Circola la tesi che la magra figura della Nazionale ai Mondiali sudafricani sarebbe dovuta alla presenza di molti giocatori stranieri nelle squadre italiane. Ma se si guarda ai dati dell’ultimo campionato si vede che i club più eterogenei in termini di nazionalità dei calciatori tendono a segnare più goal rispetto a quelli più omogenei. Insomma, se adeguatamente gestita, la diversità offre opportunità di interazione e complementarietà di approcci, culture e sensibilità diverse, con effetti virtuosi su creatività e risultati. E non solo nel calcio.
La débacle ai Mondiali in Sudafrica ha generato varie riflessioni sulle cause della crisi del calcio italiano. Una motivazione plausibile è stata individuata nella presenza di un elevato numero di calciatori stranieri nelle squadre di club italiane. Tesi che, comunque, ha ricevuto forti critiche, in particolare per l’assenza di riferimento a osservazioni empiriche.
DIVERSITÀ IN QUATTRO DIMENSIONI
Gli impatti della diversità demografica sulle performance di team, ampiamente studiati negli studi di management, raramente sono stati esplorati in ambito sportivo. (1)
Utilizzando dati relativi alla serie A 2009-2010, abbiamo analizzato se e in che misura la diversità demografica all’interno delle squadre abbia avuto effetti sui risultati ottenuti.
Per ognuno degli organici delle venti squadre della serie A, abbiamo selezionato quattro indicatori di diversità: in termini di nazionalità, età (squadre giovani, di esperienza o miste?), peso dei giocatori (squadre leggere, pesanti o bilanciate?) e di turn over (con che frequenza le squadre cambiano chi scende in campo?).
Abbiamo investigato quattro dimensioni di performance: punti totali conquistati durante il campionato, punti in trasferta (indice di personalità della squadra lontano dalle mura amiche), goal segnati (indice di capacità offensiva e di produrre gioco) e minor numero di gol subiti (indice di solidità della squadra).
Per ogni squadra, la diversità è stata misurata attraverso il calcolo dell’indice di Blau con riferimento alle variabili categoriche e della deviazione standard con riferimento alle variabili continue. (2)
Le relazioni tra diversità demografiche e performance sono state calcolate attraverso modelli di regressioni multiple lineari.
UNA FOTOGRAFIA DELLA DIVERSITÀ
Un’analisi descrittiva della diversità demografica nelle squadre della serie A rivela risultati interessanti (tabella 1). Tredici squadre su venti presentano livelli medi o elevati di eterogeneità in termini di nazionalità dei calciatori (media indice di Blau = 0,56). Un po’ a sorpresa, l’Inter non è la squadra più eterogenea. A tale risultato contribuisce la presenza di cliques di giocatori stranieri della stessa nazionalità (argentini e brasiliani), fenomeno che caratterizza anche Roma (brasiliani) e Catania (argentini). Per quanto riguarda età e peso, in media si osserva una discreta complementarietà nel mix di giocatori giovani e di esperienza, e di giocatori di peso e agili. Il ricorso al turn over, invece, rivela ampie differenze: a squadre che si caratterizzano per stabilità nell’undici titolare (ad esempio Sampdoria), se ne affiancano altre che hanno cambiato molto spesso la formazione tipo (Atalanta e Lazio su tutti).
Tabella 1: Diversità demografica nelle squadre della serie A
Nazionalità | Età | Peso | Turn over | |
Squadra più omogenea | Sampdoria | Bari, Lazio, Parma | Sampdoria | Chievo |
Squadra più eterogenea | Udinese | Catania | Roma | Atalanta, Lazio |
LA DIVERSITÀ E I RISULTATI
I risultati dei modelli di regressioni multiple indicano effetti significativi della diversità demografica sulle performance (tabella 2). Se da un lato l’eterogeneità non incide direttamente sulle posizioni in classifica in termini di punti totali conquistati, ha effetti su altre rilevanti dimensioni di performance.
Squadre più eterogenee in termini di nazionalità dei calciatori tendono a segnare un numero maggiore di goal rispetto a squadre più omogenee; si potrebbe arguire che l’apporto di creatività dato dalla multi-etnicità degli organici si rifletta in una maggiore capacità di andare a rete rispetto a squadre più omogenee e forse per questo più prevedibili. La complementarietà tra giocatori giovani e di esperienza appare forgiare la personalità e la solidità del team: squadre con più elevati mix generazionali, infatti, tendono a conquistare più punti in trasferta e a registrare un minor numero di gol subiti. Un elevato ricorso al turn over, invece, è negativamente correlato con le stesse variabili di performance. Questa evidenza può avere una duplice interpretazione: da un lato, squadre che cambiano troppo spesso chi scende in campo potrebbero avere maggiori difficoltà rispetto a team rodati nel creare quello spirito di gruppo che costituisce l’anima della squadra; dall’altro lato, formazioni con risultati deludenti potrebbero essere maggiormente incentivate a cambiare di frequente i propri titolari. La diversità di peso, da ultimo, non ha impatti significativi sulle performance osservate.
Che cosa emerge dall’analisi? Lungi dal voler offrire ricette in chiave di calciomercato a manager, direttori sportivi e allenatori, i dati evidenziano come la diversità, nel calcio come in molti altri ambiti della vita delle organizzazioni e della società nel suo complesso, conta. Se adeguatamente gestita, offre straordinarie opportunità di interazione e complementarietà di approcci, culture e sensibilità diverse, con effetti virtuosi su creatività e performance.
Questa lezione può essere utilissima al mondo nel calcio. In un ambiente spesso dominato dalla percezione che chi più spende, più vince, l’intelligenza con cui si è in grado di costruire il famoso gruppo di cui tanto si è parlato durante gli ultimi Mondiali può essere una chiave del successo.
Tabella 2: Relazioni tra diversità e performance
Punti totali | Punti in trasferta | Goal segnati | Minori goal subiti | |
Diversità di nazionalità | + | |||
Diversità di età | + | + | ||
Diversità di peso | ||||
Turn over | – | – |
(1) Per gli studi nell’ambito del management, si veda ad esempio la review in Kilduff, M., Angelmar, R. & Mehra, A., 2000, Top management team diversity and firm performance: examining the role of cognitions, Organization Science, 11: 1, 21-34.
(2) L’indice di Blau varia da 0 a 1, dove 0 indica assoluta omogeneità e 1 assoluta eterogeneità in un gruppo relativamente a una determinata caratteristica. Per la formula e i principali utilizzi dell’indice di Blau, vedi Jackson, S. E., Brett, J. F., Sessa, V. I., Cooper, D. M., Julin, J. A., & Peyronnin, K. 1991, Some differences make a difference: Individual dissimilarity and group heterogeneity as correlates of recruitment, promotions, and turnover, Journal of Applied Psychology, 76: 675689.
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Lucio Zagari
…mi sembra che siate fuori tema: troppi giocatori stranieri nei campionati limitano la presenza e crescita dei calciatori locali e riducono le scelte della nazionale…." la diversità e le sue interazioni" non sono applicabili ad una nazionale.
gilberto antonio nieddu
Il lavoro fatto nell’articolo è davvero bello, complimenti, ma mi spiace dover dire che troppi stranieri nuocciono ai giocatori italiani. L’eterogeneità sicuramente porterà le squadre a segnare più gol, ma di certo i calciatori italiani non diventeranno dei campioni guardando il Ronaldo di turno dalla panchina!
giovane statistico
Analisi interessante, ma forse incompleta, non ci potrebbe essere qualche variabile legata sia alla multietnicità della squadra che alla prolificità in zona gol? Comunque secondo me il problema del calcio italiano si spiega con questo episodio: fare un contratto a un 34enne colombiano svincolato piuttosto che puntare su un giovane di cui si possiede metà cartellino e che ha giocato molto bene la precedente stagione in un’altra squadra. Si ha paura di rischiare e di scommettere sul fututro…anche nel calcio
gianluca ricozzi
Mi sembra che l’articolo non risponda affatto al quesito per cui troppi stranieri danneggino la crescita della nazionale di calcio. Che i club con maggiore eterogeneità abbiano maggiore successo non ci dice nulla, di per sè, sugli effetti che questo comporta sulla formazione di una selezione nazionale competitiva.
Giorgio Manca
E’ ovvio e non c’è bisogno di regressioni per capire che se pochi giocatori italiani arrivano a giocare ai massimi livelli, poiché si preferiscono giocatori stranieri, la nazionale italiana ne risenta pesantemente.
AM
Concordo con l’autore sul fatto che le squadre multietniche tendono ad ottenere performance migliori e quindi le squadre di club sono indotte a privilegiare l’accoglienza di stranieri nei loro vivai. Questo però comporta incontestabilmente effetti controproducenti sulla nazionale, che affonda mentre le squadre di club vincono coppe europee. Se non si vuole andare contro corrente escludendo i non italiani dai vivai non resta che aprire le porte della nazionale a oriundi e stranieri e favorire l’accesso ai citati vivai ai giovani stranieri che abbiano i requisiti anche formali per poter essere inseriti nella nostra nazionale.