Lavoce.info

LE CONSEGUENZE DELL’IMMOBILISMO

Finalmente abbiamo la Relazione unificata sull’economia e la finanza. Era un documento atteso e importante per capire come è evoluta la strategia di politica economica del governo dopo l’aggravarsi della crisi e per avere un quadro più preciso sullo stato dei conti pubblici. Certifica le conseguenze dell’immobilismo di fronte alla crisi. La spesa pubblica aumenta accentuando il suo squilibrio a favore di pensioni e dipendenti pubblici, mentre disavanzo e debito peggiorano in modo consistente. E le stime potrebbero essere troppo ottimistiche sul lato delle entrate.

 

LA PEGGIORE RECESSIONE DEL DOPOGUERRA

È molto, molto difficile fare previsioni nel mezzo di una crisi così profonda. Il governo con la Relazione unificata sull’economia e la finanza (Ruef) mostra sostanzialmente di condividere le previsioni del World Economic Outlook del Fondo monetario internazionale, rese pubbliche una settimana prima della pubblicazione della Ruef, per quanto riguarda l’andamento dell’economia nel 2009. Il prodotto interno lordo cala, secondo le previsioni, del 4,2 per cento (contro il meno 4,4 per cento delle previsioni del Fondo e della Commissione Europea). Se così fosse, sarà la peggior recessione del Dopoguerra. La Ruef prevede un peggioramento di ben due punti percentuali del disavanzo: l’indebitamento in rapporto al Pil passerà dal 2,7 per cento al 4,6 per cento. Il peggioramento è dovuto interamente a un incremento delle spese, che dovrebbero aumentare di tre punti in rapporto al prodotto interno lordo, mentre le entrate dovrebbero aumentare di un punto percentuale rispetto al Pil.

LA CAVALCATA DELLE PENSIONI E DELLA SPESA PER I DIPENDENTI PUBBLICI

È normale che la spesa pubblica in recessione aumenti. In quasi tutti i paesi avanzati, con il peggiorare della crisi, stiamo assistendo a un forte incremento della spesa pubblica in percentuale al Pil. Èun fenomeno legato all’operato dei cosiddetti “stabilizzatori automatici”, quelle spese che crescono in recessione per poi ridursi quando le cose vanno meglio, come le risorse per pagare i sussidi di disoccupazione. In Italia la crescita della spesa ha una natura diversa dagli altri paesi perché riguarda spese destinate a durare nel corso del tempo, ben oltre la recessione. Accentueranno gli squilibri della nostra spesa pubblica a favore di pensioni e pubblico impiego e a svantaggio di misure di contrasto alla povertà e disoccupazione. Secondo la Ruef, il 93 per cento degli incrementi della spesa sono “discrezionali”, anziché legati ad automatismi (p. 58). Se fosse vero, si tratterebbe di una massiccia operazione di redistribuzione di risorse a favore del pubblico impiego e dei percettori di pensioni.
Questa recessione verrà ricordata per un ulteriore aumento della spesa pensionistica in rapporto al Pil e per un incremento dei redditi dei dipendenti pubblici. In valore assoluto la spesa corrente nel 2009 aumenterà di 22 miliardi di euro. La metà circa dell’aumento (approssimativamente 10 miliardi) è dovuto alla spesa per pensioni: cresceranno nel 2009 del 4 per cento, pur in presenza di un calo del prodotto interno lordo superiore al 4 per cento. Questo provocherà un forte spostamento di risorse verso la previdenza, che in rapporto al Pil passa da 14,2 a 15,2 per cento. Ogni recessione in Italia provoca un ulteriore incremento degli squilibri nella nostra spesa sociale. Come documentato dalla Ragioneria Generale dello Stato, la spesa pensionistica sul Pil è destinata a crescere da qui al 2013 in presenza di tassi di crescita annuali della nostra economia inferiori all’1,8 per cento. Come dire che se la recessione dovesse continuare, rischieremmo di trovarci con pensioni che ammontano al 20 per cento del prodotto nazionale, assorbendo quasi la metà della spesa corrente. Non solo non si è intervenuti per ridurre questo spostamento delle risorse pubbliche, ma addirittura lo si è rafforzato con provvedimenti come la rimozione del divieto di cumulo fra pensioni e redditi da lavoro (che vale circa 500 milioni).
Anche i dipendenti pubblici vedranno un aumento di due punti percentuali delle risorse pubbliche loro destinate pur in presenza di una recessione così profonda. Da notare che i dipendenti pubblici con contratti a tempo indeterminato, i maggiori beneficiari degli aumenti, non corrono alcun rischio di perdita del posto di lavoro. Il totale della spesa per retribuzioni registra così un ulteriore incremento (fino all’11,4 per cento) della quota delle risorse nazionali destinate, il tutto rigorosamente in nome della battaglia per ridurre i costi del pubblico impiego.

L’OTTIMISMO SULLE ENTRATE

Pur concordando con il Fondo monetario internazionale sulla profondità della recessione, la Ruef è decisamente più ottimista del Fmi nelle stime del disavanzo e del debito pubblico (vedi tabella qui sopra) in virtù di un miglioramento delle entrate.
A cosa si deve l’ottimismo del governo sulle entrate? Leggendo fra le righe della Relazione si scopre che il governo ritiene che il calo del gettito sia già stato anticipato dalle famiglie nell’autotassazione di novembre. Può darsi. Ma cosa accadrà al gettito dell’autotassazione del 2009? Se le previsioni del governo sull’andamento dell’economia sono corrette, ci dovrebbe essere un effetto di trascinamento, con una forte riduzione delle entrate nel 2009. Fatto sta che alla forte revisione al ribasso delle stime sul Pil 2009 (-2,2 per cento rispetto alla nota di aggiornamento del Programma di Stabilità) si accompagna una più modesta revisione delle stime sulle entrate (-1,7 per cento). E questo nonostante i dati sul primo trimestre 2009 segnalino un forte calo delle entrate tributarie, diminuite di circa il 7 per cento rispetto allo stesso trimestre del 2008. Il governo assume che nel 2009 ci sarà un aumento della pressione fiscale, dal 42,8 al 43,5 per cento. Il che significa che le entrate caleranno proporzionalmente meno del prodotto interno lordo. Normalmente, in fasi recessive le entrate calano proporzionalmente più del prodotto interno lordo. 
Insomma la Ruef dimostra che la strategia del governo di fronte alla crisi – il suo scegliere di non scegliere – ci consegnerà un paese con squilibri nell’allocazione delle risorse pubbliche ancora più stridenti di quelli che già avevamo. Non sarà neppure servita a contenere la crescita del debito pubblico, avviato a tornare sui massimi storici, come previsto dal Fondo monetario internazionale, forse con più realismo di quello mostrato dal nostro governo. 

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Sistemi pensionistici a rischio con l'invecchiamento della popolazione*
Leggi anche:  Nel piano tante buone intenzioni, ma pochi numeri

Precedente

I DUBBI RISPARMI DELLO SPOSTAMENTO DEL G8

Successivo

UN ANNO DI GOVERNO: PENSIONI

  1. Giovanni Rossi

    Condivido in Pieno il giudizio di merito sulle non scelte, di questo governo e della classe dirigente di questo paese, che spesso, da destra e da sinistra lo asseconda; parlo da privilegiato ( in quanto docente a tempo indeterminato e libero professionista ) che sgobba duramente per mantenere il discreto livello di benessere conseguito in oltre 25 anni di attività lavorativa; tuttavia trovo assurdo che il peso della crisi la paghino i più giovani e i nuclei familiari monoreddito, anche perchè in assenza di una reale meritocrazia le lobbies professionali e gli apparati della pubblica amministrazione riprodurranno gli sprechi e le inefficienze che caratterizzano le attività lavorative in cui non esiste ne concorrenza di mercato ne trasparenza, alla faccia delle prediche del Brunetta di turno !

  2. effepi

    Si può intuire che il Governo si riserva di annunciare con calma, dopo le elezioni, i reali valori macroeconomici che tengano conto del calo delle entrate. Staimo sprofondando nell’inerzia del Governo e nell’incomprensione della gravità della crisi da parte dell’opposizione.

  3. Ivano Urban

    L’Italia l’anno scorso aveva promessi il proprio pareggio di bilancio per il 2011 poi posticipato al 2012. Forse gli esperti ci dovrebbero dare delle indicazioni per quello che economicamente ci aspetta nel prossimo futuro. Da quanto prospettato dagli analisti, FMI in testa, a fine 2010 il deficit-PIL dovrebbe superare il 120%, dunque, mi chiedo, come la mettiamo? Il sistema "del malaffare" (mafia, camorre e ndrangta) dicono che fattura ogni anno oltre 150 mld di €. La soluzione non sarà mica quella di svenderci per una qualche "ragion economica" a certa gente!?

  4. Marco Bellumore

    Mi sembra che gli organismi internazionali riconoscono la validità della strategia governativa, salvo notare che gli stessi vengono considerati degli oracoli solo quando bacchettano le autorità governative italiane!! le misure adottate in italia vanno nel senso di estendere certe tutele anche a quei soggetti che finora ne erano privi, così come sollecitato unanimamente: non si può continuare a chiedere maggiori e più estese tutele – e quindi più spesa – e poi criticare il peggioramento di certi indicatori!!! rispetto ai dipendenti pubblici sarebbe arrivato il momento di fare chiarezza: nel novero sono compresi i ministeriali per i quali non sono da tempo previsti automatismi retributivi, ed altre categorie (es. magistrati) per i quali si sono previsti lauti automatismi; di ciò bisognerebbe tener conto nella valutazioni,seppure qualificate, altrimenti si disinformazione!

  5. Francesco Pieragostini

    Non abbiamo bisogno di una relazione che sintetizzi la situazione dei conti pubblici. Basta semplicemente farsi un giro nelle amministrazioni locali. In Italia il costo della pubblica amministrazione è superiore di quasi 4 punti percentuali di pil, pari a circa 60 miliardi di euro rispetto alla Germania. Sono cifre interessanti. Tutto questo è la conseguenza catastrofica di una politica fatta più per il consenso che per lo sviluppo del paese. Basta con la politica dei favori. E’ necessaria una riforma elettorale che non permetta ai candidati di svernare in parlamento e poi in senato. Due legislature e via. Spezzare questo legame perpetuo con il proprio bacino elettorale.

  6. margherita

    Sarebbe comunque opportuno segnalare che i pubblici dipendenti NON sono tutti uguali, leggasi magistrati, docenti universitari, dirigenti apicali, per questi la responsabilità inesistente viene lautamente pagata mentre per i dipendenti pubblici sportellisti si adottano gli emoticons. Gli stipendi della maggioranza dei dipendenti sono bassissimi ed ora si è aperta la caccia agli untori. Bastava colpire i veri assenteisti, li conoscono tutti nelle loro amministrazioni, non decurtarci in maniera incostituzionale lo stipendio. Sapete che all’università i docenti ed assistenti NON portano nemmeno il certificato? Avvisano di stare male quando va bene, compresi tanti baroni. Maggior rigore informativo per favore. Pensioni, semplice contributivo pro-quota PER TUTTI

  7. dvd

    Non comprendo lo stupore dei più nel comprendere oggi che i maggiori motivi dell’aggravio del nostro debito pubblico deriva da una spesa per pubblici sevizi (che non ci sono), forniti da amministrazioni locali inefficienti che continuano a vivere a ritmi di lavoro semplicemente non attuali. La produttività per addetto della P.A. è spaventosamente inattuale si che si potrebbe arrivare al paradosso che un ‘autogestione dei cittadini potrebbe essere più efficace. Da sempre sostengo che dove manca un "capo" o un vero e capace organizzatore del lavoro altrui, nel dubbio, meglio ridurre il numero degli addetti, perchè in tali situazioni non sempre 1+1 = 2 e a rimetterci sono tutti. I pubblici dipendenti perchè frustrati (da non si sa che cosa) e i cittadini che non hanno quello che si meriterebbero, con l’aggravio di tutti sui conti pubblici. La P.A. gestita così da risorsa si trsforma in condanna e risulta vessatoria perchè iniqua. Mi meraviglio semmai che non ci siano movimenti spontanei di protesta e di denuncia da parte dei cittadini che si limitano per lo più ad inveire verso i politici e i parlamentari, ma non contro che ne sò le Usl i comuni, gli uffici finanziari, ecc !

  8. Marcello Novelli

    Ho fatto due conti con dati a mia disposizione. Il debito e’ aumentato di 90 miliardi nel periodo 1 gennaio – 31 maggio, ossia 18 miliardi al mese. Mantenendo questo andamento arriveremo a 1.867 miliadi. Il PIL 2008 e’ stato di 1.572 miliardi, con un decremento del 5% diventa 1.494 miliardi. Questo da vita ad un rapporto debito/PIL del 125%.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén