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LA RISPOSTA AI COMMENTI

Ringrazio tutti per gli interventi. Difficile rispondere in dettaglio a tutti, anche perché in vari casi non c’è alcuna domanda ma solo affermazioni — a volte un po’ apodittiche. Cerco di rispondere almeno ad alcuni.
Roberto Corsini propone in modo semi-serio un’imposta sul patrimonio per ridurre drasticamente il debito. Ha ragione: insieme alla ripresa della crescita, quello è l’unico modo per ridurre l’enorme debito pubblico italiano in modo significativo. Ma occorre un grande clima di solidarietà sociale e di fiducia verso la leadership politica perché questo accada, ovvero per usare le sue parole occorre potersi fidare.
Non sono però d’accordo con lui (anche se capisco l’intento ironico delle sue parole) sul fatto che a parte questo si possa continuare a evadere le imposte e rubare come ora (e in passato): il debito pubblico ricomincerebbe a crescere inesorabilmente, vanificando gradualmente lo sforzo realizzato con l’imposta patrimoniale. Il nostro debito di oggi, a oltre il 120% del PIL, è in buona parte che la somma di tutte le imposte evase e di tutte le tangenti e ruberie degli scorsi decenni, con l’aggiunta degli interessi, naturalmente. Se non si allarga seriamente la base imponibile (combattendo l’evasione fiscale e vietando definitivamente i condoni, magari con una norma costituzionale), saremo sempre punto e daccapo con problemi di sostenibilità fiscale.
Combattere seriamente l’evasione fiscale avrebbe anche l’effetto di riequilibrare la distribuzione del reddito e della ricchezza, che come giustamente da notare Paolo Serra in questi ultimi decenni sisquilibrata a favore dei ceti più abbienti: niente di più regressivo dell’evasione fiscale e dei condoni a cui abbiamo assistito in questi decenni, soprattutto considerando che il lavoro dipendente è l’unico a non evadere le imposte. Fra l’altro, l’evasione fiscale massiccia dei ceti abbienti è uno dei motivi centrali della stessa crisi greca.
Massimiliano Claps solleva un punto molto importante: il rischio che una massiccia manovra simultanea di "rientro" fiscale in tutte le economie deboli dell’area euro possa stroncare la ripresa. E’ una preoccupazione molto giusta, e credo che sia una domanda che si stanno ponendo in tanti. In parte, l’effetto recessivo della manovra di rientro fiscale dei paesi deboli potrebbe (e dovrebbe) controbilanciata da un’espansione da parte delle economie relativamente) forti. Anche in questo sarebbe cruciale un vero coordinamento europeo delle politiche fiscali. Purtroppo la Germania non sembra intenzionato a farlo, in parte perché non sembra aver capito che deve sviluppare una leadership politica corrispondente al suo peso economico nella UE.
Un’altra lucina di speranza viene dal fatto che non sempre il consolidamento fiscale ha effetti recessivi: anzi, proprio quando segnala un netto cambiamento di regime in direzione di una maggior "rettitudine" fiscale e sostenibilità della finanza pubblica, può paradossalmente avere effetti espansivi. E’ già successo, e lo abbiamo documentato in vari studi (F. Giavazzi e M. Pagano, “Can Severe Fiscal Contractions be Expansionary?  Tales of Two Small European Countries” NBER Macroeconomics Annual, 1990, e “Non-Keynesian Effects of Fiscal Policy Changes: International Evidence and the Swedish Experience”, Swedish Economic Policy Review, Vol. 3, 1, 1996; F. Giavazzi, T. Jappelli e M. Pagano, “Searching for Non-Linear Effects of Fiscal Policy”, European Economic Review, Vol. 44, giugno 2000, e “Searching for Non-Monotonic Effects of Fiscal Policy: New Evidence”, Monetary and Economic Studies, ottobre 2005).
Antonio Aghilar indica una forte inflazione come un rimedio. Certamente un po’ di inflazione in più (se inattesa) aiuterebbe un po’ le finanze pubbliche di un paese come il nostro, e probabilmente ci sarà se la BCE inizia davvero a comprare titoli di Stato dei paesi deboli dell’area dell’euro. Ma non illudiamoci che questo possa sostituire la disciplina fiscale. Dopo un po’ i tassi di interesse si adegueranno riflettendo la maggiore inflazione. Per inciso, in risposta a Francesco De Simone: i tassi non possono che salire dal bassissimo livello attuale, sotto la spinta congiunta delle aspettative di inflazione e i dubbi sull’andamento delle finanze pubbliche… se, come scrive Franco Debenedetti, dobbiamo avere "fieri dubbi sulla possibilità che i governi adottino politiche (di rientro fiscale) e i paesi le accettino con chiarezza."
Infine, a chi propone di abbandonare la costruzione europea e di ritornare all’Europa degli Stati e staterelli, faccio osservare che attualmente quel poco che contiamo sulla scena internazionale dipende in buona misura dal fatto di essere riusciti a costruire l’Unione Europea, sia pure in modo tuttora molto imperfetto e squilibrato. E a chi si lamenta delle conseguenze della moneta unica, rispondo con le parole di uno di voi (Giampaolo): "L’euro è una stata un’opportunità per migliorare, sono trascorsi dieci anni, non è colpa della moneta se non abbiamo sfruttato i bassi tassi di interesse per ‘mettere ordine’ in casa e ora sono arrivati i momenti critici." Ora siamo costretti a mettere ordine in casa se non vogliamo che l’opportunità per migliorare scompaia definitivamente!

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  1. Giovanni Barone-Adesi

    Gli investitori richiedono rendimenti più elevati sulle obbligazioni che potrebbero non essere pagate. Le banche, francesi in primis, che hanno prestato soldi ai paesi UE con finanze più deboli, dopo aver incassato interessi più elevati, pretendono che tutti i contribuenti europei paghino per i rischi che hanno assunto. Naturalmente l’opinione dei contribuenti non conta per gli eurocrati. Che tipo di economia e quali istituzioni politiche volete creare in Europa? Un economista extracomunitario.

  2. Marcello Tava

    L’evasione toglie 300 miliardi di euro allo stato all’anno (fonte: Corriere della Sera, 20 settembre 2008). Secondo i miei calcoletti, se venissero recuperati tutti, teoricamente il nostro rapporto deficit/PIL passerebbe da -5.3% a quasi il +10%. La domanda un po’ provocatoria che vorrei farle è se sia possibile quantificare la "spinta" che questo fenomeno ha sull’economia, agendo ufficiosamente come una deregulation fiscale da paese ultraliberista, che lascia più soldi in tasca ai cittadini e alle aziende, favorendo rispettivamente consumi e reinvestimenti produttivi, e abbassando il costo del lavoro a svantaggio delle garanzie sociali e previdenziali dei lavoratori. La risposta mi servirebbe per capire quali effetti restrittivi una lotta senza quartiere all’evasione avrebbe sull’economia italiana nel breve periodo, fermo restando che reputo l’evasione un grande male (sono peraltro un lavoratore dipendente).

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