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LA CASA SI ALLARGA, MA PERDE VALORE

Il varo del piano casa è imminente. Chi lo critica prospetta i rischi di una cementificazione indiscriminata del paese, ma sembra dare per scontati gli effetti positivi sull’economia. Che nel breve periodo ci sarebbero davvero: il piano farebbe aumentare il Pil dell’1,4 per cento. Ma nel medio periodo i benefici sarebbero annullati da un calo dei consumi dovuto alla diminuzione della ricchezza delle famiglie. Perché la rimozione dei vincoli amministrativi accrescerebbe l’offerta di abitazioni, facendo scendere di conseguenza il loro prezzo.

Il governo è in procinto di approvare il cosiddetto piano casa. In estrema sintesi, il piano prevede la possibilità di aumentare il volume delle case del 20 per cento (35 per cento in caso di demolizione) senza richiedere permessi, ma con una semplice notifica e una dichiarazione del progettista. Chi amplierà la prima casa otterrà anche uno sconto del 50 per cento sul contributo per il Comune. Sono fatti salvi i vincoli sulle aree non edificabili, gli immobili abusivi e gli immobili privati sulle aree del demanio.
Il piano ha suscitato un acceso dibattito: i suoi critici ritengono che prefiguri un’indiscriminata “licenza di costruire” che porterà nuova cementificazione e degrado urbano.
Molte di queste critiche sembrano dare per scontato che, almeno sotto lo stretto profilo economico, il piano avrà effetti positivi sull’economia. È proprio così?

LOGICA E CONSEGUENZE DEL PIANO

La logica economica che ispira il piano casa sembra essere la seguente.

1. Il settore delle costruzioni soffre di asfissia a causa di un eccesso di vincoli amministrativi-burocratici-urbanistici-paesaggistici. Ciò comporta che si costruisca troppo poco, e che il prezzo delle abitazioni sia troppo alto. (1)
2. Basta allentare questi vincoli all’offerta (del 20 per cento) per dare slancio al mercato. (2)

Ammettiamo che questa impostazione sia corretta e che il piano provochi un aumento del 20 per cento delle “cubature” delle abitazioni. Quali sarebbero le implicazioni per l’economia? Per rispondere si deve distinguere tra breve e medio termine.

Breve termine

Intanto osserviamo che il settore costruzioni contribuisce al totale del valore aggiunto nazionale per circa il 5,3 per cento. (3) Dunque, un aumento del 20 per cento di questo settore equivarrebbe a uno shock di spesa dell’1 per cento circa del Pil. Se ipotizziamo che per ogni euro di spesa addizionale, l’effetto moltiplicativo sul reddito (nuovi consumi e effetto ”indotto”) faccia aumentare il reddito nazionale di 1,4 euro, nel breve periodo il piano casa farebbe aumentare il Pil dell’1,4 per cento, ovvero di circa 22 miliardi di euro.

Medio termine

Poiché la rimozione dei vincoli amministrativi accresce l’offerta, il prezzo delle abitazioni dovrà nel tempo scendere. Di quanto? L’evidenza empirica suggerisce che un aumento dell’offerta abitativa del 20 per cento riduce il prezzo di equilibrio delle abitazioni del 33-50 per cento. (4) Ne segue che il valore delle abitazioni di proprietà delle famiglie calerà e l’effetto ricchezza, negativo, tenderà a deprimere i consumi. I dati di Banca d’Italia sul valore delle abitazioni nel 2007 e la letteratura sul comportamento del consumo delle famiglie in Italia suggeriscono che nell’arco dei prossimi due-tre anni i consumi delle famiglie si ridurranno per questa via di 15 – 34 miliardi di euro. (5)
In definitiva, il piano casa avrà un considerevole effetto di stimolo nel breve termine (+1,4 per cento di Pil), ma questi effetti saranno in seguito annullati, o più che compensati, dal calo dei consumi indotto dalla riduzione dei prezzi delle case. Alla fine, otterremo (o dovremo pagare) poco in cambio di città più brutte.

(1) Parliamo qui del mercato per i servizi abitativi, ovvero delle locazioni. Se l’affitto rappresenta il pagamento per usufruire del servizio abitativo (generato dalla proprietà di un appartamento) il valore di quest’ultimo sarà dato dalla somma cumulata degli affitti. Dunque, per un dato tasso di interesse, vi è una corrispondenza diretta tra il “prezzo” di una locazione e il “prezzo” di una casa.
(2) Per una rappresentazione grafica di queste idee si può vedere la versione dell’articolo sul mio blog, http://paolomanasse.blogspot.com/ 
(3) Si veda Istat, Conti economici trimestrali, IV trimestre 2008, Tabella 4, http://www.istat.it/salastampa/comunicati/in_calendario/contitri/20090312_00/testointegrale20090312.pdf
(4) Le stime dell’elasticità della domanda di abitazioni suggerite dalla letteratura sono comprese tra 0.4 e 0.6, si veda ad esempio Hanushek, Quigley, “What is the elasticity if housing demand?”, Review of Economic Studies (1980), o più recentemente Ioannides e Zabel, “Neighbourhood effects an housing Demand”, Journal of Applied Econometrics, 2003.
(5) I dati Banca d’Italia si trovano su https://www.bancaditalia.it/statistiche/stat_mon_cred_fin/banc_fin/ricfamit/2008/suppl_76_08.pdf. Per i consumi delle famiglie si veda ad esempio Paiella, 2004, http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/econo/temidi/td04/td510_04/td510/tema_510.pdf.

Foto: da internet

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UN REGALO DI OBAMA ALLE BANCHE *

34 commenti

  1. gabriella

    Certo, la legge non piace ai proprietari che preferiscono sfruttare chi la casa non se la può comprare per colpa delle banche troppo esigenti. Per chi invece è costretto a pagare un affitto è solo un bene, finalmente scenderanno i prezzi e ci sarà più scelta e magari la possibilità di acquisto, e i proprietari la finiranno di sfruttare la povera gente chiedendo affitti altissimi e non dando nulla in cambio.

  2. N. Begnis

    Perché, ora con i piani regolatori le città sono belle? Personalmente mi sono convito che tutti gli sviluppi immobiliari regolati hanno dei risultati terribili (ZEN, Santa Giulia, etc). Meglio la libera iniziativa.

  3. franco bortolotti

    A) Se il problema è nella farraginosità dei vincoli, perché non intervenire sullo snellimento dell’organizzazione e delle procedure? In questa maniera si fa di tutta l’erba un fascio e si allenta qualsiasi controllo, che lo si ritenga opportuno oppure no. B) Alcuni sindaci di Centro destra plaudono al provvedimento, ma chi ha impedito loro di fare piani regolatori con maglie più larghe e con maggiori previsioni di edificabilità? Perché non si sono mossi, loro, per tempo? C) Ma in Italia si investe troppo o troppo poco nell’immobiliare? Secondo me, troppo nella casa e troppo poco nelle imprese e nell’innovazione (e anche nell’edilizia popolare "fuori mercato", da parte del pubblico). D) Ma i piani regolatori, che fissano delle previsioni sul rapporto fra cubature, popolazione e servizi (tipo trasporti, rifiuti, etc.), servono a qualcosa o no? Forse si potrebbe risparmiare anche sui piani. Chi paga i costi della maggiore intensità di uso delle reti dei servizi e del traffico, dimensionate per un minor numero di abitanti, se si intensifica la residenza nelle aree già urbanizzate? (ovvio: Pantalone)

  4. Tempesta Tiziano

    Per comprendere i potenziali effetti economici dell’intervento del governo bisogna ricordare che in Italia c’è stato dal 2001 al 2006 un vero e proprio boom edilizio. Dal periodo 1995-2000 al periodo 2001-2006 vi è stato un incremento del 37% della realizzazione o ampliamento di case e del 19% di quello di capannoni. Per ogni nuovo abitante sono stati realizzati in media 300 mc di case, circa due o tre volte il necessario. Se il piano fosse efficace l’impatto sui prezzi potrebbe essere perciò pesante e mettere in crisi il settore immobiliare già in grave difficoltà.

  5. A.

    Mi sfugge il motivo per il quale il valore aggiunto delle costruzioni dovrebbe crescere del 20%. In primo luogo il settore comprende anche l’edilizia non abitativa (che non usufruisce delle disposizioni del piano-casa): gli investimenti correnti in abitazioni rappresentano poco meno della metà del totale costruzioni (fonte ISTAT – conti economici trimestrali). In secondo luogo è impensabile che tutte le abitazioni verranno ampliate. Inoltre non capisco quale sia la relazione tra il valore aggiunto e l’incremento della cubatura prevista dal piano. Viceversa, bisogna considerare che con il piano alcuni approfitteranno per legalizzare opere che avrebbero abusivamente realizzato comunque o che, addirittura, hanno già realizzato (vedremo se il decreto sarà aggirabile in questo senso), aumentando in maniera fittizia il valore aggiunto del settore.

  6. Jimmy

    Credo di condividere la sua analisi e le sue previsioni sulle ricadute sul prezzo delle case e sull’economia in generale; ma – lasciando da parte la corsa indiscriminata al cemento, che da sola basterebbe a condannare questa iniziativa del governo – mi sorgono delle domande: 1) un aumento di +1,4% del PIL in un momento di crisi come questo non è un rischio da correre anche a fronte di una riduzione fra 2-3 anni dei consumi? 2) Non potrebbe questa riduzione dei consumi da parte dei proprietari di casa essere però compensata da una ripresa generale innescata proprio dagli effetti positivi della fase a breve termine? 3) La riduzione del valore delle abitazioni non potrebbe portare a una riduzione del prezzo degli affitti? Non tutti sono possessori di una casa. Lo so che sono domande ingenue e sono sicuro di aver detto delle cretinate, ma mi piacerebbe sapere perché sbaglio.

  7. Alessandro Baschieri

    Trovo che sarebbe utile associare al piano casa anche il comportamento del ceto bancario stesso. In altre parole un ruolo propulsivo sul dispiegarsi del moltiplicatore in aumento del PIL lo possono fare per larga parte le banche, di cui troppi danno per scontato l’adesione. In attesa di città ancora più brutte attendiamo fidenti le nuove campagne marketing dei creativi del credito o più pragmatici interventi delle forme illegali di riciclaggio anche questi ultimi disamorati del bello.

  8. Massimo GIANNINI

    L’autore sembra aver fatto un calcolo economico creativo che normalmente fa solo Tremonti per giustificare gli effetti positivi delle sue proposte. Di fatto la sola cementificazione del paese dovrebbe considerarsi un costo ovvero un’esternalita’ negativa a causa dell’impatto ambientale. Purtroppo anche nel breve periodo potrebbe non esserci nessun vantaggio perche’ ad esempio non esiste alcun nesso diretto tra aumento della cubatura e il valore aggiunto dell’economia. Inoltre bisogna vedere come si realizzano questi lavori e con quali risorse. Non sono comunque risorse addizionali. Potrebbero solo stimolare un po’ il settore costruzioni se ci fossero soldi in giro. E’ la stessa logica dell’incentivo all’acquisto di auto con l’aggravante che rischia di passare come un altro condono edilizio alla Tremonti.

  9. marco scamardella

    Da quanto ho capito non riguarda i condomini e i centri storici. Riguarda quindi cubatura aggiuntiva in case mono e bifamigliari che secondo i dati vengono abitate da il 40% della popolazione. Si tratta di denaro immesso in due anni e prelevato da risparmi che difficilemente sarebbero usati per consumi. Quindi i timori sono illogici e anche l’offerta di abitazioni ed i prezzi conseguenti non si vede perchè dovrebero subire variazioni stante la non incidenza su nuove superfici. Rimane quindi di certo un salutare aumento di Pil e di lavoro propio adesso che ve ne è bisogno e senza deficit.

  10. e.villa

    La spinta speculativa degli scorsi anni ha ampliato l’offerta di nuove abitazioni (ora in parte invendute/sfitte) e ha drogato il mercato dell’usato, spingendone i valori a livelli parossistici, grazie anche al facile accesso ai mutui. Fenomeno chiuso, finito. Rimane l’esigenza di accedere all’affitto/proprietà della casa a moltitudini di giovani/meno giovani con redditi scarsi, drescrescenti, precari. Ora poco importa se il c.d. "piano casa" porterà alle conseguenze ben descritte dall’autore, ma il primo vero vantaggio sarà l’opportunità di costruire sul "costruito", a minori prezzi e di riqualificare aree urbane degradate. Poco importa se i valori degli immobili tendenzialmente decresceranno. La cosa non influisce sui consumi dei proprietari della prima casa. Quanto agli speculatori (le immobiliari, ma anche possidenti di ricchezze uscite dalla Borsa nei primi anni 2000, e/o derivanti da attività sommerse) pagano il prezzo del rischio (fino a ieri avevano riscosso il premio). Dunque leggo in positivo le argomentazioni negative, e il mio disaccordo non riguarda l’analisi condotta, ma le conseguenze calmieratrici del mercato e incrementative del PIL. Con viva cordialità.

  11. Francesco Rotondo

    Non comprendo perché nel medio periodo dovrebbero contrarsi i consumi. Ed inoltre una diminuzione dei prezzi degli immobili non sarebbe poi così male, considerando che soprattutto i giovani, per lo meno nelle grandi città, non possono neanche sognare di acquistare casa. Condivido tuttavia le sue preoccupazioni sugli "abusi ambientali" che potrebbero derivarne. Cordiali saluti

  12. Andrea Checcacci

    1- Non tutti possono usufruire del piano casa. Chi ha un appartamento senza balcone o chi ha altri vincoli architettonici non superabili non può allargare un bel niente e quindi non può far sì che l’immobile si valorizzi. 2- Il settore che viene stimolato – piccole imprese o ditte individuali di costruttori o restauratori – è un settore molto votato al "nero" sia quando c’è da fatturare che quando c’è da assumere e la manodopera che impiega proviene spesso da quei paesi, comunitari o extracomunitari, dai quali provengono delinquenti o presunti tali che, negli ultimi mesi, riempiono le pagine di cronaca. Viene da pensare che: i ricchi saranno più ricchi; aumenterà l’evasione fiscale (visto che con una semplice notifica si possono iniziare i lavori e pensando a quanti aderiranno non potremmo avere molti controlli); aumenteranno gli stranieri che troviamo nei bar e che riescono, ogni tanto, a farsi qualche giornata di lavoro da manovali. Troppo diffidente?

  13. amadeus

    Mi sembra che l’articolo tratti in modo troppo sbrigativo la relazione tra flussi (di nuove abitazioni disponibili) e stock (di case esistenti), che tra l’altro non è estraneo alla crisi attuale. Paradossalmente, seguendo la sua logica, se si introducessero dei vincoli amministrativi che impediscono qualsiasi nuova costruzione, il risultato dovrebbe essere molto positivo: un sostanziale aumento di valore di tutte le abitazioni esistenti, con conseguente effetto ricchezza sui consumi. Ma il valore degli immobili e dato dalla loro "scarsità" oppure dal flusso di reddito che possono produrre (naturalmente legato al flusso di reddito che l’economia nel suo complesso sta producendo in un certo periodo)?

  14. maurizio

    Tempo addietro"ah se potessimo ampliare questa casa senza balzelli" oggi "potete ampliare la casa con pochi balzelli" ebbene allora scontenti, oggi scontenti. Domani si abbasserà il valore delle case, bene, si potranno comprare e vendere molto più facilmente. Andranno male solo i grandi speculatori; beh, fatti loro. Troppa cementificazione, ma se si rispetteranno i canoni della legge, non mi sembra proprio. Comunque la storia insegna che chi si lamentava, oggi si lamenta e domani si lamenterà. Non so perchè mi è sempre sembrato che si lamenta troppo è sempre quello che sotto sotto ha tanto e la sua lamentela è la paura di perdere: grazie per lo sfogo.

  15. Agostino

    Alle Camere di Commercio ci si può rendere conto come le nuove imprese che stanno nascendo ultimamente di artigiani edili, fabbri ecc. corrispondono a nomi di persone che hanno cittadinanza marocchina, rumena, albanese ecc. Pertanto nemmeno i profitti derivanti dalla costruzione di nuove case potrebbero essere destinati ad aziende italiane. Un’espansione di un’unità abitativa potrebbe portare alla formazione di due unità nuove di più piccola volumetria. Gli italiani che oggi abbisognano di una casa di abitazione, sono quelli che fino ad oggi seppure in condizioni migliori di quelle attuali non hanno potuto comprare casa e quindi ora in condizioni economiche peggiori non potranno certo diventare proprietari. Ritengo che molti nuovi alloggi potranno essere meta ambita di persone che sono venuti in Italia da altre nazioni e da altri continenti. Non faccio, con grande imparzialità, commenti di merito con questo scritto. Ho solo tentato di dimostrare lo scenario che si potrebbe determinare con il “Piano Casa” molto citato in questi giorni.

  16. Alberto

    Non mi è chiaro il motivo per cui un aumento del 20% della cubatura delle case determinerebbe una riduzione del loro prezzo (tra l’altro stimato nel 35%, quindi molto elevato), in quanto mi aspetterei un comportamento di questo tipo se il numero di case aumentasse del 20% e non la cubatura delle case esistenti. E’ possibile avere un chiarimento in merito? Grazie

  17. Lorenzo Foglia

    Premetto che non sono d’accordo con la proposta sul piano casa visto i grossi rischi che esso comporta dal punto di vista paesaggistico. E su questo punto chiederei più attenzione da parte delle autorità. Tuttavia non sono d’accordo su alcuni punti dell’articolo e ho delle obiezioni riguardo ai possibili effetti futuri: chi possiede il diritto di costruire sono i proprietari dell’abitazione. Quindi, l’anche possibile riduzione del prezzo delle abitazioni, andrebbe a colpire coloro che hanno beneficiato dell’extra metratura post-lavori. In questo contesto possiamo dire che la riduzione della ricchezza di queste famiglie sarebbe minima visto che coloro che vengono colpiti dalla riduzione dei prezzi sono gli stessi che beneficiano della espansione della propria casa. Invece, il mercato degli immobili verrebbe potenzialmente invaso da una nuova grande quantità di offerta che causerebbe, vista l’invariata domanda, una riduzione dei prezzi dello stesso. E di questo beneficierebbero tutte le famiglie che non sono in possesso di una abitazione. Queste famiglie avrebbero quindi una extra ricchezza.

  18. gino

    il piano casa che il governo ha proposto come si può notare non incrementa effetivamente l’economia nazionale, anzi da come si evince dal vostro punto di vista è produttivo solo nel breve periodo e già nel medio periodo provoca un annulamento del ricavo precedentte, con una conseguenza di una diminuzione del valore della casa stessa. Alla luce di tutto questo, cosa spinge il governo a proporre un piano del genere? A chi deve giovare e portare profitti tutto questo? Oltre alla cementificazione gratuita io temo anche un’incremento dell’illegalità cioè nel senso che la criminalità organizzata possa costriure per poi vendere sui edifici a prezzi inferiori o superiori. Da come io credo da questo "piano" non saranno favoriti soli i proprietari che impianteranno solo ecomostri vuoti e ci saranno sempre più persone che non avranno più una casa?

  19. gabriele carta

    Io credo che bisognerebbe, però, porre l’attenzione sul fatto che un aumento dell’offerta delle abitazioni nelle zone limitrofe al centro della città, non di certo farebbe diminuire il prezzo di quelle ubicate nel cuore della città stessa.

  20. Giuseppe Pagliuca

    La stima dell’1.4% di incremento di PIL mi sembra eccessiva, non tutte le abitazioni potranno essere fisicamente ampliate (vedi condomini etc.) ed anche chi ha la possibilità di farlo non è detto che voglia farlo.

  21. Alberto Castelnuovo

    Il Prof Manasse scrive che “il settore costruzioni contribuisce al totale del valore aggiunto nazionale per circa il 5,3 per cento. Dunque, un aumento del 20 per cento di questo settore equivarrebbe a uno shock di spesa dell’1 per cento circa del Pil”. Rilevo un errore nella citata implicazione: il piano case permetterebbe di aumentare del 20% lo stock esistente di abitazioni (cubature già costruite) e non il flusso (valore aggiunto) di nuove costruzioni in un anno. Non vi è ragione di ipotizzare che l’ampliamento riguardi solo le costruzioni in corso nell’anno. Peraltro, non mi sembra vi siano elementi per operare una ragionevole previsione della quota di proprietari di case esistenti che sfrutterebbero la possiiblità offerta dal “piano casa”. Ciò detto, restano solo parole e numeri in libertà, tipico prodotto di una metodologia “economicistica” utilizzata al di là dei propri (ristretti, ma che la rendono accettabile) limiti.

  22. Diego d'Andria

    Pur ammettendo una riduzione del prezzo di equilibrio nel medio periodo così pronunciata (33-50% secondo l’autore), è da considerare che attualmente secondo ISTAT, circa il 40% delle famiglie italiane paga un fitto per l’abitazione, o la rata di un mutuo ipotecario. Fitti e rate di mutuo sono cresciuti in termini reali, di oltre il 14% e 11% rispettivamente nel biennio 2002-2007. Nel medio periodo, però, i nuovi mutui contratti e i canoni di affitto, a parità della quantità in termini reali (metri-quadri e posizione dell’immobile) di servizi residenziali consumati, si ridurranno per l’effetto dei nuovi prezzi di mercato in equilibrio, lasciando libero del reddito disponibile che queste famiglie potranno spendere o risparmiare. Tale effetto, certamente rilevante, non è tenuto in alcun conto nell’analisi proposta, come mai?

  23. anna

    Ho due appartamenti, uno che abito (più centrale, più grande, con garage, riscaldamento centralizzato) e uno più piccolo ( 30 mq in meno, senza garage, riscaldamento autonomo, in periferia) che affitto. Li ho fatti valutare per la vendita e il più piccolo si è rivalutato, l’altro si è svalutato. Quindi non è la grandezza che da’ valore, anzi in tempo di crisi gli appartamenti più piccoli sono più ricercati perchè più economici nella gestione.

  24. esposito

    Condivido l’analisi, ma ritengo che sia necessario accennare anche all’impattto che si avrà nelle casse comunali. La prevista ipotesi di riconoscere ai comuni solo il 50% degli oneri di urbanizzazione, porterà vantaggi solo a breve termine per l’incremento dovuto alla crescita delle edificazioni. Siccome la nuova edificazione assorbirà anche le ristrutturazioni che comunque ci sarebbero state, che approfitteranno giustamente di questo imprevisto risparmio, a medio-breve termine, avremo un calo sensibile degli introiti per gli oneri di urbanizzazioni dei comuni che difficilmente potrà essere compensato. Nello stesso tempo le amministrazioni locali dovranno provvedere a sostenere il maggior bisogno di servizi (fogne, acquedotto, scuola, trasporti,sistemazioni stradali…) a cui sono destinati gli oneri di urbanizzazione, incassati per metà.

  25. Marco Parigi

    Il “wealth effect” è tema notoriamente assai controverso. Visto che l’articolo ne assume una versione fortissima, ecco alcuni brevi riferimenti critici:

    http://www.slate.com/id/2193287/

    http://www.nber.org/papers/w14204

  26. Luca Antivari

    Gradirei che il prof. Manasse fornisse spiegazioni sulle premesse utilizzate nella stesura dell’articolo. Sono un assiduo frequentatore del sito e credo che leggere questi che a mio parere sono errori grossolani (si badi, non sono affatto un esperto di economia) non giova alla sua credibilità. Tanto più che questo articolo è stato anche citato da Michele Santoro nella sua trasmissione di stasera, dimostrando così a mio parere di non avere nemmeno lui grossa dimestichezza con le più elementari nozioni economiche. In perfetto accordo con il commentatore Castelnuovo segnalo l’errore nella premessa secondo la quale "il settore costruzioni contribuisce al totale del valore aggiunto nazionale per circa il 5,3 per cento. Dunque, un aumento del 20 per cento di questo settore equivarrebbe a uno shock di spesa dell’1 per cento circa del Pil". Come già segnalato da Castelnuovo il Piano Casa si riferisce all’esistente e non alle nuove costruzioni. In più vi è un secondo errore, premettendo "un aumento dell’offerta abitativa del 20 per cento": il Piano Casa non prevede certo la presenza del 20% di case in più, ma del 20% della singola casa in più.

  27. Luca Scopigno

    Lei paventa un calo del valore delle abitazioni dovuto all’aumento dell’offerta. Ma ad aumentare sarà solo il volume delle poche case che potranno godere del Piano, non il loro numero. Ho detto poche perché, ad esempio, io ne ho due: una in campagna, dove vivo, e una, in comproprietà con i miei fratelli, al mare: su entrambe (per collocazione in uno degli innumerevoli parchi italiani, nel primo caso; per la distanza dalla costa nell’altro), non potrò aggiungere neanche un mattone.

  28. abulaze

    Le critiche mosse da vari commentatori mi sembra che non colgano alcuni elementi essenziali. Sappiamo che il provvedimento riguarderà esclusivamente i proprietari di ville mono o bifamigliari, la cui superficie media è stimata in 260 m.q. Un aumento del 20% di 260 m.q. corrisponde a 78 m.q. Ora chi ha a disposizione 260 m.q. di superficie abitabile non ha grossi problemi di spazio, quale motivo potrebbe avere per costruire altri 78 m.q.? La cubatura aggiuntiva verrà evidentemente trasformata in un’unità abitativa separata, da affittare vendere o donare a terzi. Ma ecco allora che un aumento del 20% della cubatura delle case esistenti si trasforma ipso facto in un raddoppio delle unità abitative mono-bifamigliari che dagli attuali 11 milioni, potrebbero diventare 22 milioni. Insomma negare che il decreto porterà ad un aumento spropositato dell’offerta abitativa (con il conseguente deprezzamento di tutte le abitazioni) è un esercizio di acrobazia dialettica ma nulla più.

  29. Giovanni Caruselli

    Dal vostro articolo non si capisce assolutamente perchè il valore degli immobili che cala determinerebbe un calo dei consumi. Verrebbe da pensare invece che chi paga un affitto inferiore ha a disposizione qualcosa di più per consumare.

  30. Lucilio Cogato

    Il calo dei valori immobiliari, quando è dovuto solo ad abbondanza di offerta, non è un male in sé, anzi, in termini di economia "reale" è un bene: distribuisce reddito da chi possiede immobili e li vuole vendere a favore da chi li vuole comprare (persone senza casa, imprese di nuova formazione famiglie o imprese in espansione). Tutti si possono permettere case più grandi, o di destinare meno risorse alla casa, le imprese risparmiano sui costi fissi. In sintesi aumentano benessere e competitività. Quello che deve invece preoccupare, in quanto "reale" e non solo monetaria" è la perdita di valore dello stock abitativo esistente dovuta alle esternalità negative indotte dagli interventi di ampliamento: perdita di qualità architettonica, di luce di aria, di visuali, impatto sul paesaggio, riduzione del verde privato, sovraccarico sui servizi pubblici, traffico indotto ecc..

  31. antonio p

    Se mi serve una casa più grande, ma non ho i soldi per comprarne un’altra dagli immoboiliaristi o dalle coop, mi basta allargarla. E’ un’idea stupida?

  32. Andrea

    Ascoltando le risposte del prof. Manasse non ho trovato chiarimenti sui numeri e per questo vorrei tornarci sopra, perchè è chiaro che l’opportunità di una misura viene notevolmente ridimensionata se gli effetti attesi sono minimi. Partendo dai dati dell’agenzia del terriorio "Statistiche catastali 2007" risulta che su un totale di oltre 62 milioni di unità immobiliari quelle residenziali accatastate come rurale, ville o villini (cat. A6/A7/A8) sono meno di 2 milioni. Se aggiungiamo un 50% delle cat. A1/A2/A3 come stima di ulteriori mono o bifamiliari, si arriva ad un 20% del totale. Dunque il 20% del 20% del 5% (peso del valore aggiunto costruzioni) ci porta a +0.2% di PIL che con l’effetto moltiplicatore arriva a +0.28% sempre che tutti decidano di ampliare la propria casa (e tutti del massimo consentito). Un risultato molto lontano dal +1.4% prospettato dall’autore. Saluti.

  33. Luca Antivari

    Ringrazio vivamente il prof. Manasse per aver risposto alle obiezioni dei commentatori (in particolare alle mie)

  34. rita

    Il piano casa è una vera presa in giro. Potrà anche rimettere in moto un po’ l’economia ma sempre quella sommersa. Chi ha un’abitazione per conto proprio e vorrà approfittare del piano casa pensate che non ricorrerà al solito artigiano (quando non lo farà da sé) che gli fatturerà un decimo (forse) di tutto il lavoro? Siamo alle solite parliamo di combattere l’evasione mentre creiamo strumenti per fomentarla. Quello che tutti i gorverno che si succedono non capiscono è che occorre intervenire sull’esenzione IVA per tutte quelle prestazioni eseguite a carico dei privati (cito ad esempio gli interventi idraulici, chi ha mai ottenuto una fattura per un cambio di un rubinetto?). E’ ero che si avranno meno entrate IVa ma si allergherà sicuramente la base imponibile IRPEF e/o IRES.

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