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MARCHIONNE E LE AUTO BLU

Il progetto di Fiat su Opel è più delicato di quello su Chrysler. Il momento è già bruttissimo. E nel breve periodo è ragionevole pensare che la fusione aumenterebbe la disoccupazione. Ma nel lungo periodo, se tutto funziona, sarebbe un bene anche per i lavoratori. E’ poi curioso che queste imprese vengano vendute da governi che non le possiedono. Mentre lo Stato italiano, che tanti aiuti ha garantito in passato a Fiat, oggi sta a guardare. Ma forse è meglio così.

 

Quando si vede un’impresa che si butta in un turbine di acquisizioni, come sta facendo Fiat in questo periodo, viene sempre il dubbio che sia in corso il classico tentativo da parte di un manager un po’ megalomane di costruire un impero. Perseguire la grande dimensione in sé, per aumentare il potere di un amministratore delegato che si è montato la testa. Nel caso Fiat, il dubbio pare piuttosto infondato. Alcuni mesi fa Sergio Marchionne aveva dichiarato che tra pochi anni sarebbero rimasti in piedi solo quattro-cinque grandi produttori di auto, ciascuno con un livello produttivo di circa 6 milioni di vetture. Lo disse quando tutti pensavano che Fiat sarebbe stata acquisita da qualcuno. E invece la lucida convinzione di Marchionne è proprio quanto guida la sua strategia da alcuni anni a questa parte, prima con l’alleanza con Gm (poi naufragata) e ora con le operazioni con Chrysler e, se andrà in porto, con Opel.

UN BRUTTO MOMENTO PER TUTTI

La situazione di partenza non è facile per nessuno dei protagonisti. Chrysler era in fallimento, è chiaro che deve essere ridimensionata, e senza Fiat la situazione sarebbe stata anche peggiore. La situazione di Opel è pre-fallimentare, legata alle vicende di Gm, di cui è il principale marchio europeo. Quella di Fiat no, ma questo non significa che tutto va bene. Alcuni marchi vanno male sul mercato, soprattutto Alfa Romeo. Forse, come tutti quelli della fascia media, è particolarmente penalizzata dalla crisi, che sembra dare spazio alle macchine a buon mercato. Ma forse c’è qualche problema ulteriore se si pensa che nel 2008, con un mercato dell’Europa allargata in discesa dell’8 per cento, l’Alfa ha perso quasi il 30 per cento delle vendite.
Quindi, anche Fiat, e a prescindere da come finirà la vicenda Opel, ha bisogno di interventi. Certo, servono prodotti con maggiore capacità di penetrazione sul mercato. Ma non è una cosa che si inventa in poco tempo, nel frattempo i tagli ci saranno, e forse saranno anche pesanti.

DUE OPERAZIONI GEMELLE?

Le due acquisizioni (Chysler e Opel) sono molto diverse per certi versi, simili per altri.
Simili per la logica che le lega, ovvero la convinzione che nel futuro contino molto le economie di scala: poiché Fiat avrà una scala di produzione molto superiore, i costi si potranno suddividere su un gran numero di auto, e i costi unitari saranno minori. Oltre tutto, la maggiore dimensione giustifica investimenti qualitativamente più ambiziosi di quelli che sarebbero pensati per il solo mercato europeo e questo potrebbe generare benefici anche per i marchi tradizionali, proprio perché al costo fisso legato alla tecnologia corrisponderà un costo minore per ogni auto prodotta. Potenzialmente, maggiore qualità e minori costi medi.
Ma sono operazioni diverse per ragioni di mercato. Quella di Chrysler era una operazione in pura crescita. Fiat non è mai entrata veramente nel mercato Usa e questa è la sua opportunità. Opel e i marchi Fiat sono invece concorrenti, oggi più che mai. Il mercato tedesco è il mercato europeo dove Fiat cresce maggiormente.
Quindi, l’operazione con Opel comporta un trade-off. Da un lato, serve ad aumentare la dimensione e, se Marchionne ha ragione, consentirà di essere più competitivi e a produrre di più. Dall’altro, però, se la fusione va in porto, i marchi Fiat e quelli di Gm Europa cesseranno di farsi concorrenza, e quindi verosimilmente diminuiranno i livelli di produzione. Èevidente che i due effetti vanno in direzioni del tutto opposte per quanto riguarda le ricadute sui livelli produttivi e occupazionali.
Se prevale il primo, tutto bene; se prevale il secondo, la somma tra i dipendenti di Opel e quelli di Fiat sarà minore dei due valori odierni. A questo si aggiunga che nel breve periodo prevarrà quasi sicuramente il secondo di questi effetti.
Da un lato, Opel e Fiat vanno comunque incontro a un ridimensionamento per problemi che prescindono dalla eventuale fusione. Dall’altro, la fusione avrebbe un duplice effetto. Nell’immediato è legittimo attendersi un aggravamento dei (temo, inevitabili) tagli alla occupazione. Nel lungo periodo, se ha ragione Marchionne, l’effetto sarà opposto. Facile capire perché i sindacati siano nervosi; non è semplice festeggiare la cassa integrazione oggi in cambio di una speranza per il domani. Ma forse (senza entusiasmo, non esageriamo…) i sindacati farebbero meglio a considerare molto seriamente questa scommessa. Le alternative non sono tante.

LO STATO VENDITORE IN CONTO TERZI

Una prima cosa che colpisce in questa storia è la grande vitalità di Fiat, che forse nessuno cinque anni fa avrebbe potuto prevedere al centro di queste acquisizioni. La morale è semplice. Se un’impresa sull’orlo del fallimento riesce a rimettere a posto i propri conti e a ritrovare la propria strategia industriale, può tornare in vetta e – avendo fatto sacrifici quando era necessario – poi raccoglie i frutti del proprio lavoro. Se tutte le imprese facessero lo stesso…
Certo, sarebbe più facile per tutte le imprese se potessero ricevere dallo Stato gli stessi soldi che Fiat ha storicamente ricevuto. Ma in questi anni, quanto meno, i soldi pubblici sono stati messi a frutto.
Colpisce, infine, il ruolo curioso che i governi hanno in queste vicende. Pochi giorni fa, Barack Obama tra il serio e il faceto si è proposto per il premio di miglior “car executive” dell’anno. Ora la vendita di Opel è in mano ad Angela Merkel. Si noti che né Chrysler né Opel sono imprese pubbliche. Ma nel caso di fallimento i costi per la collettività sarebbero tali, che lo Stato ha di fatto la scelta sul futuro dell’impresa.
Forse è una strada obbligata, ma non possiamo non sottolinearne alcuni aspetti paradossali.
In mezzo a una tempesta dovuta alla incapacità (o non volontà) del potere politico di governare il sistema economico, il capitalismo di Stato rialza la testa. Non si è saputo far politica economica in modo “normale”, regolando i mercati come si doveva, e ora si deve accettare un ruolo del tutto distorto dell’intervento pubblico.
Non va bene. Grandi scelte industriali sono finite nelle mani di ottimi governanti, che però non sono né uomini di impresa, né uomini che rischiano il loro denaro. Il dibattito che echeggia dalla Germania è se sia meglio creare disoccupazione in una regione di destra o in una di sinistra. Èsu questa base che pensiamo di costruire uno dei grandi produttori di auto del mondo?
Ed è altrettanto curioso che lo Stato italiano, quello Stato che forse più di ogni altro ha regalato denaro pubblico alle imprese (meglio: alla impresa) del settore auto, sia quello maggiormente assente dalla attuale partita, senza una vera “visione”, senza una idea. Visto come si gestisce l’intervento pubblico, forse è meglio così. Ma è un altro paradosso.

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LA FUGA VERSO LA QUALITA’ NON SPIEGA TUTTO

21 commenti

  1. luca salvarani

    Secondo me va detta chiara e tonda una verità inoppugnabile: Fiat auto sopravviverà (forse?) a questa crisi con i soldi dei contribuenti e sulle spalle di altri produttori più virtuosi! E danneggerà i produttori seri che sono stati virtuosi e che non vogliono essere governati dai politici o peggio ancora dai sindacati, che rischiano i loro soldi e non quelli degli altri, e che che con le loro tasse pagano in parte i sussidi a concorrenti decotti quando avrebbero potuto acquisirne le quote di mercato! Per me è una vergogna! Poi che Marchionne stia facendo gli interessi degli azionisti Fiat è un altro discorso! L’ unica cosa che trovo sensata è che, una volta deciso di non far fallire queste imprese (non si capice il perchè?), lo stato voglia intevenire nel procecesso di vendita. Da contribuente che paga le tasse esigerei che quando il mio governo concede sussidi, quantomeno si accerti che possano essere realisticamente restituiti! In ogni caso nessuno spiega come la nuova Fiat-auto riuscirà a ripagare i prestiti e reperire risorse per i nuovi ingenti investimenti o anche solo per il circolante, dal momento che sta bruciando cassa!? Luca Salvarani Mantova.

  2. Lorenzo Foglia

    Lei ha scritto: "Alcuni marchi vanno male sul mercato, soprattutto Alfa Romeo. Forse, come tutti quelli della fascia media, è particolarmente penalizzata dalla crisi, che sembra dare spazio alle macchine a buon mercato. Ma forse c’è qualche problema ulteriore se si pensa che nel 2008, con un mercato dell’Europa allargata in discesa dell’8 per cento, l’Alfa ha perso quasi il 30 per cento delle vendite." Penso che alla luce dei dati del 2009 è sbagliato dire che il marchio Alfa sia in crisi. Anzi è proprio grazie a esso che la Fiat sta riuscendo a scalare la classifica di vendite in europa. Nel primo trimestre insieme a dacia e hyundai è stato l’unico marchio a segnare un incremento di vendite (+ 20%). Molto è dovuto al debutto della nuova alfa mito che sta riscutendo grande successo, soprattutto nei mercati esteri. Lorenzo Foglia

  3. Carlo

    L’Alfa nel 2008 ha subito complessivamente un forte calo della produzione a causa della chiusura per ristrutturazione nei primi due mesi dell’anno dello stabilimento dove vengono prodotte le 147, 159 e GT (Pomigliano d’Arco NA), la MiTo è stata commercializzata da settembre, quindi non ha avuto un grosso impatto sui volumi del 2008. Inoltre c’è da considerare che ormai la 147 e la 159 sono prodotti maturi sul mercato e il lancio delle loro sotitute (149 e Giulietta) è stato posticipato a causa della crisi. Premetto FIAT ha preso molti soldi dallo Stato. Tuttavia credo che sono due entità che negli anni si sono "aiutate" reciprocamente. Ricordiamoci la privatizzazione di Telecom, il general contractor della TAV, ecc. Operazioni quest’ultime che lo Stato probabilmente non avrebbe potuto fare senza una grande azienda nazionale. Poi c’è il discorso di politica economica dove dobbiamo valutare un trade-off: è meglio supportare attività economiche che possono dare lavoro e generare il cosiddetto effetto moltiplicatore o mettere sempre più soldi sugli ammortizzatori sociali (che è sacro santo che esistano) dove i privati in tempi di crisi hanno una propensione al risparmio maggiore?

  4. Luca D'AMBROSIO

    Io non credo che si possa ragionevolmente credere che la fusione Fiat – Opel sia vantaggiosa per l’occupazione, né a corto né a lungo termine. La Chrysler è un altro problema, giustamente perché -come già detto dall’autore dell’articolo- la Fiat non aveva mai avuto una quota significativa di mercato negli USA. Ma l’acquisto della Opel, finanziato coi soldi del contribuente (e nessuno contribuisce di più del lavoratore dipendente, almeno in Italia), costerà “lacrime e sangue”; inoltre allontanerà ulteriormente il centro strategico del gruppo dall’Italia verso l’estero e operai e sindacati italiani hanno tutto da perdere e nulla da guadagnare; e non solo loro: anche i fornitori. Le osservazioni dell’autore sulla legittimità dei governanti a dire la loro sull’industria sono particolarmente irritanti per me; innanzitutto si dice, tra l’altro, che i governanti, -benché “ottimi”- non rischiano il loro denaro, dunque sono per questo delegittimati; ma anche Marchionne non gestisce i risparmi suoi propri, in verità. Il peggio però è altro e invito l’autore a riflettere sull’articolo uno della nostra Costituzione e sul dovere dei governanti a dire la loro al soggetto dell’occupazione.

    • La redazione

      Caro lettore
      non mi è chiaro perché l’acquisizione Opel dovrebbe essere finanziata da denaro pubblico (italiano). Per ora non vedo alcun sintomo di questo. Se poi serviranno ammortizzatori sociali, ok; ma temo siano indipendenti dalla fusione. Lei dice che "operai e sindacati italiani hanno tutto da perdere e nulla da guadagnare": mi piacerebbe si discutesse con meno preconcetti, e più argomentazioni solide, che forse restano un po’ troppo implicite nel suo ragionamento. Il problema di Alfa è stato in primis un calo delle immatricolazioni, non tanto della produzione (questo dicono i dati ufficiali, a cui non ho ragione di non credere). Infine, il fatto che i governi intervengano è normale. Ma in che ruolo? Andando a decidere la vendita di Opel sulla base di un ragionamento di politica estera nel quale contano i ricatti della Russia? O sulla base di considerazioni relative a quali impianti verrebbero chiusi, dicendo di sì se si vuol chiudere un impianto in uno stato governato dalla opposizione, e di no se si chiude in un impianto dove si vota per il Ministro? … Purtroppo l’intervento pubblico corre spesso il rischio di prestarsi a distorsioni piuttosto orrende. Spero non avverrà, ma queste sono le argomentazioni che oggi rimbalzano dalla Germania. Altro che nobili fini derivati dalla Costituzione… magari si pensasse a quelli…. E quanto invece sento non mi piace…
      Cordiali saluti

      Carlo Scarpa

  5. Alfredo Beggi

    Premesso che, in linea teorica, concordo sulla visione evolutiva del mercato auto a livello mondiale e dunque sulla linea strategica che Marchionne sta perseguendo…ma tuttavia mi rimbalza in testa una curiosità: ma Marchionne o comunque più in generale un manager, sarà in grado di dirigere e gestire nel breve e medio termine, un azienda che nel giro di 2 mesi potrebbe potenzialmente triplicarsi in tutti i suoi numeri? Ed inoltre, considerando il fatto che due delle tre aziende del futuro gruppo sono in crisi, e considerando che dovranno dunque intraprendere un cammino di risanamento i cui effetti ricadranno sul costituendo gruppo, non è che si rischia di depauperare la capacità di Fiat (unica azienda "sana") almeno nel breve e medio periodo? (non penso che ci sia troppo tempo da perdere in questo momento).

  6. Furetto

    Non si è saputo far politica economica in modo “normale”, regolando i mercati come si doveva, e ora si deve accettare un ruolo del tutto distorto dell’intervento pubblico. Penso riassuma bene cosa sta succedendo oggi, non solo nel caso FIAT/OPEL.

  7. luigi zoppoli

    Prescindo dal tema sovvenzioni pubbliche e restituzione degli aiuti pubblici. Per motivi di mera decenza, dopo l’orrende, infausta operazioni CAI-Alitalia il tema dovrebbe essere sottterrato. Dalla vergogna. Correttamente l’autore osserva che Marchionne ha delineato una strategia industriale. La sta portando avanti pur non essendo la FIAT fuori da ogni difficoltà. Piuttosto, ho la grande curiosità di vedere, auspicando che tutto vada bene per FIAT, come la gestione sarà impostata. Perchè le economie di scala soo di certo un fattore strategico pesante come, nel caso degli USA, fattore strategico è la vicinanza al mercato, ma credo non basti. Dal management, al suo ruolo, all’organizzazione, alla produzione, al marketing dovrà cambiare tutto o quasi. Perché è il mondo che a seguito della crisi è cambiato. Sarebbe una storia affascinante che mi auguro di vedere e che da tifoso mi auguro abbia un esito felice. Sarebbe felice anche per il paese. Ed in tempi grami come questi, non sarebbe male.

  8. alessandro pegoraro

    Gentile Professore, più che un commento vorrie porre una domanda. Nel Suo articolo Lei fa riferimento ai copiosi aiuti di Stato ricevuti da Fiat nel corso degli anni. Verissimo ma, ed è questa la domanda, ho la sensazione che anche gli altri Paesi (Francia e Germania in particolare) siano stati generosi con i prorpi produttori auto. E’ così? Grazie della Sua disponibilità AP

  9. carmine vaccaro

    Fa bene Marchionne a tentare di posizionare la FIAT tra i probabili cinque costruttori di auto nel mondo. Il governo farebbe bene a recitare un ruolo per avere garanzie che in Italia non si abbiano ripercussioni occupazionali e produttive. Il rischio esiste ed è reale. Secondo me la cosa più prevedibile è che FIAT si rafforza nel mondo e in europa e rischia di indebolirsi in italia. Per evitare che ciò accada bisogna rendere più competitivo il sistema industriale italiano. Attenzione però ad un particolare ad oggi nessuno riesce ad ipotizzare dopo la crisi che mercato del lavoro troveremo prbabilmente non è da escludere un modo fatto di differenze (nel lavoro, nei servizi ecc).

  10. Giampiero Cerchi

    Come mai nessuno affronta il tema dei debiti della FIAT nei confronti dei suoi fornitori. Ovviamente quando si tratta della PA siamo tutti daccordo che è scandaloso che non vengano pagate entro i tempi concordati i beni e servizi erogati, ma nel caso di un’azienda privata ma di importanza nazionale come la FIAT non è altrettanto scandaloso che questo potere "contrattuale" si ripeta ? Come è giusto parlare degli operai è doveroso affrontare il tema delle imprese che rischiano l’insolvenza, non per carenza di ordini, ma per mancanza di incassi già maturati. Mi piacerebbe leggere considerazioni e contributi tecnici sull’effetto che avranno le varie acquisizioni e lo scorporo del settore auto nella newco su queste imprese. Inoltre ritengo che sarebbe opportuno affiancare al giusto sostegno politico, mediatico e tecnico (vedi economisti) all’operazione Marchionne anche una valutazione sull’attuale stato dell’economia reale legata alla FIAT. In questo modo i media e l’opinione pubblica potrebbero essere da incentivo per il managment e per la politica per affronare (magari risolvere) i problemi sociali, oltre che economici, del breve-medio e lungo periodo.

  11. sigieri

    Fiat ed Opel sono in sovrapposizione di prodotto per molti modelli della gamma; Fiat ha però una produzione migliore sotto il profilo delle tecnologie verdi e del risparmio nei consumi. Le razionalizzazioni degli impianti e quindi la riduzione degli occupati dovrebbero riguardare principalmente la Opel. Non sono certo che questo discorso concreto sia stato fatto in modo chiaro a tutte le parti in commedia;si rischia di ritrovarselo davanti tra alcuni mesi. 6 milioni di auto (e quali auto) all’anno dove venderle? Con quale risultato economico? Forse il rispondere a queste domande porterebbe ulteriore chiarezza e concretezza all’ipotesi strategica Marchionne del "competitore globale".

  12. Giorgio Z.

    Quello che non si fa mai, in queste discussioni, è il partire dal concetto che porta ad una certa scelta. Porterà occupazione, fallirà, questa è preveggenza. Il punto è: è credibile ciò che dice Marchionne. Se l’assunto è questo, cioè resteranno poche società che produrranno n milioni di macchine, non si può che essere favorevoli a queste operazioni. L’occupazione scenderà, all’inizio, ma se poi moriranno altre company, la produzione e l’occupazione potrebbero incrementare. Se qualcuno è contro tale pensiero, dovrebbe spiegare perchè crede che una Fiat solitaria potrebbe fare meglio…

  13. Pina

    Giusta l’analisi, la situazione di crisi finanziaria internazionale permette ai governi degli stati di offrire alle loro imprese un sostegno finanziario per salvarle dalla banca rotta. Stupita dalla diffidenza, in particolare del sindacato tedesco e dei socialdemocratici, rispetto al manager italiano, spero che la Merkel decida con cognizione di causa l’accordo con le tre offerte pensando alla politica industriale. Come si vede la politica entra a tutto campo anche in Germania. I sindacati dei singoli paese, qualunque sia la soluzione, saranno interessati a tagli occupazionali a breve, ma a una tenuta dei mercati sul medio termine. In Italia purtroppo il Governo è alle prese di storie etiche-morali-giudiziarie del primo Ministro che sfoggia ogni volta spot pubblicitari sulle soluzioni di crisi e dei vari problemi del paese.. Per avere un’idea di politica industriale questo Governo non ha tempo… ha altri pensieri.

  14. Manfredi MANFRIN

    Mi è ben chiaro cosa siano le economie di scala e quindi capisco che un oggetto complesso e difficile come un’auto sia soggetto ad economie di scala di ogni tipo (acquisto, progettazione, commercializzazione). Purtroppo l’amara altra faccia della medaglia è che si sta procedendo ancora più rapidamente sulla strada del "troppo grandi per fallire" (che già nel caso delle banche ha mostrato cosa comporti); con la conseguenza che in realtà i benefici che si potranno ricavare dalle economie di scala sicuramente risaneranno i bilanci delle società (e questo è un bene per gli azionisti, per i fornitori, per i dipendenti che rimarranno in forza e per lo Stato), ma sicuramente diminuirà il livello di concorrenza che, forse, oggi è una delle buone ragioni per le quali quasi tutte le case perdono. E non ne guadagnerà di sicuro il consumatore. E’ più facile, nonostante le antitrust fare un oligopolio concertato in 3/4 che in 10.

  15. maria di falco

    Sono orgogliosa del progetto Fiat che non solo economico, ma anche sociale, che da un pò di speranza agli italiani e li proietta un pò nel futuro. E’ l’unico progetto in campo oggi in questa Italia desolata e devastata, con una classe dirigente incapace di progettualità con un premier che si spupazza le minorenni e si preoccupa di come convincere la stampa estera, visto che all’interno del paese ha il controllo totale dell’informazione. Certo l’attuale compagine politica italiana non da una mano ed anzi la sua superficialità penalizza la riuscita dell’operazione Fiat/Opel. E l’argomentazione che lo Stato italiano ha dato tanti soldi a Fiat, pur se vera, in questo momento mi sembra un’argomentazione debole. Prima di tutto perchè la dirigenza Fiat ha saputo mettere a frutto gli aiuti ricevuti. E poi perché qualunque cambiamento profondo a livello di trasporto automobilistico (penso all’auto ad idrogeno o all’auto elettrica) ha bisogno di grandi investimenti nella ricerca pura e nella ricerca applicata, che solo lo Stato può assicurare e solo un’azione concertata tra Stati può garantirne il successo del cambiamento di rotta a livello mondiale.

  16. Sara

    Il mio unico dubbio su questa manovra che mi inolrgogliesce e mi fa sperare in un rilancio del marchio italiano è che la Fiat si faccia carico di troppi impegni altrui magari non immediatamente manifesti ma che in futuro graveranno …sulle casse dello stato italiano! Lo Stato interverrà come al solito: viste le dimensioni del gruppo, avrà la capacità per intervenire? L’aumento del debito pubblico sarà ancora lo strumento per finanziare queste manovre? E se le autorità europee intervenissero seriamente cosa succederebbe?

  17. Marco De Rossi

    Le operazioni industriali che si stanno portando avanti come quelle tra Fiat e Opel avrebbero un senso compiuto se la vision economica dell’operazione fosse legata e rafforzata da politiche sociali, con l’intervento dello Stato, di chiara individuazione e concretezza. In questo momento storico creare false aspettative che vadano a colpire la fiducia potrebbero generare effetti distorti e non controllabili a breve termine.

  18. lorenzo albertini

    Penso che molti gradirebbero comprendere con precisione il ruolo dello stato tedesco, non essendo stato spiegato da alcuno (a quanto mi consta). Perchè, se Opel è privata (GM), il governo della RFT se ne interessa così e così ad alto livello? Esiste qualche norma tedesca che lo permette oppure è un intervento di puro fatto, dettato dalla rilevanza economica (possibile disoccupaizone; lobbismo VW) e politica (prossime elezioni? Putin?) di questa operazione? In questo secondo caso, GM accetta tale intrusione supinamente?

  19. A&B

    Nella vicenda Opel stupisce l’interventismo ostentato dal governo tedesco, non tanto nel seguire la vicenda e creare i presupposti politico-economici (alla Obama, per interderci) quanto nel prendere direttamente la decisione sulla scelta dell’acquirente.

  20. Hans Suter

    Questa faccenda non è poi così complicata: per sopravvivere, alla Fiat servono soldi. La Fiat non li ha, lo stato italiano neppure, gli USA e la Germania invece sono disposti a investire. E allora Marchionne si è rivolto a loro (attraverso Chrysler e Opel).

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