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L’EUROPA CHE NON C’E’

Non ci sarà un piano Paulson per l’Europa. La Commissione Europea non ha le risorse e i singoli governi sono troppo preoccupati dei destini delle loro banche nazionali per destinare, nelle attuali circostanze, risorse ad un progetto collettivo. E’ nei momenti difficili che ci accorgiamo che l’Europa politica non c’è.

VENTI DI DEFLAZIONE IN AMERICA E IN EUROPA

La riduzione della quantità di credito a disposizione delle banche e degli altri istituti di credito a causa del diffondersi della crisi dei mutui ha portato alla necessità di un virtuale salvataggio del sistema finanziario americano nella speranza di evitare una brusca contrazione del credito alle aziende americane e quindi una severa recessione negli Stati Uniti. Dopo una settimana di discussioni, è arrivato al Congresso americano il piano di salvataggio (il cosiddetto “piano Paulson”) basato sulla predisposizione di ingenti risorse finanziarie pubbliche (più prosaicamente: quattrini dei contribuenti). Il Congresso lo ha però respinto. Sono evidentemente prevalse le riserve di chi teme di trasferire denaro dei contribuenti a istituzioni finanziarie che non lo meritano (riserve di cui racconta Luigi Spaventa). Il peggio è che i venti di deflazione che soffiano già da un anno sulla sponda occidentale dell’Oceano Atlantico stanno, con la contrazione della disponibilità di credito e il parallelo rallentamento ciclico delle varie economie, arrivando anche sulla sponda orientale dell’Oceano. In Italia, l’indice dei prezzi al consumo è sceso dello 0,3% in agosto, invertendo significativamente la tendenza dei mesi precedenti. A questo punto, e lasciando da parte per un momento le domande di fondo sulla bontà di un tale piano (di cui discutono Gros e Micossi), una delle domande da porsi è se l’Europa sia in grado di mettere in campo un suo piano Paulson contro i venti di deflazione.

PERCHE’ DA NOI NON CI SARA’ UN PIANO PAULSON

In realtà l’Europa – come la Laura di un tormentone canoro estivo di qualche anno fa – non c’è e quindi non può impegnarsi in un piano euro-Paulson. Per due ragioni principali. Primo, l’Unione Europea non ha una spesa federale con cui finanziare il salvataggio di eventuali banche o imprese di assicurazioni nazionali in difficoltà. Mantenendo come punto di riferimento i conti di Daniel Gros e Stefano Micossi sull’esposizione dei principali istituti di credito europei, è evidente che il bilancio della Commissione europea sarebbe del tutto insufficiente alle necessità. Il bilancio della Commissione ha, infatti, una dimensione molto limitata (circa l’1% del PIL dei paesi membri) ed è destinato a cose come la politica agricola, la coesione sociale e, più recentemente, anche il sostegno alla ricerca e l’innovazione. Secondo, il bilancio dell’Europa è destinato a finalità strutturali, non a compiti come quello di aumentare occasionalmente la spesa pubblica in funzione anticiclica, compito che il bilancio federale può svolgere in un paese politicamente unito come gli Stati Uniti d’America. Raggiungere in poco tempo un consenso tra ventisette paesi europei su come estendere sostanziose linee di credito a istituti di credito di difficoltà è una missione impossibile.
Sulla base del trattato di Maastricht il compito di compensare le oscillazioni cicliche con il bilancio pubblico è demandato ai singoli stati europei. Avviene così che i governi di Belgio, Olanda e Lussemburgo decidano per conto loro il salvataggio di Fortis, colosso bancario e assicurativo del Benelux. Posti di fronte allo stesso dilemma, probabilmente farebbero lo stesso i governi di Svezia, Danimarca e Finlandia. Cosa accomuna Belgio, Olanda, Lussemburgo, Svezia, Danimarca, Finlandia? E’ la lista dei piccoli paesi fiscalmente virtuosi, con una tradizione di bilanci in pareggio o addirittura in surplus. A questa lista di paesi che “potrebbero permetterselo”si possono aggiungere Spagna e Germania che, nonostante il rallentamento ciclico dell’economia, nel 2008 dovrebbero comunque mantenere un bilancio pubblico in pareggio o quasi. E la lista dei paesi disponibili ai salvataggi nazionali si può allungare con Irlanda e Regno Unito. Da un lato, le banche inglesi e irlandesi, molto legate a quelle americane, sono più esposte alla crisi di quelle degli altri paesi europei. Dall’altro lato, inglesi e irlandesi pur mostrando bilanci in rosso hanno un basso debito pubblico pregresso (27% del PIL l’Irlanda e 47% il Regno Unito) e i governi hanno quindi la possibilità di trovare le risorse fiscali per intervenire. Per Gordon Brown, tra l’altro, potrebbe essere l’ultima carta da giocare per recuperare un po’ di consenso elettorale.
Ben diverso è invece il discorso per Francia e Italia, oltre che per la maggior parte dei paesi dell’Est Europa dentro all’Unione, tutti già oggi con deficit pubblici non troppo distanti dal 3% del Pil. L’Italia, in più, ha anche un debito pubblico ancor superiore al 100% del Pil. Per questi paesi, costosi salvataggi a livello nazionale sarebbero più difficili a causa degli stringenti vincoli di bilancio esistenti.

CONCLUSIONE

I paesi che possono permetterselo saranno probabilmente inclini a salvare i loro istituti di credito in difficoltà con risorse pubbliche. E’ invece assolutamente improbabile che, ad esempio, il governo tedesco, che ha le sue gatte da pelare, sia disponibile a tirare fuori anche solo un euro per salvare una banca o una società di assicurazione di un paese terzo in difficoltà. E se lo farà lo farà guardando ai suoi interessi strategici più che alla solidarietà europeista. Lo stesso presumibilmente varrà per gli altri paesi in surplus.
Per fortuna, come ripete anche il ministro Giulio Tremonti in queste settimane, il sistema bancario italiano è meno interessato degli altri da questa crisi, anche perchè le nostre famiglie hanno fatto solo raramente mutui al 90 o al 100%, come invece è avvenuto in America. Altrimenti saremmo in un brutto pasticcio dal quale dovremmo uscire da soli.

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11 commenti

  1. Massimo GIANNINI

    Meno male che non si puo’ fare un piano Paulson ovvero un fondo di partecipazioni statali nelle banche. Già é opinabile un tale intervento pubblico a livello nazionale, nazionalizzando e socializzando le perdite. Peggio ancora se questo fosse a livello europeo dove oramai c’é uno stallo decisionale e scarso impegno dei governi nazionali per l’Unione Europea. Ogni governo pensa agli affari propri ultimamente. Qualcuno ancora deve spiegare perché il contribuente deve pagare errori altrui e quale sarà il ritorno delle risorse pubbliche investite nelle banche. Insomma una bella analisi costi benefici. I governi sino ad ora stanno intervenendo senza chiedere nulla né ai contribuenti né agli azionisti. Rilevano quote di banche senza dire cosa ne faranno né come sono contabilizzate nel bilancio statale (e deficit in alcuni paesi). Affare non da poco. Potrebbe anche rendere bene un tale investimento ma manca l’accountability…perché paga il contribuente.

  2. Altromedia

    L’Europa politica non ci sarà, ma quella della ricchezza concentrata c’è. Quello che sta succedendo nell’economia in Italia,nella UE e negli USA è comprensiblissimo in modo semplice. Semplicemente, succede che la ricchezza concentrata sta succhiando soldi alla ricchezza diffusa. Un crollo delle borse adesso sarebbe un disastro per tutti, ma almeno si riconoscesse come stanno le cose.

  3. Francesco Panfilo

    Beh! sinceramente è meglio che l’Europa politica non ci sia se l’esserci volesse dire una mostruosità come quella presentata da quel ladro di Paulson e dei suoi amici banchieri. Trovo assurdo che chi ha il compito di vigilare, oggi si proponga come salvatore di una mostruosità che anche lui ha contribuito a creare. Prima questi signori (Bernanke and company) devono tutti andare a casa e io li condannerei pure a 20 anni di galera e confischerei tutti i loro beni. Solamente chi li sostituisce può avere la legittimità politica di presentare un piano di salvataggio.

  4. amedeo cazzalini

    La commissione europea al contrario dovrebbe attivarsi per verificare se non siano in corso comportamenti distorsivi della concorrenza nei mercati finanziari. I salvataggi delle banche belghe sono aiuti di stato che vanno bloccati. In EU, gli aiuti di stato sono illegali. Anche per la finanza.

  5. franco benoffi gambarova

    Caro professore, tutto condivisibile quello che lei scrive. Ma, a mio parere, sia a livello europeo che a livello dei singoli Stati (Italia in primis), ci mancano gli statisti. Un politico brasiliano mio amico dei tardi anni ’70, per definire un personaggio politico, mi disse "statista è un politico che fa gli interessi del suo Stato e della sua Nazione, in modo disinteressto e capace, incurante della popolarità e della demagogia. Non tutti i politici sono statisti". Ecco: noi abbiamo tanti politici e pochissimi statisti. Quindi "viva i tecnocrati", quando sono bravi ed onesti, come Draghi, Trichet, ecc, con la speranza che i politici non statisti non mettano loro i bastoni fra le ruote.

  6. Vince

    Assumendo, per ipotesi, che quest’articolo voglia criticare la mancanza di un’effettiva unione politica dell’Europa, non si vedono al riguardo le argomentazioni a sostegno di tale tesi. Senza tale unione l’Europa non potrebbe incorrere in figure francamente ridicole come quelle fatte da Paulson and company? Bene, ecco un’argomentazione a favore, e non contro l’attuale stadio d’integrazione europea. Senza unione politica non si riuscirebbe a salvare, o addirittura a programmarsi preventivamente a salvare le banche (come sostenuto orribilmente da Gross e Micossi), le quali non sono più in grado di stimare i rischi per garantire almeno la loro sopravvivenza? Bene, eccone un’altra a favore dell’Europa. Benintesi, anch’io mi auguro un’unione politica vera, ma potrei lasciare fiumi di inchiostro al riguardo. E francamente, in questa vicenda, più leggo, più mi rendo conto che la fortuna dell’Europa sta proprio nella sua limitata forma d’integrazione, che impone dei vincoli che non possono ancora essere superati dall’incoscienza, che è spesso figlia della paura quando non si riesce a controllarla. Oggi è il periodo per elogiare ciò che abbiamo. Domani, forse, lo faranno anche gli altri.

  7. Renato

    La deflazione é necessaria in un sistema economico di mercato. I mercati inflazionistici sono o inefficienti o drogati da una politica monetaria errata. Ci sono molti aspetti positivi della deflazione, prima tra tutti aumentare il potere di acquisto dei salari e redditi bassi, selezionare le aziende migliori, insomma depurare e rigenerare il mercato. Altrimenti ci sarebbe reflazione che é ció che si augurano i potenti che hanno gestito il sistema in modo fallimentare, poiché in tal caso sopravviverebbero alla crisi a spese dei poveracci. Insomma la solita storia. Chiunque descriva la deflazione come una cosa negativa, fa il gioco dei potenti non certo del poveri, almeno sia chiaro chi sta dalla parte di chi.

  8. Piero Torazza

    Tremonti dice che i nostri mutui sono ben coperti dalle ipoteche: credo sia vero, il che vuol dire che se gli italiani non riusciranno a pagare i tassi in rialzo (le banche spingevano al variabile quando era ai minimi storici!) ci rimetteranno i singoli e non. Cambia il soggetto colpito, non il conto totale che il sistema dovrà pagare. Inoltre il vero problema sono i derivati stranieri che potrebbero avere in pancia le banche: importiamo i Subprime et Credit Default Swap dagli Usa. Probabilmente le banche avranno fatto come con Parmalat: nell’ultimo anno avranno spinto le reti a trasferire rischi il più possibile ai loro clienti (inclusi enti locali). La riforma del Tfr ha dato una mano. Tutto questo sotto il controllo della Banca d’Italia che "ora" chiede un monitoraggio quindicinale. Il debito pubblico al 104% non ci lascia margini. E brutto dirlo ma credo che l’unica leva utilizzabile nel breve dalle istituzioni private e pubbliche sarà sperare che la poca trasparenza ed il controllo dei media tenga alta la fiducia. Paradosso: per una volta "forse" il "controllo dell’informazione" è l’ultima risorsa nazionale a nostra disposizione!

  9. luis

    Il ministro Giulio Tremonti e tanti altri dicono che il sistema bancario italiano è meno interessato degli altri da questa crisi, anche perchè le nostre famiglie hanno fatto solo raramente mutui al 90 o al 100%, come invece è avvenuto in America. Finalmente, forse solo da pochi giorni, si sta capendo che la crisi dei mutui è solo l’inizio o la giustificazione di un terremoto o di una catastrofe finanziaria che è legata ai derivati e agli strumenti " a leva " che sono stati impiegati con tanto trionfalismo e spregiudigatezza da banche, hedge fund e fondi di private equity. Quelli che hanno comperato case e non possono più pagare che percentuale rappresentano delle miliardarie perdite delle banche? Penso solo una briciola. C’è solo da incrociare le dita!

  10. ritucci giorgio

    Mi sono fermato alla lettura di: E’ nei momenti difficili che ci accorgiamo che l’Europa politica non c’è. E non c’è il tipo di unione che ci necessita, ovvero quella federale. L’attuale pasticcio in salsa nazionalista serve solo alle classi dirigenti politiche nazionali per mantenersi salde al potere. In Italia paese corrotto e clientelare distrutto politicamente e moralmente dal consociativismo il fenomeno è di entità astrale. Non esitono partiti politici a dimensioni europee ma partitini nazionali guidati da professionisti della politica capaci solo di pensare ai propri interessi. Mai a quelli dei concittadini spesso trattati come dei sudditi idioti. Che dire di più? Se aggiungessi che è stato fondato da semplici cittadini di cultura liberale e federalista un partito di dimensioni europee con uno Statuto e Regolamento a misura di una democrazia matura a chi interesserebbe? Eppure si dovrà pure cominciare a mettere in atto proposte di vero cambiamento. Non sarà possibile continuare a propinare belle analisi della situazione di crisi senza fare un bel nulla e rischiare di conseguenza il disastro economico e morale.

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