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SALVIAMO LA GRECIA. DA SE STESSA

Il governo greco ha chiesto all’Unione Europea e all’Fmi di attivare i 45 miliardi di aiuti concordati. Ma è ancora possibile salvare a Grecia? E quanto costerebbe? Lasciato a se stesso, il paese è condannato al ripudio del debito pubblico. Eppure, la crescita del debito è in larga misura dovuta alla spesa per gli interessi e l’apertura di linee di credito internazionali potrebbero migliorare le cose. E non costerebbe neanche molto. Dopo il primo anno di aiuti, però, si dovrebbe lasciare la Grecia al proprio destino, preparando una ristrutturazione ordinata del debito.

Venerdì 24 aprile il governo greco ha richiesto a Fondo monetario e Unione Europea di attivare gli aiuti concordati: circa 45 miliardi di euro, 15 dal Fondo e 30 dall’Unione. La richiesta è giunta il giorno successivo al declassamento del debito greco, da A3 ad A2, da parte dell’agenzia di rating Moody’s (molto probabilmente, solo il primo della serie), e ha coinciso con la pubblicazione da parte di Eurostat della revisione del dato sul rapporto deficit pubblico Pil del 2009, ora stimato (almeno) al 13,6 per cento, dal 12,7 precedente. Gli effetti sui mercati non si sono fatti attendere: i differenziali di interesse dei titoli pubblici greci rispetto ai titoli di stato tedeschi con maturità 2 e 10 anni hanno raggiunto, rispettivamente, il record di 9 e 5 punti percentuali, e sul mercato dei credit default swap, è ora più costoso assicurarsi contro l’insolvenza greca che contro quella di Pakistan, Ucraina e Iraq (vedi tabella 1).

È POSSIBILE SALVARE LA GRECIA?

Le ragioni di quest’accelerazione della crisi sono molte. Ad Atene si acuisce il conflitto sociale, con la rivolta dei sindacati contro i tagli di bilancio; in Germania monta l’ostilità popolare verso il salvataggio e la cancelliera Angela Merkel frena gli aiuti, alla vigilia delle importanti elezioni nella Nord-Reno Westfalia (18 milioni di abitanti) del 9 maggio. Ma soprattutto il ministro dell’economia greco Papaconstantinou, un economista che ha studiato alla New York University e poi alla London School of Economics, deve trovare 2,3 miliardi per pagare gli interessi da corrispondere il 10 maggio, per poi affrontare l’eventualità di una crisi di roll-over, nel caso i sottoscrittori non rinnovassero gli 8,1 miliardi di debito che verranno in scadenza il 19 maggio. La previsione ragionevole è che la Germania, dopo aver fatto la voce grossa fino al giorno delle elezioni, si affretterà, appena chiuse le urne, a versare quanto stabilito.
Questi sviluppi pongono almeno due questioni. La prima è se, al punto in cui si è giunti, sia ancora possibile “salvare” la Grecia. La seconda è quanto costerebbe aiutare la Grecia a salvare se stessa.
Alla prima domanda, la risposta è . Lasciata a se stessa la Grecia è condannata al ripudio (parziale) del debito pubblico. Con un debito giunto al 125 per cento del Pil, un tasso medio di interesse vicino al 7,5 per cento in termini reali e l’economia in recessione, un calcolo approssimativo (“back-of-the-envelope”) mostra che sarebbero necessari tagli di bilancio di oltre il 15 per cento del Pil, si veda la tabella 2, solo per arrestare l’esplosione del debito pubblico. Una manovra che, pur se diluita nel tempo, non sarebbe realizzabile (né auspicabile). Eppure, la crescita del debito è in larga misura dovuta alla spesa per gli interessi e dunque l’apertura di linee di credito internazionali (gli Stand-By del Fondo e i prestiti dell’Unione Europea) potrebbero migliorare molto le cose: ad esempio il governo potesse finanziarsi a un tasso nominale d’interesse del 3 per cento (come quello in discussione sul prestito Stand-By del Fondo), con un po’ di fortuna (inflazione e crescita allo 0,5 per cento), l’aggiustamento richiesto si dimezzerebbe, richiedendo ai greci sacrifici duri, ma non irrealistici.

QUANTO COSTA IL SALVATAGGIO

Quanto costerebbe aiutare la Grecia a salvare se stessa? La risposta è poco. Poiché il Pil greco nel 2010 rappresenta circa il 2,6 per cento di quello della zona euro (fonte: IMF data mapper), questo sussidio (il 4 per cento su un debito di 1,25 volte il PIL greco), costerebbe alla zona euro solo l’1,3 per mille del Pil (= 4% x 1,25 x 2,6%), circa 12,5 miliardi di euro. E dunque varrebbe la pena tentare. In uno scenario ottimistico, un programma credibile e realistico di rientro dal deficit pubblico, con tagli del 7-8 per cento diluiti su 2-3 anni messi in atto sotto l’attenta vigilanza del Fondo, richiederebbe poco più delle risorse stanziate dal solo Fmi. Lo scenario pessimistico sarebbe invece quello di un sistematico tergiversare della Grecia, con continui rinvii delle misure necessarie. Ma a questo punto, dopo il primo anno di aiuti, Fondo e Unione Europea farebbero bene ad abbandonare la Grecia al proprio destino, preparando una ristrutturazione ordinata del debito.

Tabella 1: Spread e Probabilità di Default Cumulate a 5 anni

Highest Default Probabilities
Entity Name Mid Spread CPD (%)
Venezuela 821.04 43.71
Argentina 843.84 43.57
Greece 614.62 39.38
Pakistan 663.50 36.42
Ukraine 540.99 31.47
Iraq 415.70 25.64
Dubai/Emirate of 424.22 25.61
Iceland 370.40 22.33
Portugal 278.85 21.53
Latvia, Republic of 337.00 21.00

Fonte: CMA

Tabella 2: Aggiustamento di bilancio

Grecia deficit prim/pil interesse inflazione interesse reale crescitapil differenziale debito/pil deficit stab aggiustamento
  d i π r =(1+i)/(1+π) -1 n r-n b d*= -((r-n)/(1+n))b d*-d
attuale 4,85% 7,00% -0,50% 7,54% -0,75% 8,29% 125,00% -10,44% -15,29%
sc.1 4,85% 3,00% -0,50% 3,52% -0,75% 4,27% 125,00% -5,38% -10,23%
sc.2 4,85% 3,00% 0,50% 2,49% 0,50% 1,99% 125,00% -2,47% -7,32%

 d* rappresenta il rapporto tra disavanzo primario e Pil necessario a stabilizzare il rapporto debito pubblico/Pil

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NEANCHE LE COOPERATVE SOCIALI SONO PERFETTE

  1. Piero Torazza

    Radio Bloomberg: dopo la Grecia il Portogallo.. quindi l’Italia che è più pesante. Tremonti: se la casa del vicino brucia bisogna aiutarlo a spegere il fuoco (per pura carità ?) Confindustria+BankItalia: sevirebbe il debito pubblico Europeo….Intanto la gente si distrae con il Grande Fratello.

  2. maurizio - lucca

    La Grecia è "andata"…Non a caso, la Grecia ha una struttura di imposizione fiscale che ricorda molto da vicino quella dell’Italia: se gli Stati non sono "seri" (cioè non combattono le evasioni fiscali), prima o dopo la pagano…Il problema è che le crisi sono patite soprattutto, come noto, sempre dalle classi meno abbienti: ma per quanto tempo ancora quest’ultime non si ribelleranno?

  3. giancarlo c

    Aiutare sì, ma pagando gli aiuti con una cessione parziale della sovranità in politica fiscale a favore dell’Unione. Insomma un commissariamento a tempo indeterminato, per esempio sotto la forma di una cooperazione rafforzata tra stati UE sotto la regia di Parlamento europeo, Commissione e BCE (e della Merkel, ovviamente). E chissà se, con un po’ di fortuna, non possa succedere anche all’Italia… PS: questa crisi – se Francia e Germania lo volessero – potrebbe essere l’occasione per un balzo in avanti dell’integrazione politica.

  4. silver

    Ho letto l’articolo a firma Giannini oggi lo condivido su facebook, ma tutti dico tutti forse preferiscono parlare d’altro; mi vien da dire quindi che il tipico italiota non vede proprio al di là del proprio orto, ergo cosa dovrebbe importare ai Tedeschi piuttosto che agli Inglesi piuttosto che? Esiste sempre la scusa delle elezioni? La comunità è sotto terra, soprattutto davanti ai problemi: avanti così, l’importante è salvare il possibile, che paghino sempre altri etc. Prima il Portogallo, e poi avanti il prossimo? Secondo il leghista Garavaglia servirebbero 20 scudi fiscali, secondo me… vabbè, allora sto federalismo facciamolo, ma veloci, che è dieci anni che ne sento parlare!

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