Tra chi vorrebbe rafforzarlo e chi vorrebbe abolirlo, sull’Ecopass milanese si sta per giocare una partita decisiva. Vi sono sul tavolo alcune opzioni per cercare di risolvere i problemi del traffico urbano. L’obiettivo di ridurre l’inquinamento non è però l’unico che un Ecopass riveduto e corretto potrebbe contribuire a raggiungere. Cruciale è anche limitare il congestionamento. E per entrambi gli obiettivi altre ipotesi di soluzione non sembrano altrettanto efficaci.
Fermatesi le bocce per la pausa estiva, il pallino dell’Ecopass milanese ha ripreso a correre, sospinto dai lanci dei vari esponenti della politica locale in una cornice di fondo che si chiama elezioni per il nuovo governo della città della primavera 2011.
LE EVOLUZIONI E LE INVOLUZIONI DELLA POLITICA
Abbiamo da poco acquisito il parere dei tre candidati alle primarie del Centrosinistra (tutti favorevoli, anche all’allargamento ed estensione dello strumento) e abbiamo registrato la raccolta di firme a favore dello svolgimento di cinque referendum (uno dedicato proprio all’Ecopoass) da parte dell’associazione Milano si muove, animata dal verde Enrico Fedrighini, dal radicale Marco Cappato, ma soprattutto da Edoardo Croci, padre di Ecopass ed ex assessore sacrificato dal sindaco Moratti sull’altare del compromesso politico a fronte dello sostanziale insensibilità o tacita contrarietà della Casa delle libertà e degli attacchi della Lega che ha instancabilmente bollato quello strumento come inutile (Salvini: un esperimento finito e fallimentare). Se infatti il vice-sindaco De Corato sosteneva che Ecopass funziona, i partiti dicono basta, è superato, stando al titolo del Corriere della sera – pagine milanesi – del 29 agosto 2010.
Mentre resta da vedere se la società civile, con la raccolta delle firme necessarie per tenere i referendum entro il 6 novembre, riuscirà a superare quella politica che da tempo è indecisa sul futuro di Ecopass, ma che intanto non partecipa alla settimana europea della Mobilità sostenibile, indetta dalla Unione Europea dal 16 al 22 settembre 2010, noi restiamo in attesa di conoscere i risultati della commissione di saggi (indicati ciascuno dai vari partiti della maggioranza
) che entro novembre dovrà presentare le proprie valutazioni circa quattro ipotesi alternative: 1) affossare il ticket, 2) estenderlo a un’area più ampia e con classi di pagamento diverse dalle attuali, 3) trasformarlo da pollution charge in congestion charge (pagano tutti, anche i veicoli ecologici) o 4) chiudere il centro (ipotesi caldeggiata dalla Lega).
Prima di entrare nel merito delle opzioni sul tavolo, sui relativi pregi e difetti, è però il caso di richiamare alcuni punti fermi dell’intera questione.
PUNTI FERMI
1) Innanzi tutto parliamo di qualità dell’aria e del suo continuo peggioramento ad opera in particolare di uno specifico inquinante, il cosiddetto particolato o polveri sospese, in acronimo Pm (Particulate Matter). I principali fattori antropici responsabili delle polveri sospese nelle aree urbane sono il traffico stradale e il riscaldamento in quanto prodotti dalle emissioni dei motori a combustione interna e da quelle del riscaldamento domestico, in particolare alimentato a gasolio, carbone o legna. Molto meno rilevanti in ambito urbano sono le polveri prodotte da impianti industriali, inceneritori, centrali elettriche, raffinerie, cementifici.
2) Il Pm è identificato dal diametro delle particelle misurato in micron μ: normalmente si fa riferimento al Pm10, particelle inferiori a un centesimo di millimetro, che inalate penetrano nel tratto respiratorio superiore (naso e laringe), e al Pm 2.5, particelle inferiori a un quarto di centesimo di millimetro, che penetrano profondamente nei polmoni fino a raggiungere gli alveoli. Questi inquinanti provocano gravi danni alla salute, come anche Annunziata Faustini su questo sito ci ha recentemente ricordato: per ogni incremento di 10 μg/m3 di Pm10 si verifica nelle città italiane un aumento dello 0,7 per cento di morti per cause naturali ed un aumento dello 0,8 per cento dei ricoveri ospedalieri per malattie respiratorie.
3) Per le ragioni appena citate con apposite direttive la Commissione europea ha fissato dei limiti alla concentrazione di Pm10 nell’aria, che attualmente sono: massimo 40 μg/m3 in media danno, una concentrazione giornaliera massima di 50 μg/m3, soglia che non può essere superata più di 35 volte per anno civile. Questo numero di sforamenti viene da alcuni anni raggiunto nella città di Milano già entro la fine di febbraio ponendo dunque l’amministrazione in regime di infrazione con conseguenti pesanti penali da pagare.
4) Collegato a quanto appena detto è il fatto che la città di Milano, e più in generale la pianura padana, sono caratterizzate da particolari condizioni meteo climatiche che nella stagione invernale si concretizzano in ristagno delle nebbie e persistenza dell’inversione termica: ciò impedisce la dispersione degli inquinanti anche per lunghi periodi. Maggiore è la cosiddetta stabilità atmosferica maggiori sono le concentrazioni di inquinanti. Precipitazioni e venti possono risolvere il problema naturalmente. Questo fatto spiega perché in città come Milano (ma anche nelle altre della valle padana) è più difficile raggiungere con politiche opportune (o anche in assenza di esse) un miglioramento della situazione rispetto ad altre realtà urbane.
5) Da ultimo, secondo la Relazione sullo stato dell’ambiente del comune di Milano del 2007 (Rapporto qualità dell’aria, energia e agenti fisici, di cui non ci risulta siano stati pubblicati aggiornamenti) il traffico veicolare costituisce la principale fonte d’inquinamento per buona parte degli inquinanti, tra cui Pm10 (69 per cento) e Pm2.5 (66 per cento). La combustione negli impianti termici civili è la seconda causa, responsabile di Pm10 (21 per cento) e Pm2.5 (23 per cento). In entrambi i casi, per il maggiore fattore di emissione specifico che lo caratterizza, è il gasolio a contribuire maggiormente all’inquinamento, pur rappresentando una quota minore sui consumi rispetto ad altre fonti (benzina da una parte e gas naturale dall’altra).
6) L’evidenza appena fornita toglie ogni alibi a chi, per giustificare l’inazione o peggio ancora la volontà di rimuovere o ridimensionare gli strumenti di regolazione del traffico veicolare, sostiene che il problema è il riscaldamento domestico. Su questo fronte l’unica misura ragionevole, che va adottata al più presto, è quella di una progressiva eliminazione delle caldaie a gasolio, nafta o olio combustibile, con l’indicazione di un preciso termine temporale per la sostituzione, possibilmente accompagnata da misure di incentivazione. Questo phasing-out non sostituisce in alcun modo, ma anzi si deve accompagnare, alle misure sul traffico di cui ci stiamo occupando.
È SOLO UN PROBLEMA D’INQUINAMENTO?
Venendo al traffico, il problema dell’inquinamento che abbiamo considerato finora è il principale effetto esterno causato dall’utilizzo dei veicoli, che a sua volta produce dei danni soprattutto alla salute il cui costo i conducenti degli autoveicoli non sostengono direttamente. L’economista chiama questa un’esternalità negativa che, se non corretta, finisce con produrre troppo inquinamento.
In realtà l’utilizzo delle strade comporta altri importanti effetti esterni cui, con opportune tecniche di valutazione, posso essere associati dei costi. Secondo un’analisi, nemmeno molto recente, del caso inglese, vi sono diverse esternalità prodotte dall’uso delle strade, la più importante delle quali per costo comportato è il congestionamento, seguito dall’inquinamento dell’aria e quindi dagli incidenti (si veda la tabella).(1) Naturalmente questi costi esterni variano grandemente secondo l’orario e la collocazione geografica: secondo uno studio del 2006 del ministero dei Trasporti britannico i costi esterni del congestionamento nelle zone rurali erano pari a 2p/km e quelli nelle o attorno le principali conurbazioni pari a 56 p/km, con valori fino a 86 p/km nelle ore di punta nella Central London. (2)
Se, come appare chiaro, anche nel caso milanese non si tratta solo di un problema di inquinamento da polveri sospese, ma anche largamente da congestionamento, allora è evidente che un intervento regolatorio è indispensabile e che la tipologia di intervento dovrebbe mirare a correggere (internalizzare) almeno queste due principali esternalità. Dal momento che sono generate dalla stessa causa, l’utilizzo del veicolo a motore, la soluzione è quella di strutturare una misura in maniera tale che cerchi, per quanto possibile, di riflettere le caratteristiche di tali fenomeni. Quindi sarà una misura che dovrà applicarsi nelle zone dove il traffico e il congestionamento è più intenso, idealmente in maniera progressivamente più stringente, nelle zone, nei periodi e per quelle tipologie di veicoli per cui l’inquinamento è più intenso.
LE OPZIONI SUL TAVOLO
Non è difficile evincere, alla luce delle considerazioni appena fatte, che uno strumento come l’Ecopass può essere opportunamente ristrutturato così da rispondere il più possibile alle esigenze e finalità appena ravvisate. Attualmente Ecopass è una pollution charge, dove i mezzi più inquinanti pagano di più, ma con importanti esenzioni e con canoni non sufficientemente alti da scoraggiare il traffico in maniera significativa e in una zona non sufficientemente ampia, tanto da ridurne di fatto l’efficacia. Ciò che andrebbe fatto sarebbe trasformare Ecopass in una misura mista di controllo sia del congestionamento che dell’inquinamento, facendo pagare tutti i mezzi che attraversano la città, ancorché con tariffe differenziate in base all’inquinamento prodotto. Il provvedimento per essere sufficientemente efficace (insieme, beninteso ad altre misure) dovrebbe essere spazialmente esteso e reso più oneroso, magari gradualmente nel tempo.
Esistono alternative a questo provvedimento così emendato, che siano altrettanto o più valide? Non sembrerebbe. Altre caratteristiche di strumenti come Ecopass non vanno poi trascurate. Anzitutto è uno strumento di mercato, non comporta divieti, ma altera la convenienza dei conducenti di autoveicoli a fare certe scelte: non è ristretta la loro libertà o volontà di attraversare la città, è solo resa più costosa. Il singolo individuo preferirà questa possibilità di scelta o la restrizione della propria libertà che il blocco del traffico o le targhe alterne comportano? Non pare difficile dare una risposta. Si potrebbe tuttavia osservare che misure restrittive come obblighi e divieti sono più egualitarie in quanto colpiscono tutti indistintamente (mal comune
), garantendo allo stesso tempo un’eguale efficacia nel raggiungimento dei fini. In realtà le opzioni alternative, a differenza di Ecopass, non hanno il vantaggio della modulabilità: una tariffa può essere variata rapidamente o periodicamente a seconda della maggiore o minore intensità dei fenomeni di inquinamento/congestionamento, blocchi del traffico e targhe alterne no. Per giunta queste ultime misure non producono gettito per le (esangui) casse comunali. Se queste entrate sono cospicue, e se non devono esser impiegate per pagare multe conseguenti allo sforamento dei limiti di inquinanti stabiliti dalla legge, possono essere utilizzate per estendere e rafforzare il servizio di trasporto pubblico, a partire , per esempio, dalla costruzione di nuove linee della metropolitana. E poiché sono soprattutto i meno abbienti a usufruire del trasporto pubblico, ecco che diventa possibile riconquistare con uno strumento tipicamente regressivo come Ecopass, accanto all’efficacia e alla costo-efficienza, anche il requisito dell’equità.
E QUINDI?
Se si vuole seriamente affrontare il problema degli effetti negativi che il traffico urbano comporta per la realtà milanese, senza nascondersi dietro improbabili alibi e senza indugiare ancora a lungo, appare davvero difficile potere prescindere da quella che è stata la più significativa intuizione del tandem Croci-Moratti e che il sindaco ha lasciato progressivamente e colpevolmente fino ad oggi deperire.
Nota: gli operating costs rappresentano i costi di usura del manto stradale.
Fonte: Sansom et al.
(1) Sansom, T., C. A. Nash, P. J. Mackie, J. Shires and P. Watkiss (2001), Surface Transport Costs and Charges Great Britain 1998, University of Leeds: Institute for Transport Studies.
(2) Department for Transport (2006), Transport Demand to 2025 and the Economic Case for Road Pricing andInvestment, London: DfT
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luigi del monte
Articolo ben argomentato e inattaccabile, complimenti! Vorrei aggiungere che oltre alla costruzione di nuove linee di metropolitane (necessarie) sarebbe utile migliorare l’esistente, per esempio non far circolare veicoli promiscuamente con i tram (ad eccezzione di residenti per limitati percorsi ove non possibile altre soluzioni, strade strette con tram su entrambe le carreggiate), preferenziare i semafori al passaggio dei tram in modo da non far perdere tempo al tram e accorciare il tempo di viaggio (appeal del mezzo pubblico). Tutte queste due soluzioni congiuntamente creano un effetto sinergico che migliora notevolmete il viaggio. Tutto ciò comporta che per compiere il percorso A-B ci si impiega un tempo standard indipendentemente dal traffico.
Franco
Premesso che con la sostituzione dei veicoli più inquinanti grazie al naturale ricambio del parco mezzi autombilistici la “pollution charge” perde progressivamente “clienti”. Credo che dovrebbero essere facilitati i percorsi pubblici attraverso ad esempio: – razionalizzazione dei percorsi dei mezzi che talvolta hanno delle strettorie e dei vincoli di percorso che li rallentano; -introdurre un sistema per cui i mezzi pubblici, specialmente su percorsi protetti, potrebbero avere priorità rispetto ai mezzi privati; – aumentare il controllo delle soste e dei transiti da parte di privati sulle corsie preferenziali liberando e rendendo più veloci i passaggi; – rivedere la rete generale riducendo i tempi di percorrenza fra le diverse destinazionie e non, come ad esempio, dove la modifica del percorso del tram numero 2 costringe a prendere anche tre mezzi a chi prima arrivava in centro con un solo mezzo. Se questo comporta costi insostenibili ripensare al fatto che il costo del biglietto è ancora fermo a molti anni fa.
Piero Rossi Cairo
Faccio i miei complimenti per l’articolo. Terminata la lettura mi viene da chiedervi se non sia possibile quantificare il gettito che una misura come l’ecopass è in grado di garantire (almeno in media su un arco temporale). Distinti saluti
Adriano Sala
L’articolo, che altri commenti elogiano, è veramente squallido, ancorché corredato di dati, perché si limita a indicare strumenti di interdizione, senza analizzare le cause del traffico. Se non si individuano e si rimuovono le cause del traffico, qualunque intervento di interdizione sarà prima o poi metabolizzato e saremo daccapo, finché non resterà altro che abolire il traffico. E di cause del traffico non ci sono tracce nell’articolo, sembra solo che l’autore giudichi gli automobilisti dei poveri bambocci che si divertano, non che siano costretti, ad attraversare la città. Non si parla di folli scelte sulle reti commerciali: più ipermercati, meno negozi sotto casa. Non si parla di piste ciclabili, non si parla di riforma complessiva dei trasporti, ad esempio taxi cari e introvabili, di mezzi pubblici rigidi (anziché di bus on demand), di servizi pubblici (vedi asili) al servizio dei dipendenti non degli utenti, pardon, dei clienti. Allora la conclusione è solo tasse per impinguare le casse comunali, come se gli automobilisti non pagassero ben oltre i servizi pessimi che ricevono: l’autore sa che gli automobilisti pagano una tassa extra sulla salute?
salvatore
Concordo con Adriano Sala, poi aggiungo: ma chi sono questi gran cervelli che a fronte di strade a un senso di marcia fino ad un certo punto vanno in una direzione e successivamente nella direzione opposta? Ma hanno mai visto cosa succede all’estero? E le rotonde ogni 300 metri? Un continuo stop & go. Ad ogni ripartenza il motore, a bassi regimi, produce più inquinanti. Nei paesi seri, quando si fa un piano regolatore, si fanno i trasporti pubblici in contemporanea con le nuove edificazioni. Ma avete visto gli uffici di Assago quanti anni fa sono stati fatti e la metropolitana non è ancora arrivata? Di cosa parliamo? Grandi belle dissertazioni corredate di bei grafici che mancano del dato politico di corruzione perenne che certamente non è utile al traffico. Poi ci saranno le tangenti per le attrezzature Ecopass e, in caso si debbano togliere, ci saranno le tangenti sulla rimozione. Questa è la realtà, il resto è aria fritta: il pesce comincia a puzzare dalla testa!