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IL RISCHIO OLTRE IL MARCIAPIEDE

Non è chiara la logica economica del disegno di legge Maroni-Carfagna, ma è abbastanza prevedibile quali saranno i risultati: non una riduzione della prostituzione ma un suo semplice spostamento dalla strada ai luoghi chiusi. La formulazione della norma ignora l’evidenza empirica sui rischi di questa scelta, così come emerge dall’esperienza di altri paesi. Contenere e indirizzare il mercato attraverso strumenti economici piuttosto che affrontarlo con soli strumenti penali darebbe in Italia risultati certamente migliori.

Nel disegno di legge Maroni-Carfagna si introduce il reato di esercizio della prostituzione in strada e, più in generale, “in luogo pubblico” e si prevede la punizione sia dei clienti che delle prostitute con l’arresto da 5 a 15 giorni e l’ammenda da 200 fino a 3000 euro. Per chi sfrutta la prostituzione minorile da 6 a 12 anni, sono previste multe da 15mila a 150mila euro. Dopo cinquanta anni cambia così la legge Merlin, la norma che decideva la regolamentazione della prostituzione in Italia e la chiusura delle cosiddette “case chiuse”.

I DATI DELL’OIM

Se il disegno avrà una qualche efficacia, finirà soprattutto con l’indirizzare la prostituzione di strada verso luoghi chiusi. Tuttavia, la formulazione di una legge seria non può ignorare l’evidenza scientifica sui rischi che il semplice spostamento in luogo chiuso può comportare nelle condizioni attuali.
Da qualche tempo, la Organizzazione internazionale per la migrazione gestisce un programma di assistenza delle persone coinvolte nel cosiddetto traffico a scopo di prostituzione e raccoglie dati individuali. Anche se il traffico coinvolge solo una parte dell’offerta straniera di prostituzione che opera nel nostro paese, l’analisi di questi dati è sufficientemente eloquente sui rischi che il disegno di legge comporta.
L’Italia figura fra i più importanti paesi ospiti del traffico a scopo di sfruttamento sessuale, con il 5 per cento del totale nella base dati Oim al 2006. Per circa 2600 delle donne ammesse dall’Iom al proprio programma di assistenza tra il 2000 e il 2006 si conoscono il luogo di lavoro e, quindi, il segmento del mercato in cui operavano al momento del contatto con l’Organizzazione: circa la metà è collocabile in un segmento medio alto che comprende bar, night-club e servizi di ‘scorta’; l’altra metà comprende il lavoro in strada, in appartamenti privati, in massage-parlour e in hotel o motel, soprattutto i primi due.
Se si considera il segmento più esposto a sfruttamenti e abusi, quello medio basso, e si confronta quanto riportato da chi si prostituiva per strada e da chi operava in appartamenti, massage-parlour, hotel o motel nel lasso di tempo considerato, se ne ricava che il luogo chiuso, e specialmente l’appartamento privato, favorisce un aumento degli episodi di violenza, riduce la libertà di movimento, la possibilità di usare il preservativo e la possibilità di accedere a cure mediche in caso di bisogno. In particolare, i dati registrano un aumento di 3 punti percentuali dell’incidenza di episodi di violenza fisica e di stupro perpetrati sulle prostitute nei luoghi chiusi rispetto a quanto succede in strada, ma lo scarto sale a più 10 punti percentuali se il confronto è con i soli appartamenti privati. Inoltre, i casi di diniego totale di libertà di movimento aumentano del 33 per cento; quelli in cui l’uso del preservativo è regolarmente permesso scendono del 32 per cento; infine, i casi in cui l’accesso a cure mediche è sistematicamente negato salgono del 18 per cento. 

L’ESPERIENZA DI ALTRI PAESI

Il peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro per la prostituzione al chiuso controllata da reti più o meno criminose è confermato non solo da analisi statistiche più sofisticate di questi stessi dati Oim, ma anche da una lunga tradizione di altri studi e rapporti. Per esempio, la legge del 1998 sulla criminalizzazione dei clienti in Svezia ha avuto effetti perversi e non previsti dal legislatore: la prostituzione non solo è diventata più invisibile con un aumento di quella esercitata nelle case e attraverso internet, ma soprattutto è diventato più difficile combattere il traffico di esseri umani e lo sfruttamento perché i clienti non collaborano con le autorità. Un’altra conseguenza non prevista è la diminuzione dell’uso dei preservativi perché sono ritenuti prove della colpevolezza dei clienti.   
Una ricerca su Parigi, Stoccolma, Amsterdam e Madrid, che hanno problemi simili a quelli creatisi nelle città italiane per l’afflusso di donne straniere da paesi poveri, mostra come le diverse politiche convergano verso pratiche comuni: ondate di repressione anti-straniere, con conseguente riorganizzazione in condizioni peggiori al chiuso e soprattutto difficoltà di contatto con le vittime di tratta.
Il disegno di legge Maroni-Carfagna ammicca proprio alle soluzioni abolizioniste della Svezia e della Norvegia, dove la sanzione è imposta al cliente, per raccogliere anche le simpatie di benpensanti e di una parte delle donne. Ma se la soluzione svedese è nota, è meno noto che gli esiti sono abbastanza insoddisfacenti. I clienti multati sono stati pochi, in parte perché la domanda si è spostata altrove – al chiuso e appena oltre confine. In parte perché il cliente tipo è un maschio del tutto normale, come testimoniato da varie ricerche e quindi lo si può individuare solo se si ostina ad ‘adescare’ in modo abbastanza plateale.  
La variante norvegese invece riconosce che, per chi esercita, la prostituzione è una fonte di reddito, non sempre di facile rimpiazzo. Così la legge recentemente approvata criminalizza i clienti, ma riconosce al contempo che per molte donne coinvolte si elimina una fonte di reddito. Pertanto, lo stesso governo eroga trasferimenti a quelle organizzazioni che offrono a queste donne soluzioni alternative. Alcune aziende, tra le quali l’Ikea, si sono impegnate ad assumere ex prostitute. L’esempio della Norvegia ci suggerisce che, in realtà, l’efficacia di un qualsiasi provvedimento sulla prostituzione non può prescindere dalla considerazione che per molte delle donne coinvolte si tratta pur sempre di un’opportunità di lavoro, che, a seconda del contesto economico e normativo, si traduce in pesanti condizioni di sfruttamento piuttosto che in laute opportunità di guadagno.

UN LAVORO COME UN ALTRO

In Italia, sarebbe anche auspicabile rafforzare uno strumento legislativo che già esiste ed è per molti versi avanzato nel contesto europeo, l’articolo 18 del Testo unico sull’immigrazione (1998) che sancisce per le vittime della tratta il diritto alla protezione e all’assistenza. Negli anni passati, ha permesso di proteggere le persone sfruttate o vittime di tratta che decidono di uscire dal racket, assicurando l’anonimità e proponendo percorsi di formazione e inserimento sociale e lavorativo. Al tempo stesso, ha favorito la denuncia degli sfruttatori e ha rafforzato la collaborazione tra enti locali, associazioni, magistratura e forze dell’ordine .
Se il luogo in cui viene esercitata la prostituzione è importante per la comunità, si inizi a  trattarla come altri lavori, così da poter influire anche sul dove la si può esercitare, se necessario. Una possibile soluzione, seguendo la linea tracciata dall’Olanda, è mettere a disposizione delle aree, come ha già fatto il comune di Venezia. Ma è soprattutto l’esempio della Germania che potrebbe aiutare a disegnare una politica di regolamentazione del mercato. La prostituzione è legale, ma regolamentata. In alcune zone è proibito prostituirsi per strada. Chi esercita la prostituzione deve pagare le tasse e rispettare alcune norme di sicurezza se si svolge in luoghi chiusi. Se inoltre esistono intermediari, si applica la normativa sui contratti tra lavoratore e datore di lavoro.
Contenere e indirizzare il mercato attraverso strumenti economici piuttosto che affrontarlo con soli strumenti penali avrebbe alcune conseguenze positive in un contesto come quello italiano: toglierebbe linfa vitale alle organizzazioni criminali che sfruttano situazioni di oppressione, aumenterebbe il gettito fiscale e permetterebbe una regolamentazione consona a esigenze di ordine pubblico.

PER SAPERNE DI PIÙ

– BettioF. e Nandi T.K. 2008 “Evidence on Women Trafficked for Sexual Exploitation. A Rights Based Approach”, di prossima pubblicazione su European Journal of Law and Economics.
– Carchedi F.,Stridbeck U., Tola V. (2008)  “Lo Zoning possibile. Governance della prostituzione e della tratta delle donne. Il caso di Venezia, Stoccolma ed Amsterdam”, Franco Angeli, Milano.
– Danna D. (2006) “Prostituzione e vita pubblica in quattro capitali europee” Carrocci, Roma.
– Della Giusta M:, Di Tommaso M.L., Shima, A. Strøm “What money buys: clients of street sex workers” in the US Applied Economics, 2007 vol. 9:1, p 1-17.
– Di Tommaso M.L., Shima, A. Strøm, S. Bettio F. (2007),  “As bad as it gets. Well being deprivation of sexually exploited trafficked women”, Dept. of Economics, University of Oslo, Memorandum, 09/07, ISSN 0809-8786.

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16 commenti

  1. Marco Giovanniello

    Un plauso a quest’ articolo che infrange il muro del perbenismo imperante. Gli Italiani non sanno che la prostituzione è regolamentata in molti Paesi UE. Con quali risultati sarebbe interessante chiederlo alle lavoratrici, che nei bordelli tedeschi, svizzeri e austriaci sono solo maggiorenni e volontarie, nonché "ben remunerate". Non dimentichiamo che già la prostituta stradale, che in Italia sta al gradino più basso, guadagna centinaia di euro a sera. Un breve internet surf mostra che 200 o 300 euro/ora sono la norma per le "escort". E’ pensabile che costoro siano interessate a lavorare all’ IKEA? Se si vuole eliminare la violenza che sta intorno al mondo della prostituzione si può solo copiare i modelli d’ oltralpe, abbandonando le ideologie. All’ aeroporto di Vienna, capitale di un Paese cattolico, compaiono gigantesche pubblicità del Club Babylon. In Italia si manderanno puttane e puttanieri in galera, ma per fare loro posto bisognerà far uscire in anticipo qualche ladro, rapinatore o spacciatore. Viva la sicurezza.

  2. Mario de Riso

    Concordo in pieno con l’analisi del testo e con il coraggio che avete avuto a denunciare lo stupido perbenismo che circonda l’argomento nel nostro paese. Speriamo che prima o poi qualche governo più indipendente dalle gerarchie vaticane si accorga di quel che succede all’estero.

  3. mirco

    Come operatore della sicurezza, sostengo che se si vogliono liberare le strade dalla prostituzione occorre regolare economicamente la prostituzione regolamentandola e regolarizzandola. Il penale non è la strada giusta e occorre lasciare l’ideologia la morale e la religione da parte. Viva i Paesi Bassi e la loro mentalità e apertura!

  4. Fichera Giancarlo

    Questa legge è tecnicamente inapplicabile, chi la propone dimostra di non avere mai aperto un libro di diritto. Nessun giudice condannerà un cittadino a 15 giorni di carcere per essersi fermato a parlare con una donna ferma su un marciapiede. Perchè donne sono, non prostitute perchè nessuno ha ancora chiarito quali sono le caratteristiche per cui una donna può essere definita prostituta. L’autorità come potrà dimostrare che quella tal donna è una prostituta? Da dove lo si evince, dalla gazzetta ufficiale che riporta il nome di tutte le donne prostitute? Dichiarare una donna prostituta senza poterlo dimostrare è un reato, reato di ingiuria, perché, secondo il nostro ordinamento, ognuno di noi ha diritto a godere di buona fama, salvo prova contraria. Così sarà possibile per coloro che vengono portati davanti a un giudice controquerelare per ingiuria gli agenti, colpevoli di ingiuria gratuita e di abuso di atti di ufficio. Come sarà possibile dimostrare che il cittadino ha contrattato una prestazione, magari chiedeva solo indicazioni per una via o salutava un’amica. E poi come sarà possibile dimostrare che è stata fornita una prestazone sessale a pagamento? ecc.

  5. Giorgia Gasponi

    A che serviranno le multe? Come sono regolamentate le prostitute di casa (contrapposto a donna di casa)? Chi controllerà che paghino le tasse sui loro introiti? Chi controllerà che non ci sia schiavitù? Se io fossi una di queste lavoratrici avrei veramente maggiore paura di questa soluzione logistica, e se mi sbaglio bisognerà che qualcuno mi schiarisca le idee. Per quanto riguarda lo scandalo offerto ai nostri piccoli, penso che moltissime trasmissioni televisive offrano molto di più e in peggio per il turbamento dei suddetti piccolini.

  6. alberto ferrari

    A me sembra che l’aproccio dell’attuale Governo sembra sempre lo stesso. Come per la scuola e per la sanità così per la prostituzione i ricchi potranno incontrarsi in albergo o case di lusso e i poveri, che prima facevano una sveltina dietro ai cespugli, dovranno dedicarsi di più all’onanismo. La solita ipocrisia perbenista italiana. In Germania ci sono 400.000 lavoratrici del sesso con regolare denuncia dei redditi. Il problema è lo sfruttamento non la libertà di vendere le prestazioni del proprio corpo cosi come molti 8 e sempre più) vendono con altrettanta discussa amoralità le prestazioni del proprio cervello.

  7. umbe62

    – Prostituzione: quanti tentativi per combattere il fenomeno ma senza arrivare a leggi efficaci. Il degrado dilaga nelle nostre Città e purtroppo anche nelle periferie. Le retate, le multe ai clienti, si sono rivelate delle iniziative encomiabili ma non hanno sortito gli effetti desiderati. Dal momento che quella della prostituzione è denominata la professione più antica al mondo, pretendiamo una legge regionale che la regolamenti, che ne permetta l’esercizio come tutte le professioni (Da Professionista o Dipendente) ma che sia riconosciuta come tale e in base a questo si istituisca una categoria di appartenenza. Quindi: a) Partita IVA, regolamentata dagli studi di settore, o busta paga. b) Tesserino Sanitario c) Rappresentanza Sindacale d) Pensione e) Quant’altro in Diritti e Doveri riconducibile ad una qualsiasi professione. f) Rispetto dell’esercizio come orari e luoghi, opportunamente scelti. g) Certezza della pena per coloro che non risultino appartenenti alla categoria. Così facendo si elimina il fenomeno dello sfruttamento.

  8. lucia foglino

    Il disegno di legge risponde alla logica che si respira oggi: far sparire il disagio che si vede perché la gente abbia la percezione che non ci sia più e quindi si senta più sicura. Averne la percezione però non significa affatto che il disagio non ci sia, il problema dei bulli a scuola non si risolve con un grembiulino, così come i problemi delle donne prostituite, nonché dei loro clienti, probabilmente persone fragili, non si risolvono nascondendoli in luoghi invisibili. Di tutto il dibattito intorno a quelsto disegno però la cosa che più mi fa riflettere e il luogo comune che con leggerezza viene riproposto: "quelle che lo fanno per scelta….". Può darsi che ci sia qualche donne che "sceglie" di prostituirsi, ma credo sia proprio una percentuale minima! Bocca di rosa è una bella canzone di De André. Anche le ragazze che lavoravano nelle rimpiante case chiuse avevano quasi sempre storie di abbandono, disagio, solitudine alle spalle. Comunque coloro che lo farebbero eventualmente "per scelta" non credo proprio che riuscirebbero coprire da sole l’enorme richiesta di sesso a pagamento. E allora? Si decide che, in nome del libero mercato, vanno bene anche alcune vittime dei raket?

  9. Beppe

    Non credo che sul disegno di legge Maroni-Carfagna si debbano capire le logiche economiche, non penso che sia importante ipotizzare lo spostamento dalla strada ai luoghi chiusi. (Dobbiamo ammettere che per un padre di 3 bimbi come sono io già questo è un grosso risultato, i bimbi li educo io…sono io che non li metto davanti alla TV ma la prostituzione se la trovano sotto casa). E’ importante agire subito, bisogna disincentivare il racket, veri e propri criminali. Informatevi proprio dalle schiave che sono state liberate dal giro della prostituzione…ne sentirete tante di testimonianze. Don Benzi si impegnava (e si impegna anche la Comunità Papa Giovanni XXIII che egli ha fondato) a liberare le "schiave" dai marciapiedi per restituire loro una vita, una dignità. Disincentivare i clienti: se un uomo è indeciso ad andare a prostitute, vedendosele sulla strada con i glutei all’aria avrà qualche tentazione in più….se invece viene sanzionato il cliente forse sarà aiutato a non tradire la moglie…

  10. andrea

    Forse siete tutti un po’ ottimisti. Probabilmente si ridurrà nel breve e ritornerà come prima nel medio-lungo. Quanti controlli potranno operare polizia e carabinieri,al di là dei soliti blitz mensili? Ma se non riusciamo nemmeno a controllare lo spaccio di stupefacenti, credete che veramente tra 3-4 mesi le forze dell’ordine dedicheranno anima e corpo a questo reato? Ma non ci accorgiamo che oramai in Italia esiste una illegalità diffusa ampiamente tollerata da tutti?

  11. Simone Scarpa

    Paese strano, l’Italia. Da un lato Bettio e Del Boca vanno a ingrossare le fila degli antiabolizionisti. Dall’altro lato gli abolizionisti sono ormai rappresentati soltanto dalle gerarchie ecclesiastiche. Chi, come me, è laico, abolizionista e femminista (e uomo!), si trova decisamente a disagio in questo paese dove alle donne viene riconosciuto il “diritto” a prostituirsi (il punto è se riconoscerlo o meno negli spazi pubblici!), mentre il loro diritto all’autodeterminazione dei propri corpi viene sempre più messo in discussione. Le autrici dell’articolo sono senz’altro consapevoli del fatto che le loro colleghe svedesi hanno una diversa opinione in merito agli effetti della legge introdotta nel 1998. Sarebbe stato corretto farne menzione nell’articolo. Non esistono studi svedesi che dimostrano l’inefficacia di quella legge. Recentemente alcune esponenti del governo di destra svedese hanno addirittura suggerito al nuovo governatore di New York di introdurre una legge analoga a quella precedentemente introdotta dal governo di sinistra, in seguito ad uno scandalo – alla “Cosimo Mele” – che ha portato alle dimissioni di Eliot Spitzer, il precedente governatore.

  12. Tarcisio Bonotto

    Prima ancora di dichiarare guerra alla prostituzione, di contenerla con la forza e la regolamentazione, è necessario comprendere quali siano le sue cause primarie. Il decreto Carfagna, infatti allontanando le donne dalle strade, le segrega automaticamente nelle case chiuse, ma non risolve il problema. Secondo Sarkar la prostituzione è una delle risultanti alla mancanza di lavoro. Nessuna delle donne oggi sulla strada, lo fanno volentieri, a parte quelle costrette dal racket, ma diventa una necessità per sopravvivere. Allora ‘come dare lavoro a tutti gli italiani’, dovrebbe essere una priorità e responsabilità del governo. Non verrà nessuno da Marte a dirci come fare. Se non c’è lavoro non vi è sicurezza, vi è criminalità, prostituzione et altro ancora. La sicurezza viene di conseguenza alla stabilità economica. I nostri amministratori, dovrebbero pensare a come ricostruire il tessuto economico locale, disciplinare gli italiani, invece di puntare esclusivamente sulla militarizzazione della società.

  13. Marco Giovanniello

    Ha colto nel segno. Il problema sta nella mancanza di un lavoro… che renda centinaia di euro al giorno. Si preferisce pensare che le prostitute siano tutte povere schiave, costrette dalla violenza del racket a concedersi all’ animale desiderio di maschi senza cuore. Invece c’è anche un continuum di cubiste, "veline", ballerine di lap dance, entraineuses, "stradali", escort, pornostar e mantenute che scelgono di avere o anche solo far sognare rapporti sessuali in cambio di denaro, O che si sposano per denaro, qual è la differenza? Perché prostituirsi rende molto denaro, molto di più di quello che si guadagna in ufficio e infatti lo fanno part time pure casalinghe e impiegate. Per avere più denaro, per esibizionismo, perché si sentono appagate dal fatto che un uomo paghi tanti soldi per averle, ma anche perché a prezzo zero la domanda di sesso da parte dgli uomini è enormemente più alta dell’ offerta da parte femminile, ergo solo un prezzo positivo e considerevole può rimettere in equilibrio domanda e offerta. Qualunque intervento statale o religioso che distorca il "mercato" è destinato ad essere aggirato e a fallire.

  14. luigi zoppoli

    Credo che l’articolo abbia il pregio di proporre quell’analisi, quello studio che dovrebbe presiedere ad ogni provvedimento serio. Nel caso della prostituzione e del modo nel quale viene esercitata, giocano infiniti fattori ma quel che è certo è che essa è ineliminabile vieppiù con misure di divieto che non si occupano né del come né del dopo. La storia è piena di esempi di questo. La questione è che se chi ne è tenuto si lascia trasportare dall’ipocrisia bigotta e fintamente perbenista, pur avendo lodevoli intenti non conseguirà il risultato. Senza un approccio anticonvenzionale, originale e laicamente nuovo, sarà ancora una misura di facciata, tanto così per fingere di essere decisionisti.

  15. antonio p

    E’ proprio vero che gli italiani sono degli eccezionali parolai, ma metterne insieme tre per produrre qualcosa di condiviso è impossibile. Tutti solo laici ma professano idee assolutiste in casa degli altri.

  16. rosario chiorazzo

    L’articolo da voi scritto gronda di buonsenso e di razionalita. Dato che ci si accinge a cambiare una normativa che si é dimostrata inefficace a fronteggiare il problema prostituzione perché non si cerca di rifarsi ad esperienze di altri paesi che migliori risultati hanno prodotto? Invece no! Si cerca solo il ritorno di immagine (abbiamo levato le mignotte dalle strade) senza preoccuparsi di implicazioni ulteriori. Ma che modo é di prendere le decisioni? Quanto conta l’nfluenza della chiesa cattolica in tutto ció?

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