Lavoce.info

SI FA PRESTO A DIRE BONUS

Social card e bonus sembrano ben centrati a favore delle famiglie più povere. Le due misure consentono di ridurre la disuguaglianza in modo apprezzabile: l’indice di Gini del reddito disponibile familiare equivalente passa da 30,99 a 30,59. Ed è il Sud a trarne maggior beneficio. Il bonus appare però come una inutile e temporanea duplicazione dell’assegno al nucleo familiare. Mentre la social card da sola non può essere una adeguata forma di contrasto alle povertà più gravi. La risposta migliore resta il reddito minimo di inserimento.

Il decreto legge 185 approvato dal governo lo scorso 29 novembre prevede alcune misure temporanee, limitate al 2009, pensate per favorire prevalentemente le famiglie più povere. Lo strumento prescelto è quello del trasferimento monetario: a meno di passare all’imposta negativa, per aiutare effettivamente i più poveri, non si può infatti agire sulle detrazioni o deduzioni Irpef a causa del numero considerevole di contribuenti già incapienti, circa il 29 per cento.
Il bonus è il principale strumento scelto per sostenere i redditi delle famiglie. La social card, invece era già stata decisa con la “Finanziaria di giugno”, ma è stata realizzata solo ora; per questo, pur non essendo stata pensata per fronteggiare la crisi economica, va considerata unitamente al bonus. Vediamo quali sono gli effetti distributivi delle due misure.

SOCIAL CARD E BONUS

La social card è un buono utilizzabile per acquisti presso negozi convenzionati e per il pagamento delle bollette della luce e del gas. La discussione dei vari aspetti a favore e contro un provvedimento di questo tipo richiederebbe un lungo approfondimento. (1) Ci limitiamo qui a verificarne l’impatto distributivo. L’importo della social card è pari a 40 euro mensili, destinato ai cittadini a basso reddito con almeno 65 anni e ai genitori di figli di età inferiore a 3 anni. Il requisito di povertà è stringente: occorre essere cittadini italiani incapienti ai fini dell’imposta personale e progressiva; avere un reddito disponibile inferiore a 6mila euro se di età inferiore a 70 anni e a 8mila se di età pari o superiore a 70; avere una sola autovettura; avere l’indicatore della situazione economica equivalente (Isee) inferiore a 6mila euro; possedere solo l’abitazione di residenza o poco più; essere titolare di un solo contratto per la fornitura di ogni tipologia di utenze domestiche e possedere un patrimonio mobiliare inferiore ai 15mila euro. Il costo da noi stimato per questo provvedimento è di circa 489 milioni di euro. I beneficiari sono potenzialmente 1,02 milioni, di cui 233mila bambini di età inferiore ai 3 anni e 786mila pensionati di età pari o superiore a 65 anni. Nelle simulazioni effettuate abbiamo assunto che tutti i potenziali beneficiari ricevano in effetti il trasferimento.
Il bonus famiglia è invece un intervento transitorio, eventualmente cumulabile con la social card, che prevede un trasferimento di denaro, erogato in somma unica all’inizio del 2009, variabile dai 200 ai 1000 euro a seconda del reddito complessivo Irpef e della composizione del nucleo familiare. Il costo complessivo di questo provvedimento è valutabile in 1,96 miliardi di euro. Secondo i nostri calcoli, la misura interessa 6,45 milioni di famiglie.

LA DISTRIBUZIONE DEI BENEFICI

Per valutare gli effetti delle due misure utilizziamo un modello di microsimulazione fiscale statico la cui base dati è l’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane effettuata dalla Banca d’Italia e relativa al periodo d’imposta 2006. Tutti i dati monetari sono rivalutati al 2008. Nel complesso, le misure si concentrano significativamente sulle famiglie più povere, incrementandone il reddito disponibile (tabella 1). (2)
Secondo le nostre stime, hanno diritto alla social card il 3,7 per cento delle famiglie italiane. La riceve il 25,7 per cento delle famiglie del primo decile, mentre la quota di beneficiari è trascurabile a partire dal terzo. Il bonus è invece percepito da circa una famiglia italiana su quattro, con percentuali significative di beneficiari nei primi cinque decili della distribuzione del reddito. Anche la ripartizione della spesa complessiva per decili conferma che la social card è decisamente concentrata sui primi due decili, mentre i benefici del bonus famiglie sono più generalizzati, interessando tutta la prima metà della distribuzione del reddito. La social card aumenta dell’8 per cento il reddito disponibile delle famiglie del primo decile che la ricevono, il bonus famiglie invece ha un effetto più modesto, 4,8 per cento. Considerato che il bonus famiglie ha un impatto distributivo simile a quello dell’assegno al nucleo familiare, sarebbe stato più efficiente, ma meno politicamente “visibile”, aumentare per sei mesi l’importo dell’assegno familiare. Si sarebbero così evitati significativi costi amministrativi per la compilazione della dichiarazione, verifica, invio bonus, e così via, eccessivi per un provvedimento una tantum.
I due benefici sono cumulabili: il 21,1 per cento delle famiglie appartenenti al primo decile beneficiano sia della social card sia del bonus famiglia. In particolare, il 43 per cento dei nuclei familiari appartenenti al primo decile in cui sia presente almeno un figlio di età inferiore ai 3 anni ricevono sia la social card (una per ogni figlio piccolo), sia il bonus famiglia. Il 24 per cento delle famiglie con figli a carico ai fini Irpef riceve almeno il bonus famiglia.
Per quanto riguarda gli effetti territoriali, è il Sud a trarre maggiore beneficio dagli interventi: il 54,2 per cento della spesa totale è destinata proprio alle regioni meridionali, mentre il Nord e il Centro beneficiano, rispettivamente, del 25,1 e del 20,7 per cento (tabella 2). Al Meridione vanno i due terzi della spesa totale per la carta prepagata. Infine, il 40 per cento delle famiglie del Sud traggono beneficio da almeno uno dei due interventi , contro una media nazionale del 28 per cento.
Complessivamente, le due misure consentono di ridurre la disuguaglianza in modo apprezzabile: l’indice di Gini del reddito disponibile familiare equivalente passa da 30,99 a 30,59. Non è poco, considerando anche le risorse impiegate. Tuttavia, il miglioramento in parte vale solo per il 2009, perché dal 2010 dovrebbe essere garantito solo il beneficio derivante dalla social card e solo nella misura in cui le risorse che affluiranno sull’apposito Fondo per il finanziamento della “carta” risultino sufficient). Sempre per il 2009, diminuisce anche il numero delle famiglie povere: l’indice di diffusione della povertà, con linea posta al 60 per cento del reddito mediano, passa dal 16,6 per cento al 15,9 per cento. Se invece consideriamo una definizione più severa della povertà, con linea al 40 per cento, l’indice passa da 5,9 a 5,2 per cento.
In conclusione, i due provvedimenti sembrano ben centrati a favore delle famiglie più povere, soprattutto la social card. Il bonus famiglie appare però come una inutile e temporanea duplicazione dell’assegno al nucleo familiare: sarebbe stato meglio non introdurlo, ma agire sull’assegno. Anche la social card ha sicuramente rilevanti costi amministrativi, che qui non sono stati considerati, ma che ne riducono l’impatto redistributivo. Anche se è apprezzabile l’obiettivo di concentrarsi sui soggetti più poveri, è comunque evidente che la social card non può da sola rappresentare una adeguata forma di contrasto alle povertà più gravi. La risposta migliore a questo problema resta l’introduzione di un reddito minimo di inserimento, come già hanno fatto quasi tutti i paesi europei.

(1) Si veda ad esempio l’articolo di C. Gori sulSole 24Ore del 2 dicembre per una discussione più generale. Sui voucher in generale, un utile riferimento è il volume Vouchers. Presupposti, usi e abusi, di Luca Beltrametti, Il Mulino.
(2) Il reddito disponibile familiare è dato dalla somma del reddito netto ai fini Irpef, degli assegni familiari, dei redditi esenti, dei redditi netti soggetti a tassazione separata, dei redditi netti derivanti dal capitale finanziario diminuita degli interessi passivi pagati su mutui e debiti, dell’Irap (per i lavoratori autonomi), dell’Ici e della Tarsu. Tale reddito disponibile familiare è reso equivalente attraverso l’utilizzo di una scala di equivalenza.

Tabella 1: Distribuzione dei benefici per decile di reddito disponibile equivalente

 

Tabella 2: Distribuzione dei benefici per area geografica

 

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Tre regali contabili per la Nadef 2023*
Leggi anche:  Nuovo approccio per una spending review efficace*

Precedente

QUANT’E’ LONTANA L’ARGENTINA?

Successivo

DILEMMI ITALIANI

23 commenti

  1. maria mazzei

    "Ammortizzatori più ricchi", recitano oggi alcuni giornali. Pare infatti che il governo abbia trovato 5-600 milioni in più. Andranno – come una tantum – ai cocopro che abbiano un reddito tra 5 e 13.820 euro, in aree o settori in crisi, senza lavoro da 2 mesi, ecc. Ci vogliono tutti questi requisiti? E figli a carico? Casa in affitto? Titolo di studio? A quando un conteggio un po’ più decente?

  2. Massimo GIANNINI

    Non capisco come si fa a dire che “le due misure consentono di ridurre la disuguaglianza in modo apprezzabile” quando lo scarto tra i due indici di Gini è minimo e soprattutto se si attenuano le ipotesi degli autori con un’attribuzione di probabilità che le medesime si avverino si scopre praticamente che l’indice non si muove. E non potrebbe essere altrimenti vista la tendenza alla forte diseguaglianza dei redditi italiana degli ultimi anni (cfr. http://www.lavoce.info/articoli/pagina1000749.html). Diciamo che con le misure non si è recuperato nemmeno un po’ d’inflazione, fiscal drag, o altro.

    • La redazione

      Visto che l’indice di Gini ha in effetti un campo di variazione molto limitato, una sua riduzione di quasi mezzo punto, con 2,5 miliardi di spesa, non è poco.

  3. gianni

    Il marchingegno messo su per la social card sembra studiato apposta per erogare il meno possibile e anche con discriminazioni. Firma autenticata: anziani ed invalidi dovrebbero pagare un pubblico ufficiale per l’autentica, se non sono in grado di andare personalmente agli sportelli delle poste. Il beneficiario deve essere intestatario di contratto di luce. Per cui chi non ha soldi per un contratto di luce non ha la social card. In due punti due esclusioni gravi ed ingiuste: prorprio chi è piu’ bisognoso viene escluso o si sobbarca a costi che decurtano i miserandi benefici di questa pseudo elemonisa governativa.

  4. elisabetta torossi

    Sono una madre separata con 5 figli dai 19 ai 7 anni interamente a carico. Sono libera professionista (pubblicità, un settore veramente in crisi) perché nel 2004 ho perso il lavoro. Prendo 150 euro a figlio come mantenimento, e l’anno scorso ho avuto un reddito di ca. 34.000 euro. Ho un mutuo trentennale di circa 1.000 euro al mese (sono al secondo anno), e spese di condominio di circa 5.000 euro all’anno. Non parliamo delle spese scolastiche (900 euro nel 2008 solo di libri per i tre che frequentano medie-superiori-università, più 700 per tasse universitarie, più materiale etc), e neppure del resto. Come libera professionista anticipo l’IVA (anche se vengo pagata sei mesi dopo), e ricado negli studi di settore che decidono quale tenore di vita dovrei tenere. In proporzione pago più tasse di Valentino Rossi a cui se non sbaglio il Fisco ha condonato 2/3 del dovuto. Io sono fuori da tutti i bonus (a parte la dote scuola, data se non sbaglio dalla Regione, che consiste in buoni – tipo ticket restaurant – da spendere in libri e materiale scolastico); il mio reddito viene considerato alto, ma nessuno pensa che viene diviso per 6. Mi sembra una vera ingiustizia.

  5. Anna Maria Brandinelli

    La social card è solo per chi imbroglia o per i morti. Come lo so? Mia zia ha come pensione di reversibilità € 500,00. All’INPS l’impiegato le ha detto che non ne ha diritto perché abita con sua figlia (separata), che possiede casa (con mutuo pesantissimo). Quasi piangendo, l’impiegato le ha riferito che su 150 persone che si sono presentate allo sportello, ha potuto riconoscere il diritto alla card a …una sola persona! Immagino facesse l’orefice.

  6. Bruno Stucchi

    Come sempre quando per accedere a certi benefici si stabilisce una soglia, si trova sempre qualcuno che con parametri di poco superiori al limite si lamenta, qualche volta anche giustamente. Come spiegare che in questi casi non c’è effetto tunnel? O lasciamo tutto alla discrezione del prence? O usiamo logica sfumata?

  7. Salvatore Tutino

    Ottima analisi, conclusioni ingenerose. Infatti: a) la disponibilità di maggiori risorse avrebbe certamente consentito di spostare più in alto l’asticella dell’intervento, ricomprendendovi ulteriori espressioni di povertà (come quella lamentata dalla lettrice separata e con 5 figli). Ma i 2,5 miliardi di oggi rappresentano uno sforzo maggiore di quanto fatto (disponendo, come si sosteneva, di un tesoretto!) un anno fa con il “bonus incapienti” (1,9 miliardi); b) un intervento strutturale sarebbe stato preferibile a misure temporanee. Lo si è sostenuto anche nel 2000 (bonus a pensionati e dipendenti con le buste paga di novembre) e l’anno scorso (bonus incapienti). Casi accomunati dalla resistenza del policy maker ad impegnare strutturalmente il bilancio pubblico. Oggi, più che in passato, tale resistenza riflette un’oggettiva difficoltà; c) procedure amministrative meno gravose? Certo, ma l’alternativa rinvia agli errori del 2007, quando: l’incapienza fu assunta come sinonimo di povertà e lealtà fiscale; un beneficio indifferenziato (150 €) non distinse fra livelli di povertà; la commisurazione al reddito individuale comportò l’assegnazione del bonus anche a famiglie benestanti.

    • La redazione

      Siamo sostanzialmente d’accordo con quanto lei afferma. L’aumento temporaneo dell’assegno familiare avrebbe però avuto un costo amministrativo nullo, e non avrebbe impegnato risorse in modo permanente. Con il bonus famiglie, si sono ripetuti gli stessi errori dei provvedimenti che lei ha ricordato nel suo commento, che a suo tempo già criticammo.

  8. moreno

    Ormai tutto è all’insegna della"Presa x i fondelli". La social card al nord la riceveranno solo le 80 enni vedove, con la "minima, non accompagnate dai figli, alla faccia della famiglia. Al sud non ho dubbi che ciò sarà un successone (motivi storici), dato poi che al nord stagniamo, quindi per proprietà transitiva del pensiero del Premier la crisi è nelle mani dei consumatori del sud e di quelli più poveri per giunta. Ma se invece dai 70 anni in su li lasciassimo deperire per volontà di Dio, si potrebbe far qualche calcolo economico? O i calcoli li sta già facendo il governo? Chi vivrà saprà.

  9. Bruno Stucchi

    Ricordo ai distratti che 40 euro sono spesso molto di piu’ di quanto certe categorie ottengono, magari dopo N scioperi, per il rinnovo del contratto.

  10. GIANLUCA COCCO

    E’ incredibile che su questa elemosina del Governo si facciano addirittura delle analisi e si giunga pure alla conlusione che ha effetti apprezzabili. Per molte famiglie stiamo parlando di 30/40 centesimi (a testa) al giorno e voi parlate di riduzione della disuguaglianza? Anche questo approccio dimostra che in realtà a nessuno di coloro che si occupano di poco abbienti interessa redistribuire seriamente la ricchezza nazionale, assicurando un reddito disponibile, non solo dignitoso, ma indispensabile per poter rilanciare l’economia e garantire un futuro decoroso ai nipoti dei privilegiati stessi.

    • La redazione

      Continuiamo a pensare che qualche elemento quantitativo non faccia mai male.

  11. luigi sampaolo

    Nello speech del premio nobel, Krugman ha illustrato il suo metodo di ricerca. Al numero uno c’è “Listen to the Gentiles” (solo poi: Question the question; Dare to be silly; Simplify, simplify). In questo caso va bene chiedere a Mr. Gini (n.2) ma non prima di chiedere alle/agli assistenti sociali del nostro paese – la trincea sottopagata del pubblico impiego, altro che fannulloni. Facendolo si scopre che i nostri social worker ritengono la social card un assurdo. Ti spiegano che ci sono anche piccoli motivi pratici: gli anziani che hanno bisogno di 40 euro/mese spesso non hanno nessuno che li aiuti a compilare gli impegnativi moduli ISEE; che l’intervento sulla vera marginalità ai soldi accompagna sempre un progetto. Che la social card è il ragionamento di un’economista volenteroso che non sa nulla di come già lo Stato si occupi degli anziani poveri (con sempre meno risorse). Abbiamo bisogno di economisti che si degnino to listen the Gentiles altrimenti continueremo a non capire niente: dalle crisi finanziarie alla lotta alla povertà. Solo poi calcolare l’indice di Gini mi sembra abbia senso (un buon inizio: assistentisocialiodc.it/2008/Luglio/assoc080708/C-Stampa_Socialcard.pdf)

    • La redazione

      Ripetiamo che non abbiamo affatto voluto formulare una valutazione complessiva della social card, per la quale le normali dimensioni di un articolo non sarebbero sufficienti. Come abbiamo scritto in risposta ad un altro commento, si poteva intervenire diversamente. Tuttavia, la social card c’è. Quindi pensiamo possa essere utile anche qualche elemento quantitativo. Lungi da noi l’idea di sostituirci agli esperti sul campo, ma in altre sedi (vedi ad esempio il contributo al volume "Politica in Italia 2008", edizioni Il Mulino) abbiamo sostenuto che tutti i Governi italiani recenti continuano a dare importanza eccessiva ai trasferimenti in denaro, mentre trascurano quelli in natura, cioè i servizi.

  12. Luca Cifoni

    L’osservazione secondo cui in buona parte il bonus si sovrappone all’Anf è fondata, soprattutto alla luce dei costi amministrativi che si sarebbero potuti evitare. Secondo la relazione tecnica del decreto c’è però una quota consistente di beneficiari – i circa 3 milioni e mezzo di pensionati soli con reddito inferiore a 15.000 euro annui – che non fa parte della platea dell’Anf. Non è facile dire se i 200 euro a loro destinati siano un aiuto necessario ed effettivo, perché probabilmente ci sono situazioni molto diverse. Sta di fatto che questo tipo di mono-famiglia è stata preferita ad un’altra categoria di “single” a basso reddito, ossia i giovani precari. Cosa ne pensate?

    • La redazione

      Giusta osservazione. Forse questa “dimenticanza” dei single precari è dovuta a motivi di consenso politico. Il Governo potrebbe rispondere che per i precari ha iniziato ad estendere la rete degli ammortizzatori sociali, anche se in modo confuso, molto parziale e temporaneo. Una coppia di precari sposata, se rispetta i requisiti, riceve il bonus. I giovani precari che vivono coi genitori possono ricevere il bonus a patto che la famiglia nel complesso rispetti i limiti di povertà previsti dalla norma.

  13. gianna venturini

    Se proprio non si voleva concedere qualcosa di strutturale sulle pensione dei poveri, si poteva, con un costo inferiore a quello della card emessa dalla Master Card (che non fa beneficenza), distribuire ad inizio anno quattro buoni pasto al mese di 10 euro ciascuno, come è in uso per gli impiegati sia pubblici che privati. Il faticoso iter imposto a vecchi e malati che comporta non meno di 4 file tra Caf e INPS, è studiato per convoglierli sotto pioggia e neve in posti chiusi dove il virus dell’influenza, quest’anno particolarmente virulento, possa decimarli in una specie di Soluzione Finale burocratica.

    • La redazione

      Condividiamo in pieno la preoccupazione per gli inutili oneri burocratici.

  14. giovanni

    Per chi ha un reddito inferiore ai 15.000 euro ed è single non pensionato il bonus fiscale non è previsto. Insomma il governo e il suo premier in testa, cerca di puntare sulla conquista del consenso delle generazioni a sé più affini (pensionati e anziani) che vedono in questi strumenti incoerenti e privi di progettualità verso un vero sistema di welfare, una sorta di “aiuto” provvidenziale concesso da uno “Stato Padre”.Secondo quale logica io (e i tanti giovani che si trovano in simili condizioni di reddito) non posso accedere al bonus in quanto non sposato o convivente mentre un pensionato sì…. La crisi dei redditi ( quella economica attuale per me è cominciata qualche tempo fa) non colpisce indistintamente tutti? Come mai non è emerso questo dato nella vostra analisi, dato che avete sempre posto particolare attenzione al rapporti intergenerazionali nei vostri articoli? Gli autori non ritengono che una modifica del provvedimento sia necessaria per consentire ai tantissimi precari /redditi bassi , single e non pensionati, ma semplici lavoratori dipendenti di potervi accedere? Perché il vostro approccio nei confronti dell’attuale Governo si sta man mano ammorbidendo?

    • La redazione

      Siamo d’accordo con lei sul punto che solleva. Noi però ci siamo limitati ad una valutazione quantitativa dell’impatto del bonus famiglie e della social card ipotizzando che tutti i potenziali beneficiari potranno usufruire delle misure. Non ambivamo ad una valutazione complessiva del senso della manovra: abbiamo ritenuto utile fornire alcuni elementi quantitativi. Poi ognuno trae le proprie conclusioni. Per noi sarebbe stato meglio agire per altre vie, come osservato nel testo dell’articolo.

  15. Jois Lelli

    L’unica cosa della Social Card che ho visto in TV sono i due bei loghetti "Master Card" e "Poste Italiane" sul fronte (magari quando alla presentazione è stata mostrata al contrario non era un caso) ma c’è modo di sapere quanto saranno le spese di commissione?

  16. mario fiorelli

    Volevo far notare come il bonus sia estremamente limitato per coloro che in famiglia hanno un portatore di handicap. Il limite di reddito familiare previsto per l’ottenimento del bonus di € 1.000,00 è di € 35.000,00. Sembrerebbe, quindi un livello reddituale accettabile considerando che nel modello di richiesta del bonus (al Punto G) si parla di nucleo familiare con un componente in condizione di handicap grave. L’amara sorpresa arriva se si leggono le istruzioni allegate al modello dove si chiarisce che per componente si intende "esclusivamente" un figlio in sitazione di handicap grave. Quindi tutti gli handiccapati gravi (art. comma3 legge 104) ad esclusione dei figli (e ci mancherebbe altro) sono esclusi dal beneficio. Bella furbata alle spalle soprattutto degli anziani che, guarda caso, sono la platea di gran lunga più numerosa a trovarsi in condizione di handicap. Tante grazie alla finanza creativa del Ministro Tremonti.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén