
I PROVVEDIMENTI
Il decreto legge numero 5 del 2009 ha introdotto le seguenti misure per le società quotate:
- aumento del tetto all’acquisto di azioni proprie dal 10 al 20 per cento
- aumento dal 3 al 5 per cento delle azioni che il socio di controllo può acquistare ogni anno senza incorrere in obblighi di Opa
- facoltà per la Consob di ridurre la soglia per la segnalazione della presenza nel capitale delle società, dal 2 all’ 1 per cento.
GLI EFFETTI
Laspetto più inquietante è che queste misure sono state introdotte su sollecitazione del presidente della Consob, lAutorità che dovrebbe avere a cuore gli interessi di tutti gli azionisti, non solo di quelli di controllo.
Leffetto netto di tutto questo è infatti quello di rafforzare la posizione dei soci di controllo e nello stesso tempo di individuare al più presto ogni scalatore. In un paese come il nostro in cui le società sono già così poco contendibili, si tratta di un passo indietro gravissimo per il market for corporate control. Non lo dicono i soliti critici de lavoce.info, ma lAutorità garante per la concorrenza e il mercato (Antitrust) in un parere inviato nei giorni scorsi al Parlamento nella fase di conversione del decreto. LAutorità ha chiesto che almeno vengano posti limiti temporali a misure così drastiche.
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È stato professore ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari presso l’Università di Modena (1972-1984) e successivamente all’Università di Bologna (1984-2001). È stato Visiting Professor presso l’University College of North Wales (1984) e la Brown University (1989). Ha fatto parte del Comitato Scientifico di Prometeia (Associazione per le ricerche econometriche, Bologna), della Consob, dell’Ente per gli studi monetari, bancari e creditizi "Luigi Einaudi" e delle riviste Banca Impresa e Società e Mercato Concorrenza Regole.
È stato Commissario Consob dall’ottobre 1993 all’ottobre 1998, periodo durante il quale ha partecipato a diverse commissioni, tra cui la commissione "Draghi" per la preparazione del Testo Unico della Finanza. È stato inoltre Consigliere del CNEL, Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (in qualità di esperto nominato dal Presidente della Repubblica) ed editorialista de Il Sole 24 Ore.
Negli ultimi anni ha insegnato Diritto ed Economia dei Mercati Finanziari e Comparative Financial Systems presso l’Università Bocconi di Milano. Le sue principali aree di interesse scientifico hanno riguardato la struttura dei sistemi finanziari e i confronti internazionali – anche come coordinatore della ricerca dell’Ente Einaudi “Verso un sistema bancario europeo” – gli aspetti economici della regolamentazione dei mercati e degli intermediari finanziari, la corporate governance delle società quotate e la microeconomia dei mercati finanziari. È stato redattore de lavoce.info.
Fabio Fedel
Condivido appieno il commento di Onado. Questi provvedimenti anche se vengono vestiti con argomenti di facile demagogia e trovano d’accordo, purtroppo, proprietà e sindacati sono fortemente dannosi per una crescita della nostra economia. "Il difendere i campioni nazionali" ha fatto molti danni all’economia del nostro Paese. Un provvedimento di questo tipo, può avere un senso transitorio nel caso, come è successo, che le istituzioni finanziarie non funzionassero. Ora però il rischio di fallimento sembra passato, quindi queste misure vanno tolte. In particolare credo fermamente che i buy back di azioni proprie vadano proprio vietati, se non finalizzati alla riduzione del patrimonio netto. Esiste infatti un disallineamento informativo inaccettabile tra management che decide il buy back e mercato. Ma questo argomento meriterebbe di essere trattato a parte.
luigi zoppoli
Questa robaccia pare il pagamento della prima rata del debito acceso con gli eroi di CAI i quali, con l’entusiasta supporto del governo hanno addossato alle pubbliche finanze ed agli italiani 3/4 miliardi. A seguire le prossime rate.
Paolo
Onado ha proprio ragione. Il capitalismo finanziario italiano è da sempre gestito da una oligatrchia ristretta, che tende ad essere inevitablmente preda della tenatzione di usare il proprio potere (e i propri voti) a discapito degli azionisti di minoranza e degli outsider. I manager delle imprese, come peraltro dappertutto, non amano essere esposti al rischio di essere sostituiti da manager migliori. Ora la Consob, che già in altre occasioni (Parmalat, Cirio e altre ancora) aveva dato prova di tartufismo, si fa coinvolgere dagli interessi di parte che dovrebbe, invece, sorvegliare e tenere a freno. Un bel pasticcio! E un danno per gli Italiani.