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Quote latte: un pasticcio nostrano

Il sistema delle quote latte, stabilito dall’UE, ha come obiettivo ridurre lo squilibrio tra domanda e offerta. Nel corso degli ultimi 25 anni molti produttori italiani hanno consapevolmente superato il tetto massimo delle quote assegnategli dall’UE. Solo una minima parte delle multe sono state effettivamente pagate dagli allevatori. I contribuenti italiani hanno, invece, giá pagato 1,87 miliardi di euro per i prelievi relativi al periodo 1984-1996. I restanti 2,5 miliardi devono essere pagati dai coltivatori, a meno di non voler far scattare una procedura d’infrazione da parte dell’UE.

Le quote nazionali, modificate periodicamente dall’’Ue, vengono ripartite tra gli allevatori su base individuale ed a titolo gratuito. Gli allevatori possono poi comprare o affittare da altri produttori le quote che danno diritto a produrre una certa quantità di latte. Superata la propria soglia bisogna versare un prelievo proporzionale all’’eccedenza. Questo contributo, che molti definiscono “multa”, si chiama in realtà “prelievo supplementare” (1): infatti, le aziende possono produrre il quantitativo che vogliono, ma se eccedono il limite stabilito devono pagare un differenziale tale da scoraggiarne la produzione. Chi ha prodotto eccedenze, dunque, lo ha probabilmente fatto nella piena e totale consapevolezza: alcuni non hanno mai comprato le quote latte, altri le hanno sistematicamente superate. Chi ha commesso piccoli errori deve pagare poche migliaia di euro, ma è difficile trovare giustificazioni convincenti per produttori che devono versare allo Stato italiano svariati milioni di euro.

LE “MULTE”: UN PROBLEMA QUASI ESCLUSIVAMENTE ITALIANO

Il problema dello sforamento delle quote è quasi esclusivamente italiano: nel 2008, l’’80 per cento delle “multe” ha riguardato il nostro Paese (2). Se si sommano tutti i prelievi supplementari dovuti dagli allevatori italiani dal 1984 ad oggi si giunge alla sbalorditiva cifra di 4,4 miliardi di euro, una parte dei quali (1,87 miliardi relativi al periodo 1984-1996) (3) pagati dai contribuenti italiani in deroga alle disposizioni comunitarie, gli altri pagati dagli allevatori, oggetto di contenzioso presso i tribunali amministrativi oppure ancora semplicemente da “riscuotere” da parte di Agea o degli Organismi Pagatori regionali deputati a prelevare il dovuto.
Qual è la ragione di questa peculiarità italiana? Dal 1984 al 1992, come ha notato la Corte dei Conti, il problema principale è stato la sostanziale disapplicazione della regolamentazione comunitaria: si è trattato di “un mancato adeguamento alla normativa comunitaria politicamente asseverato dal Governo Italiano e motivato in sede comunitaria facendo leva sulla complessità del sistema che, in Italia, aveva in effetti evidenziato ed accentuato carenze, difficoltà e disomogeneità nella gestione amministrativa del settore” (4). Per quanto riguarda gli anni successivi, sempre citando la Corte dei Conti, “comportamenti pragmaticamente dilatori di Governo e Parlamento hanno in effetti accompagnato, asseverato, fornito spesso nuova linfa alle aspettative dei produttori”. In altre parole, chi fino ad allora aveva superato le quote ha ritenuto di potere continuare a farlo.

CHI DEVE PAGARE

I regolamenti comunitari sono sempre stati molto chiari in proposito: il prelievo supplementare è una misura che persegue l’’obiettivo di contenere la produzione e ristabilire l’’equilibrio tra domanda ed offerta e deve, dunque, essere pagato dagli allevatori (5). Qualsiasi tipo di accollo da parte dello Stato dell’’onere del prelievo si configura come sostanziale elusione non solo della regolamentazione comunitaria, ma altresì di quegli obiettivi (condivisibili o meno) di politica economica della Pac. Il fatto che all’’Italia furono assegnate quote inferiori al consumo interno doveva ovviamente essere oggetto di contrattazione in ambito comunitario, ma non può in alcun modo giustificare il superamento delle produzioni consentite.
Ogni pagamento da parte delle amministrazioni pubbliche è considerato un aiuto di Stato e comporta l’’apertura di una procedura d’’infrazione, con le conseguenti salatissime multe a carico dei contribuenti. Peraltro, una prospettiva del genere sarebbe uno schiaffo a tutti quei produttori onesti che hanno comprato le quote e rispettato i limiti ed a quelli che hanno deciso di pagare i prelievi supplementari, con o senza rateizzazione (6).

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COSA RISCHIA L’’ITALIA

La difesa del migliaio di “irriducibili” trasgressori da parte dello Stato sarebbe una strategia di politica agricola senza senso che aggiungerebbe all’’inefficienza dell’’intero sistema comunitario ulteriore inefficienza a livello di contesto nazionale con conseguenze paradossali. In primo luogo, si creerebbe una situazione di aiuto di Stato a vantaggio non già dell’’intera categoria, ma solo di uno sparuto gruppo di imprenditori che non hanno rispettato le regole. In secondo luogo, si scaricherebbe di nuovo il peso di questo intervento sui contribuenti, che oltre a pagare prezzi dei prodotti lattiero-caseari al di sopra dei livelli concorrenziali dovrebbero remunerare in prima persona il costo di comportamenti fraudolenti. La politica, come spesso accade in Italia, continuerebbe a far pagare le proprie colpe, connesse a mancati interventi di rinegoziazione comunitaria delle quote latte, ai consumatori che, a differenza dei produttori, rappresentando un gruppo di interessi eterogeneo, non riescono a coalizzarsi in lobby. Il danno che si creerebbe sarebbe, inoltre, riferibile anche a quegli allevatori, la stragrande maggioranza, che in questi anni hanno speso ingenti somme, si stimano circa 1,85 miliardi di euro (dati Coldiretti), per acquisto o affitto di quote, sacrificando così parte degli investimenti all’’interno dell’’azienda.
In definitiva quello delle quote latte appare un doppio pasticcio: un meccanismo europeo che chiaramente danneggia i consumatori ed i produttori più efficienti, su cui si innesta un sistema nazionale che ha favorito uno sparuto gruppo di imprenditori inefficienti o disonesti a danno dell’’intera collettività.

Tabella 1: prelievi supplementari da pagare e pagati (milioni di euro)
Totale da pagare   Pagamenti
4.400 1.870 Pagati dallo stato italiano (periodo 1984-1996)
220 Pagati direttamente dagli allevatori senza rateizzazione
350 Rateizzati con legge Alemanno (interessi 0% in 14 anni)
730 Rateizzazione potenziale con legge Zaia (interessi al 7% in 30 anni)
980 Presso i tribunali per contenziosi non ancora chiusi
250 Persi per incuria di chi doveva riscuotere, o per fallimenti o decessi

Fonte: Coldiretti. Dati espressi in milioni di euro. Gli 1,87 miliardi ed i 220 milioni di euro sono stati già pagati rispettivamente dallo Stato italiano e dagli allevatori, mentre dei 350 milioni rateizzati in 14 anni ne sono stati pagati in sei anni poco meno della metà, in linea dunque con il piano di rimborso. I 730 milioni rateizzabili in base alla legge Zaia sono in attesa di essere pagati, mentre i 980 milioni oggetto di contenzioso devono attendere l’’esito dei processi nei tribunali.

(1)    É stato altresì istituito un meccanismo di compensazione che consente di sfruttare i quantitativi non utilizzati da taluni produttori per ridurre, ovvero eliminare del tutto, le sanzioni a carico dei produttori che viceversa risultano aver prodotto in più rispetto alla propria quota; il tutto comunque nell’’ambito del quantitativo nazionale di riferimento. Le sanzioni ai trasgressori non sono dunque l’’obiettivo ultimo, bensì uno strumento per evitare che un paese nel suo insieme produca più di quanto gli sia consentito.
(2)   Nel 2008 la UE ha deciso di aumentare le quote dei vari paesi dell’’1 per cento all’’anno per cinque anni fino al 2015. Con un provvedimento ad hoc l’’Italia ha potuto usufruire in una volta sola dell’’aumento del 5 per cento della propria quota, sicché il 2009-2010 è stato il primo anno in cui l’’Italia non ha superato il limite assegnatole.
(3)   La Corte dei Conti, con sentenza n. 11 del 15 novembre 1996, ha poi osservato che effettivamente i Ministri convenuti in giudizio avevano volontariamente dato disposizioni nel senso di non osservare la normativa comunitaria. La Relazione Speciale 3/2002 della Corte dei Conti é consultabile sul sito internet

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http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sez_contr_affari_com_internazionali/2002/Delibera_n._5_2002_e_relazione.pdf.

(4)   Pag. 6 della Relazione. Lo Stato italiano è stato, però, condannato dalla Corte di Giustizia Europea a pagare le “multe” non potendo uno Stato membro addurre come motivazione le difficoltà amministrative interne.
(5)   “Il prelievo è interamente ripartito … tra i produttori che hanno contribuito a ciascun superamento dei quantitativi di riferimento nazionali … I produttori sono debitori verso lo Stato membro del pagamento del contributo al prelievo dovuto”, art. 4 del Reg. (CE) 1788/2003. Ogni Stato ha il compito di riscuotere annualmente i tributi dalle aziende e versarli all’’Ue. Se non lo fa entro un certo termine, l’’Ue trattiene il dovuto dai contributi all’’agricoltura che annualmente corrisponde agli Stati membri. Dal momento che gli allevatori italiani hanno accumulato un debito cronico con lo Stato italiano, ne consegue da anni i nostri contributi comunitari all’’agricoltura vengono corrisposti in misura ridotta.

(6)   Più di 15.000 produttori hanno beneficiato della legge 119/2003 dell’’allora Ministro dell’’Agricoltura Gianni Alemanno per rateizzare i pagamenti spalmando i prelievi su 14 anni ad interessi zero, per un totale di 350 milioni di euro. Altri allevatori hanno invece deciso di pagare subito tutto senza rateizzazione, per un totale di 220 milioni di euro. Si veda Tabella 1.

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14 commenti

  1. maurizio sbrana

    A me, per quello che ho capito, sembra un grande scandalo: praticamente, per far piacere alla Lega, dobbiamo pagare miliardi di euro con le nostre tasse! Osservo solo due cose: 1) Ma l’opposizione non le sa queste ‘porcate’?; 2) Ma possibile che gli allevatori seri che hanno pagato non si rivoltino?

  2. GIGI BOLLATI

    E’ una situazione vergognosa. Mi piacerebbe capire se, per il futuro, la classe politica che ci governera, non importa di quale colore, avrà più interesse elettorale a difendere gli onesti od i disonesti. Temo, infatti, che nella politica non esista moralità, ma cinico calcolo elettorale e temo il peggio, vale a dire che le quote latte le pagheremo noi consumatori.

  3. paolo

    La genesi del pasticcio secondo me va trovata nel momento in cui dovevano essere assegnate le quote latte alle diverse nazioni. La Cee invitò ogni stato a fornire i dati sulle produzioni annue di latte e solo su quella base assegno le quote. Gli allevatori italiani dichiararono produzioni dimezzate se non peggio, dimostrando una mancanza di visione strategica e cercando di fare i furbetti. Così all’italia furono assegnate quote latte inferiori alla reale produzione. Il resto della storia è come stata raccontata dall’ottimo articolo di Castriota e Delmastro.

  4. marco

    Nell’articolo si ricorda " Il fatto che all’Italia furono assegnate quote inferiori al consumo interno doveva ovviamente essere oggetto di contrattazione in ambito comunitario, ma non puó in alcun modo giustificare il superamento delle produzioni consentite. ". D’accordo, ma manca un pò di storia che non viene mai raccontataappieno: Quale governo concordò le quote inizialmente? perché furono accettate quote assai inferiori al consumo? quali azioni sono state fatte in sede comunitaria per tentare di rimediare all’errore iniziale?

  5. paolo

    Se leggete le relazioni delle commissioni di indagine del 1998/99 , scoprirete che le multe non esistono essendo un parto dei voleri delle delinquenti quanto squallide organizzazioni di categoria:
    COMANDO CARABINIERI POLITICHE AGRICOLE 2 SETTEMBRE 2002 …..in breve gli acquirenti , di solito dispongono di quote di carta o per averle da amministratori regionali compiacenti o dalla autorità statale collusa ( è possibile provarlo). Con tali quote essi possono ritirare i seguenti prodotti in nero alla fonte: latte estero di dubbia qualità,latte in polvere,burro,creme di latte,formaggi e cagliate. é bene evidenziare che come quote di carta ,gli acquirenti giustificano di aver ritirato tale latte presso produttori fittizi o inesistenti in modo da averne benefici sia per compensazione ,sia per fatturare il latte ,così da renderlo legale e scaricare l"iva sia per affittare o cedere le quote ottenendone entrate illecite . Di solito tali quote risultano di produttori che ….non esistono e hanno aziende fantasma con capi bovini zero. Sono miriadi di piccoli agricoltori che a loro insaputa solo perche hanno alcune vacche sia da latte ,sia nutrici con veterinari delle asl ovviamente collusi risultano produttori di latte vaccino e così mantengono attive le quote si ripete ad insaputa del povero modestissimo produttore…
    COMANDO CARABINIERI POLITICHE AGRICOLE 15 APRILE 2010 raffrontando il numero capi nelle diverse banche dati con la media produttiva provinciale AIA pur aumentata del 10% in via prudenziale, risulta una differenza produttiva media, rispetto alla produzione totale italiana dichiarata in L1, talmente significativa da mettere in discussione lo stesso splafonamento dello stato italiano e quindi il prelievo supplementare imputato ai produttori a partire dal 1995/96 fino al 2008/09

  6. Tarcisio Bonotto

    Si dice: fatta la lenne, trovato l’inganno. Alcuni italiani sono maestri in questo e molti invece non sono in grado di controllare. A me dispiace, ma la colpa dovrebbe essere di qualcuno e si faccia una ricerca adeguata. Una prospettiva diversa invece dovrebbe avere la politica produttiva in Europa: le ‘quote’ risentono della teoria della ‘specializzazione produttiva’ e del "vantaggio competitivo" di Ricardo. La teoria è nata 200 anni fa e non ha mai funzionato perchè presuppone dei vincoli che in realtà non ci sono. Mi chiedo perchè Germania, Francia e Italia non producono il latte che devono produrre e il surplus lo mettono sul mercato? Perchè il surplus non viene trasformato e inviato nei paesi in cui vi è scarsità di latte? In Italia sono state uccise 1.500.000 mucche, molti agricoltori senza mucche avevano i mutui per le stalle e sono andati in malora. Meglio essere autosufficienti che dipendenti. Se la Germania per ragioni politiche non ci fornisce il latte che facciamo? Ci vogliono 3 anni per crescere mucche da latte. I pomodori dalla Cina hanno creato disoccupazione per 15.000 lavoratori, le ‘quote’ olive per circa 20.000, le quote grano duro per oltre 10.000.

  7. Fabio Colasanti

    Il peccato originale delle quote latte è nell’aver cercato di controllare la produzione per mantenere artificialmente alto il prezzo del latte. Le quote latte non erano tanto una quota di produzione, ma una quota di accesso alle sovvenzioni. Ogni litro di latte venduto al prezzo artificialmente alto del mercato comunitario equivaleva all’incasso di una sovvenzione. Se si voleva aiutare i produttori, come forse era giusto, si doveva farlo con aiuti diretti e non attraverso un prezzo artificiale che a volte è stato quasi il doppio del prezzo mondiale. Con aiuti diretti sono i contribuenti che pagano. Con i prezzi alti sono i consumatori. Gli effetti redistributivi dei due approcci sono evidenti. Ma in ogni caso, non c’era nessuna ragione per fissare quote legate al consumo nazionale. Forse che ogni paese europeo dovrebbe produrre il proprio vino? Ogni paese dovrebbe produrre il proprio olio d’oliva? Vogliamo ritornare all’autarchia?

  8. Martinelli

    La Lega Nord è l’unico partito che difende la posizione di quel piccolo gruppo di agricoltori che danno ascolto ai risultati delle indagini che nel corso degli anni i carabinieri e la guardia di finanza hanno eseguito sul tema delle quote latte. Questa è la verità. Tutti gli altri partiti si sono sempre resi colpevoli di mettere in ridicolo l’operato delle nostre forze dell’ordine e di polizia tributaria. Le affermazioni di esponenti di spicco come Casini, Fini, Bersani, ma anche esponenti della stessa componente del Pdl come il neo ministro dell’Agricoltura Galan evidenziano come non ci sia la benché minima considerazione dei dati ricavabili dalle relazioni frutto delle indagini sopra menzionate. Che politici sono questi che mettono in discussione l’operato di organi del nostro ordinamento come Carabinieri e Guardia di Finanza? Al lettore le sue considerazioni.. *L’ultima relazione al riguardo risale al 15 aprile 2010. E’ stata eseguita dal nucleo anti frode comunitaria dei nostri Carabinieri. Le conclusioni sono chiare ed inequivocabili.

  9. Marcello Graziano

    La misura delle quote può essere condivisa o meno. Cosa non è accettabile sono il menefreghismo e l’inettitudine dei nostri rappresentati in campo internazionale, visibile all’epoca dell’assegnazione delle quote.

  10. Edmont Dantes

    I veri ladri del latte sono le grandi multinazionali che prendono latte per uso agricolo in povere, gli aggiungono acqua e ridiventa magicamente un prodotto industriale, alla faccia dei piccoli produttori, perché nessuno parla del latte di bufala dal Brasile, o fa un conteggio rapido delle produzioni casearie e del latter prodotto…i conti non tornano. Per risolvere i problemi basta poco, maggior tracciatura, additivi coloranti per il latte ad uso zootecnico da non poter riciclare e maggiore onestà.

  11. Mauro

    Che la lega stia difendendo i "poveri" allevatori padani dalle ingiustizie subite è una barzelletta, tanto più che a fronte di un migliaio di trasgressori ci sono decine di migliaia di allevatori onesti che hanno rispettato le regole o che hanno spontaneamente deciso di pagare le multe. Invece di pensare a queste cose, la lega dovrebbe occuparsi di questioni ben più importanti. Il commento poi sullo scambio di quote latte-acciaio per aiutare Taranto ha qualche prova?

  12. Antonio Aghilar

    Se ci fosse (magari c’è e non lo so) una ricerca sulla efficienza e l’efficacia amministrativa delle classi dirigenti dei Paesi UE, non mi stupirebbe affatto vedere l’Italia all’ultimo posto, considerate anche le altre innumerevoli procedure d’infrazione, alcune delle quali (come quella sulle frequenze tv) a difesa degli interessi monopolistici del "capo". E l’interesse della Nazione? Quali interessi persegue la Lega Nord nella difesa di questi "onesti" imprenditori padani? Una e una soltanto: il proprio feudo. Ammesso e non concesso infatti, che sia lecito che un partito di governo si schieri così apertamente (e sciattamente) a difesa degli interessi di pochi disonesti, la cosa peggiore è la retorica sottostante (la Lega a difesa degli interessi degli "italiani"…intesi però come tribù accampata sulle rive del Pò). La Lega…Quelli che "Roma, Roma Ladrona" e poi Roma non è mai stata tanto ladrona (e inefficiente) come lo è ora che ci sono loro al Governo. Come poi se, tra le altre cose, fosse un mistero che uno dei motivi per cui il PDL si stà spaccando non sia proprio da ricercare negli insaziabili appetiti della Lega. Il peggior partito nella storia della Repubblica…

  13. andrea

    Perchè l’Italia deve importare il 50% del latte ed essere in multa per produrne di più? Perchè l’Europa fissa delle quote latte quando esso viene importato in polvere dalla Nuova Zelanda e rimarchiato come latte tedesco, olandese, ecc.. Perchè la Francia attraverso le sue multinazionali se ne frega delle quote latte importando (attraverso le multinazionali) latte dall’Argentina aggirando palesemente il vincolo? C’è qualcosa che non torna di sicuro. Le quote latte devono essere riviste perchè tutte queste vicende son assurde non solo per l’Italia ma per l’Europa stessa. A tal proposito è ottimo il documentario su questo problema trasmesso da Annozero http://www.youtube.com/watch?v=J9j3L0sWN7Y

  14. vincanzo.49

    Forse le quote latte italiane sono basse perchè i produttori, al momento della denuncia per la richiesta delle quote, non hanno voluto rendere pubblica la produzione e quindi il guadagno della loro attività; e, siccome siamo in italia, probabilmente per evadere le tasse.

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