi i sensi. Ad ogni modo, ritengo che non potremmo più aspettarci prezzi stabilmente al di sotto dei 100 $/bbl , poiché i mercati potrebbero aver intercettato la componente psicologica della paura da "fine del mondo moderno". Infatti, un prezzo troppo basso (ancorché in linea con i fondamentali) non potrebbe indurre erroneamente a sottovalutare il problema dell’esaurimento delle fonti fossili, minando le fondamenta del pensiero globale ecologista no-oil? D’altronde, è difficile assistere a dibattici pubblici ragionati sulle politiche energetiche dei paesi occidentali (e dell’Italia in particolare). La soluzione al problema dell’esaurimento delle scorte dei combustibili fossili, non può quindi che essere economica: il petrolio sostituì l’olio di balena nell’illuminazione pubblica, perché costava di meno.

  13. Francesco Gemma

    Io, che ho studiato con alcuni degli autori che scrivono su questo sito, che mi hanno insegnato tante cose difficili, ma anche meccanismi facili, mi pongo una semplicissima, banalissima domanda: se il prezzo del petrolio, materia prima utilizzata per ogni cosa su questo mondo, scende in maniera così rapida, perchè il prezzo ad esempio della benzina rimane lo stesso? Allora mi chiedo perchè adesso il petrolio è sotto i 100 dollari al baril, ma la benzina è ancora sopra l’1.4 euro/litro, diversamente dall’inizio dell’anno (prezzo del petrolio lo stesso, prezzo benzina più basso), se aumentasse nuovamente a 110 dollari al barile? Non oso immaginare. Io ho una definizione, che però non serve leggere sui libri. Possiamo parlare Ddi speculazione? E se trattasi di speculazione, è mai possibile che in Italia lascino fare senza contrastare il potere del cartello dei petrolieri? Forse non sono stato tanto chiaro, ma è la rabbia che mi acceca.

  14. Francesco Gemma

    Come fa l’autore a dire che "la speculazione non c’entra"…non capisco…

  15. Edoardo Raimondi

    Che ci sia speculazione sotto è inevitabile, ma non penso sia così esagerata come taluni han voluto far credere. Un briciolo d’ottimismo si poteva avere nelle recenti prospettive: il prezzo per barile di 150USD col cambio 1EUR = 1,5USD significa 100€ a barile. Ora la prospettiva pareva migliorata mettendo 100USD/barrel e 1EUR = 1,4USD siamo a 71€, che è comunque un calo (teorico e momentaneo, d’accordo) del 30% del costo. Già oggi l’OPEC si appresta a tagliare la produzione, che dire: continueremo ad annaspare a lungo. Rischiamo d’avvero l’avvento di un’era di deflazione?

  16. Massimo GIANNINI

    I fatti di questi giorni dimostrano facilmente che era quanto meno azzardato dire che per il prezzo del petrolio "la speculazione non c’entra".

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