Lavoce.info

La risposta ai commenti

Cari lettori,

grazie per i vostri commenti. Nel mio intervento giudicavo un’affermazione del Presidente del Consiglio che non regge alla prova dei fatti.
Ma il discorso, nel confronto con voi, si è  molto allargato. Quindi provo a fornire ulteriori dati utili per un confronto informato.
Cominciamo dalla propensione a commettere reati. Secondo il “Rapporto sulla Criminalità in Italia” emanato nel 2007 dal Ministero dell’Interno, la quota di immigrati regolari denunciati è solo lievemente superiore (6%) inferiore alla loro quota (5%) sulla popolazione totale. Quindi la propensione a commettere reati non sembra molto diversa da quella degli italiani.
Altri di voi fanno presente che i miei dati non riguardano l’immigrazione clandestina. Vero. Io giudicavo un’affermazione del Presidente del Consiglio riferita a tutti gli immigrati, non solo ai clandestini. Quindi i dati che ho considerato erano quelli appropriati. A meno che qualcuno voglia sostenere che a fronte di un incremento di quasi 2 milioni degli immigrati regolari c’è stata una riduzione di più di due milioni dell’immigrazione clandestina.
La questione degli immigrati clandestini merita comunque un approfondimento. Ci sono, in effetti, significative differenze tra immigrati regolari e irregolari in termini di propensione a delinquere. Il citato rapporto del Ministero degli Interni mette in luce che tra il 70 e l’80 per cento (a seconda dei reati) degli immigrati denunciati è sprovvista di un regolare permesso di soggiorno, mentre la quota degli irregolari sul totale degli stranieri è molto inferiore. Quindi i clandestini sono sovra-rappresentati fra gli immigrati presumibilmente coinvolti in reati. Ma la cosa importante da stabilire è se le politiche migratorie sin qui perseguite abbiano contribuito a ridurre la criminalità. La mia impressione è che non sia il caso. Perché non sono riuscite a contenere l’arrivo di clandestini (arrivano comunque fin quando il lavoro nero sarà tollerato) e perché hanno reso più difficile agli immigrati che erano già da noi la regolarizzazione, inducendoli a commettere reati che altrimenti non avrebbero commesso. Quanto è forte questo effetto dell’irregolarità in quanto tale sulla propensione a commettere reati? Gli immigrati illegali non sono normalmente osservabili nelle statistiche ufficiali. E la probabilità di richiedere e ottenere un permesso di soggiorno è plausibilmente correlata con altre determinanti della propensione a delinquere (per esempio le potenzialità di guadagno sul mercato del lavoro regolare) che rendono complicato isolare l’effetto dello status giuridico. Per ovviare a queste difficoltà due ricercatori, Giovanni Mastrobuoni e Paolo Pinotti, hanno confrontato la propensione a delinquere degli immigrati Rumeni, che hanno ottenuto lo status legale in Italia a seguito dell’ingresso del loro paese nell’Unione Europea, con quella di altre nazionalità. Dal momento che le differenze tra i due gruppi in termini di status giuridico prima e dopo il 1° Gennaio 2007 dipendono principalmente da un evento esterno (l’allargamento a est dell’Unione Europea) piuttosto che da decisioni e caratteristiche individuali, differenze sistematiche nella dinamica della propensione a delinquere dovrebbero essere altresì indipendenti da variabili diverse dallo status giuridico. Dati individuali sulla recidività degli stranieri scarcerati a seguito del provvedimento di indulto varato 5 mesi prima dell’entrata in vigore della libera circolazione sopperiscono alla tradizionale mancanza di fonti statistiche sugli immigrati irregolari.
I risultati dello studio suggeriscono che l’estensione dello status legale a tutti i Rumeni ha diminuito drasticamente la loro recidività rispetto a quella delle altre nazionalità. Per esempio, la  Figura qui sotto mostra la probabilità che un ex-detenuto Rumeno sia riarrestato in ciascun giorno durante i 10 mesi successivi alla sua scarcerazione, rispetto alla stessa probabilità per un Albanese. La maggiore propensione a delinquere degli immigrati irregolari sembra dunque dovuta, in larga parte, alla condizione stessa di illegalità, piuttosto che a caratteristiche individuali ad essa correlate.
Alla luce di questi risultati, politiche migratorie restrittive possono avere effetti perversi in termini di numero di crimini commessi dagli immigrati (irregolari) presenti sul territorio. Per esempio, è lecito interrogarsi sulle conseguenze di decreti flussi come quello del 2007, che fissò un tetto di 170.000 permessi di soggiorno a fronte di 740.000 domande, la maggior parte delle quali presentate da immigrati già presenti sul territorio, spingendo dunque diverse centinaia di immigrati in una condizione di illegalità.
Recidività degli ex-detenuti liberati con l’Indulto del 2006.

Leggi anche:  La televisione del futuro*

Recidività degli ex-detenuti liberati con l’Indulto del 2006

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Un premio Nobel a Claudia Goldin, economista e storica

Precedente

ANCHE IL FONDO MONETARIO LEGGE TOPOLINO?

Successivo

PERCHÉ LA CRISI RIMANE FUORI DALLE AULE DI ECONOMIA

  1. paolo pensa

    Condivido totalmente il contenuto delle lezioni di Fabio Ranchetti e delle sue risposte ai commenti a quelle lezioni rivolti. Vorrei solo aggiungere che come tutte le scienze dette umane o politiche o sociali, anche l’economia è soprattutto Storia. Sono abbastanza vecchio per ricordarmi di quando l’economia detta politica era poco più di un esame complementare a giurisprudenza; mentre dalla facoltà di economia e commercio si sfornavano al massimo specialisti in matematica finanziaria. E a giurisprudenza – istituto di economia politica – i professori di età pari o superiore a 50 anni mettevano mano al revolver, per usare un’espressione cara a un famoso gerarca nazional socialista a proposito della parola "cultura", al solo sentir nominare Keynes, o la parola "macroeconomia"; ma potevano lasciare il revolver nella fondina e concedere a malincuore di spiegarti – se l’avevano capita davvero – le teorie dell’equilibrio del Pareto.

  2. pasquale morea

    Sono un insegnante di materie tecniche in un istituto turistico a Roma. Sono d’accordo che noi per primi dovremmo rimetterci in gioco nell’insegnare qualunque disciplina possa oggi come oggi essere integrata da riferimenti ad altre materie che non necessariamente sono quelle che il singolo si trova a trattare. Personalmente insegno marketing e comunicazione spaziando dalla storia all’economia, dall’antropologia alla religione, e via dicendo: tento di dare ai miei alunni un supporto alla loro capacità di ragionare e spesso, anche solo di indagare se stessi, facendo attenzione a non superare quel sottile confine tra curiosità morbosa ed invadenza nella sfera altrui che a noi che siamo docenti non ci è permesso (ovviamente). Spesso non mi trovo d’accordo con altri colleghi che continuano ad insegnare con testi pieni di vecchi concetti e/o comunque più sbilanciati sul piano quantitativo della materia che non qualitativo. Anche l’insegnamento della matematica è falsato, negli istituti tecnici e professionali questa materia viene impartita come se fossero uno scientifico o classico ed alla fine il risultato è scarso. Che peccato!

  3. Franco ECONOMISTA

    Devo ringraziare Tito Boeri per le sue risposte sull’immigrazione-criminalità ma soprattutto sullo stile sempre documentato e scientifico con cui interviene sui fatti di rilevanza politica, sfrondando subito il campo dalle reazioni che sempre più spesso la passione politica porta a livello superficiale facendo perdere l’attenzione e la difesa contro progetti ben più pericolosie strutturali.

  4. Fabio Ranchetti

    Mentre leggevo l’articolo del prof. Ranchetti mi veniva in mente quello che diceva J.K.Galbraith in un suo famoso saggio sulla monta. Cioè che: ad Harvard prima della pubblicazione della Teoria generale.. di Keynes, per superare gli esami bisognava conoscere benissimo la legge degli sbocchi di Say. Chi interpretava l’economia su basi keynesiane veniva automaticamente bocciato. Quando invece le idee di Keynes iniziarono a farsi spazio anche nel mondo accademico, parlare di Keynes era l’unico modo per essere promossi. Mi sembra un esempio abbastanza chiaro di come sia necessario oggi cambiare sia il modo di approcciarsi che di insegnare questa fondamentale materia.

  5. AM

    Leggo sul Corriere delle Sera di oggi la notizia che un giovane rom romeno, al volante di un’auto rubata, ha speronato un auto della polizia mettendo a repentaglio anche la vita degli agenti. Dopo l’arresto si è scoperto che il precoce, ma incallito, delinquente era già stato denunciato ben 101 volte! Non è forse lontano il giorno in cui lo vedremo imputato di omicidio, trovandoci nel frattempo impotenti. Queste sono le notizie che influenzano l’opinione pubblica assai più di ogni studio serio e documentato sui rapporti fra immigrazione e criminalità.

  6. Gianmaria Basile

    Gentile prof. Ranchetti, ho letto con interesse gli interventi che si sono succeduti nel forum in risposta al suo articolo. Da ex studente dell’università di Siena e da persona interessata ai fenomeni economici sono sorpreso del fatto che nessuno ha finora centrato il problema. Il punto è che in seguito alle recenti crisi finanziarie vengono mosse continue critiche agli economisti da parte di chi ritiene che la teoria economica avrebbe dovuto prevedere tali crisi. Ora che queste cose le dica un profano non mi sorprende, ma che le dicano anche gli studiosi (es. il professor Sartori nella sua ultima raccolta di saggi "Il sultanato"), ecco questo mi sorprende molto. Le crisi economiche sono come i terremoti: nessuno di noi sa quando e dove ci sarà il prossimo terremoto, nè di quale ampiezza sarà. E se qualcuno indovina una previsione è solo per caso. Tuttavia i professori di economia non sono esenti da colpe. La loro colpa è di non riuscire mai a spiegare agli studenti i limiti delle teorie, la loro distanza dalla realtà, quest’ultima intesa come fenomeni osservabili. Questa è la loro colpa: non avere la profondità per spiegare agli studenti questa distanza.

  7. Isabella Ventura

    Gentile Prof. Ranchetti, insegno Diritto, Economia Politica e Scienza delle Finanze presso l’I.T.C. Tannoia di Corato (BA) e tento di insegnare queste discipline radicandole al contesto storico-politico-economico anche attuale ovviamente. Ho letto quanto da Lei riportato ed i relativi commenti condividendone i contenuti. Ritengo, inoltre, che forse le Scuole Superiori, rispetto alle Università, godono di una maggiore flessibilità e di un corpo docente più disposto a mettersi in discussione. Un esempio, se avrà la possibilità di collegarsi, lo potrà ritrovare nel link che Le invio, riguardo un lavoro sulla crisi economica che ho realizzato con la mia quinta classe dello scorso anno scolastico e che è stato illustrato dagli stessi ragazzi in due affollatissimi convegni cittadini. Mi auguro che avrà modo di prendere visione del lavoro e magari di inviarmi le Sue considerazioni. Cordialità. Isabella Ventura http://www.itctannoia.it/FileJoomla/Progetti/crisiEconomica/crisiecon.pps#373,1,1929 – 2009 DUE CRISI A CONFRONTO Come mai non siamo riusciti ad evitare l’attuale crisi, nonostante l’esperienza passata? A cura della 5^A/P A.S. 2008-2009.

  8. marco mantello

    Questo modo di usare la statistica rischia di creare effetti distorsivi sulla percezione della realtà. L’equazione "cladestino/criminale" avrebbe un fondamento razionale, oggettivo, dato da paercentuali (di denunce? di condanne in primo grado? di condanne in secondo grado? di condanne definitive?). Sarebbe interessante, quantomeno nei casi di condanne definitive in cui non vale più la presunzione di innocenza, verificare quale impatto abbiano avuto su queste percentuali gonfiate le tipologie di ‘reati penali’ basati sullo status di irregolare introdotte dai pacchetti sicurezza e fondati sulla mera permanenza sul territorio, nonché le ipotesi invero comiche di reati penali connessi alla contraffazione di marchi, loghi, etc. In base alla fredda statistica, esiste solo una relazione di identità fra percentuali di indeterminati ‘crimini’ è pericolosità sociale di una categoria di soggetti. Mi pare meccanico anche individuare una correlazione inversa fra ‘attitudine a delinquere’ e status di "immigrato regolare", è un altro modo per associare pericolosità sociale a irregolarità. Stiamoci attenti, al razzismo su basi statistiche. La realtà è più complessa dei numeri

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén