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UN TRENO CARICO DI SUSSIDI

La socialità dei servizi di trasporto è una scelta politica. E infatti molti paesi non li sussidiano. L’Italia invece ha tariffe molto basse e servizi capillari. Anche per i treni. Ma il concetto di servizio ferroviario universale è tecnicamente privo di senso. Per essere giustificato, ha bisogno di flussi di domanda molto consistenti, presenti nelle aree e sulle relazioni dense, ma non in quelle periferiche. Tuttavia, a nessuno interessa verificarne la socialità, nonostante che alle sole ferrovie regionali vadano 1.500 milioni di euro di risorse pubbliche.

 

La “socialità” dei servizi di trasporto non è un dogma, è una scelta politica tra le molte possibili, al contrario di altri servizi classificati come “universali”, per esempio acqua, elettricità o servizi postali. Più denari pubblici ai trasporti significa meno risorse per la casa o i parchi naturali. Inoltre, la gran parte delle risorse assorbite dai trasporti pubblici vanno a servire gli insediamenti periferici e dispersi, dove si genera poca domanda: un treno o un autobus pieno, anche con tariffe unitarie pesantemente sussidiate come le nostre, richiede ben pochi denari pubblici. Soprattutto se i costi di produzione sono efficienti.

LE CONSEGUENZE DEL SUSSIDIO

Molti paesi – Germania, Inghilterra, Stati Uniti, Giappone per esempio – hanno deciso di sussidiare poco i trasporti collettivi e hanno tariffe alte, vicine ai costi di produzione. Tariffe molto basse, come quelle italiane che sono mediamente il 30 per cento dei costi di produzione, congiunte a servizi molto capillari, danno segnali distorti alle scelte di insediamento: favoriscono ulteriori dispersioni residenziali e produttive, in una sorta di spirale non virtuosa.
Se questo vale in generale, i dubbi sulla socialità del trasporto ferroviario sono ancora più evidenti. Infatti il mezzo ferroviario ha capacità unitarie molto più elevate dell’autobus (e dell’aereo: un treno di lunga distanza porta senza problemi anche mille passeggeri), e per essere giustificato ha bisogno di flussi di domanda molto più consistenti, presenti nelle aree e sulle relazioni dense, ma non in quelle periferiche.
Il concetto, recentemente introdotto, di “servizio ferroviario universale” è tecnicamente privo di senso. Infatti, qual è il senso sociale di treni che rimangono poco usati, anche in presenza di pesanti sussidi? Su certe linee costerebbe meno alla collettività non solo fornire servizi di autobus gratuiti, ma addirittura portare i passeggeri in taxi. E considerazioni del tutto analoghe valgono per il trasporto ferroviario di merci, che necessita di una domanda molto concentrata per avere una qualche giustificazione, anche ambientale.
Gli aspetti distributivi poi non sono cogenti: i pendolari nelle aree periferiche sono più poveri di quelli nelle aree dense? Inoltre, la disponibilità di servizi ferroviari è necessariamente riservata ai residenti prossimi alle linee (meglio, alle stazioni) e con destinazioni anch’esse in qualche misura servite dal treno, cioè una assoluta minoranza della popolazione. Questa minoranza con accessibilità privilegiata gode già di una rendita, proprio perché risiede in punti privilegiati del territorio, dove si generano maggiori valori immobiliari.
Ma vi sono altri, solidi argomenti utilizzabili. Uno è quello ambientale: un treno semivuoto genera esternalità ambientali spesso superiori a quelle di un autobus ecologico. Considerazioni analoghe valgono poi per i fenomeni di congestione: è dove la domanda è densa che il treno, che richiede “rotture di carico”, cioè un cambio di mezzo, compete favorevolmente con una viabilità congestionata. Ma, si ripete, treni molto pieni richiedono pochi sussidi, o addirittura possono essere in attivo, se le tariffe sono ragionevoli e la gestione efficiente, per esempio perché c’è concorrenza, che è l’unica via per verificare l’efficienza dei costi di produzione, senza dover chiedere l’opinione del monopolista.
Vi sono poi altri aspetti sociali da considerare: il treno offre un servizio all’utenza spesso più comodo e rapido rispetto all’autobus, che in generale ha costi di produzione assai più bassi. Perché è necessario sussidiare la comodità e la velocità? A quella stregua, si dovrebbero sussidiare anche i servizi aerei. E infatti in molti paesi (Giappone, Inghilterra) le tariffe ferroviarie rispettano i costi di produzione e sono assai più elevate che non quelle di servizi di autobus “paralleli”.

E GLI AUTOMOBILISTI?

Inoltre, è verificato dalla modellistica internazionale che comunque una quota rilevante della popolazione continuerà a dover usare l’automobile privata, non certo per capriccio, ma a motivo delle origini e delle destinazioni dei loro spostamenti, non servibili col trasporto collettivo. Questo, anche se si attuassero politiche ancora più energiche e costose delle attuali in favore dei trasporti pubblici. D’altronde, basta osservare che trent’anni di trasporti pubblici iper-sussidiati e trasporti privati iper-tassati in Europa non hanno determinato apprezzabili spostamenti modali.
Ciò premesso, i viaggiatori automobilistici affrontano oneri fiscali rilevanti (circa la metà dei loro costi sono tasse), e generalmente non hanno alternative. I lavoratori pendolari che appartengono a questa categoria non meritano alcun supporto pubblico? Sono condannati a essere cittadini di serie B, stare in coda e pagare in silenzio? Qualche dubbio sembra davvero legittimo.
L’intera gamma delle osservazioni precedenti, si badi, è molto opinabile, nel senso che postula verifiche quantitative, spesso caso per caso.
Il problema vero che però emerge con grande evidenza da questa sommaria analisi è: perché le verifiche sulla socialità del servizio non vengono mai fatte, e in generale nemmeno proposte, nonostante il rilevante flusso di risorse pubbliche coinvolte? Si tratta di circa 1.500 milioni di euro per i soli servizi ferroviari regionali, senza contare i sussidi all’esercizio delle linee, gli investimenti e i sussidi incrociati sui treni di lunga distanza, che rappresentano comunque una allocazione arbitraria di risorse a fini sociali: i passeggeri delle linee cariche devono pagare anche per quelli delle linee scariche, anche nel caso fossero meno benestanti di questi ultimi, o che, come si è visto, le linee scariche non generino benefici sociali di sorta.
A nessuno interessa misurare la socialità dei servizi, anche se tecnicamente non vi sarebbero difficoltà di rilievo: per il gestore e per i decisori pubblici, infatti, questo è il migliore dei mondi possibili. La mano pubblica è pagatore in ultima istanza, e interviene sempre e comunque, ex-ante o ex-post. 

Foto: di Giorgio Stagni, dal sito Miol.it

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LA RISPOSTA AI COMMENTI

43 commenti

  1. maria di falco

    E’ veramente preoccupante che anche esperti di chiara fama non si pongano il problema, nell’affrontare temi complessi, essenziali e quindi irrinunciabili come il trasporto, dell’impatto ambientale, del risparmio di energia convenzionale, del minore inquinamento. Ma quando l’economia uscirà dalla logica angusta dei prezzi e si deciderà di affiancare questo parametro con altri più complessi, come ad esempio, impatto sul paesaggio e quindi sul settore turistico, impatto ambientale. Si può verificare la socialità del servizio del trasporto con il solo parametro dei prezzi, ma non c’è una contraddizione intrinseca?

    • La redazione

      Il cinismo degli economisti……..ma si rende conto che ogni euro che va in trasporti pubblici di dubbia utilità (o di dubbi effetti ridistributivi…io, ricco, sono sussidiato da quei fessi degli operai, che pagano con le loro tasse sulla benzina il fatto che io ho potuto scegliere casa e posto di lavoro servite dalla metropolitana), non va ad altri servizi sociali (casa, salute, ecc….)?
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      Truly
      MP

  2. paolo

    L’articolo mi da da riflettere: sono sempre stato un fautore del finanziamento pubbico “a prescindere”, ma gli argomenti portati dall’autore sono molto convincenti. unico dubbio la questione territoriale: un sistema di trasporti capillare favorisce la distribuzione della popolazione sul territorio (cosa non virtuosa per l’autore). Siamo sicuri che avere grandi periferie (vedi Roma) dove per andare a lavorare in centro possono essere necessarie tempi interminabili in auto sia meglio che pendolarizzare in treno dalla provincia presidiando il territorio? L’autore, pur dando l’impressione di preferire la concentrazione della popolazione, risponde implicitamente citando possibili servizi sostitutivi con autobus ecologico, ma vero presidio e un presidio stabile e comprare casa è sicuramente scelta maggiormente garantita da una stazione che non da una fermata d’autobus che domani può sparire.

    • La redazione

      A razzo: certo le destinazioni centripete sono meglio servite dal TPL. Ma queste sono da un lato declinanti (anche a Parigi…) e servono categorie a reddito medio-alto (me, per esempio), mentre quelle operaie, come mostrano le statistiche internazionali, lavorando e residiendo in tanta malora, devono usare l’automobile.
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      Truly
      Marco Ponti.

  3. Luca Save

    So bene che il Prof. Ponti conosce il significato della parola intermodalità. Mi scuso quindi per l’"oggetto" provocatorio. Sebbene condivida l’importanza di misurare la socialità di un determinato servizio, evitando che l’erogatore del servizio stesso di "sieda" sulla certezza di un sussidio ricevuto a prescindere, trovo molto pericoloso che vengano lanciati messaggi di questo tipo. In particolare non mi piace che si giochi con l’argomentazione che gli automobilisti pagano anche per chi va in treno. Certo che questo può capitare, ma chi paga i costi "nascosti" provocati dalle auto? Chi paga gli immensi costi provocati dalla creazione di periferie degradate, ai margini di addensamenti urbani letteralmente invasi dalle macchine? Una posizione ideologica? Può darsi. Ma forse sarebbe bene andare ad analizzare tutti quei casi in cui il servizio ferroviario non è utilizzato non solo perché pesantemente inefficiente, ma anche perché non interconnesso con altri servizi più flessibili e dal costo inferiore, che incoraggerebbero anche chi non è vicino all’infrastruttura ferroviaria ad utilizzarla e a rinunciare (in molti casi con grande beneficio per la comunità) all’uso dell’automobile. LS

  4. Andrea Zatti

    Il richiamo ad una razionalizzazione del sistema di sussidiazione del trasporto collettivo è certamente condivisibile, anche perchè le Regioni hanno sinora privilegiato forme di contribuzione su base storica senza sforzarsi di elaborare parametri più razionali, ispirati all’efficienza e all’effettiva domanda dei territori. Il risultato è che a Napoli 1000 posti chilometro di autobus costano 60 € e a Milano 27! Mi pare però che il tema vada inserito in un discorso più generale ove la responsabilità dell’auto privata nel processo di delocalizzazione e perdita di efficienza dei sistemi urbani è risultato decisivo. Il calcolo riguardante la socialità dei sussidi al TPL, quindi, andrebbe opportunamente affiancato da calcoli analoghi sulla socialità ed efficienza (anche ambientale) dei sussidi all’acquisto di nuove auto (costantemente riproposti in Italia e all’estero). In assenza di questa valutazione d’insieme, vi è sempre il rischio di offrire una visione parziale e fuorviante.

    • La redazione

      Attenzione: mentre i sussidi ai trasporti collettivi sono soldi sottratti ad altri servizi sociali, i "sussidi " al trasporto automobilistico sono sempre e solo diminuzione di tasse….mica è la sessa cosa. Il discorso sulla "perdita di efficienza" dei sistemi urbani poi sembra ignorare i vantaggi sociali che l’auto privata genera al mercato del lavoro (certo non più tayloristico), e alla "fuga dalla rendita urbana", che solo il mezzo privato consente. Insediamenti densi e serviti da mezzi collettivi, gerarchizzando il territorio, massimizzando la rendita.
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      MP

  5. Dario Quintavalle

    Vorrei che non si ricominciasse a parlare dei ‘rami secchi’. Se sono secchi molto spesso è perchè subiscono la concorrenza della strada. E poi anche i trasporti su gomma sono pesantemente sussidiati. L’Italia ha già una rete ferroviaria poco estesa, non tagliamola ancora, piuttosto modernizziamola. Nell’hinterland romano le linee sono ancora quelle tracciate al tempo dei Papi, a un solo binario. Ci vuole un’ora per andare da Roma a Velletri. Sono appena tornato dalla Germania dove ho potuto apprezzare il sistema completo di u-bahn – s-bahn che rende possibile muoversi con facilità e puntualità. Il treno può essere rilanciato, solo che si garantiscano puntualità ed intermodalità. Le stazioni sono spesso lontane dagli abitati, ma basterebbe garantire che esse siano raggiungibili dal trasporto pubblico. Il sito delle Ferrovie Tedesche indica addirittura quanti passi bisogna fare per trovare la fermata dell’autobus! Quanto al vantaggio ambientale del treno, mi sembra tanto evidente da non meritare una dimostrazione. Persino l’America sta riscoprendo il trasporto ferroviario, solo noi continuiamo ad insistere su quello su strada? Più treni e meno auto e pullmann, grazie

    • La redazione

      La prego di leggere quel testo con maggiore attenzione. In particolare, legga il mio articolo sul piano Obama (cui ho dato un modestissimo contributo) sul Sole di ieri. I treni non subiscono la concorrenza della strada: di che concorrenza si parla tra un sistema ipersussidiato e un sistema ipertassato? La strada vince "nonostante" queste impari condizioni, il che Le dovrebbe var venire qualche dubbio….Quanto al vantaggio ambientale del treno, questo cessa di essere vero se il treno non è pieno, e si contano i percorsi che comunque bisogna fare con altri mezzi…ma qui ritorniamo al primo punto.
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      Marco Ponti

  6. luciano sala

    La politica dei rami secchi è già stata effettuata sommamente dagli anni 60 agli anni 80. E’ vero che le linee secondarie sono sussidiate. E’ anche vero che il treno è il mezzo più ecologico che esiste e che il taglio delle linee minori asciuga anche il numero dei passeggeri portati a quelle più importanti. La soluzione da adottare è il miglioramento tecnologico delle linee che consenta l’agente unico in treno ed il controllo centralizzato dalle stazioni capolinea, nonchè il cadenzamento degli orari. L’esempio da seguire è quella della Merano-Malles, la linea di valle che assicura tempi concorrenziali rispetto alla strada ed è un volano per il turismo di una zona che è sempre stata meno considerata rispetto alla regione dolomitica, ed il cui esercizio è economico ed efficiente.

    • La redazione

      In primo luogo, la invito a leggere con più attenzione il testo, per quanto riguarda l’ambiente. In secondo luogo, ha fatto fare una accurata analisi costi-benefici sociali della Merano-Malles, e i risultati sono negativi: il benessere sociale è stato molto diminuito dalla realizzazione di quel costosissimo progetto.
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      Truy
      Marco Ponti

  7. Corrado Fontaneto

    Esimio prof. Ponti, sono un gestore di autolinee che da anni si batte per l’applicazione delle normative europee in materia di TPL . Vorrei mi spiegase una cosa : perché nonostante il REG CEE 1191/69 – a breve sotituito dal 1370/2007 – le disposizioni della legge 5 maggio 1989 n. 160 e dell’art.16 del Dl.vo 422/97 continunano ad essere sussidiate sulla medesima relazione di traffico, tanto il treno quanto il bus? Lei ha centrato perfettamente il problema : perché nessuno effettua questa scelta pur avendo gli strumenti normativi e tecnici per poterlo fare? La mia risposta è che i trasporti pubblici, per quanto obsoleti e costosi, generano un flusso di spesa pubblica secondo solo alla sanità e questo significa disporre di leve di consenso, di compromesso etc. etc.

  8. Stramaicol

    Caro Professore, la cosa più importante è il benessere di ognuno di noi. E’ meglio un treno, magari sussidiato, ma molto poco inquinante, o un qualsiasi autobus molto più inquinante? Ma dove vive? Frequenta le nostre strade e autostrade, intasate ed inquinate? Che costo ha la qualità della vita? Più autobus e meno treni? Vada in Germania e si faccia un idea più chiara. Tutta l’Europa si muove verso un trasporto di massa meno inquinante, anche a scapito dei costi, e lei non ha di meglio da pensare che auspicere un aumento del traffico su gomma? La nostra qualità della vita è più importante.

    • La redazione

      Le mie considerazioni partono proprio dalla qualità della vita, e da un’ovvia assunzione: che le risorse pubbliche siano limitate, e quindi se costa complessivamente meno (incluso i tempi di viaggio dei passeggeri, i costi ambientali ecc….) alla collettività fornire un servizio di autobus, ci saranno più risorse per scuole e parchi. Siccome poi è mio mestiere misurare questi costi sociali (lo faccio da quarant’anni, generalmente non in Italia), deve fidarsi un pò quando le dico che un treno semivuoto genera di solito molti più costi complessivi alla collettività di un autobus a metano ragionevolmente pieno.
      Ma la mia tesi di fondo era più maligna: come mai a nessuno interessa misurare e confrontare la socialità di questi servizi? Credo, date anche le mie esperienze italiane come consigliere di diversi ministri dei trasporti, per la presenza di forti interessi costituiti, che si garantiscono comunque gli scarsi quattrini pubblici, cioè nostri, e non vogliono metterli a rischio. Perchè crede che il dott. Cipolletta, ex direttore di Confindustria, sia oggi presidente delle FS? Forse perchè lo stato (=noi) versiamo tutti gli anni a FS circa 6 miliardi di euro, senza che le notizia sia molto pubblicizzata. Di questi, una larghissima parte vanno a imprese di Confindustria (di cui son stato consigliere scientifico). O forse è un caso….
      Truly
      Marco Ponti

  9. Maria Palandro

    Sono veramente sorpresa che uno studioso della levatura del prof. Ponti esprima valutazioni così severe sul servizio ferroviario universale e sui finanziamenti pubblici a favore del trasporto ferroviario. Intanto rilevo qualche contraddizione nel suo ragionamento. Tanto per cominciare se i flussi di domanda fossero molto consistenti (come ad esempio sulla Roma Milano) non ci sarebbe bisogno di sostenere il servizio con finanziamenti pubblici. Il professore trova disdicevoli i finanziamenti pubblici stanziati per garantire l’effettuazione di treni poco frequentati perchè a suo dire sono troppo onerosi per la collettività. A questo punto pongo all’attenzione dei lettori le seguenti riflessioni: 1) Sono mai stati calcolati e quantificati i costi indiretti a carico della collettività prodotti da automobili e Tir ? (es. usura strade, forze dell’ordine, pronto soccorso, VVFF, inquinamento, perdite di giornate di lavoro per traffico, ecc..) 2) Ha tecnicamente senso che chilometri di TIR che percorrono lo stesso itinerario occupino una intera autostrada quanto con un treno merci si potrebbero toglie almeno 25 di questi bestioni dalle nostre strade?

    • La redazione

      Misurare i costi sociali è il mio mestiere, e come ho scritto, il confronto strada ferro tende ad essere a favore di quest’ultimo solo con treni pieni e in aree dense (e basterebbe anche il buonsenso…). Sarebbe ottima cosa se le merci che viaggiano su camion pesanti prendessero il treno: non lo prendono nonostante tasse e sussidi perchè il treno nel 99% dei casi richiede due "appuntamenti" con il camion in partenza e all’arrivo, e questo fatto genera alti costi per le imprese, e riduce moltissimo i benefici ambientali complessivi.
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      Truly
      MP

  10. Tizio

    Il treno tradizionale è adatto per grandi quantitativi di passeggeri e lunghe distanze. Per capacità minori e distanze più ridotte è preferibile un tram veloce, più economico sia per costruzione che per funzionamento. Questo esempio è stato seguito dalla provincia di Bergamo, che recentemente ha attivato la linea tranviaria Albino-Bergamo. Nella stessa provincia, altre due linee sono attualmente in progettazione. Sostituire alcuni treni con bus significa aumentare il traffico con l’inquinamento, quindi è una pessima scelta.

  11. ilaria capelli

    Stupisce leggere qui un articolo che sembra scritto negli anni 80. Forse è di moda il vintage anche nelle stanze migliori della scienza economica. Sta di fatto che alle apodittiche affermazioni dell’autore si può agevolmente replicare che la scarsità di passeggeri può (ed anzi normalmente accade così) dipendere anche dalla scarsità del servizio. I c.d. rami secchi (e ce ne sono anche nel ricco e “denso” nord) spesso non sono altro che linee talmente maltrattate da far fuggire chiunque riesca, anche a caro prezzo, a trovare un’alternativa decente. Provi, per amor di scienza, a riconsiderare la questione osservando i tempi di percorrenza tra i capoluoghi e valutando se queste condizioni sono accettabili.

    • La redazione

      Beh, proprio apodittiche no, visto che sostengo che sono affermazioni opinabili, che richiedono verifiche quantitative (io ne faccio per mestiere, e tendono a confermare quello che scrivo). Il rapporto tra la qualità dell’offerta e la domanda c’entra, ma i numeri sono noti. Se per esempio si rende il servizio più frequente (orario mnemonico ecc.), il traffico che si genera in più è di solito modesto, e complessivamente i treni viaggiano più vuoti, con le conseguenze che descrivo nell’articolo.
      D’altronde, visto che le ferrovie sono sussidiate a treno.km, avrebbero tutto l’interesse a far treni più frequenti, se fossero minimamente riempiti.
      Il problema, per tutte le ferrovie del mondo, non è l’offerta, ma la debolezza della domanda (nonostante sussidi e tasse sull’auto).
      More on request. Truly
      MP

  12. Paolo Rocca

    Sono un pendolare che utilizza l’auto per raggiugere la stazione (8 km) poi fa 43 km in treno, poi raggiunge il posto di lavoro a piedi dalla stazione di arrivo, in tutto circa 1 ora. Se dovessi raggiungerlo in auto impiegherei circa 40 minuti in più, oltre ad avere costi certamente superiori e con il grave problema del parcheggio. E’ questa una misurazione di socialità? I vantaggi di cui godo io non sono forse anche sociali: meno inquinamento, meno congestione, meno tempo? Ciò non significa che tutto va bene: molti dei dubbi che l’autore suggerisce sono ovviamente fondati. Ma una rete capillare (e in Italia lo era ben di più: vedi quante ferrovie dismesse, ecc.), che del resto esiste in molti paesi europei, evita di duplicare altri investimenti pubblici e privati o no? E una ferrovia che non servisse più la pendolarità, potrebbe essere messa al servizio del turismo. Perché in realtà il processo di dismissione ha preceduto e favorito lo sviluppo dell’auto, non il contrario! Infatti ciò è avvenuto negli anni 60, come negli USA negli anni 30. Temo che il problema sia ancora più complicato di come ce lo rappresentiamo di solito. Cordialmente. PR

    • La redazione

      A razzo: certo che se ci mette meno è giusto che prende il treno….il problema è che se quel treno è semivuoto i costi per la collettività sono molto alti, e i benefici esterni modesti.
      Poi ovunque in Europa i pendolari ferroviari sono una piccola percentuale del totale (in Italia meno del 3%). Le linee ovunque sono state tagliate in seguito al fatto che i treni erano vuoti, nonostante i sussidi e le tasse sull’auto e benzina.
      Truly
      MP

  13. Riccardo

    Il ragionamento del prof. Ponti non è dissimile a quello che ha portato allo smantellamento di buona parte della rete ferroviaria italiana (per non parlare delle reti tramviarie urbane ed extraurbane, diffusissime dopo la guerra in tutto il paese). Tra le vittime eccellenti, mi piace citare la Ferrovia delle Dolomiti, che se fosse ancora in funzione sarebbe oggi non un ramo secco, ma una macchina da soldi, analogamente a molte ferrovie turistiche svizzere. Effetti molto peggiori ha avuto lo smantellamento delle servizi su ferro nelle grandi aree urbane, contribuendo all’attuale invivibilità delle nostre città. Mi preoccupa che anche studiosi di valore siano così pesantemente affetti dalla malattia della visione di breve periodo, che tanto male ha fatto (anche di recente) nei campi più disparati (politica, finanza, etc.). Detto questo, condivido che l’impianto dei sussidi al trasporto in Italia sia da ripensare completamente, avendo come obiettivo prioritario un aumento generalizzato e drastico dell’efficienza. Ma senza dimenticare che la rete ferroviaria è un monopolio naturale: l’esperienza di altri paesi ci insegna che la concorrenza in questo settore non ha effetti taumaturgici.

  14. Mauro

    L’articolo dell’ottimo prof. Ponti ha suscitato polemiche, a mio avviso, non sempre avvedute. Manca, in tutti i commenti, il riconoscimento di un fatto: l’utilizzo preponderante del mezzo privato risponde, prima ancora che a politiche sui trasporti, al miglior soddisfacimento del bisogno di mobilità. Se l’auto batte il treno pur essendo il suo utilizzo, generalmente, più costoso, è perché meglio risponde all’esigenza dell’utente, il quale basa la sua scelta, evidentemente, non solo su mere ragioni economiche, utilizzando proprio quel criterio di equilibrio tra costi e benefici che molti commentatori esigono sia utilizzato parlando di trasporto pubblico. L’auto superò il treno come questo superò la carrozza a cavalli. Ciò premesso, non si può non ammettere che ad oggi il primo nemico del trasporto ferroviario sono proprio i gestori, RFI in particolare, tutti dediti ad inutili sperperi per l’alta velocità e ben poco interessati al trasporto quotidiano dei pendolari.

  15. Roberto Castelli

    L’economia dei Trasporti sembra veramente, più ancora che altre discipline, una stanza degli specchi: cioè quell’attrazione da Lunapark dove, a seconda del tipo di specchio, l’immagine viene deformata, amplificata, rimpicciolita o moltiplicata. Basta sottovalutare una variabile, amplificarne un’altra e – voilà – il gioco è fatto. Si dimostra che il trasporto ferroviario è inutile, obsoleto, costoso e sussidiato in modo non equo. Si dimostra che, invece, che un trasporto su gomma – magari con mezzi poco inquinanti – si rivela più conveniente e giusto. Non so se questa tesi – così controintuitiva e contraria al senso comune – nasce per il desiderio di epatér o da qualche errore di prospettiva – ma mi risulta chiarissimo che vengono clamorosamente trascurati – come peraltro il altri studi pubblicati su lavoce.info – le diseconomie esterne, l’irreveresibilità delle scelte, lo spreco di una risorsa scarsa come il territorio, le conseguenza in termini di urbanizzazione conseguenti alle scelte sulla realizzazione di autostrade e strade statali. Tutte sciocchezze da ambientalisti, dirà Lei!

  16. Luca Melindo

    Egregio Professore, credo che Lei abbia assolutamente centarto il problema. In Italia il vero problema della spesa pubblica, (a livello nazionale come locale) è costituito dalla sua dispersione su una pluralità di iniziative legate a finalità clientelari. Anche nel trasporto pubblico sarebbe opportuno concentrae le risorse su pochi interventi di riconosciuta e comprovata rilevanza. Ad esempio, trovo semplicemente folle che la città di Roma (unica vera metropoli italiana) sia priva di una decorosa rete metropolitana. O che non esistano efficienti e veloci sistemi di trasporto pubblico su rotaia che colleghino Milano al suo hinterland e a Bergamo e Brescia sull’esempio del modello adottato da Barcellona. Condivido, inoltre, sul fatto che di ogni opera o servizio pubblico sia quanto mai opportuno verificarne l’effettiva socialità per poterne valutare la preferenza rispetto ad altre opere o servizi. Tenga duro e non si faccia condizionare dai radical chic benpensanti…..

  17. luigi del monte

    Il suo discorso è condivisibile solo da un punto di vista economico, da un punto di vista sociale e ecologico (non sono un ambientalista, no!). Allora perchè non chiudere tutti gli osdpedali eccetto quelli dei capoluoghi di provincia così concentriamo l’offerta, miglioriamo i servizi e abbassiamo i costi? Se uno vive a Foppolo o in alta Val Gerola impiega 1 ora di tempo per arrivare all’ospedale. Ci arriva, forse morto. Dobbiamo ricordarci che abitiamo in Italia e non in Francia. Il problema non sono i sussidi, ma la cattiva gestione. Ho vissuto a Londra nel 2006 e un biglietto andata-ritorno di 30km costava 7.5£ moltiplicatelo *1.5; confrontatelo con uno analogo italiano. Il mio lavoro era molto umile e guadagnavo 800-900£ mese * 1.5, è uno stipendio maggiore di un lavoro umile italiano che a malapena arriva a 1000€. Certo oggi con la crisi le cose sono un po’ cambiate. Non capisco cosa vuol dire universale, quando abbiamo lo stesso numero di km dei primi del 900′. Certo alcune linee saranno dismesse, altre costruite ma sempre 16000+6000 doppio binario (dati FS) quindi non proprio capillare.

  18. Carlo Simeone

    Quando si confrontano diversi sistemi, si devono considerare le principali variabili in gioco. Non solo le tariffe, quindi, ma anche gli stipendi, i tassi di occupazione, ecc. Sì, è vero, le tariffe nei trasporti in Italia sono basse, e allora? Il livello degli stipendi sono gli stessi in Italia, Germania e Francia ? Anzi in Italia, uno dei pochi casi al mondo, sono diminuiti negli ultimi 15 anni. Il tema non è registrare che alcune linee ferroviarie non sono frequentate, ma bisogna chiedersi cosa si deve fare per renderle più fruibili. Provi il prof. Ponti a fare la somma della lunghezza delle autostrade, delle arterie statali e delle principali strade provinciali per sapere se l’intero parco veicolare italiano ci sta dentro e tenga conto, pure, che l’80% dei trasferimenti quotidiani di persone non va oltre un raggio di 50-60Km dal centro città. Per non parlare, poi, del costo sociale (incidenti, ambiente, perdita di tempo, costo assicurazioni, ecc. ) che le scelte non ripartite su uno sfruttamento lungimirante delle diverse modalità ha causato al nostro Paese.

  19. simone

    Se lo Stato (noi) paga una impresa ferroviaria pubblica (nostra) per portare – speriamo in modo sempre più efficiente e non corrotto – cittadini da palermo a torino o pendolari nei nostri centri città in modo sostenibile a livello ambientale, senza morti sulle strade, pedaggi a società private, inquinamento, è una scelta politica? si, e meno male!Meglio che finanziare con denari pubblici i profitti privati,come nel caso degli incentivi auto. Certo l’auto “muove l’economia”; quella basata sul “consumo”: del tempo, dell’ambiente, della salute, una economia vecchia! ma peggiora il nostro benessere (non quello dei petrolieri, dei costruttori, e dei loro consulenti, lo ammetto). L’auto è poco tassata per le esternalità negative che scarica sulla collettività (inquinamento, pericolo, cure pubbliche alle vittime della strada e cosi via). è vero, spesso l’auto è il mezzo di trasporto dei poveri. portiamo quindi il trasporto pubblico efficiente a tutti. in esso, il trasporto su gomma deve essere l’extrema ratio. . professore, ha mai svolto consulenze da società automobilistiche?

    • La redazione

      Ma di che incentivi auto sta parlando?!? L’auto è ipertassata, circa il 50% dei costi sono tasse. E si guardi i numeri dell’IPCC, che ha preso il premio Nobel con Al Gore per l’ambiente, prima di fare affermazioni ardite che è tassata troppo poco. Ha poi un’idea dei costi di fornire il trasporto pubblico a tutti?!? Si prepari a dire addio a scuole e ospedali! Non ho fatto alcuna consulenza per case automobilistiche, anzi, per alcune mie idee espresse in tv mi è stata fatta una causa assai costosa da quegli stessi interessi. E’ capitato anche a lei?
      Truly
      Marco Ponti

  20. mauro musetti

    Sono reduce da un breve periodo di soggiorno a Berlino e ho avuto modo, due anni fa, di visitare i paesi scandinavi. Mi spiace professore, ma non dimentichero’ mai l’ efficienza, la puntualita’, la pulizia dei mezzi pubblici utilizzati per muovermi, e mai mi sentiro’ di piu’ a mio agio, nel triste serpentone di auto e camion, che ogni mattina mi accompagna al lavoro, ammorbando di gas di scarico e rumore, l’aria della piccola citta’ di provincia in cui vivo. Di fatto, impedendomi anche l’uso della bicicletta, perche’ al lavoro preferisco arrivarci vivo. Professore, con profondo rispetto verso di lei e la sua opinione, faccia un giro in strada.

    • La redazione

      Di giri in strada, e di viaggi all’estero, ne faccio davvero molti, e nessuno discute della cattiva qualità dei servizi locali italiani. Ma le percentuali di traffico stradale rispetto a quello ferroviario (tolte le merci pesanti che l’Italia non produce), sono sostanzialmente analoghe ovunque, come sono analoghe le astronomiche sovvenzioni alle ferrovie e la tasse al modo stradale. Forse occorre rifletterci un po’, non le sembra?
      Marco Ponti

  21. stramaicol

    Caro Professore, come potrà rilevare ho risposto privatamente alla sua richiesta di coraggio circa la mia identità. Oltre a ribadire su quanto ho scritto in precedenza, vorrei quì approfondire anche altri aspetti che alcuni lettori hanno riportato nei loro commenti. E’ stato scritto che un treno potrebbe alleviare la presenza in un autostrada di 25 tir, ma considerando la capacità di peso assiale trasportabile da un treno in una sua classica composizione sulle nostre ferrovie, la capacità di trasporto merci rispetto a una teoria di tir sia ben maggiore, oltre il doppio. Cercando di non essere prolisso, i costi, senz’altro corretti esposti dal professore, vista la sua esperienza e competenza, possono sembrare elevati, ma non considerano la qualità della spesa. Se la somma degli interventi di sussuidio fosse stata utilizzata in un altra nazione normalmente progredita, forse ne sarebbero serviti molti di meno, considerando che buona parte della spesa pubblica in questo Paese, spesso è stata utlizzata malissimo, vuoi per scopi meramente elettoralistici, vuoi, e le cronache ne sono piene, a causa del prezzo di corruzioni et similia. Francesco Miceli.

  22. Francesco Paparella

    Per dimostrare che “la ‘socialità’ dei trasporti non è un dogma”, si usa il dogma che ciò che non genera profitti è dannoso e va abolito. E’ vero che non ha senso sovvenzionare dei treni che viaggiano vuoti, ma da quì a sostenere che allora è meglio incentivare il traffico su automobile ce ne passa! All’argomentare aneddotico del prof. Ponti (in Italia… “servizi molto capillari”, e in Germania? http://www.bahn.de ) vorrei contrapporre l’osservazione fattuale che nella mia regione (la Puglia) non è inconsueto trovare stazioni minori che sorgono nei luoghi di lavoro di 80 anni fa: in mezzo alla campagna. Mano a mano che il tessuto urbano si è arricchito di scuole, università, ospedali, centri commerciali, aeroporti e via dicendo, si è provveduto a collegare questi luoghi con una rete stradale in continua evoluzione. Invece il trasporto ferroviario (le ormai mitiche ferrovie del sud-est) mantengono ancora il loro vecchio tracciato. Che cosa direbbe oggi il prof. Ponti se fosse stata la ferrovia a svilupparsi, e le strade fossero rimaste all’anteguerra?

    • La redazione

      Ma chi parla di incentivare l’ipertassato traffico automobilistico! La prego di leggere con più attenzione. E lei non si è mai chiesto perché ovunque nel mondo la ferrovia, nonostante sussidi astronomici, sia declinata come ruolo e peso percentuale? Che i modi di vivere e produrre, e le tecnologie, cambino nel tempo, non le è mai venuto in mente?
      Truly
      Marco Ponti

  23. Wehr Fenn

    Conti i morti sulle strade di un paese stretto e affollato, Prof. Ponti. Avete smantellato tutto, tutto ciò che è Pubblico, sarà felice di sapere che si stanno privatizzando anche i Cimiteri.

    • La redazione

      Servizi ferroviari inefficienti significano che ci saranno meno quattrini per scuole e ospedali, o ancora più semplicemente per altri servizi pubblici di trasporto. Questo concetto non mi sembra molto controverso….
      Marco Ponti

  24. angelo agostini

    La capillarità della rete che tanto costa, ma che alcuni ritengono necessaria ed anzi non sufficiente, è un fattore importante e quasi decisivo nella valutazione economica, ma non è un dato astratto nè neutrale, un qualcosa caduto dal cielo. Essa è la conseguenza del non governo del territorio, del laissez-faire che da sempre o quasi, con poche eccezioni, ha caratterizzato la politica italiana in campi fondamentali come l’urbanistica e la pianificazione territoriale. Concretamente questo ha comportato il selvaggio diffondersi di insediamenti ed attività su tutto il territorio, con evidenti, disastrosi impatti dei quali questo è soltanto uno, peraltro macroscopico. Analoga situazione per la rete stradale: vastissima, "capillarissima", fatiscente, costosissima in termini di manutenzione, inadeguata. Non volendo concentrare lo sviluppo in zone e direttrici, ci troviamo di fronte a TIR su viottoli di campagna, e poli di partenza ed arrivo dei flussi polverizzati. Questo, oltre ad essere energeticamente devastante (tutti in auto…) produce costi sociali ed ambientali altissimi: esempio del già-famoso veneto ridotto ad un paesaggio di nonluoghi, tangenziali e concessionarie di SUV

  25. mauro musetti

    Le chiedo scusa professore, ma non riesco a capire il fine della sua proposta. Meno denaro pubblico investito in trasporto collettivo (treni o autobus ecologici che siano) e piu’ risorse per il trasporto individuale (auto, camion)? Posso concordare sul fatto che vi siano alcuni treni che viaggiano semivuoti ma questo non sara’ dovuto alla scarsa efficienza del servizio offerto? Sì, in certi casi, meglio un meno oneroso autobus ecologico. Io non sono contro l’auto. Sono per un sistema misto, che favorisca comunque il mezzo collettivo, se possibile pubblico ma va bene anche privato, e che sia efficiente, funzionale, il piu’ possibile economico. Perche’ altri paesi sono riusciti a svilupparlo e noi no. Scelte politiche? E i costi sostenuti per far circolare auto e camion su una rete stradale che dimostra ogni giorno di essere sempre piu’ obsoleta ed inadeguata? I costi sostenuti per incidenti, morti e feriti sulle strade? Primo esodo estivo: 26 morti e circa 800 feriti.

  26. Ing. Giosuè Sordi

    Entro nella discussione per"difendere"le posizioni del mio ex Prof. Marco Ponti. In realtà non lo difenderò nel merito dell’ argomento, che è per me inoppugnabile, ma la mia difesa cercherà di togliere qualche preconcetto di alcuni (molti) commentatori. Primo: perchè un poveretto che fa l’ operaio o il piccolo imprenditore o l’ artigiano edile ecc. che come si seguita a dire sono il 90% dell’ economia, pagano, per lavorare, e non per andare a spasso nel week end: bollo, accise sui carburanti, imposte sull’ acquisto del mezzo stesso ecc. e uno che fa il broker finanziario o il funzionario di una pubblica amministrazione in centro a Milano e abita allo stesso paese del poveretto di cui sopra paga pochi euro per andare al lavoro perchè abita magari in una zona servitissima dai mezzi del trasporto pubblico regionale?Il poveretto, invece, se gli va bene paga 0,50 euro al Km,che se al giorno gli capita di muoversi e fare 80 Km sono un bel 40 euro. Il mio consiglio:meno tv e blog newecoage e rispolverate i vecchi testi delle elementari,per fare certe considerazioni infatti serve solo fare di conto, e per adesso la scuola elementare è ancora free,se non se la pappa il vostro amico treno…

  27. tiberio damiani

    L’articolo suscita molte domande che cerco di sintetizzare. la prima è la capillarità del servizio ferroviario. Non mi sembra proprio che l’italia abbia una rete ferroviaria capillare rispetto a Germania e Francia, né mi sembra che la frequenza del traffico sulle singole linee italaine sia pari a quelle. Un solo esempio la frequenza del traffico tra Roma e Milano è pari alla frequenza lungo la valle del Reno o a quella Parigi Lione Marsiglia? Seconda questione, la spesa per il trasporto che affronta il pendolare in germania è maggiore, ma lo stipendio è anche diverso come anche la possibilità di scalare tale spesa dalle tasse è maggiore in germania rispetto all’itala. terzo il treno è competitivo rispetto alla automobile se è pulito, se non ha orari impossibili, se ha le fermate dove servono e dove abita la gente, se la fermata ha anche un parcheggio accessibile, se il biglietto si può acquistare in treno senza sovraprezzi con un distributore automatico. Consiglerei di osservare il sistema di trasporti urbano della città di Colonia, per vedere come funziona e come può essere organizzato anche in italia un servizio pubblico di trasporti, cordialità

  28. laura

    Sono d’accordo in linea di principio con il professore: ma vorrei un suo parere sul trasporto merci. Per quanto mi risulta il trasporto su strada delle merci è sussidiato (gli autotrasportartori hanno il rimborso dell’accisa sui carburanti) ed è questo che in Italia l’incidenza del traporto su ruota delle merci è superiore agli altri Paesi (con gli ovvi effetti negativi per ambiente, traffico, incidenti, ecc.) mentre quello ferroviario mi risulta sia "sussidiato". E’ vero? E se si qual è il suo punto di vista in merito? Grazie Saluti

  29. A.S.

    Egregio Prof. Ponti, lei parla di destinare le risorse raccolte dalla dismissione dei servizi ferroviari improduttivi e costosi per la collettività ad altri scopi più utili per la società. Ha citato, ad esempio, la spesa sanitaria. E’ proprio così sicuro che spostando semplicemente risorse da una parte all’altra si eliminino tutte le inefficienze? Non mi risulta che i livelli di efficienza nella sanità italiana siano sempre poi così alti… A.S.

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