Ringrazio i lettori che hanno mandato dei commenti al mio intervento. Per quanto riguarda l’impatto della diversità sui risultati aziendali, rimando a "Women Directors on Corporate Boards: A Review and Research Agenda" di Siri Terjesen, Ruth Sealy e Val Singh (in Corporate Governance: An International Review, 2009, 17(3): 320-337). Il motivo per cui una grande quantità di studi empirici dimostra che la diversità migliora la corporate governance è abbastanza semplice — essa (che sia di genere, di nazionalità o di background professionale) permette di meglio esaminare i problemi e quindi di trovare in media soluzioni più efficaci.
Per quanto riguarda la questione più vasta del merito, come suggerisco alla fine del mio intervento i meccanismi di selezione delle elite (di cui gli amministratori di società quotate sono un esempio) si basa su dinamiche di cooptazione. Gli insiders selezionano per entrare in questa elite altre persone con caratteristiche simili, tra cui in particolare un vissuto comune. Se ci sono tanti bocconiani, tanto per fare un esempio pratico, non è solo perché la Bocconi è un’ottima università, ma anche perché più bocconiani ci sono in un consiglio più aumentano le chance che un altro venga cooptato. In queste dinamiche ci sono effetti di soglia — per le donne in particolare fino a che sono poche (o addirittura fino a che le poche che sono presenti lo sono per "tokenism") è difficile che possano suggerire agli altri amministratori un potenziale candidato per il consiglio.
Il punto sui consigli delle banche è molto interessante. In effetti ci sono ben 20 amministratori stranieri nelle banche del MIB30 (di cui 8 in Unicredit e 6 in Mediobanca) e altri 8 in Generali. È molto positivo che gli stranieri possano fare carriera nella seconda banca e nella prima società assicuratrice italiane e questo serve a sfatare in parte il pregiudizio di un capitalismo completamente bloccato. Ma per l’appunto sono pochi gli indipendenti. Speriamo che la presenza di una donna nel direttorio di Via Nazionale sia un incitazione. Del resto la dott.ssa Tarantola ha dichiarato in un intervento: "ritengo che gli stereotipi facciano parte di una
cultura d’azienda desueta, non in linea con i canoni di trasparenza ai quali le imprese sono chiamate ad attenersi sui diversi fronti, da quello contabile a quello della corporate governance. Non consentendo il pieno sviluppo della competizione interna e l’affermazione del merito, limitano l’efficace impiego di tutte le risorse".
Lavoce è di tutti: sostienila!
Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!
AM
Vorrei aggiungere che se consideriamo le non poche banche italiane non comprese nel campione considerato e in particolare quella inserite in gruppi stranieri e quelle nel cui capitale vi sono partecipazioni straniere possiamo notare nei CdA numerosi membri stranieri come è naturale che sia. Ma anche banche totalmente in mano italiana hanno talora membri stranieri nei loro CdA come ad es. Banca Mediolanum. Infine vi sono nei CdA bancari anche membri di origine straniera che hanno la cittadinanza italiana.