Lavoce.info

LEVA DELLE BANCHE: MANEGGIARE CON CAUTELA

A livello internazionale, i regolatori cercano di porre argini ai movimenti pro-ciclici della leva bancaria. Ma la regolazione prudenziale dovrebbe acquisire una dimensione macroeconomica. Le tradizionali regole applicate ai singoli istituti dovrebbero essere affiancate da regolamentazioni anticicliche, capaci di accrescere il grado di auto-assicurazione dell’intero sistema finanziario. E il coordinamento tra politica monetaria e supervisione prudenziale rende opportuna non la loro separazione, ma l’integrazione presso un’unica autorità: la banca centrale.

È opinione comune che le banche abbiano contribuito in misura determinante a creare la “bolla” all’origine della crisi finanziaria recente, che è iniziata proprio con lo scoppio di quella bolla. Il dito è stato spesso puntato sull’eccessiva assunzione di rischio, dovuta alla facilità con cui sono stati concessi mutui (subprime) a soggetti scarsamente affidabili, e sulla successiva distribuzione dei rischi stessi con l’emissione di una straordinaria varietà di titoli “derivati” da quei mutui subprime. Ma altrettanto importante è il ruolo della leva (leverage) delle banche, cioè il rapporto tra attività totali e patrimonio delle banche medesime (dato dalla differenza tra valore delle attività e quello del debito).
 
EFFETTO AMPLIFICATORE
 
Un importante contributo è lo studio di Tobias Adrian e Hyun Song Shin, i quali mettono in evidenza come l’uso attivo della leva da parte delle banche possa contribuire all’espansione di bolle finanziarie nelle fasi di boom economico e alla loro rapida implosione quando l’economia viene colpita da uno shock negativo. (1) 
Per capire il punto bisogna sopportare un po’ di aritmetica. Consideriamo l’esempio di una banca che abbia all’attivo titoli scambiati in borsa (titoli di Stato, obbligazioni societarie e azioni) per un valore di 100 e al passivo un debito (sue obbligazioni, depositi della clientela e di altre banche) di 90: il suo patrimonio è pari a 100–90=10, e la sua leva è pari a 100/10=10. Poniamo che, in una fase di rialzo di borsa, il valore dei titoli aumenti a 101: il patrimonio della banca, valutato al nuovo prezzo dei titoli, aumenterebbe a 101–90=11 e la leva si ridurrebbe a 101/11=9,2 circa. (2) Quindi, se la banca vuole mantenere costante la sua leva al livello di 10, deve emettere nuovo debito e acquistare altri titoli per una cifra pari a 9: in questo modo, il suo patrimonio risulta pari a 110–99=11 e la sua leva è nuovamente pari a 110/11=10. Il risultato di questo ragionamento è che un aumento di valore dei titoli pari a 1 induce la banca ad acquistare altri titoli per 9. Naturalmente, il meccanismo funziona in modo analogo, ma in direzione opposta, partendo da una riduzione del valore dei titoli: in questo caso, per mantenere la leva costante la banca sarà indotta a vendere titoli.
La morale è che avere un obiettivo di leva costante, insieme alla pratica di valutare gli asset ai prezzi di mercato, porta a una amplificazione delle fluttuazioni dei prezzi delle attività finanziarie, perché induce gli intermediari ad acquistare titoli nelle fasi di ascesa dei prezzi e a vendere titoli nelle fasi di calo. In particolare, questo è un meccanismo amplificatore di uno shock iniziale: ad esempio, una riduzione di valore delle attività induce un processo di deleveraging, nel quale gli intermediari vendono titoli per un multiplo di quella riduzione iniziale, provocando ulteriori svalutazioni degli asset, secondo un processo che si auto-alimenta.
Ma c’è di più. I dati di Adrian e Shin mostrano che le banche di investimento statunitensi gestiscono la leva in modo pro-ciclico: non cercano cioè di mantenere la leva costante, ma l’aumentano nelle fasi di aumento del valore delle attività, e fanno il contrario nella fasi di calo dei prezzi. Alcune evidenze preliminari indicano che anche le banche europee sembrano seguire un comportamento simile; l’aspetto curioso è che nel caso europeo, al contrario di quello americano, anche le banche commerciali mostrano un andamento pro-ciclico della leva. (3) 
È facile intuire (senza infliggervi altra aritmetica) che se la stessa leva si muove in modo pro-ciclico, l’effetto di amplificazione delle variazioni dei prezzi delle attività finanziarie è ancora più forte rispetto al nostro esempio numerico (dove supponevamo che la leva fosse costante).
 
IN CERCA DI NUOVE REGOLE
 
Ben si comprende allora perché i regolatori, a livello internazionale, si stiano muovendo nella direzione di porre argini ai movimenti pro-ciclici della leva bancaria, mettendo mano agli accordi sui requisiti patrimoniali. Al coefficiente patrimoniale basato sull’attivo ponderato per il rischio (noto come “Basilea II”) dovrebbe aggiungersi un leverage ratio basato sull’attivo non ponderato, in modo da limitare l’accumularsi di una leva eccessiva, che possa poi dare origine a disordinati processi di deleveraging nelle fasi negative del ciclo. (4)
Forse però questi sforzi non sono sufficienti. Controllare l’evoluzione della leva risponde a obiettivi non solo prudenziali, ma anche macroeconomici, poiché le sue fluttuazioni della leva amplificano le variazioni dei prezzi delle attività finanziarie e, per questa via, le fasi del ciclo economico. Gli strumenti della politica monetaria e della supervisione prudenziale sul sistema bancario andrebbero quindi usati in modo coordinato, al fine di stabilizzare il sistema economico; la regolazione prudenziale dovrebbe acquisire una dimensione macroeconomica, ovvero tenere conto degli effetti di spillover macro dei comportamenti delle singole banche e del sistema bancario nel suo complesso. Le tradizionali regole applicate ai singoli istituti dovrebbero essere affiancate da regolamentazioni anticicliche, capaci di accrescere il grado di “autoassicurazione” dell’intero sistema finanziario. Bilanciando costi e benefici delle regole e della discrezionalità si dovrebbero scartare regole fisse troppo rigide e avviare un regime di “discrezionalità vincolata”, che consenta anche il necessario apprendimento da parte degli stessi regolatori, pur in un quadro di trasparenza e responsabilità. (5) 
Il coordinamento tra politica monetaria e supervisione prudenziale rende opportuna la loro integrazione presso un’unica autorità – la banca centrale– anziché la loro separazione, come è successo per esempio nel Regno Unito, con i conseguenti disastri di “comunicazione” evidenziati nel corso delle recenti crisi bancarie [link Blanchard, lavoce.info ]. (6)
Qualche volta le crisi si incaricano di smentire mode intellettuali apparentemente inarrestabili e assetti istituzionali prima visti come sicuramente preferibili.
 

 
(1) Si veda T. Adrian e H. Shin (2010), “Liquidity and leverage”, Journal of Financial Intermediation, forthcoming.
(2) Questa è una conseguenza della regola contabile che impone di valutare le attività ai prezzi di mercato, nota come mark to market.
(3) L’evidenza riguarda un panel di tredici grandi banche europee nell’ultimo decennio. Si veda il working paper  Is the leverage of European commercial banks pro-cyclical? di A. Baglioni, A. Boitani, M. Liberatore e A. Monticini (2010).
(4) Si veda il documento di consultazione del Comitato di Basilea sulla supervisione bancaria: Strengthening the resilience of the banking sector, dicembre 2009.
(5) Bank of England, The role of macroprudential policy, Discussion paper, novembre 2009, pp. 27-29.
(6) Più approfonditamente in O. Blanchard, G. Dell’Ariccia, P. Mauro, Rethinking Macroeconomic Policy, IMF Staff Position Note/10/03.

Lavoce è di tutti: sostienila!

Lavoce.info non ospita pubblicità e, a differenza di molti altri siti di informazione, l’accesso ai nostri articoli è completamente gratuito. L’impegno dei redattori è volontario, ma le donazioni sono fondamentali per sostenere i costi del nostro sito. Il tuo contributo rafforzerebbe la nostra indipendenza e ci aiuterebbe a migliorare la nostra offerta di informazione libera, professionale e gratuita. Grazie del tuo aiuto!

Leggi anche:  Condividere costi e profitti nell’Eurosistema non sempre è un affare
Leggi anche:  La prudenza delle banche centrali

Precedente

IL RISCHIO DEL DOMINO DALLA GRECIA ALL’ITALIA

Successivo

A PIL-LINO CHE NON CRESCE

  1. Felice Di Maro

    Premesso che i G20 a novembre dovranno accettare questo nuovo corso che dovrebbe garantire quanto meno un equilibrio tra sistema delle banche e finanza, nonché per l’economia reale. Ma è proprio quest’ultima che non avrà benefici almeno nell’immediato. Se la crescita ci sarà, avverrà comunque per un rilancio degli investimenti sia pubblici che privati. E, si voglia o no le banche per far fronte ai nuovi impegni chiederanno maggiori garanzie, e a tutti come è naturale. Quindi. Mentre da un lato con raffinate valutazioni del "rischio si faranno meglio indisturbate operazioni di business dall’altro si bloccheranno sul nascere qualsivoglia idea di avviare attività professionali o imprenditoriali. Sarà messa in ginocchio l’economia dei mono redditi, e parlo di quelli che con la loro banca stanno sempre in rosso. In pratica continueranno a pagare interessi al sistema bancario. Un grazie di cuore agli autori per l’articolo che rappresenta un programma di studio.

Lascia un commento

Non vengono pubblicati i commenti che contengono volgarità, termini offensivi, espressioni diffamatorie, espressioni razziste, sessiste, omofobiche o violente. Non vengono pubblicati gli indirizzi web inseriti a scopo promozionale. Invitiamo inoltre i lettori a firmare i propri commenti con nome e cognome.

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén