L’Unione Europea dovrebbe prevedere un’unica procedura di risoluzione delle crisi bancarie, in modo da rendere possibile la prevenzione e la gestione della crisi in modo unitario e sotto la responsabilità di un’unica autorità amministrativa. Si svolgerebbe secondo il diritto del paese in cui ha sede la società capogruppo e sotto la responsabilità dell’autorità di vigilanza competente, ma sotto il controllo di un collegio dei supervisori rafforzato. Ecco le sue caratteristiche principali nel terzo dei quattro interventi (1, 2) di sintesi del Rapporto Ceps-Asssonime.

LE BANCHE DEVONO POTER FALLIRE

Se in un sistema finanziario viene meno la possibilità concreta di fallimento dei gruppi bancari transnazionali, viene meno un elemento essenziale di disciplina del management delle banche. In quelle circostanze, quando una banca di grandi dimensioni diviene insolvente, restano solo le alternative del fallimento disordinato, con elevato impatto sistemico, o del salvataggio pubblico a carico dei contribuenti. Una procedura efficace di risoluzione delle crisi bancarie avrebbe l’effetto di abbassare sia i costi eventuali per i contribuenti, sia l’impatto sistemico.

Costo fiscale ed impatto sistemico nella risoluzione delle crisi bancarie

Fonte: Čihák, M. & E. Nier, “The Need for Special Resolution Regimes for Financial Institutions: The Case of the European Union”, IMF Working Paper 09/2009, International Monetary Fund, Washington, D.C.

Le procedure concorsuali ordinarie davanti aitribunali fallimentari non sono idonee a gestire le crisi bancarie poiché non riconoscono priorità alle pretese dei depositanti su tutte le altre, dunque non consentono di arrestare la crisi di fiducia e il contagio con interventi tempestivi che salvaguardino le funzioni monetarie e di pagamento della banca. Per questa ragione alcuni paesi – tra i quali l’Italia, il Regno Unito e gli Stati Uniti – hanno adottato una procedura speciale di tipo amministrativo per gestire l’insolvenza bancaria, la quale attribuisce all’organo di vigilanza poteri e strumenti specifici di intervento disegnati per minimizzare l’impatto sulla fiducia e gli effetti di contagio.
Nell’Unione Europea, dove sono presenti alcuni gruppi bancari di grande dimensione, la possibilità di consentirne il fallimento richiede procedure operanti al livello dell’Unione, che rendano possibile la prevenzione e la gestione della crisi in modo unitario e sotto la responsabilità di un’unica autorità amministrativa. Tale procedura può essere disegnata senza bisogno di accentrare al livello dell’Unione tutti i poteri di vigilanza, attraverso criteri vincolanti di coordinamento degli interventi, i quali tuttavia assicurino piena tutela degli stakeholder nelle diverse giurisdizioni. È questa la condizione essenziale per evitare che le singole autorità nei paesi coinvolti intervengano unilateralmente sulle attività presenti nel proprio territorio, compromettendo l’unitarietà della banca e segmentando il mercato interno. 

UNA PROCEDURA EUROPEA DI RISOLUZIONE DELLE CRISI BANCARIE

L’ordinamento europeo dovrebbe prevedere un’unica procedura di risoluzione delle crisi dei gruppi bancari su base consolidata (principio di universalità), con applicazione non solo alle filiali (stabili organizzazioni senza separata identità giuridica), ma anche alle subsidiaries costituite come entità legali indipendenti – a esclusione del caso in cui queste ultime siano in grado di sopravvivere alla crisi bancaria del gruppo grazie alla completa autonomia, oltre che del capitale, anche di tutte le funzioni chiave, quali ad esempio la liquidità, il sistema It, la gestione dei rapporti di controparte. 
La procedura si svolgerebbe secondo il diritto del paese in cui ha sede la società capogruppo e sotto la responsabilità dell’autorità di vigilanza competente, ma sotto il controllo di un collegio dei supervisori rafforzato, con pieno accesso a tutta l’informazione. I paesi membri dell’Unione europea dovrebbero dotarsi di procedure amministrative per la risoluzione delle crisi bancarie, secondo i principi comuni già indicati dal comitato di Basilea sulla supervisione bancaria (Gruppo per la risoluzione delle crisi bancarie cross-border) le quali consentano, e in effetti impongano, alle autorità di vigilanza di intervenire con strumenti via via più penetranti quando il capitale discende al di sotto di certe soglie predefinite. 
Specificatamente, il procedimento di risoluzione delle crisi dei gruppi bancari europei dovrebbe articolarsi in tre fasi: 
i) in caso di sottocapitalizzazione o difficoltà di finanziamento, l’intervento del supervisore dovrebbe imporre la ricapitalizzazione della banca;
ii) qualora il capitale continuasse a indebolirsi, scatterebbe l’intervento diretto del supervisore nella gestione della banca. Egli dovrebbe a tal fine disporre del potere di cambiare il management e di riorganizzare e cedere le attività della banca in crisi, singolarmente o per intere linee di business; 
iii) infine, quando anche la riorganizzazione dovesse fallire, la procedura dovrebbe proseguire con la liquidazione del gruppo svolta da un amministratore unico, nominato dall’Autorità bancaria europea su proposta del collegio dei supervisori; la licenza bancaria dovrebbe essere revocata e contestualmente dovrebbe essere costituita una “società ponte” alla quale verrebbero trasferite tutte le attività “solide” della banca, compresi i depositi. La parte residuale della banca dovrebbe contenere gli attivi tossici del gruppo e il compenso pagato per il trasferimento degli attivi alla banca ponte. Le azioni legali dei creditori e degli azionisti potrebbero rivolgersi solo verso la struttura “residuale”, non più banca.

LA PIANIFICAZIONE ANTICIPATA DELLA RISOLUZIONE DELLA CRISI

Per facilitare lo svolgimento della procedura, i gruppi bancari dovrebbero consegnare alle autorità di vigilanza un documento contenente la descrizione delle proprie linee di comando e di gestione operativa, nonché il quadro completo dell’esposizione ai rischi di controparte e l’ordine di priorità dei crediti nei confronti della banca, squarciando il velo delle strutture e delle paratie legali. Il documento dovrebbe anche contenere una descrizione degli interventi di ricapitalizzazione e di liquidazione delle attività previsti al manifestarsi di serie deficienze di capitale. L’obbligo di indicare in maniera trasparente linee operative e responsabilità funzionali scoraggerebbe le strutture troppo complesse e opache.

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