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UNA NUOVA POVERTA’ ASSOLUTA

L’Istat ha disegnato una nuova metodologia di calcolo della povertà assoluta. Non si tratta di un concetto di sopravvivenza, di carenza di risorse tale da mettere in pericolo serio la vita stessa, ma di un concetto di “minimo accettabile”. Con due ipotesi di partenza: i bisogni primari sono omogenei su tutto il territorio nazionale, mentre i costi sono variabili nelle diverse aree. A definire la condizione non è dunque una soglia unica, ma tante soglie quante sono sono le combinazioni tra tipologia familiare, ripartizione geografica e dimensione del comune di residenza.

 

L’Istat ha diffuso il 22 marzo la nuova misura di povertà assoluta basata su un paniere di beni e servizi atti a soddisfare un insieme di bisogni essenziali: 975mila famiglie, per un totale di 2 milioni e 424mila individui, sono risultati in povertà assoluta. Il Sud presenta le maggiori criticità, con un valore doppio rispetto alle altre ripartizioni, accanto alle famiglie numerose, con tre o più figli minori, quelle di anziani, quelle con a capo una donna, e le famiglie con a capo un disoccupato o una persona che lavora, ma di qualifica bassa.

LA NUOVA METODOLOGIA

La misura della povertà assoluta (1) è particolarmente utile per la progettazione di politiche di contrasto al fenomeno. Capire le innovazioni fondamentali introdotte dall’Istat nella metodologia può essere dunque fondamentale anche sotto questo profilo. (2)
Come è stata calcolata con la nuova metodologia la povertà assoluta? Non si tratta di un concetto di sopravvivenza, di carenza di risorse tale da mettere in pericolo serio la vita stessa, ma di un concetto di “minimo accettabile”. Si è fatto cioè riferimento all’incapacità di acquisire i beni e servizi che permettono di evitare gravi forme di esclusione sociale nel contesto di riferimento in cui si vive. (3)
Due sono state le ipotesi di partenza. La prima è che i bisogni primari sono omogenei su tutto il territorio nazionale. (4) Di conseguenza, i fabbisogni e i beni e servizi che li soddisfano sono uguali per tutte le aree del paese. La seconda ipotesi è invece che i costi sono variabili nelle diverse zone. Di conseguenza, i costi devono riflettere la variabilità territoriale dei prezzi dei beni e servizi contenuti nel paniere.
L’unità di riferimento del paniere è la famiglia, ma ciò non significa che i bisogni individuali non siano stati considerati. Anzi, quando necessario, come per la componente alimentare, si è partiti da questi, per poi aggregarli a livello familiare tenendo conto delle caratteristiche dei singoli componenti (sesso e classe di età) e delle eventuali economie di scala o forme di risparmio o non risparmio che possono essere realizzate al variare della composizione familiare.
Sono state individuate tre aree di fabbisogni essenziali: alimentazione adeguata; disponibilità di un’abitazione, di ampiezza consona alla dimensione del nucleo familiare, riscaldata e dotata dei principali servizi, beni durevoli e accessori; minimo necessario per vestirsi, comunicare, informarsi, muoversi sul territorio, istruirsi e mantenersi in buona salute.
Da queste tre aree si è pervenuti alla definizione delle tre macrocomponenti del paniere: alimentare, abitazione, residuale. Èemersa una differenza di fonti utilizzabili per le tre macrocomponenti. Per i fabbisogni alimentari, si è fatto riferimento a quelli definiti su base scientifica dall’Inran che tengono conto del sesso e dell’età degli individui. I fabbisogni connessi all’abitazione (ampiezza e utenze) sono stati definiti facendo riferimento a normative vigenti. Per tutti gli altri bisogni familiari e individuali è di fatto impossibile definire il fabbisogno in termini quantitativi. Di conseguenza, si è proceduto a una esplicitazione analitica dei due principali segmenti del paniere (alimentare e abitativo) e si è incluso tutto il resto in una voce cumulativa, la componente residuale. Per definirla, si è seguito un metodo simile a quello americano e si è  proceduto al calcolo di coefficienti moltiplicativi da applicare alla componente alimentare. Ciò perché la componente residuale, come quella alimentare e diversamente da quella abitativa più legata alla dimensione familiare, dipende dalle caratteristiche dei componenti della famiglia e dalle differenti fasi del ciclo di vita.
Per quanto riguarda la valutazione monetaria dei fabbisogni, il primo aspetto da prendere in considerazione è che il prezzo/spesa di un bene o servizio può variare a seconda delle caratteristiche e della varietà dell’offerta. Il secondo è che non tutte le famiglie hanno la stessa opportunità di acquistare allo stesso prezzo, sia per la differente articolazione dell’offerta sul territorio, sia per la diversa capacità di spostamento che le caratterizza. Il terzo aspetto è che le famiglie con forti vincoli di bilancio acquistano al prezzo più basso a cui sono in grado di accedere. Per questo non si è scelto il prezzo minimo assoluto, ma il prezzo minimo accessibile per tutte le famiglie, in base alle caratteristiche dell’offerta nelle diverse realtà territoriali: nell’alimentare, per esempio, la media ponderata dei prezzi minimi individuati nell’hard discount, nella distribuzione moderna e in quella tradizionale.
Per arrivare a definire la soglia di povertà assoluta si è calcolato il valore monetario del paniere complessivo ottenuto per somma diretta dei valori monetari delle diverse componenti. La soglia è quindi costruita tenendo conto delle tipologie familiari, delle ripartizioni geografiche, delle dimensioni del comune di residenza. In realtà, non si tratta di una soglia, ma di tante soglie di povertà assoluta quante sono le combinazioni tra tipologia familiare, ripartizione geografica e dimensione del comune di residenza. Per esempio, per una coppia di età inferiore ai 59 anni con un figlio maggiorenne e uno di età compresa tra 11 e 17 anni, la soglia diminuisce di circa 400 euro passando da un’area metropolitana del Nord a un piccolo comune del Mezzogiorno. Le soglie di povertà assoluta sono state calcolate per l’anno 2005. Quelle per gli anni successivi vengono stimate utilizzando appropriati indici dei prezzi. La rivalutazione dell’intero paniere viene fatta di anno in anno, applicando al valore monetario delle singole voci di spesa la variazione di specifici indici dei prezzi al consumo (il più possibile vicini ai beni e servizi considerati) e non un unico indice generale. Poiché la dinamica dei prezzi al consumo può essere diversa sul territorio, la rivalutazione di tutte le voci è stata effettuata distintamente per ripartizione geografica.

UNA RIVOLUZIONE

La nuova metodologia rappresenta una vera e propria rivoluzione rispetto a quella utilizzata fino al 2002. Ciò interrompe in maniera netta la continuità della serie storica degli indicatori di povertà assoluta e impedisce che si possano trarre valutazioni sulla dinamica del fenomeno dal confronto congiunto tra le due serie. La rivalutazione del paniere continuerà a essere svolta nel tempo: l’Istat verificherà di anno in anno la validità delle ipotesi sottostanti il calcolo delle soglie e valuterà il momento in cui sarà necessario apportare correttivi alla metodologia stessa.

* Direttore Centrale Istat

(1) Per ulteriori approfondimenti sui risultati si faccia riferimento alla Statistica in breve “La povertà assoluta in Italia nel 2007” del 4 novembre 2008.
(2) L’Istat ha disegnato la nuova metodologia con il supporto di una commissione di esperti, i cui membri sono stati Andrea Brandolini (subentrato in sostituzione di Massimo Livi Bacci nella funzione di presidente), Gian Carlo Blangiardo, Vittoria Buratta, Luigi Campiglio, Amleto D’Amicis, Carlo Declich, Stefano Falorsi, Cristina Freguja, Donatella Grassi, Achille Lemmi, Roberto Monducci, Nicoletta Pannuzi, Giancarlo Rovati, Linda Laura Sabbadini, Chiara Saraceno, Stefano Toso, Ugo Trivellato, Francesco Zannella.
(3) Per ulteriori approfondimenti sul metodo e la stima della povertà assoluta si faccia riferimento alla pubblicazione “La stima della povertà assoluta”, Metodi e Nome, n. 39, Istat, 2009.
(4) A meno di differenze dovute a fattori esterni, come le condizioni climatiche nel fabbisogno di riscaldamento.

Foto: di Michele Del Monaco, II concorso fotografico de lavoce.info

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  1. Alloni Diego

    Grazie alla Sabbadini ed all’ISTAT per l’originale ipotesi ed il lavoro svolto, ma… A parte alcuni dati inconcepibili sui documenti originali, come consumi energetici da abitazioni con certificato di risparmio energetico che emergerebbero da famiglie con infissi cadenti ed elettrodomestici di classe C, ciò che più colpisce è l’assenza dei veri poveri assoluti. Per esempio, ogni anno la magistratura crea decine di migliaia di papà separati indigenti, che rimangono tali per almeno 20 anni e che oggi sono almeno un milione: l’85% dei papà separati non guadagna 1500 euro/mese, ne sborsa in media 700 per assegni di mantenimento e spese straordinarie ai figli (1,5 minori o maggiorenni) e non paga meno di 500 l’alloggio in affitto, se mai se lo potesse permettere. A proposito, nel calcolo del costo abitativo, l’incidenza dei mutui non richiederebbe alcuna regressione lineare e soprattutto riserverebbe sorprese per il 2008. Dimenticavo che la ricerca ISTAT recita: "Dalla stima sono escluse le famiglie in abitazione impropria, quali roulotte, baracche, container, eccetera". Dove, per fortuna, non troviamo alcuna famiglia "con a capo una donna". L’deologia è una rendita certa contro la povertà.

  2. giuseppe pazzaglia

    Molti politici per arraffare voti e la chiesa per arraffare consensi e fondi, spesso a motivo dell’effetto che suscita sui benpensanti, lanciano dati sulla povertà in Italia. Ora, pur accettando i concetti teorici di povertà assoluta o relativa, viene il sospetto che i dati raccolti ed elaborati nulla hanno a che vedere con la realtà. E questo per una ragione evidente. Il popolo italiano risulta essere uno dei più incalliti evasori del pianeta: almeno stando ad altri dati, pure diffusi e strumentalizzati secondo necessità. E questa evasione, è risaputo, non salva nessuna categoria sociale. Si parla di evasione fiscale di miliardi, cifra cioè che a stento si comprende e si ricorda data l’elevatezza del suo valore. Allora, se non si sa chi partecipa e in che misura alla divisione di questa ricchissima torta, ci si deve pur chiedere: come si fa a dare dati attendibili sulla disponibilità reale di ogni cittadino? Ergo: chi è veramente povero e chi falso povero?

  3. Laura Benigni

    Sarebbe interessante sapere come la nuova metodologia di calcolo della povertà influisce sulla certificazione ISEE che rappresenta la certificazione indispensabile per ogni richiesta di accesso a sconti, vouchers, servizi, contributi del nuovo e del vecchio welfare.

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