La situazione della sanità del Mezzogiorno richiede interventi straordinari, nellinteresse non solo del Sud ma anche dellintero paese. I piani di rientro fino ad ora messi in campo, si sono dimostrati necessari ma non sufficienti in una situazione così degradata. Il problema è più generale e deve essere affrontato alla radice.
Fra gli strumenti da considerare, lavvio di un piano straordinario di infrastrutture (materiali e immateriali) per la salute che, anche grazie a procedure rigorose ma accelerate, consenta ad esempio di realizzare in alcuni territori strutture accoglienti e sicure, in sostituzione delle preesistenti ormai simbolo di degrado (che andrebbero abbattute, anche come segno visibile della rottura rispetto al preesistente). I progetti dovrebbero coniugare tempi brevi di realizzazioni con rispetto della legalità: matrimonio non certo facile, ma da perseguire con determinazione, pena il consolidarsi della attuale situazione di negazione dei diritti.
Una seconda possibile linea di intervento potrebbe riguardare la messa a punto di strumenti di governance degli erogatori privati che, in assenza di accreditamento di qualità e di capacità di governo delle amministrazioni regionali, contribuiscono spesso a mantenere basso il livello di efficacia e di efficienza del sistema. Si tratta di individuare strumenti che prevedano il coinvolgimento delle associazioni degli erogatori privati, resi consapevoli della emergenza sanitaria e responsabilizzati in un percorso di riqualificazione e di reale selezione sulla base della qualità.
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antongiulio maione
Sono un medico del sud e mi permetto di fare alcune aggiunte al suo intervento. 1) Non occorrono misure straordinarie ma semplicemente organi di controllo efficienti capaci in modo autonomo (ovvero svincolati dal controllo politico) di verificare il corretto funzionamento delle strutture pubbliche e private. 2) Corretto funzionamento vuol dire semplicemente mettere in pratica due concetti base: appropriatezza delle prestazioni e ricerca della qualità! 3) Come in Lombardia adeguare le strutture pubbliche e private sul sistema dei pagamenti (al momento quelle pubbliche funzionano a budget,quelle private accreditate a rimborso delle prestazioni). Risultato: il medico del centro privato accreditato guadagna il triplo di un medico pubblico che a sua volta si rifà con lo studio privato penalizzando magari la struttura di appartenenza. 4) Individuare obiettivi precisi per ogni struttura pubblica o privata in base alle esigenze del territorio di appartenenza. 5) Chiudere gli ospedali o le strutture private accreditate non necessarie. E ce ne sono molte! Grazie a presto
La redazione
Grazie per i commenti. E’ vero che basterebbe applicare gli strumenti esistenti (e sono tanti), ma il fatto che fino ad ora siano stati applicati solo marginalmente dimostra che va studiata una strategia straordinaria (non necessariamente strumenti straordinari).
l'arciere
Sono preoccupato ….molto preoccupato poichè vivo nella regione campania oramai sul lastrico su tutti i settori. Purtroppo lavoro nel settore sanitario privato e sono 4 – 5 anni che peggiorano sempre le cose e sembrano che non si vogliano raddirizzare. Non mi voglio dilungare sui problemi che attualmente ci affliggono e che sono a conoscenza di tutti ma credo che l’unico mezzo per contenere la spesa è privatizzare la sanità poichè nelle strutture pubbliche tutto quello che si fa costa il triplo rispetto alle strutture private. Ma la cosa assurda che i politici (sempre loro è la colpa) lo sanno ma l’unica cosa che sanno fare è tagliare le strutture private ….ossia dove la spesa è controllata !!
La redazione
Purtroppo, soprattutto in alcune realtà regionali, la sanità privata accreditata non presenta livelli di qualità più elevati di quella pubblica. Il che è inevitabile, stante la debolezza del "committente" ovvero dell’amministraizone regionale e delle aziende sanitarie. Pubblico e privato devono crescere insieme: non serve sostituire l’uno con l’altro.
marco
La sanità al sud sconta decenni di deficit strutturali e di malgoverno. Credo che interventi di finanziamento dovrebbero essere svolti solamente su precisi progetti sotto uno stretto controllo legale e di gestione, altrimenti si andrebbe ad alimentare tutto ciò che con la sanità ha ben poco da condividere. Certo anche i rappresentanti delle strutture private andrebbero coinvolti, stando ben attenti però a non delegare il privato e quindi a lasciare libero il campo, per incapacità del pubblico ad organizzare e offrire le prestazioni sanitarie.
giovanni
E se trasformassimo una buona quota di ospedali in fondazioni? Sarebbe possibile accanto al finanziamento pubblico anche quello privato. In questo modo ci sarebbe più controllo sui conti e sull’efficienza e sulla qualità. Si sa che tutte le aziende sanitarie pubbliche, nonostante i budget, se sforano sono ripianate. Questo non succede con le fondazioni private, che devono far quadrare sempre i conti, e i rimborsi avvengono con ritardi impensabili. Vedi la Campania.
La redazione
Temo che l’ipotesi di fondazioni private non costituisca una soluzione. Il problema non è l’efficienza, ma l’efficacia. Molte esperienze dimostrano che "i privati" riescono ad essere più efficienti, ma senza alcun riguardo all’appropriatezza degli interventi. Sui tempi di pagamento concordo invece pienamente con le sue osservazioni.
vitaliano
Vorrei segnalare il piano di rientro elaborato dall’assessore Russo della Regione Sicilia che sembra avere particolarmente successo presso la Corte dei Conti e il ministero della Sanità. I meccanismi che lo muovono seguono in buona parte i suggerimenti di riorganizzazione strutturale dei sistemi gestionali proposti dal medico che ha commentato prima di me l’intervento. Nonostante le critiche mosse per il cambio di rotta, che avrebbe voluto “un ospedale in ogni paese”, e dopo l’opposizione alla posizione negativa assunta dall’assessorato circa le richieste “politiche” per l’assegnazione dei posti relativi ai dirigenti delle Asl, tutto sembra proseguire bene e anche l’opposizione ha dovuto rinunciare a mantenere i toni critici che avevano aperto la fase di confronto sulla riforma. Attualmente valutarne il successo è forse arrogante, ma di certo sembra che il nuovo indirizzo dato dal governo regionale sembra aver incominciato a condurre la Sicilia sulla rotta giusta.
La redazione
Grazie per la segnalazione: è il primo tentativo serio della Regione. Speriamo che possa dare avvio a un processo di cambiamento.
DAVID
Ho letto l’articolo ed i commenti, molto interessanti. Come cittadino del nord vorrei solo chiedere un piccolo favore: non chiedete a me i soldi per risolvere la situazione sanitaria del sud, chiedette prestiti, vendetevi qualche isola, fate quello che volete ma, coretesemnte, arrangiatevi una volta tanto.
La redazione
Capisco "la rabbia" di qualche contribuente delle regioni ricche, ma ritengo che la sanità del sud sia un problema di tutto il Paese e non solo del Mezzogiorno. Il Nord deve pretendere interventi seri e coraggiosi (anche quando potrebbero ridurre le rilevanti entrate derivanti dal notevole numero di pazienti del sud che vengono a farsi curare nelle regioni del nord), ma non può essere indifferente al fatto che in molte aree del Paese i cittadini non possono contare su un’assistenza degna di un paese civile.
vitaliano
Ricordo che il piano di riento della Regione Sicilia dipende anche dalla mancata restituzione delle accise derivate dalla lavorazione dei prodotti petroliferi alla quale la regione ha rinunciato al fine di non "strozzare" le casse nazionali. La cifra non restituita è di circa 4 mld di euro. Per cui il piano di riento rappresenta già una presa di responsabilità da parte della regione che da un segno unico e particolarmente importante nel quadro politico ed economico del sud italia.