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UN DECOLLO CHE SFIDA LE LEGGI

Il mercato ha le sue leggi, una delle quali dice che un’impresa che spende più di quello che incassa prima o poi ne esce per liquidazione volontaria o per fallimento. Il mercato aveva già decretato la morte di Alitalia, in perdita da anni, in marzo. I sindacati hanno confidato nell’aiuto della politica e hanno avuto ragione, perché governo e il Parlamento hanno dato alla compagnia altro denaro da bruciare. Si è trattato, però, di una vittoria di Pirro. Dopo soli quattro mesi, i soldi sono finiti e siamo giunti al capolinea. Ora quali scenari si aprono con il decreto Alitalia?

Le mele non cadono dal basso verso l’alto, nemmeno se i sindacati lo chiedono e una legge dello Stato italiano lo dispone. Il mercato ha le sue leggi, una delle quali dice che un’impresa che spende più di quello che incassa prima o poi esce dal mercato, per liquidazione volontaria o per fallimento. In primavera, il mercato aveva già decretato la morte di Alitalia, che perdeva da anni. Le riserve di liquidità erano ormai esigue e un acquirente (Air France) era disposto a comprare le azioni, pagare tutti i creditori, proseguire l’attività, a condizione che i sindacati accettassero un accordo di pesante riduzione degli organici. I sindacati hanno detto no, confidando nell’aiuto della politica, e hanno avuto ragione, perché il governo e il Parlamento hanno dato ad Alitalia altro denaro da bruciare.
Si è trattato, però, di una vittoria di Pirro. Dopo soli quattro mesi, il denaro è finito di nuovo e Alitalia è giunta al capolinea. Il governo ha adottato un decreto-legge che contiene una serie di norme speciali, dettate per Alitalia. (1)
Ma cosa è esattamente il “decreto Alitalia”? Qual è lo scenario che si prospetta? Chi sono gli sconfitti? Ci sono, almeno, alcuni vincitori?

PROCEDURA PARMALAT PER TUTTE LE GRANDI IMPRESE INSOLVENTI

Quando le grandi imprese divengono insolventi “ falliscono”, scatta per loro la procedura di amministrazione straordinaria. Si tratta di una procedura analoga al fallimento (riservato alle piccole imprese), ma con un forte controllo politico, poiché il commissario straordinario è nominato dal ministro delle Attività produttive e a lui risponde. In occasione del crack Parmalat si è creata una variante più rapida della procedura di amministrazione straordinaria (cosiddetta “Marzano”), riservata alle imprese con grandi debiti, ma capaci di camminare con le proprie forze grazie ai ricavi dell’attività, una volta ridotti i debiti a un livello sostenibile. È per questo che Parmalat ha potuto essere ristrutturata e quotata nuovamente in borsa.
Alitalia non ha assolutamente quelle caratteristiche: ogni giorno perde denaro. Per le imprese in questo stato, il problema non sono i debiti accumulati, che all’occorrenza possono essere “falciati”, con un processo doloroso e inevitabile, ma le perdite che continuano a prodursi. Nonostante ciò, con il decreto Alitalia si è ritenuto di aprire l’amministrazione straordinaria “modello Parmalat” anche alle imprese che non possono ristrutturarsi e che hanno come unica prospettiva quella di trovare un acquirente che compri quello che c’è rimasto di buono.
Fin qui, nulla di veramente grave: si è scelto di incanalare Alitalia su una procedura più rapida, anche se proprio per questo meno garantista per i creditori.

VENDITA IMMEDIATA, PASSANDO SOPRA TUTTI

Questo, evidentemente, non era sufficiente. Il decreto Alitalia ha dunque previsto, per le imprese che erogano “servizi pubblici essenziali”, che il commissario venga dotato di poteri ancor più “straordinari”, e in particolare del potere di vendere l’azienda a trattativa privata, cioè senza una gara fra potenziali acquirenti, ma solo sulla base della stima di un “esperto indipendente”, e in deroga alla normativa antitrust sulle concentrazioni.
Questo appare grave: la trattativa privata potrebbe non dare ai creditori il massimo realizzo possibile e il compratore potrebbe acquisire una posizione di monopolio che danneggia la concorrenza (cioè i consumatori e le imprese, che utilizzano il servizio a costi maggiori).
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che normalmente dovrebbe autorizzare preventivamente la vendita, verrà chiamata solo a rimettere insieme i cocci della concorrenza, prescrivendo misure che prevengano uno sfruttamento di posizione dominante. Un pannicello caldo, di solito poco efficace e che fa svolgere all’Autorità un ruolo di regolatore che non le è proprio.

LA “BAD COMPANY” E I SUOI ORFANI

Alitalia è stata posta in procedura di amministrazione straordinaria sulla base della nuova legge. Salvo imprevisti (ad esempio un’offerta di un concorrente estero), il commissario continuerà ora a far volare gli aerei con i pochi soldi che restano in cassa, o con finanza-ponte e poi venderà una parte dell’azienda, a trattativa privata, a Compagnia aerea italiana. Ciò che resterà alla vecchia Alitalia, ormai bad company, saranno dunque, per lo più, i beni di scarso valore, i debiti, e soprattutto i lavoratori in eccesso. Visto che in primavera non si riusciva a licenziarli, in estate si è deciso di vendere l’azienda alleggerita dal loro peso. Il risultato non pare molto diverso.
Con tutta probabilità, il prezzo di vendita di aerei e rotte “buone” non basterà a pagare tutti i creditori. Dalle notizie di stampa si legge che il commissario pagherebbe i creditori bancari e non gli obbligazionisti, ma ciò non sembra possibile: almeno fino a oggi, tutti i creditori di Alitalia hanno gli stessi diritti.
In questa situazione di deficit patrimoniale, agli azionisti, che sono postergati ai creditori, il commissario di Alitalia non riuscirà a distribuire nemmeno un euro.

NON CI SONO VINCITORI

A marzo, con il piano Air France, i creditori sarebbero stati pagati per intero (la società sarebbe stata ricapitalizzata), e gli azionisti avrebbero potuto vendere le azioni (a prezzo basso, ma maggiore di zero). Cinque mesi dopo, lo Stato sta per perdere 300 milioni del suo prestito-ponte, i creditori (fra cui ancora lo Stato) parte dei loro crediti e gli azionisti hanno già perso tutto. I lavoratori che Air France non voleva, e che nemmeno Compagnia aerea italiana vuole, godranno di indennità per un periodo molto lungo, ma verranno comunque licenziati. Un bilancio triste.
Proprio perché lo Stato ha fatto di tutto per interferire nella gestione di Alitalia, danneggiando azionisti e creditori (e contribuenti), il decreto Alitalia contiene due ultime “perle”:

a) esonera gli amministratori, i sindaci e i manager di Alitalia da qualunque responsabilità per qualsiasi illecito eventualmente commesso nello sciagurato ultimo anno di vita della società;
b) dispone che gli azionisti e gli obbligazionisti di Alitalia vengano trattati come risparmiatori vittime di frodi finanziarie, ammessi agli incerti benefici di un fondo pubblico su cui tanti vantano pretese. Ma, a parte il fatto che la misura si applica solo ai piccoli risparmiatori e non allo Stato né agli investitori istituzionali, che non avranno tutela, l’unico danno qui lo ha arrecato lo Stato italiano, che ha sottratto Alitalia alle regole che valgono per tutte le altre imprese.
Dinanzi a una Corte costituzionale sensibile ai valori che fondano il nostro sistema economico, queste norme non reggerebbero. Se qualcuno avrà il coraggio di impugnarle, vedremo se è così. Nel frattempo, l’Unione europea potrebbe dichiarare che, con la serie di leggi speciali che l’hanno sospesa in volo, Alitalia ha goduto di un aiuto di stato, essendo stata assoggettata a un regime di favore con oneri per lo Stato, che qualcuno sarà allora chiamato a rimborsare. Quando sarà calata la polvere di queste settimane concitate, si potrebbe dunque aprire una nuova fase di conflitti, dall’esito alquanto incerto.

(1) Dl 134/2008.

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INSOLVENZA ALITALIANA

16 commenti

  1. Giuseppe Ferrari

    Le stranezze, chiamiamole così, del cosidetto “piano di salvataggio” Alitalia sono tante. Ma ho una domanda che mi frulla in testa. E’ vero che il commissario straordinario avvia “trattative private” con i potenziali acquirenti, ma che cosa succede se una dei concorrenti di Alitalia, magari uno di quelli più arrabbiati come Ryanair o British Airways, invia a Fantozzi una precisa proposta di acquisto più favorevole di quella che presenterà la cordata dei nostri patriottici e coraggiosi imprenditori? La ignora? La respinge? Avvia due trattavie?

    • La redazione

      Consiglierei al commissario di valutarla attentamente e, se fosse migliorativa (dal punto di vista economico e/o occupazionale), di accettarla. Non è pensabile, nemmeno in base alla pur sbilanciata (a favore di CAI) normativa attuale, che il commissario non prenda in considerazione offerte concorrenti. Il rischio è offerte concorrenti che non arrivino per mancanza di tempo, ma questo è la conseguenza dell’aver aspettato mesi a commissariare Alitalia quando era evidente già dal momento del ritiro di Air France che non vi era alcuna possibilità di una soluzione diversa (cioè di una vendita senza un previo commissariamento).

  2. roberto invernizzi

    Punto centrale del piano Fenice è la vendita degli asset Alitalia alla società “salvatrice”. Fra essi sono indicati gli slot di decollo e atterraggio, specie sulla lucrosissima rotta Milano-Roma. Proprio sul punto nascono rilevanti perplessità antitrust, dato il balzo all’indietro (di circa un ventennio) al vecchio (ora nuovo) monopolio su quella rotta. Ma gli slot si possono cedere? Il regolamento Cee 95/93 ne disciplina l’assegnazione con criteri tendenzialmente concorrenziali. Ipotesi speciali di passaggi diretti di slot da un vettore a un altro quelli dell’art. 8 bis: a) fra diversi servizi o rotte gestite dallo stesso vettore; b) fra società di uno stesso gruppo, nel quadro dell’acquisto del controllo sul capitale di un vettore o in caso di sua totale o parziale acquisizione; c) con scambio una contro una fra vettori. Altrimenti, gli slot liberati da un vettore tornano al pool facente capo a ogni aeroporto e vanno riassegnati con detti criteri. A proposito di oggetti misteriosi e decolli difficoltosi di dubbia compatibilità comunitaria, va rilevato che la vendita degli asset da Alitalia a CAI non sembra rientrare in alcuna di queste ipotesi di legittimo passaggio diretto.

    • La redazione

      No, direi che gli slot si possono cedere nel quadro di una loro cessione globale, assieme alla cessione dell’azienda (art. 8-bis, par. 1, lett. b-iii). E’ quello che verosimilmente avverrà con la cessione dell’azienda Alitalia a CAI o ad eventuale altro offerente.

  3. Ivano

    Ma perchè le scelte sono sempre così deprecabili? Ma perchè si fanno sempre delle scelte che vanno contro ai più semplici principi di economia? Arriverà un giorno in cui finalmente avrà la meglio la saggezza e la competenza? Credo che per l’Italia l’unica salvezza sia il ritorno alla situazione preunitaria: Regno delle due Sicilie, Lombardo Veneto ecc. Neanche il federalismo non è sufficiente, la malattia è troppo grave. Liberi da questi pasticcioni possiamo rinascere socialmente ed economicamente.

  4. lucio

    La frittata è stata fatta dai governi precedenti (Prodi ma anche Berlusconi) con l’assistenza dei sindacati che non hanno voluto mai prendere atto che Alitalia era in una situazione fallimentare. Sarebbe stato preferibile fare nel 2002 un’alleanza paritaria con Air France, sarebbe stato meglio vendere ad inizio 2008 ad AirFrance-KLM ma i sindacati e l’allora opposizione si sono messi di traverso e il Governo Prodi non ha avuto il coraggio e la forza per andare avanti. A questo punto, probabilmente sarebbe stato meglio far fallire Alitalia ma Berlusconi ha voluto mantenere la promessa elettorale a spese dei contribuenti e dei viaggiatori, rendendo un grosso favore a Intesa Sanpaolo che può recuperare i crediti AirOne e anche a Toto che forse finisce per guadagnarci qualcosa, gli altri imprenditori di sicuro non ci rimetteranno. Spero almeno che sia una buona occasione per la politica e il governo di riappropriarsi del potere decisionale che costituzionalmente spetta soltanto a loro e nel contempo di togliere ai sindacati la possibilità di sconfinare dal ruolo che certamente non prevede, e in più occasioni è stato ampiamente dimostrato, la rappresentanza degli interessi generali.

  5. sergio

    Beh, in tutto questo casino almeno in una cosa sono stati onesti. Ai piccoli azionisti Alitalia hanno concesso di accedere al fondo contro le truffe. Che sia stato lo stesso governo a truffarli certo non è un dettaglio.

  6. Wil Nonleggerlo

    Scrivo solo per complimentarmi: sia questo scritto che "Chi ha perso la scommessa" toccano in maniera puntuale e chiara gli aspetti fondamentali dell’epopea Alitalia. Uno scandalo vero, gravissimo, ingiustificabile. Più mi addentro nella questione, e più mi convinco che l’unica strada da perseguire sarebbe quella della amministrazione controllata. Chiudere baracca e burattini. Poi penso alle famiglie dei dipendenti, e me ne dispiaccio. Ma qual’è l’immagine che diamo a tutta Europa? Cosa può dire un imprenditore tedesco che deve lottare con le sole sue forze (o della società) per portare avanti la sua impresa? Perchè in Italia si abusa sempre di strumenti come l’Emergenza, la Deroga, l’Aggiramento? Il messaggio che passa da tutto ciò è potentissimo, maligno. Quanti altri grandi business man o Cda chiuderanno gli occhi sui bilanci, o non saranno rigorosi per quel che concerne debiti o pagamenti? Tanto poi chi lo sa, lo Stato non potrà rifiutare un aiuto a nessuno.

  7. andrea

    Egr. professore vorrei chiederle con quale coraggio l’Unione Europea potrebbe trovare a ridire sugli aiuti di Stato ad Alitalia, dopo aver ingoiato quasi senza batter ciglio: in Germania gli aiuti di Stato a WestLB ed altre banche di cui non ricordo il nome, messe sul lastrico dai loro investimenti ad alto rischio nei subprime in Gran Bretagna addirittura la nazionalizzazione di Northern Rock, nazionalizzazione che come certo sa e` avvenuta con modalità scandalose, anch’essa separata in una bad company con debiti ripianati dai contribuenti, mentre alcuni azionisti privati conservano un gioellino con lucrosi portafogli detenuti a Guernsey. Troverà finalmente la UE un minimo di coerenza e giustizia fra stati forti e stati deboli come il nostro, oppure gli aiuti di stato italiani saranno invocati come pretesto per far fallire i piani del governo, e far ricadere Alitalia nella scarsella francese, stavolta con un’offerta ancora più piratesca? Il matrimonio ideale Alitalia-KLM fatto fallire qualche anno fa proprio dalle pressioni europee lascia purtroppo temere questa seconda soluzione.

  8. iano

    Mi frulla in testa questo pensiero: non è che si è atteso l’ultimo momento per commissariare Alitalia in modo che l’unica soluzione fosse questa, punto e a capo. Avvantaggiando chi vuole acquistare e mettendo con le spalle al muro tutti gli altri.

  9. Alessandro

    A mio giudizio ciò che non viene fatto cogliere appieno all’opinione pubblica è l’importanza degli aereporti e dell’infrastrutture, più che dei vettori, nel sistema dei trasporti aerei. Il mercato dei vettori aerei è un mercato in parte concorrenziale, l’unica barriera è costituita dal meccanismo di assegnazione degli slot, per le rotte interne alla CEE sono assegnati secondo principi concorrenziali, per le rotta intercontinentali è necessario negoziare accordi bilaterali e attualmente solo Alitalia può volare dall’Italia verso alcune destinazioni. In ogni caso, mentre se si ha una buona infrastruttura esiste un mercato dei vettori a cui si può guardare per sviluppare il settore, non è altrettanto vero il contrario. L’idea quindi di salvaguardare un vettore nazionale per rilanciare il sistema del trasporto aereo italiano mi sembra una forzatura. Il governo invece di attuare politiche dirigiste in settori concorrenziali, dove basterebbe una buona attività di regolazione; dovrebbe concentrarsi nella stesura di un piano nazionale degli aereoporti ed occuparsi di portare a compimento quelle infrastrutture che non consentono ad un aereoporto come Malpensa di essere una scalo logisticamente efficciente.

  10. marco scamardella

    E se il commissario vendesse a prezzo congruo attività aerei e proprietà immbilari? Non si dovrebbe aspettare di sapere le cifre prima di giudicare? E se il piano permettesse ad una compagnia indipendente, leggera, salva dai contratti extra lusso e dal sistema di clientele e corruzioni politiche sindacali , di fare utili e coprire decentemente il sistema aeroportuale italiano nell’ambito di una forte alleanza internaziuonale ? Non viene il dubbio a proposito di mercato che la tanto sbandierato Milano Roma era in regime di duopolio e che la vera concorrenza verrà dal treno? Non sarebbe utile capire perchè Air France era disponibile a spendere per un baraccone ingestibile avendo come tassativa condizione la desertificazione di Malpensa ed il diritto di veto sui collegamenti italiani. Dove è il mercato se si permette ad un operatore straniero monopolista nel suo paese di comprare di fatto il monopolio del traffico italiano mascherandolo con l’acquisto di un azienda fallita che andava comunque per decenza commissariata ? Non è forse che il commissariamento di Alitalia non si era sinora fatto per resistenza politico sindacale trasversale?

  11. Roberto

    Quando a cadere nell’oblio è la piccola impresa il nostro paese come da codice segue le regole, lascia correre e lo dimostrano i dati di mortalità delle imprese censiti dall’istat pochi giorni fà, ad oggi in rialzo. Quando si tratta di grandi colossi si va ben oltre le regole, le si cambiano per dar respiro a realtà economiche che così come sono non hanno altra possibilità se non il fallimento. Siamo entrati in una realtà dove il governo salva l’insalvabile, vedi Alitalia, vedi Fannie Mae e Freddie Mac. La mia domanda è questa: che il managment delle grandi imprese non abusi di tanta grazia che viene concessa dai vari governi locali, prestiti ponte, decreti ad hoc plasmati per ogni situazione?

  12. roberto invernizzi

    Credo che la norma che indica (art. 8 bis, par. 1, lett. b iii) legittimi la cessione in blocco degli slot solo in caso di "acquisizione del vettore" (slot direttamente connessi "al vettore aereo acquisito"), ossia in un caso – sotto questo profilo analogo a quello della lett. b ii) – di acquisizione del soggetto-vettore. CAI dovrebbe invece acquistare singoli asset o al più rami di azienda.

  13. francesco

    Molte tratte ormai esotiche, fino a non molti anni fa, vuoi per il turismo ancora non cosmopolita, vuoi per la netta difficoltà politico doganale, non erano molto battute. L’Alitalia, quindi, per assicurare agli utenti (noi italiani, politici compresi) il servizio, si vedeva costretta a mantenere comunque in piedi quelle rotte, seppur con molti sacrifici che, si concretizzavano ad esempio, nella presenza di meno personale a bordo (2 sole hostess) e riduzioni sostanziali di costi di alloggio (allogi in hotel con poche stelle). Stranamente, con l’aumento del turismo e delle presenze a bordo è aumentato in modo più che esponenziale il personale a bordo ed i diritti ad essi riconosciuti (si iniziava a parlare di pernotti in 5 stelle). Gli effetti di questa politica sulle sole risorse umane, ha portato in meno di cinque anni al deficit. La moda di cercare il colpevole, purtroppo ,porta sempre a coloro che oggi dovrebbero sedersi al tavolo delle trattative che sinceramente vedo pieno. Forse la moda del boom occupazionale si è spostato dai voli ai tavoli di concertazione?

  14. enrico battigambe

    Complimenti al prof. Stanghellini. Condivido in toto la sua coraggiosa analisi, soprattutto in ordine alle due "perle" dallo stesso segnalate e di cui, ovviamente quasi nessuno parla, ed esattamente quanto indicato ai punti a) e b) del paragrafo "NON CI SONO VINCITORI" .= Un bilancio veramente triste – in particolar modo -come dice giustamente Stanghellini – perchè "lo stato ha fatto di tutto per interferire nella gestione di Alitalia, danneggiando azionisti e creditori (e contribuenti).= Speriamo che veramente qualcuno abbia altrettanto coraggio e porti la questione all’attenzione della Corte Costituzionale.

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