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LA RISPOSTA AI COMMENTI

I commenti all’articolo offrono uno spaccato delle opinioni che circolano nella società. Ne emerge un quadro diviso in due: una parte esterrefatta dall’assistere ad un progressivo sgretolamento della tutela dei diritti della persona; un’altra preoccupata della propria sicurezza e della difesa della legalità.
Riconoscendomi in sintonia con la prima di queste parti, non posso che rispondere agli stimoli proposti dalla seconda. Cerco di farlo con alcune affermazioni.

1) La sicurezza è un bene prezioso e occorre vigilare perché non sia messo a repentaglio. Per capire se è messo a repentaglio, così da richiedere interventi speciali, si deve guardare freddamente a come si evolve il numero di delitti commessi nel nostro paese. I dati del Ministero dell’interno mostrano che il numero di delitti in questi anni è nettamente inferiore a quello che caratterizzava i primi anni ’90. Un’emergenza delitti, quindi, non ha fondamento nella realtà, benché sia certamente legittimo e saggio continuare a vigilare.

2) Quanto all’influenza dell’immigrazione extracomunitaria sulla commissione di delitti in Italia, i dati del Ministero dell’interno mostrano come, a dispetto di una crescita della popolazione immigrata di un fattore cinque dall’inizio degli anni ’90 ad oggi, il numero dei delitti da loro commessi si è mantenuto sostanzialmente costante. Benché sia vero che la popolazione immigrata presenta un tasso di criminalità più alto di quella autoctona, tale tasso è in diminuzione. Non stiamo quindi fronteggiando un’invasione di criminali, ma piuttosto un flusso migratorio caratterizzato da un carattere progressivamente più sano.

3) Un delitto è un delitto, e chi lo commette, una volta accertata la colpevolezza, paga. Non esiste in Italia alcuna legge che preveda una maggiore indulgenza nei confronti degli stranieri, ne’ alcuno che la invochi. A carico dello straniero, anzi, può essere adottata anche la misura aggiuntiva dell’espulsione.

4) Lo straniero gode in Italia di una quota di diritti nettamente inferiore a quella prevista per l’italiano (in particolare, in materia di assistenza sociale). Tutti gli obblighi e gli oneri imposti al cittadino italiano sono imposti anche allo straniero. Su quest’ultimo, però, ne incombono alcuni aggiuntivi: primi fra tutti, quelli connessi al permesso di soggiorno, che rendono estremamente precaria la condizione di soggiorno in Italia. Ad esempio: per un italiano, la nascita di un figlio può dar luogo a un problema economico; per lo straniero, oltre che al problema economico, può dar luogo all’impossibilità di rinnovare il permesso di soggiorno per mancanza di reddito o di alloggio idoneo.

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5) Il fatto che l’immigrazione in Italia presenti un alto tasso di illegalità è dovuto semplicemente ad una normativa stupida (in vigore dal 1986), che impone, al datore di lavoro che voglia assumere uno straniero, di farlo quando ancora il lavoratore risiede all’estero. Nessun datore di lavoro assumerebbe alla cieca un lavoratore, italiano o straniero che sia. Così, un rispetto rigoroso della legge produrrebbe l’azzeramento dell’immigrazione per lavoro (e di quella, per motivi familiari, che da essa deriva). Dato che di lavoratori stranieri la nostra economia ha bisogno, anche in tempo di crisi, si è sviluppato un percorso illegale ma efficace: lo straniero entra per turismo; si trattiene anche dopo il termine del soggiorno autorizzato; trova occupazione grazie ad un incontro diretto con il datore di lavoro; resta in Italia in condizioni di soggiorno illegale, da cui emerge grazie a sanatorie o ad un uso "all’italiana" dei decreti di programmazione dei flussi (la domanda di autorizzazione all’ingresso viene presentata dal datore, fingendo che il lavoratore risieda ancora all’estero; ottenuta l’autorizzazione, il lavoratore torna in patria per rientrare subito dopo in Italia con un visto di ingresso per lavoro). Più del 95 per cento degli immigrati oggi legalmente soggiornanti in Italia per lavoro sono pervenuti alla condizione di soggiorno formalmente legale attraverso questi meccanismi e, quindi, a valle di un periodo di soggiorno illegale. Se ne ricava che fare la guerra all’immigrazione illegale, senza modificare le norme sull’ammissione dei lavoratori stranieri, è come far la guerra all’adolescenza: è vero che è un’età della vita problematica, ma ci devono passare tutti…

6) Salvo quanto affermato nel punto precedente, nessuno sostiene che lo Stato non possa sanzionare la condizione di soggiorno illegale. Avvalersi però della struttura sanitaria per ottenere segnalazioni sulla presenza di immigrati in tale condizione è da stupidi (sul fatto che sia da miserabili non insisto, rivolgendomi alla parte di coloro che difficilmente lo capirebbero). Significa, infatti, allontanare le persone a maggior rischio di marginalità dall’assistenza sanitaria, con conseguenze gravi, in termini di rischio di contagio, per tutta la società (oltre che devastanti per gli interessati; ma su questo, come prima, è inutile insistere).

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7) L’immigrato che soggiorna illegalmente in Italia ha sì, oggi, diritto alle cure, e, se indigente, senza oneri a suo carico. Ma è fatto salvo l’onere di partecipazione alla spesa (il ticket), per il quale tale immigrato è comunque equiparato al cittadino italiano.

8) Vietare all’immigrato irregolare la registrazione della nascita del figlio, il riconoscimento del figlio naturale o il matrimonio in Italia è cosa che sanziona, oltre all’immigrato stesso, soggetti terzi, privi di qualunque responsabilità: il figlio, il partner. Gli atti in questione, poi, sono di una tale importanza che il diritto dello Stato di sanzionare l’illegalità impallidisce al confronto del rischio di ledere i diritti di questi soggetti terzi in modo irreversibile.

9) Le norme che regolano la vita della società andrebbero definite da persone che si trovino sotto il cosiddetto "velo dell’ignoranza" (Rawls): che non sappiano, cioè, se il loro posto nella società sarà quello del ricco o del povero, dell’intelligente o dello stupido, dell’uomo libero o del detenuto, del cittadino o dello straniero. Nel timore di trovarsi in una delle condizioni deboli, probabilmente, definirebbero norme capaci di difendere i soggetti più esposti alle intemperie della vita.

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  1. Roberto R.

    Poichè l’effettiva insicurezza è rapportata alle denunce rilevate, mi domando se buon parte della percezione di insicurezza comunemente diffusa non possa invece ascriversi ad eventi fuori statistica quindi in grado di modificare le valutazioni relative. 1) Non vengono mai segnalati fenomeni di micro-criminalità -noti alla gente comune- che tendono a non essere denunciati per sfiducia negli esiti di polizia nonchè negli esiti di giudizio e repressione effettiva. 2) Non vengono pesati fenomeni di sovrattenzione o efferatezza di reati da parte sia di organi di stampa sia dei singoli a tendono a prevenire i rischi adottando maggiore attenzione alle situazioni di potenziale rischio. Buon lavoro.

  2. Francesca Traclò

    Sottoscrivo completamente quanto scritto da Sergio Briguglio, mi fa solo piacere evidenziare che la percezione di insicurezza si diffonde non tanto per effetto degli atti di microcriminalità non denunciati, quanto piuttosto per una cattiva informazione e per una strategia politica polo lungimirante che non misura i danni sociali ed economici che possano scaturire dalla diffusione di un senso collettivo di insicurezza. A ciò si aggiungono situazioni di degrado urbano legate ad una cattiva gestione dei servizi locali e ad una pianificazione urbanistica che privilegia i centri commerciali al recupero e valorizzazione dei cosiddetti centri commerciali naturali, ovvero le strade del quartiere dove viviamo, e così la città diventa sempre meno ospitale, più disordinata e più insicura. Credo che gli immigrati sono un’importante risorsa per il paese, possono ridare slancio e vitalità ad una società che ha difficoltà ad essere competitiva, anche perché ha una piramide demografica che certo non favorisce la fertilità naturale e, in senso lato, neanche quella economica e culturale.

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