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Il mantra dell’ente virtuoso

Il premio agli enti locali virtuosi è ormai una sorta di mantra della finanza pubblica italiana. Il problema è che le definizioni di “virtuoso” sono troppe e si basano su parametri spesso diversi e a volte contraddittori. Accade così che talvolta rientrino nella categoria anche comuni che sulla base di altri criteri erano stati giudicati vicini al dissesto finanziario. Per ogni tipologia di ente servirebbe invece una regola univoca, stabile e soprattutto non soggetta a continue eccezioni.

La pratica del mantra consiste nella ripetizione di una formula (sillabe, lettere o frasi), al fine di ottenere un effetto di benessere mentale e fisico. Il mantra, da tempo praticato dai seguaci di culture e religioni, è oggi assai diffuso anche fra i “manovratori” della finanza pubblica italiana. La formula, in tal caso, è la seguente: “premiare gli enti virtuosi”. L’’obiettivo è fare in modo che i provvedimenti varati si traducano in un premio per (o quanto meno non penalizzino) gli enti dotati di “virtuosità” finanziaria. Facciamo qualche esempio fra i moltissimi che si potrebbero citare.

ESEMPI DI (PRESUNTA) “VIRTUOSITÀ” FINANZIARIA

La recente manovra estiva ha previsto pesanti tagli a carico di Regioni ed enti locali (complessivamente 6.300 milioni di euro per il 2011 e 8.500 a decorrere dal 2012) e ne ha rimesso il riparto fra i singoli enti a successivi provvedimenti, con l’’obiettivo mantratico di “premiare gli enti virtuosi”. (1) Ancora più esplicita era stata la manovra estiva 2008, che addirittura ha introdotto il concetto di “virtuosità” nel dettato normativo. (2) Stesso discorso vale per legge delega sul federalismo fiscale, nel cui testo il concetto ricorre per ben sette volte. (3)
Nulla di strano, perché quello di “premiare gli enti virtuosi” è senz’’altro un fine nobile, così come quello di punire quelli “ladroni”, benché sia meno frequentemente evocato e fin qui mai codificato in legge, ma solo in qualche slogan elettorale. Ma chi sono e come vengono individuati gli uni e gli altri? Qui purtroppo le cose si complicano un po’’.
In effetti, nessuno è stato finora in grado di definire compiutamente la “virtuosità” finanziaria degli enti pubblici. Il problema non dipende dalla mancanza di definizioni, ma dal loro eccessivo numero. In altre parole, vi sono troppe definizioni, che si basano su parametri spesso diversi e talora contraddittori. Facciamo qualche esempio.
La manovra estiva 2008 ha previsto un premio a favore degli enti locali “virtuosi”, allentando i vincoli del famigerato Patto di stabilità interno. Per individuare i beneficiari sono stati definiti due indicatori di “virtuosità” finalizzati a premiare la minor rigidità strutturale del bilancio e (in modo assai singolare, visto il quasi contestuale ridimensionamento del principale tributo comunale) il maggior grado di autonomia finanziaria di ogni ente. Ebbene, proprio grazie ad alcune “furbizie” contabili legate alle modalità di introito dei trasferimenti statali compensativi della minor Ici prima casa, fra i “virtuosi” sono risultati anche i comuni di Palermo e Catania, che, sulla base di altri parametri, erano prossimi al dissesto finanziario. (4)
Malgrado lo sfortunato precedente, la manovra estiva 2010, per ripartire i tagli, impone nuovamente di tenere conto dell’’autonomia finanziaria, ma anche del rispetto del Patto, dell’’incidenza della spesa per il personale, nonché, per le sole Regioni, dell’’adozione di misure di contenimento della spesa sanitaria e di contrasto al fenomeno dei falsi invalidi. Parametri anche sensati, per carità, ma inspiegabilmente diversi da quelli previsti da altre norme della stessa legge o di altre leggi. Ancora un esempio (occhio alle date): l’’ultima manovra estiva alleggerisce il Patto 2010 a comuni e province alla sola condizione che abbiano rispettato il Patto 2009, mentre una legge approvata nella scorsa primavera ha consentito alle Regioni di fare altrettanto a favore degli enti locali in regola col Patto 2008 e che dimostrino di aver effettuato, nel 2009, spese correnti in misura inferiore alla media del triennio 2006-2008 e di avere al 31/12/2008 un rapporto fra dipendenti e popolazione inferiore alla media nazionale rilevata per fascia demografica. (5)
Il risultato di questo intricato guazzabuglio normativo è che lo stesso ente, nello stesso istante, a seconda della noma da applicare, può trovarsi a essere “virtuoso”, non “virtuoso” e (quasi) dissestato.

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QUALI SOLUZIONI?

Com’’è evidente, il problema non è escogitare metodologie di misurazione della “virtuosità” finanziaria dei diversi enti. Occorre individuare pochi parametri che siano sensati, ovvero coerenti con il contesto complessivo della finanza pubblica e della relativa normativa e tendenzialmente stabili. Per gli enti locali potrebbe valere la seguente regola: è considerato virtuoso in un certo anno chi ha rispettato il Patto nell’’anno precedente. Ovviamente la struttura del Patto andrebbe rivista per eliminare le numerose storture che la versione attualmente vigente determina e che sono state da ultimo evidenziate anche dalla Corte dei conti. (6) E soprattutto occorrerebbe evitare di stravolgerlo almeno una volta all’’anno, come finora è sempre accaduto. Per le Regioni, la regola dovrebbe essere diversa, non potendo non considerare anche la gestione della sanità, che attualmente esula dal Patto propriamente detto. In ogni caso, dovrebbe trattarsi di una regola univoca per ogni tipologia di ente (evitando l’’attuale, paradossale situazione di “virtuosità differenziata”) e soprattutto non soggetta a continue eccezioni. Quale migliore occasione dell’’attuazione di una normativa sul federalismo fiscale che pone tanta enfasi su tale concetto? Diversamente, il caos continuerà e con esso il rischio di penalizzare gli enti veramente virtuosi a scapito di altri meno meritevoli. Con buona pace del mantra.

(1) Vedi l’’art. 14 del Dl n. 78/2010, convertito dalla legge n. 122/2010.
(2) Si veda l’’art. 77-bis, comma 23, del Dl n. 112/2008, convertito dalla l. n. 133/2008.
(3) Legge n. 42/2009.
(4) Ovvero i parametri definiti ai sensi dell’’art. 242 del Testo unico degli enti locali (Dlgs n. 267/2000).
(5) La legge primaverile cui si fa riferimento è la n. 42/2010, di conversione del Dl n. 2/2010.
(6) Vedi la recente Relazione sulla gestione finanziaria degli enti locali – Esercizi 2008-2009.

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  1. antonio petrina

    La definizione di ente virtuoso, oltre che nelle norme testè citato dal dr barbero, si collega agli enti non in deficit,ma in avanzo (come da regole della contabilità pubblica), da ente che rispetta il patto di stabilità, da ente con spese del personale al di sotto del 50 % delle spese correnti.ecc.: di tutto ciò ha preso in considerazione la recente sentenza del TAR Piemonte n. 379 del 12 maggio 2010 che ha censurato la legge finanziaria del precedente governo ( L.2442007) che aveva arbitrariamente effettuato tagli agli enti locali indipendentemente da quelli virtuosi o meno. La sospensione delle sanzioni per gli enti locali non virtuosi sono state curiosamente richieste anche dall’Anci negli emendamenti alla manovra (ma non accolti).

  2. bonifacio

    Per far comprendere, faccio alcuni esempi elementari, molto elementari per far capire quello che intendo per virtuosità. 1) Negli ospedali le siringhe vengono acquistate a costi molto differenti. Basterebbe acquisire i prezzi spuntati nelle varie regioni, mediarli con quelli delle nazioni vicine. Chi acquista siringhe dal costo vicino alla media, può procedere, altrimenti se ne deve incaricare un organismo centrale che seguirà i criteri stabiliti.Così per tutte le categorie di merci che lo stato acquista coi vari enti centrali e periferici. Non è possibile che in Lombardia le siringhe costano 100 ed in Sicilia 500. 2) Gli enti statali devono avere delle statistiche per molti settori operativi censibili. L’ente che ha le statiste difformi deve spiegare perchè e ci deve essere una commissione che giudica il caso. Devono essere previste sanzioni per il responsabile. 3) I comuni virtuosi devono seguire la procedura delle statistiche che poi è possibile mediare per capire quali comuni sono virtuosi secondo regole che andranno a comporre le medie secondo le statistiche. Per i comuni fuori dalle medie in peggio devono essere previste sanzioni come il commissariamento e nuove elezioni.

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