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LA FUGA VERSO LA QUALITA’ NON SPIEGA TUTTO

La fuga verso la qualità sembra dar conto di circa un quinto dello spread Btp-Bund tedeschi. La maggior parte del differenziale è dunque dovuta a un effettivo maggior rischio paese avvertito dai mercati finanziari. Lo spread è tornato a livelli non dissimili da quelli sperimentati nella crisi del marzo 1995. E’ la riconferma della necessità di mantenere un rigoroso controllo della dinamica del debito nel nostro paese. E del fatto che il necessario uso della leva fiscale non deve significare il ritorno a una spesa pubblica senza freni.

La crisi finanziaria degli ultimi mesi ha avuto ripercussioni anche sui titoli emessi da Stati sovrani (LINKDe Novellis  e Vaciago su laVoce del 13.02.2009). Prima del default della Lehman Brothers, lo spread tra Btp e Bund si attestava sui 20 punti base, nel periodo successivo è cresciuto di cinque volte in media, fino a toccare anche i 150 punti. Gli interventi di salvataggio delle banche e le azioni di politica fiscale volte a sostenere l’economia reale hanno fatto sorgere dubbi sulla sostenibilità del debito pubblico di molte economie avanzate, anche appartenenti all’area euro. Non si può dire che tali dubbi siano infondati: se è vero, infatti, che l’intonazione dei tassi di interesse sta alleviando, al momento, il peso delle passività delle pubbliche amministrazioni (LINK Baglioni  e Colombo su laVoce del  25.11.2008), è altrettanto vero che la differenza tra il costo medio del debito e il tasso di crescita delle economie si va allargando e questo, in un ambiente in cui gli avanzi primari tendono ad assottigliarsi, spinge verso l’alto il rapporto debito/Pil.

IL DIFFERENZIALE VERSO IL BUND COME MISURA DI RISCHIO PAESE

Il rischio paese, nell’ambito dell’area euro, viene spesso misurato dal differenziale tra rendimenti dei titoli domestici e rendimenti del Bund tedesco. Agli inizi di aprile, per l’Italia lo spread sui Btp, con scadenza pari a 5 anni, era intorno ai 100 punti base; meglio di noi si posizionavano Francia, Olanda e Spagna (tra i 30 e i 70 punti), mentre Irlanda e Grecia si trovavano sul margine opposto (200 e 250 punti base). Tuttavia, a incidere sul differenziale vi è il fenomeno noto in letteratura come flight-to-quality: in contesti difficili e incerti, gli investitori preferiscono migrare verso titoli particolarmente solidi, come appunto quelli tedeschi. (1) L’eccesso di domanda che ne consegue determina un riduzione dei rendimenti offerti da tali titoli, mentre, di converso, il calo della domanda di titoli ritenuti meno affidabili ne provoca l’aumento dei rendimenti. Determinare la dimensione di questo effetto è funzionale a stabilire quanto margine di manovra hanno oggi a disposizione le autorità di politica fiscale per porre in atto azioni di contrasto al difficile momento congiunturale: se lo spread rispetto al Bund è determinato quasi esclusivamente dall’effetto flight-to-quality, allora le autorità fiscali possono permettersi un maggiore attivismo in interventi temporanei di natura anticiclica in quanto quell’effetto tenderà prima o poi ad assestarsi. Viceversa, nel caso in cui tale effetto sia nel complesso contenuto, i rischi di stabilità finanziaria dovrebbero indurre a una politica fiscale più accorta.

UNA MISURA DEL FLIGHT-TO-QUALITY

Una possibile misura dell’entità del flight-to-quality può ricavarsi avvalendosi delle informazioni che si traggono dal mercato dei credit default swap: il prezzo di un Cds non risente del fenomeno perché si tratta di un derivato che permette di assicurarsi contro il default di un’obbligazione emessa da una terza parte, quale ad esempio uno Stato sovrano. (2)

Per ottenere una stima del flight-to-quality abbiamo calcolato la differenza tra lo spread dei titoli benchmark a 5 anni dei paesi dell’area euro verso il titolo Bund di pari durata, e lo spread tra i prezzi dei Cds a 5 anni sui titoli di Stato degli stessi paesi rispetto al prezzo del Cds per la Germania. In altri termini, la parte di differenziale calcolato sui titoli di Stato che non è spiegata dallo spread esistente sui Cds – spread che dovrebbe, in situazione normali, misurare esclusivamente il rischio paese – può essere imputata alla “fuga verso la qualità”.

Nel grafico 1 riportiamo i risultati del nostro esercizio relativamente al periodo antecedente la deflagrante accelerazione della crisi finanziaria, in coincidenza con il fallimento della Lehman Brothers, e quello immediatamente successivo. Vi si osserva come nel periodo pre-crisi la fuga verso la qualità penalizzava, per circa 6/7 punti base, soprattutto Italia e Grecia, due dei paesi europei a più elevato debito pubblico. Spagna e Irlanda, per contro, si evidenziano come due paesi che prima della crisi beneficiavano di un volume di acquisti dei propri titoli di Stato così ampio da determinare un rendimento di mercato inferiore a quello corrispondente all’effettiva misurazione del rischio paese, così come emerge dalle quotazioni dei rispettivi Cds.

Grafico 1

Nella fase successiva alla “deflagrazione”, si riscontra un generalizzato incremento dei rendimenti ascrivibile alla fuga verso la qualità. Il paese più svantaggiato dal fenomeno risulta la Grecia, con uno spread aggiuntivo sul costo del debito di oltre 60 punti base; seguono Portogallo e Belgio. Èinteressante notare come in questo ranking laFrancia risulti più penalizzata dell’Italia, a evidenza del fatto che del flight-to-quality possono soffrire anche titoli sulla carta apparentemente molto solidi. Quanto all’Italia, il prezzo che abbiamo dovuto pagare per la fuga verso la qualità è di circa 20 punti base, un valore in linea con quello che si riscontra per la Spagna. Si noti infine che sulla base delle nostre elaborazioni, con l’acuirsi della crisi Irlanda e Austria avrebbero migliorato il loro posizionamento relativo rispetto alla Germania. È bene tener presente, che, in realtà, sottostante a tale ultimo risultato potrebbero esservi movimenti speculativi, legati alla particolare situazione di crisi finanziaria attraversata dai due paesi – di cui potrebbe essere evidenza la forte volatilità dei prezzi dei Cds irlandesi e austriaci – nonché una diversa liquidità presente sui mercati.
Dalle analisi presentate emerge come la crisi abbia messo in moto un processo di flight-to-quality che spiega tuttavia solo una parte dell’allargamento del differenziale di tasso tra titoli dei diversi paesi europei e corrispettivi titoli della Germania. Considerando in particolare l’Italia, la fuga verso la qualità sembrerebbe spiegare circa un quinto dello spread Btp-Bund, mentre la maggior parte di tale differenziale è dovuto a un effettivo maggior rischio paese avvertito dai mercati finanziari. Nella crisi del marzo 1995 lo spread tra Btp e Bund (decennale) superò i 650 punti: 520 rappresentavano rischio di cambio e 130 rischio paese. (3) Un livello, quest’ultimo, non dissimile dunque da quello che abbiamo sperimentato nelle settimane e nei mesi scorsi.
È la riconferma della necessità di mantenere un rigoroso controllo della dinamica del nostro debito e del fatto che, oggi, il necessario uso della leva fiscale dovrà essere comunque molto attento alla qualità degli interventi e non potrà certamente interpretarsi come necessità di lasciare le briglie della spesa corrente.

(1) Va detto, comunque, che anche i Bund possono potenzialmente perdere di “appetibilità” da parte degli investitori. Un segnale, al riguardo, è la debole domanda che si è registrata in una recente riemissione di titoli quinquennali (5,7 miliardi di euro collocati il 25 marzo 2009). Le annunciate nuove emissioni da parte del governo tedesco, che nell’arco del 2009 dovrebbero superare i 20 miliardi di euro, hanno probabilmente spinto parte degli investitori a ritardare l’acquisto di Bund.
(2) Non va dimenticato, peraltro, che la quotazione del Cds può risentire delle influenze dovute a possibili comportamenti speculativi, soprattutto attuati da hedge funds che potrebbero scommettere sul default di un emettente. Affinché il prezzo del Cds venga influenzato da operazioni speculative è però necessario che le contrattazioni sul mercato di interesse siano sufficientemente ridotte, cioè, in altri termini che il mercato sia poco spesso.
(3) La decomposizione dei due effetti è ricavata eliminando dallo spread complessivo quello riscontrabile sui contratti swap decennali, così come suggerito da F. Giavazzi, C. Favero, L. Spaventa (1997), “High Yields: the Spread on German Interest Rates”, Economic Journal.

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LA RISPOSTA AI COMMENTI

  1. maurizio sbrana

    Tutto vero… Ma noto: 1) la spesa pubblica va riqualificata: 20-30 miliardi di euro ogni anno si potrebbero risparmiare, solo controllando seriamente gli ‘sprechi’; 2) eppoi, ricordiamoci dei 100 miliardi di euro che ogni anno non vengono versati dagli evasori fiscali! in realtà, in un Paese serio il bilancio annuale sarebbe in attivo! Ma mi sembra che ultimamente quasi nessuno parli più di questo…

  2. Massimo GIANNINI

    Volevo solo far notare che non c’é solo un problema di qualità ma soprattutto in questo periodo di crisi dei mercati c’é un problema di liquidità soprattutto quando ci si confronta con altri paesi. Quindi l’Italia per esempio avrebbe alto rischio ma beneficia di liquidità dei propri titoli e rispettivi CDS (flight to liquidity versus flight to quality). Soprattutto vale per i CDS il relativo spessore dei mercati di riferimento.Gli ammontari dei CDS trattati contro Italia sono enormi confrontati agli altri paesi e le altre istituzioni. L’Italia fa da sola l’1,12% del volume di CDS, mentre il mercato dei CDS contro titoli del Governo francese é irrilevante (non lo é per le sue società), la Germania (il Bund del governo) ha volumi di 4 volte inferiori all’Italia e la Spagna meno della metà.

  3. Renato Giust

    Analisi interessante ma non completamente convincente. Ad esempio, lo spread tra il CDS Italia 5y e l’Asset swap di un BTP 5y non e’ altro che la base contro CDS del titolo stesso, nella stessa maniera in cui un titolo del basket di un future, in condizioni di elevata volatilita’ e di balancesheets non infiniti, permette il cash&carry o il reverse cash and carry. Quello che nell’articolo viene chiamato fly to quality non e’ altro che il normale swing delle basi titoli/CDS dovuti alle technicalities di quest’ultimo (a volte il CTD del CDS ha una scadenza sensibilmente diversa da quella nominale del contratto), alla diversa liquidita (e sottoscrivo in pieno quanto detto da Giannini) e alle diverse vicende del mercato cash rispetto al derivati. Ad esempio, nella fase di assunzione del rischio bancario da parte dei sovrani (e conseguente emissione di carta bancaria garantita dallo Stato) le nuove emissioni bancarie hanno messo pressione sui CDS sovrani senza che questo fosse accompagnato da pari extra-emissioni di carta sovrana. Da qui le basi negative. Nulla a che vedere con la risk aversion quindi.

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