Ringraziamo i lettori per gli utili commenti, che ci consentono di precisare alcuni aspetti del nostro pensiero che per motivi di spazio erano rimasti fra i tasti.
Anche se abbiamo affrontato una questione specifica, relativa a una categoria di lavoratori, e anche se il nostro punto di vista dà particolare attenzione alle professioni intellettuali e liberali, c’è alla base un problema generale di grande importanza, civile ed economico: l’età del pensionamento. Pochi ormai hanno dubbi che tale età debba essere aumentata e resa più flessibile. Il rischio di “gerontocrazia” c’è solo se prendiamo l’accezione generico-populistica del termine. Se intendiamo il fatto (empirico e non ideologico) che la percentuale di “anziani” in servizio è molto alta, in sé questo non è né un bene né un male. L’esempio (solo un esempio, non un confronto sistematico) che abbiamo fatto menzionando Harvard intendeva sottolineare che una università di assoluta eccellenza non sembra aver timore di avere docenti anziani: una volta tanto potrebbe essere bello seguire un esempio di questo genere (non pensiamo valga la pena imitare università di basso livello, abbiano o non abbiano molti anziani nei loro ranghi). Se però si desidera riequilibrare l’età media dei professori, il rimedio efficiente ed equo è assumerne di nuovi, giovani e bravi, procedura che sia nei fatti che nella logica è del tutto indipendente da quella di eliminare i vecchi. Sembra invece che alcuni non abbiano il timore, che a noi sembra molto fondato, che si possa decidere di mandare in pensione gli ultrasessacinquenni e non assumere nessuno al loro posto. Il timore è forte, perché, come notano anche Brugiavini e Weber nella loro risposta ai commenti ricevuti, il costo dei professori pensionati continuerà ad essere sostenuto dai contribuenti: le pensioni sono pagate dall’Inpdap, gli stipendi dall’Università, ma si tratta sempre del bilancio dello Stato e le due somme, in virtù della natura retributiva del sistema pensionistico, sono più o meno dello stesso importo (come si sa, non esiste un pasto gratis). Né potrà essere d’aiuto la parte della proposta PD, cui si accenna nei commenti, dove si menziona la possibilità che ai pensionati forzati vengano conferiti (perché poi dal CdA?) contratti per la didattica; in questo modo, oltretutto, i soggetti in questione verrebbero pagati due volte, dall’Inpdap e dall’Università (come, assurdamente, avviene già in parte anche oggi), e ci sarebbero meno spazio e meno risorse per i giovani!
Infine, sembra anche poco noto all’opinione pubblica che il ricambio generazionale è comunque imminente nei fatti. Il CUN stima una fuoriuscita di circa 1500 docenti l’anno, con conseguente pensionamento, entro il 2018, del 50% degli ordinari e del 25% degli associati attuali. Il pensionamento a sessantacinque anni indurrebbe invece un deflusso di circa 3000 persone l’anno, aprendo una voragine non solo a livello scientifico-culturale ma anche sul piano didattico-organizzativo. Noi ci spereremmo tanto, ma qualcuno crede veramente che sia possibile assumere 3000 nuovi docenti l’anno per i prossimi anni? Se ce la facessimo ad averne almeno 1500, scelti con criteri seri, noi saremmo contenti.
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Miriam
Questa difesa da parte dei professori universitari del privilegio di andare in pensione più tardi dei loro colleghi europei e degli altri dipendenti pubblici mi convince sempre meno. Il PD ha proposto di anticipare il pensionamento di 5 anni (fatto salvo il raggiungimento di un’età contributiva di 40 anni), di lasciar lavorare i più meritevoli con contratti annuali (che ovviamente, sommati alla pensione, non dovrebbero superare la loro attuale retribuzione lorda) e di utilizzare il 100% del risparmi effettuato per assumere giovani e per qualche progressione di ricercatori. Invece su lavoce si continua ad avanzare critiche che non hanno nulla a che vedere con i reali contenuti della proposta.
Severino Turchetti
Nei commenti a questa campagna degli ordinari che scrivono per La Voce contro l’unica proposta progressista in tema di università che sia stata avanzata negli ultimi 20 anni (campagna del tutto prevedibile, essendo gli ordinari una categoria strutturalmente ultra-conservatrice), è stata più volte linkata la proposta del PD. E’ scritto chiaramente che tutti i soldi risparmiati dalle università, in deroga alle limitazioni sul turnover, dovrebbero essere reinvestiti per nuove assunzioni e avanzamenti. Basta fare due conti per capire che in tal modo il personale delle università finirebbe per aumentare e non per diminuire, come erroneamente sostenuto in questa replica.
AM
Concordo sul fatto che per non pochi docenti il pensionamento a 65 anni rappresenti uno spreco di risorse intellettuali. Non condivido invece l’idea che manchino i ricambi. In Italia vi è un esercito di associati, molti dei quali, già maturi per la promozione a professori ordinari, si trovano in una situazione di incertezza sul loro futuro vuoi per le ristrettezze finanziarie degli atenei vuoi per la mancanza di sponsor accademici nei concorsi.
giovaluc
Vi sono 4 ex parlamentari radicali (Angelo Pezzana, Piero Graveri, Luca Boneschi e René Andreani), che percepiscono una pensione di 1.733 euro netti al mese per essere stati al Parlamento un solo giorno. Si sono infatti dimessi lo stesso giorno in cui sono stati proclamati eletti. Su questo link troverete l’elenco completo e la petizione da firmare. Fatelo girare è una cosa indecente!