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COME ASSICURARSI DALLE CALAMITA’ NATURALI

Si torna a parlare di un’assicurazione obbligatoria contro i danni provocati dalle calamità naturali. Si avrebbe così una distribuzione uniforme del costo dei rischi. Le tecniche assicurative consentirebbero una stima equa dei danni e dei risarcimenti. I danni privati verrebbero coperti da un’industria privata, lasciando all’intervento dello Stato le spese di primo soccorso e di ripristino dei luoghi pubblici. Le compagnie di assicurazione punterebbero a ridurre i risarcimenti futuri attraverso un’opera di monitoraggio e di incentivo all’applicazione di misure preventive.

Anche se l’Italia è un paese esposto alle calamità naturali (terremoti, dissesti idrogeologici, eruzioni vulcaniche, eccetera), solo quando si verifica un grave evento si parla di politiche economiche volte a trovare le risorse per coprire i danni a persone, ambiente e attività produttive. Attualmente non esiste alcuna legge che imponga allo Stato di indennizzare tali danni. È però prassi consolidata che dopo ogni calamità il governo intervenga con provvedimenti specifici, per esempio una tassa una tantum, e reperisca così somme di denaro per effettuare gli interventi di soccorso, ripristinare le strutture viabilistiche, indennizzare i danni subiti da enti pubblici, dai privati e dalle imprese. A livello legislativo, non è stato mai formalizzato alcun criterio sulla base del quale debbano essere distribuite queste somme.
Il terremoto che si è abbattuto sull’’Abruzzo, nella sua drammaticità e gravità, ha provocato ingenti danni economici e ha riportato alla ribalta la questione dell’assicurazione sulle calamità naturali.

Lo Status Quo

Occorre prima di tutto sgombrare il campo dai dubbi sull’assicurabilità. Nonostante capacità previsionali (purtroppo) molto limitate, le compagnie di assicurazione sono in grado di offrire polizze sulle calamità naturali, e in particolare sui terremoti, sulla base delle probabilità di accadimento in un determinato contesto territoriale utilizzando le serie storiche disponibili, che permettono di definire anche le zone a rischio sismico.

Al problema dell’ingente entità dei danni, che potrebbe comportare difetti di solvibilità per le compagnie di assicurazione, si può ovviare tramite il ricorso a un pool assicurativo che preveda che ogni compagnia partecipi al danno solo in misura della sua quota di mercato in premi. E può essere previsto un massimale per i rimborsi, oltre il quale le catastrofi richiederebbero l’’intervento residuale dello Stato.
Malgrado ciò, nel caso concreto dell’Aquila e dei paesi vicini, si stima che il sisma abbia provocato danni per circa 2-3 miliardi di euro, ma solo 300 milioni saranno versati dai gruppi assicurativi a causa della bassa penetrazione delle polizze sui terremoti. (1)
In particolare, sono soprattutto le aziende medio-grandi a essere assicurate contro le calamità naturali, una parte limitata di aziende medio-piccole e pochissimi privati cittadini.
Dunque, la domanda degli italiani per questo tipo di polizze è molto ridotta, specie se si fa un confronto con la ben più ampia diffusione in altri paesi, Stati Uniti e Giappone in particolare, come si può vedere dalla tabella 1.

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Obbligatoria o volontaria?

Già nel 1995 la Commissione tecnica per la spesa pubblica raccomandava che venisse sviluppato un sistema di copertura assicurativa. Poi la Finanziaria per il 2005, varata dal ministro Domenico Siniscalco, aveva previsto una sorta di “Rc casa” per riparare i danni provocati da calamità naturali: in pratica, all’’assicurazione contro l’incendio dell’abitazione avrebbe dovuto essere abbinata anche un’’assicurazione contro terremoti, maremoti, frane, alluvioni e fenomeni vulcanici. Entrambe le proposte prevedevano un sistema su base sostanzialmente volontaria.

Ma il mercato privato non si è sviluppato e allora in questi giorni si è parlato di un’assicurazione di tipo obbligatorio. Immediate si sono levate le critiche: perché imporre una assicurazione in modo generalizzato? E perché affidare il compito di gestire questo business proprio alle assicurazioni? È evidente che sarà necessaria una corretta definizione della cornice regolamentare e del sistema di vigilanza affinché le compagnie offrano polizze con caratteristiche tali da non essere inique.
Dall’esperienza degli altri paesi europei si evince che esistono diverse tipologie di polizze (vedi tabella 2). Gli assicuratori italiani propendono per una differenziazione a seconda della rischiosità, dell’’ampiezza dell’’immobile e dell’’eventuale adozione di accorgimenti che limitino i danni, come nel caso di costruzioni antisismiche. E propongono una definizione dei premi all’interno di un intervallo che, secondo il presidente dell’Ania Fabio Cerchiai, dovrebbe essere tra 100 e 250 euro.
Per il resto, le compagnie di assicurazione, come nell’offerta di altri prodotti assicurativi, dovrebbero risolvere alcune imperfezioni. Per quanto riguarda il moral hazard, la polizza dovrebbe prevedere un modello contrattuale che scoraggi comportamenti scorretti: copertura parziale del rischio tramite franchigie e scoperti, clausole che premino i comportamenti corretti, per esempio escludendo il risarcimento in caso di scorrettezze. Per quanto riguarda l’’adverse selction, l’obbligatorietà della polizza annulla il problema che finiscano per assicurarsi solo i soggetti ad alto rischio, mentre l’offerta da parte di un pool di compagnie eviterebbe anche il problema del “cream skimming” e dunque che vengano selezionati da parte delle compagnie solo i clienti a più basso rischio.
I vantaggi dall’applicazione di un sistema di assicurazione obbligatoria sulle calamità naturali possono essere così sintetizzati: attraverso le polizze assicurative ci sarebbe una distribuzione uniforme del costo dei rischi con un effetto per così dire “solidaristico”; le tecniche assicurative consentirebbero una stima equa dei danni e dei conseguenti risarcimenti; i danni privati verrebbero coperti da un’industria privata che si basa su meccanismi di mercato, lasciando all’intervento pubblico le spese di primo soccorso e di ripristino dei luoghi pubblici. Infine, sarebbe nell’interesse delle compagnie di assicurazione ridurre i risarcimenti futuri attraverso un’opera di monitoraggio e di incentivo all’applicazione di misure preventive idonee, con un effetto di parziale privatizzazione dei controlli.

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(1)Dati della AIR Worldwide, società che si occupa di modelli di rischio da catastrofi.

Foto: dal sito dei Vigili del fuoco.

Tabella 1 – Sinistri assicurati nel 2006 (Fonte: Swiss Re, Sigma, n. 2/2007)

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ITALIA MIA

12 commenti

  1. Alberto Lusiani

    Ritengo sconsigliabile istituire in Italia un’assicurazione obbligatoria sulle abitazioni e gli edifici, perche’ si tratterebbe sostanzialmentge solo di una tassa aggiuntiva, senza i vantaggi che un mercato efficiente, trasparente e onesto potrebbe contribuire alla definizione dei costi e dei risarcimenti. Infatti, il contesto economico italiano e’ dominato da una concorrenza che e’ opaca se non spesso assente, e da abusi sistematici a danno dei consumatori non efficacemente contrastati da leggi e giustizia, che sono pletorici e inefficienti. Inoltre, lo stato italiano preleva forzosamente gia’ il 40-43% del PIL e questa quota puo’ certamente sostenere il costo delle catastrofi naturali, assieme ai molteplici sprechi diffusi e alle spese faraoniche dei vertici dell’amministrazione pubblica. L’azione piu’ sensata che lo stato dovrebbe attuare e’ evitare di penalizzare chi ha sottoscritto volontariamente assicurazioni contro le catastrofi garantendo a questi cittadini previdenti gli stessi risarcimenti di chi e’ rimasto senza protezione assicurativa. In caso contrario lo Stato sarebbe direttamente responsabile di favorire comportamenti imprevidenti (moral hazard).

  2. angelo agostini

    Condivido assolutamente. Dimenticando per un attimo il grossolano conflitto d’interessi (che andrebbe sicuramente regolamentato e risolto), l’assicurazione obbligatoria degli edifici sarebbe un’opportuna risposta, soprattutto in un paese dove il territorio, ma anche purtroppo le costruzioni, sono ad alto rischio. Perchè deve pagare la comunità per chi ha costruito male, su terreni inadatti, abusivamente? Come per la RC auto è ora che si capisca che il problema immenso del danno economico non può essere sempre risolto sul piano della solidarietà nazionale. Inoltre è da sottolineare il potenziale effetto migliorativo sulla qualità edilizia, dei controlli e delle manutenzioni.

  3. Luigi Bernardi

    Non sono d’accordo con la proposta di assicurazioni private, specie se volontarie, contro gli effetti delle calamità naturali. Come insegna la teoria, vedi soprattutto i lavori di J. Stiglitz, i mercati assicurativi sono efficienti e completi solo se i rischi sono indipendenti ed equideterminati. E’ questo non è certo il caso della situazione sismica e territoriale italiana, per cui il fammento del mercato assicrativo sarebbe inevitabile, a parte gli alti costi di transazione.

  4. luigi del monte

    Le tasse in Italia sono molto alte per via di molteplici sprechi, che si spera vengano mano mano diminuiti in concomitanza con i diversi privilegi di molti… Ma ciò non toglie ad obbligare ad una assicurarsi contro eventi sismici. Abbiamo una classificazione geologica di 4 categorie, usiamo quelle come classe assicurativa adottando il criterio della classe, chi è in classe 4 (più pericolosa) paga di più, chi è in classe 1 pagherà una sciocchezza. poi aggiungiamo la assicurazione contro il dissesto idro-geologico con una logica simile. Però poi adottiamo criteri in cui se uno costruisce bene e in luoghi sicuri abbassa il grado di pericolosità e va a pagare meno. così p.e. uno che costruisce sotto il Vesuvio, accanto al mare, su un letto di un torrente è in classe 4 per terremoti, 4 per maremoti, 4 per vulcano, 4 per esondazione e andrebbe a pagare una cifra assurda. quando si trova a ristrutturare la sua casa (60 anni dopo la costruzione) ci penserebbe e la abbandonerebbe per spostarsi in luoghi più sicuri.. Il vantaggio è che si ha una migrazione interna in luoghi sicuri e un patrimonio edilizio rinnovato a costo 0 per lo stato.

  5. giorgio de' polenghi

    trovo l’articolo scritto con cognizione di causa. Tocca temi scottanti con precisione, dovizia di particolari, senza dubbio da condividere totalmente. Complimenti all’autore.

  6. laura benigni

    Dati comparativi: sto ristrutturando una casa degli anni Trenta in Umbria: moltissima documentazione, compresa la documentazione geologica. Sopralluoghi frequenti anche per la sicurezza del cantiere. Ma non per aspetti strutturali. Un amico ha ristrutturato una casa in Umbria e una a Parigi. Ha seguito tutte le regole sia in Umbria che a Parigi. In Umbria nessuno ha fatto un sopralluogo, a Parigi ogni anno vanno a controllare lo stato delle travi del tetto, perchè come routine controllano anche i tarli. Credo che il problema sia solo il rispetto della legalità, le regole ci sono, sia in Umbria, che in Abbruzzo che in Francia. Il problema è farle rispettare, non credo che si possa chiamare diversamente la elusione delle regole che emerge in molte delle storie di crolli prevedibili.

  7. Andrea

    L’idea può essere in linea di principio buona. Siamo però sicuri di volere uno stato che abdichi al proprio dovere? Quello di operare per il bene dei cittadini? Il governo opera in base ad una delega dei cittadini e la risposte che è in gardo di fornirci è – i problemi li risolva il privato – ma io le tasse cosa le pago a fare? Se lo stato non ha il controllo del suo territorio non si può ribaltare tutta la responsabilità sul cittadino semplicemente dicendogli Paga! che così sei tutelato. Lo stato dovrebbe essere la mia tutela. Lo sanno tutti che i comuni fanno cassa attraverso la concessione della edificabilità. Le ditte che si aggiudicano poi gli appalti vengono controllate? I comuni non si occupano neanche degli oneri di urbanizzazione (che appaltano alle ditte costruttrici). Così anche questi sono eseguiti al risparmio con una bassissima qualità. Vedo in giro solo delle gran chiacchere.

  8. Cristina

    Abito in una casa rurale in sasso in una zona altamente sismica: se l’assicurazione diventasse obbligatoria probabilmente le alternative per me sarebbero pagare tantissimo per una copertura adeguata o pagare poco per una copertura nulla, comunque pagare… In linea teorica sono d’accordo perlomento per le costruzioni nuove ma come evitare che l’assicurazione diventi solo l’occasione per una ulteriore latitanza dello stato?

  9. lui la plume

    Vengo a sapere che alcuni edifici sono stati costruiti in un punto dove l’insicurezza era evidente (su una faglia … il cui significato ignoro). Chi ha dato il permesso di costruire è perlomeno inadatto al compito che svolge. Come si puo’ autorizzare una costruzione insicura? …. Benissimo l’assicurazione così qualcuno un po’ piu’ serio chiede un versamento alto a chi ama il rischio.

  10. Massimo Leonardi

    Ci si accorge che l’Italia è un territorio pericoloso solo dopo che sono avvenute le catastrofi. L’edificazione è motore di sviluppo, ricchezza e, soprattutto quando si fanno i piani regolatori, porta voti. Alla fine della storia il Comune ci incassa pure gli oneri di urbanizzazione che oggi sono in gran parte spendibili per la spesa corrente: fino a qualche tempo fa ci incassava pure l’ICI. A chi interessa quindi far prevenzione impedendo di andare a costruire dove c’è pericolo visto poi che i danni li paga Pantalone? Un sistema di assicurazione obbligatoria sui rischi naturali potrebbe divenire una leva efficace per la prevenzione. Andrebbe costruito un sistema nazionale omogeneo di valutazione della pericolosità ed andrebbe istituito un sistema tipo il bonus malus per le auto. Scontando il premio al soggetto che costruisce bene per il rischio sismico, assegnando un rating al Comune in base a comportamenti virtuosi, codificati, che attua per gestire la pericolosità da frana o alluvione. Ecco così che comportarsi bene, sia come cittadini che come comunità porterebbe benefici economici:la polizza più leggera e la prevenzione potrebbe divenire merce di interesse politico.

  11. Giuseppe Gloria

    Da piu’di 20 anni mi occupo di questo problema . Ho visto finire nel cestino decine di Progetti legge per l’assoluta non volontà politicadei nostri parlamentari impauriti di delegare agli assicuratori la gestione del dopo evento nel loro collegio. La possibilità di riuscire a far passare un progetto è ancora oggi molto bassa. La cosa che non viene detta dai vari commentatori è la più importante: qualsiasi progetto legge deve contenere un articolo iniziale in cui si dica chiaramente che i cittadini che non contraggono una polizza contro le calamità naturali non avranno diritto a un euro di risarcimento da parte dello stato e/o qualsiasi ente pubblico. Ciò con dovute eccezioni per i ceti meno abbienti , per gli edifici dei centri storici e per gli ediici condonati dove la stuazione di rischio non è mutata. Nello stesso articolo andrà inserito il principio che le abitazioni abusive non avrano diritto a nessun risarcimento né dallo stato né dagli assicuratori.

  12. lui la plume

    Vediamo se troviamo una costruzione realizzata in una posizione a rischio con criteri costruttivi a rischio che è colpevole? Chi ha concesso la licenza lo stesso che poi chiede il pagamento dell’ICI. Ecco l’assicuratore (deve essere un privato) chiede pochi soldi se la casa assicurata per eventi rari è realizzata in modo corretto in una zona sicura chiede tantissimo se la costruzione è a rischio. Bene con il ricavato dell’ICI questa assurda tassa che si paga in cambio di nulla visto che oggi viene usata per fare cose …. che poco nulla hanno attinenza con il benessere dell’immobile che è tenuto a versarla; ecco che se il comune fosse tenuto a pagare con una parte di questi introiti il premio assicurativo …. ecco che un certo senso questa gabella lo acquisterebbe. Poi va detto che la tassa colpisce gli immobili con una percentuale che non tiene conto della pericolosità della costruzione mentre il premio ne terrà conto e permettere la costruzione in zone pericolose può portare il comune a perdere denaro. Solo così alcuni permessi non verranno concessi.

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