Ringraziamo tutti i lettori per i loro commenti. Rispondiamo collettivamente. Intanto, un aggiornamento. La settimana scorsa la Grecia ha emesso titoli quinquennali per 8 miliardi di euro; la domanda è stata di 25 miliardi; il rendimento offerto è elevato (6,2%) ma non drammatico (lArgentina paga il doppio). La capacità del governo greco di emettere agevolmente debito pur pagando un adeguato premio al rischio dimostra che i mercati finanziari stanno scommettendo sul fatto che il paese, se necessario, verrà aiutato dagli altri (bail out). Sembra quindi prevalere lidea che questa sia la scelta più conveniente per gli altri paesi europei, come suggerito nel nostro articolo.
Peraltro, concordiamo con i numerosi lettori (lo dicevamo in conclusione dellarticolo..) che sottolineano la contraddizione tra lunione monetaria e lassenza di coordinamento tra le politiche fiscali e macroeconomiche dei paesi membri. In assenza della possibilità di svalutare, occorrerebbe un accentramento delle decisioni in materia di politica fiscale e macroeconomica, per evitare laccumularsi di forti divergenze tra un paese e laltro. Per quanto estremamente difficile sul piano politico, questa dovrebbe essere la direzione in cui muoversi nel futuro, se si vuole evitare che problemi simili si ripetano.
Unaltra osservazione giusta è che lItalia insieme ad altri paesi quali Spagna e Portogallo non è messa molto meglio della Grecia, quanto a debito pubblico. Ma è messa meglio in termini di capacità di esportare, il che significa che lapparato industriale del paese, almeno in parte, ha saputo aggiustarsi ai nuovi vincoli indotti dalla moneta unica. Questo rende più sostenibile il nostro debito pubblico nel lungo periodo. Inoltre, in questa fase i mercati finanziari penalizzando in modo particolare la Grecia, probabilmente per la inaffidabilità dei suoi conti: avere rivisto in modo repentino e vistoso i saldi di finanza pubblica genera incertezza sulla vera entità del risanamento necessario.
Infine, molti lettori osservano, giustamente, che per rimanere nellarea euro la Grecia così come altri paesi mediterranei sarà costretta ad attuare politiche assai impopolari. Vero. Ma è anche vero che luscita dalleuro spingerebbe quei paesi verso uno scenario argentino, fatto di insolvenza, svalutazione, inflazione, tassi dinteresse elevati, ecc. Qual è il male minore?
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Si è laureato in Filosofia a Firenze e ha svolto studi di economia nel Regno Unito (MA, Essex; PhD, Warwick). Si occupa prevalentemente di temi di economia pubblica. Ha insegnato nelle Università di Birmingham, Bergamo, Brescia, Venezia e come visiting professor negli USA, in Svezia, Germania e Cina. Attualmente è professore ordinario di Scienza delle Finanze presso l'università Cattolica di Milano, dove ha diretto anche il Dipartimento di Economia e Finanza e la Doctoral School in Public Economics. Ha svolto e svolge tuttora attività di consulenza per enti pubblici nazionali e internazionali ed è stato membro di numerose commissioni governative, compresa la Commissione sulla Finanza Pubblica presso il Ministero del Tesoro nel 2007-8. È attualmente membro dell'European Fiscal Board, un comitato di consulenza del Presidente della Commissione Europea e Vicepresidente esecutivo dell'Osservatorio sui conti pubblici dell'Università Cattolica.
È professore ordinario di Economia Politica presso l’Università Cattolica di Milano. È direttore di Osservatorio Monetario e membro del Comitato direttivo del Laboratorio di Analisi Monetaria (Università Cattolica e ASSBB). E’ presidente di REF Ricerche. Dal 2018 al 2020 è stato membro del Banking Stakeholder Group della European Banking Authority. Dal 1988 al 1997 è stato economista presso l’Ufficio Studi della Banca Commerciale Italiana (ora Intesa Sanpaolo). I suoi interessi di ricerca si collocano nell’area dell’economia monetaria e finanziaria. Ha scritto numerosi articoli su riviste internazionali e libri; l’ultimo è Monetary policy implementation (Palgrave 2024).
Vito
Innanzi tutto complimenti per la precisazione e per l’articolo, sulla situazione italiana l’Economist (mica un periodico qualunque) ha pubblicato tempo fa la classifica dei debiti pubblici per la cui copertura sono stati sottoscritti Credit Default Swap (CDS) da parte degli investitori. Ebbene, l’Italia è saldamente in testa! Che ne pensate? Non è contraddittoria tutta questa fiducia mostrata dai mercati finanziari e poi questa enorme sottoscrizione di CDS?
Tommaso Sinibaldi
Continuare a "godere" della "protezione" dell’Euro costerebbe alla Grecia lunghi anni di lacrime e sangue. Cosa dovrebbe fare dunque la Grecia per evitarli? Semplicemente uscire dall’Euro tornando ad una sua moneta (la dracma?) e dichiarando subito la libera fluttuazione della dracma e la ridenominazione in dracme del suo debito sovrano. Fatto questo la Grecia non dovrebbe in nessun modo dichiarare e perseguire politiche restrittive. Alleggerita di buona parte del debito pubblico e con una bilancia commerciale nettamente migliorata la Grecia potrebbe tranquillamente perseguire politiche espansive o quanto meno non restrittive. Dopo poche settimane (ma forse solo pochi giorni) di violenti (ed eccessivi) ribassi la nuova dracma (svalutata di un 30%, diciamo) troverebbe un suo equilibrio: i mercati ricomincierebbero a comprarla e a comprare i nuovi titoli del debito sovrano.
PG
Della tabella dellEconomist mi proccupa più il terzo posto della Germania che il primo dellItalia. È normale che il debito italiano, terzo in assoluto dopo USA e Giappone e al 120% del PIL, risulti più soggetto allinteresse degli investitori per la copertura del rischio estremo attraverso i CDS. Ma come si spiega invece la sottoscrizione di CDS per il debito tedesco che, fino a prova contraria, è sempre stato considerato da tutti tra i più sicuri al mondo? Qualcuno sa dare una risposta ragionata e oggettiva?