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BANCHE CROSS-BORDER: LA VIGILANZA IN TEMPO DI CRISI

L’attività di vigilanza sui grandi gruppi bancari europei dovrebbe essere svolta da una sola autorità. Le proposte di regolamento all’esame del Consiglio e del Parlamento europeo già prevedono un potere di mediazione affidato a una nuova Autorità bancaria europea, se c’è disaccordo tra le autorità nazionali. Necessario però un passo ulteriore, che ne faccia il centro del sistema europeo di vigilanza sui gruppi bancari cross-border. Poteri e compiti dell’Autorità nell’ultimo dei quattro interventi (1, 2, 3) di sintesi del Rapporto Ceps-Asssonime.

Una nuova struttura regolamentare e di vigilanza dell’Unione europea deve riposare su due pilastri: deve poter operare in modo unitario rispetto ai gruppi bancari cross-border su base consolidata; deve disporre di poteri penetranti di intervento sull’intero gruppo in caso di crisi.

CONFLITTO DA SUPERARE

La seconda direttiva bancaria (89/646/Cee) fissa il principio fondamentale, ai fini di vigilanza, del controllo del paese d’origine; la direttiva sui requisiti di capitale determina l’attribuzione dei poteri di vigilanza all’autorità del paese d’origine su base consolidata anche per filiali e sussidiarie in paesi esteri; ma le autorità del paese ospite mantengono pieni poteri di vigilanza su base individuale delle controllate costituite come entità legalmente separate che esercitano l’attività bancaria sul loro territorio, in base a una licenza rilasciata localmente. L’autorità del paese ospite può delegare questa responsabilità all’autorità del paese d’origine; ma a questo si oppone il conflitto di interessi intrinseco tra le due autorità dovuto al fatto che inevitabilmente, in caso di crisi, ciascuna autorità cercherà di favorire i propri stakeholder e gli interessi nazionali.
Vi è un solo modo per superare questo conflitto, concentrando l’attività di vigilanza presso una sola autorità: il potere di decidere i passi della procedura di gestione della crisi deve essere attribuito a un’autorità superiore, al livello dell’Unione, la quale svolga il ruolo di mediatore tra gli interessi e di garante di equo trattamento di tutte le parti coinvolte nelle diverse giurisdizioni. Le proposte di regolamento all’esame del Consiglio e del Parlamento dell’Unione in attuazione delle raccomandazioni del Gruppo de Larosière già prevedono un potere di mediazione in capo alla nuova Autorità bancaria europea (Eba), in caso di disaccordo tra le autorità nazionali: la proposta qui avanzata richiede solo un piccolo passo ulteriore, il quale di fatto farebbe dell’Eba il centro del sistema europeo di vigilanza sui gruppi bancari cross-border.

IL NUOVO SISTEMA

Si noti, peraltro, che ciò non richiede di centralizzare l’intera attività di vigilanza. Questa dovrebbe restare nelle mani del paese dove ha sede la società capo-gruppo, la cui autorità di vigilanza si costituirebbe come lead supervisor nell’ambito di collegi rafforzati dei supervisori, ai quali verrebbero chiamate a partecipare tutte le autorità dei paesi interessati, e che dovrebbero in primo luogo assicurare la piena condivisione delle informazioni, che sarebbero centralizzate presso l’Eba. A tal fine, i gruppi cross-border con sede legale nell’Unione dovrebbero firmare un contratto parte del contratto di assicurazione dei depositi nel quale si impegnerebbero a fornire all’Eba le informazioni necessarie per lo svolgimento efficace delle sue funzioni. I collegi avrebbero l’iniziativa, nella forma di un potere di proposta, su tutte le fasi della procedura di risoluzione delle crisi; ma le proposte verrebbero valutate e le decisioni verrebbero assunte dall’Eba, assicurando dunque la necessaria composizione dei diversi interessi in campo.
Il nuovo sistema dovrebbe prevedere l’obbligo per le autorità di vigilanza in questo caso l’Eba, su proposta dei collegi di supervisione di intervenire prontamente quando il capitale di una banca scende al di sotto di certe soglie prefissate, al principio ordinando la ricapitalizzazione, poi assumendo il controllo della banca, infine, se necessario, affidandone la liquidazione a un apposito amministratore nominato all’uopo dall’Eba (sempre su proposta dei collegi). Come già in parte previsto nel testo attuale dei regolamenti all’esame di Consiglio e Parlamento, l’Eba dovrebbe disporre anche di poteri sostitutivi di intervento, in caso di inerzia dei collegi. Tali poteri devono estendersi all’intero gruppo consolidato, e non solo alla banca di deposito, come tuttora avviene negli Stati Uniti (che già stanno pensando a cambiare la norma): infatti, i benefici della licenza bancaria e della rete di protezione si estendono al gruppo intero.
Infine, come è stato notato da più parti, l’Unione Europea non dispone di un’autorità fiscale in grado di coprire le perdite residuali di un fallimento bancario. Al riguardo, vi sono due problemi da risolvere. Il primo attiene all’esigenza di evitare nuove fonti di azzardo morale, promettendo di sostenere le perdite a carico del bilancio pubblico. Un fondo interamente finanziato ex-ante dalle banche non soffrirebbe di questa debolezza.
Il secondo problema riguarda l’esigenza di fissare comunque una chiave di ripartizione delle perdite residuali una volta esaurite tutte le altre fonti di copertura tra gli stati membri. A tale proposito, è impensabile che gli stati stanzino in anticipo le risorse per coprire le perdite di fallimenti bancari, perché così si ricadrebbe nell’obiezione precedente. Si può invece ipotizzare che gli stati membri concordino, in seno al Consiglio Ecofin, una semplice chiave di ripartizione delle perdite, basata ad esempio sulla quota dei depositi e del capitale di ciascuna unità operativa dei gruppi cross-border nei diversi paesi. Lasciando aperta la possibilità di introdurre un correttivo, in caso di concentrazioni anomale delle perdite in certe giurisdizioni.

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UN DECRETO TROPPO EVASIVO

  1. Banca

    Invece di unificare le autorità di vigilanza queste si moltiplicano. Ora ne è allo studio una sui derivati e cfd italiani.

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