Non è certo impossibile gestire i rifiuti nella normalità o rinunciare alle discariche, come impone la norma Unione Europea. Per mettere a regime un sistema di gestione così fatto servono tuttavia alcuni ingredienti di base: tempo, contrasto dei molti interessi, consenso. A Napoli il tempo è stato dilapidato. Il partito dell’emergenza è più forte che mai e condiziona qualsiasi scelta. E di consenso ovviamente neanche a parlarne. Così l’ennesimo piano di emergenza risolverà la crisi di oggi, ma creerà i presupposti per quella di domani.
Puntuale come un attacco di febbre terzana, ecco l’ennesima emergenza rifiuti partenopea. I crudi numeri presentati da Claudio Cicariello ne illustrano chiaramente le cause, e su di essi c’è ben poco da ricamare.
Un anno e mezzo fa, ci si illuse che mandare l’esercito a presidiare le discariche potesse risolvere il problema. Ma già all’epoca fummo facili profeti nel prevedere che, una volta spenti i riflettori e rispediti a casa i soldati, tutto sarebbe tornato come prima.
COSA NON HA FUNZIONATO
Il punto decisivo riguarda la rigidità del modello gestionale, costruito su ipotesi estremamente tirate: basta un nonnulla per inceppare l’ingranaggio. Le soluzioni magiche, purtroppo, esistono solo nella fantasia. A Napoli la fantasia non fa difetto, tanto che la Regione ha voluto mettere nero su bianco l’obiettivo del rifiuto zero: uno slogan accattivante, ma alla prova dei fatti niente più di questo, e di fronte alle scene trasmesse dai Tg suona amaramente comico.
Il cosiddetto piano Bertolaso rappresentava l’unica soluzione possibile dato il punto a cui erano arrivate le cose. Ma non lo si dimentichi, era una soluzione gravemente sub-ottimale, come ci viene ricordato dalle procedure di infrazione incombenti e dal recente rapporto del Parlamento europeo. Quel piano derogava in maniera clamorosa a principi di gestione che nell’Unione Europea sono da tempo norma.
In sostanza, il piano per Napoli continua a basarsi sulla soluzione end-of-pipe destinata al rifiuto tal quale: incenerimento a regime, discarica nel provvisorio, con una spruzzatina di raccolta differenziata tanto per dire che la si fa. Cicariello ricorda opportunamente quanto sia difficile immaginare alte percentuali di raccolta differenziata con i sistemi porta a porta in un contesto congestionato come l’area napoletana. Tuttavia, dopo aver assistito mortificato ed esterrefatto all’umiliazione di una città e di un paese intero, mi sarei aspettato per lo meno che degli sforzi messi in atto per sviluppare le raccolte e dei progressi fatti o non fatti si desse conto, mostrando almeno l’impegno profuso, foss’anche solo per convincere chi mugugna di quanto sia difficile arrivare a certi traguardi. Invece, ho la sensazione che la cosa sia stata fatta di malavoglia e senza crederci fino in fondo.
Acerra doveva essere l’apripista degli altri impianti, il fiore all’occhiello per dimostrare l’infondatezza delle preoccupazioni sulle emissioni inquinanti. Ma i molti problemi che l’impianto ha avuto, e che ne hanno finora impedito il funzionamento a regime, lasciano il dubbio che ci fossero deficienze progettuali e strutturali su cui si è voluto mettere un rattoppo pur di tagliare il nastro in diretta tv. Quanto alle discariche, certo imprescindibili nel breve termine, almeno un paio di impianti di biostabilizzazione in più, per evitare di mandare in discarica rifiuti putrescibili e maleodoranti, forse si potevano realizzare in pochi mesi.
Certo, da quaggiù al Nord è facile pontificare, e se formulo questi rilievi lo faccio con il massimo rispetto per chi, nell’immondezzaio napoletano, ha avuto il coraggio di metterci le mani e la faccia. Non è facile attribuire colpe specifiche, quando la crisi è, evidentemente, una crisi di sistema, che come tale ha chiare connotazioni di bene pubblico. Nel calcio si dice che si vince e si perde in undici, senza dimenticare dirigenti che hanno fatto la squadra, lo staff tecnico e medico, i massaggiatori e i supporter. In questo caso, il presidente ha continuato ad affermare trionfante che la squadra era da Champions League, ma poi continuiamo a ritrovarla invischiata nella lotta per non retrocedere. Che si fa allora? Si cercano capri espiatori negli arbitri? O si cerca di risolvere la situazione licenziando il mister?
TEMPO, CONSENSO E CONTRASTO DEGLI INTERESSI
Gestire i rifiuti nella normalità non è certo impossibile: accade in tutto il mondo. Neppure rinunciare alla discarica, come in sostanza impone la norma Unione Europea, è impossibile: dall’Olanda alla Svezia, dalla Danimarca alla Germania, le soluzioni da adottare sono sotto i nostri occhi. E in molte parti d’Italia, del resto, si praticano con successo.
La strada da percorrere è rappresentata da un mix di soluzioni che partono dalla raccolta differenziata, valorizzando il rifiuto attraverso il recupero diretto o indiretto; proseguono bruciando il residuo che rimane a valle della separazione, compostando la parte organica quando possibile raccoglierla in modo separato, e ricorrendo alla discarica solo per i pochi materiali, ormai inerti, che residuano a valle di tutti questi cicli di trattamento. Si potrà discutere caso per caso se è opportuno spingere il recupero diretto di qualche punto percentuale in più o in meno, ma ben raramente si riuscirà a fare completamente a meno di qualcuno di questi tasselli, con buona pace degli esteti.
Per mettere a regime un sistema di gestione così fatto servono tuttavia alcuni ingredienti di base, che a Napoli sono mancati, senza i quali la crisi è destinata a ripetersi ciclicamente sempre uguale.
Serve, innanzitutto, tempo. La discarica è la vera risorsa scarsa della gestione dei rifiuti e, come per tutte le risorse scarse, occorre pianificare per tempo la soluzione alternativa, quando ancora si dispone di margini di manovra. Raccolta differenziata e impianti industriali richiedono tempo per andare a regime. La discarica costa poco se ci si limita a calcolare il suo costo finanziario: se ben costruita e gestita con criteri moderni, costa intorno ai 50 /t, meno della metà di qualsiasi soluzione alternativa. Ma un bel giorno si esaurisce e allora il sistema va in tilt. Senza aspettare quel giorno, è indispensabile creare le condizioni che rendano economicamente sostenibile l’offerta di soluzioni alternative, imponendosi di limitare l’uso della discarica (anche facendola costare artificialmente di più), avviando da subito le soluzioni che, a regime, dovranno sostituirla.
Serve, in secondo luogo, un’azione decisa per contrastare i molti interessi che dall’emergenza guadagnano. Si dice: la camorra, e Dio solo sa quanto la criminalità abbia prosperato sulla immondizia campana: ma forse è un modo riduttivo di vedere il problema. Prima della camorra, vengono anche tutti quei soggetti che, in modo legittimo ma non per questo meno nocivo, campano sulla gestione emergenziale, da chi ospita provvisoriamente ecoballe sui terreni agricoli a chi possiede e gestisce, vendendo a caro prezzo, i pochi siti rimasti, passando per chi lucra sull’intermediazione grazie alla quale, nell’emergenza, i rifiuti possono essere collocati virtualmente a qualsiasi prezzo, anche a migliaia di chilometri di distanza.
Serve, in terzo luogo, il consenso. Che tuttavia richiede un paziente lavoro di tessitura sociale che dura decenni, ed è fatto di partecipazione, trasparenza, lealtà al territorio. Ingredienti che non mancano certo nelle realtà virtuose di cui il nostro paese pure abbonda: la chiave del successo, nella Brescia dei mega-inceneritori come nella marca trevigiana dei comuni ricicloni, passa sempre per il coinvolgimento informato dei cittadini, per una collaborazione tra istituzioni, aziende e ong, per una costruzione del problema che renda la comunità consapevole della sua natura collettiva, senza vergognarsi di ricorrere anche allo scambio politico ed economico con il fine di compensare le comunità pronte a ospitare gli impianti. Che, se gestiti correttamente, sono certamente un disturbo, ma non inquinano comunque più di tante altre attività industriali. Vanno però gestiti correttamente per davvero, non imbrogliando la gente promettendo cose che poi si sa di non poter mantenere, come è avvenuto a Terzigno, dove, se la memoria non mi inganna, si disse che sarebbero finiti solo rifiuti stabilizzati. Anche i famosi treni diretti in Germania hanno trasportato molti rifiuti tal quali, contravvenendo alle norme europee che ne permettono l’esportazione solo se sono destinati alla valorizzazione. (1)
Per tutti e tre gli ingredienti a Napoli si è fatto, per anni, il percorso inverso. Il tempo è stato dilapidato aspettando che le discariche si esaurissero, scempiando il territorio al punto che oggi è praticamente impossibile trovare un sito adatto. Il partito dell’emergenza è più forte che mai e condiziona qualsiasi scelta, tanto che viene perfino il sospetto che a soffiare sul fuoco delle sommosse ci siano anche quanti temono, con il ripristino della normalità, di perdere le rendite di posizione di cui godono. Quanto al consenso e al capitale sociale, certamente il modo peggiore di costruirlo è quello di aspettare l’ultimo momento per intervenire poi con l’esercito e infine calare le brache di fronte alla protesta al solo scopo di guadagnare il consenso per qualche altra settimana (fino alle prossime elezioni anticipate?).
Nella gestione del caso Napoli, il governo ha voluto per l’ennesima volta privilegiare l’effimero al sostanziale, l’annuncio roboante al paziente lavoro, il ghe pensi mi alla visione strategica. L’ennesimo piano di emergenza risolverà la crisi di oggi, ma creerà i presupposti per quella di domani, come una pera di eroina placa solo temporaneamente l’astinenza del tossico.
(1) Secondo la norma, l’incenerimento può essere considerato una valorizzazione solo se il rendimento energetico supera una certa soglia, cosa che non avviene con il rifiuto tal quale.
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zannarini
Come ogni problema ha in sè la sua soluzione così pure lo smaltimento dei rifiuti può essere risolto; certo non con i desueti sistemi (inceneritore e discarica ) ma partendo da differenti interpretazioni, e sempre che lo si voglia risolvere. La complessità di Napoli per concentrazione di popolazione e logistica sedimentata nei secoli è problematica far passare dei compattatori per tante strade è impossibile, ma farci passare un tubo per il trasporto dei rifiuti organici è molto più semplice. Togliendo un terzo dei rifiuti ( rappresentato dalla parte organica ), il problema si riduce notevolmente e si presenta molto più attaccabile, anche da una raccolta differenziata orientata al recupero di materia; a questo punto ciò che rimane (25-30 per cento) può anche essere incenerito sul vecchio impianto. Vi pongo solo una piccola domanda: quanto biogas si può produrre con la parte organica dei rifiuti di Napoli? C’è un giacimento di gas e neanche lo sappiamo.
La redazione
Temo che il "rifiutorganicodotto" che lei propone, quando pure fosse realizzabile tecnicamente, avrebbe un costo spropositato oltre a sconvolgere per qualche anno il già turbolento traffico cittadino. La proposta di usare le fogne installando i triturarori nei lavandini è plausibile, ma con costi molto elevati e sicuramente non a breve termine; vi sarebbero poi in ogni caso da adeguare i depuratori, e poi andrebbero smaltiti i fanghi in più (incenerendoli …). La discarica del tal quale è desueta, e sicuramente lo è anche un incenerimento pensato come sistema di smaltimento tout-court; ma un sistema imperniato su un buon incenerimento del residuo (a valle di differenziate più o meno spinte) e una discarica finale per i materiali inerti che risultano dai trattamenti è, al momento, la soluzione più affidabile.
Luigi Calabrone
Bene l’analisi contenuta nell’articolo, che tuttavia conclude: “Nella gestione del caso Napoli, il governo ha voluto per lennesima volta privilegiare leffimero al sostanziale, lannuncio roboante al paziente lavoro”. Come mai non si indica in alcun modo l’inerzia delle autorità locali (Regione, Provincia, Comune di Napoli, ecc.) e si da per scontato che non abbiano alcun ruolo nel risolvere il problema? Forse la Campania è già, di fatto, una colonia, dove, mancando una struttura di governo locale, a causa di ignoranza, impreparazione, incapacità amministrativa, malavita e quanto di peggio, solo una autorità esterna – il Governo centrale, appunto, nella sua veste di amministratore della colonia – è capace ed ha i poteri per agire? Se è così, si modifichi la Costituzione e, fino a che la Campania non avrà ricostituito una sua classe dirigente, si prenda atto che deve essere governata da fuori, con poteri straordinari – eventualmente ricorrendo anche alla forza (l’esercito, appunto, come già avviene), se necessario. Ciò per tutto il tempo – minimo un paio di decenni – al termine di cui i Campani avranno riacquistato – si spera – la capacità di governarsi da soli.
La redazione
Concordo perfettamente con lei, e mi spiace se per esigenze di spazio ho dovuto sacrificare questo punto. Credo che il "partito dell’emergenza" cui faccio riferimento sia il principale nemico di una gestione finalmente restituita alle procedure ordinarie.
luca capozzoli
Sono un convinto sostenitore della soluzione nota come "mix strategico" che va contestualizzato in ogni singola realtà locale dove va ad implentarsi. La Campania dovrebbe essere guidata e monitorata con la forza mentre si forma una nuova classe dirigente e si ri-educhi al senso civico e al valore del "bene comune" i numerosi cittadini. Sono però scettico sul fatto che la parola "zerorifiuti" sia solo evocativa di una filosofia irrealizzabile. La teoria dello "zero waste" non è per niente in contrasto con la maggior parte delle fasi elementari, così come adottate e diffuse a livello comunitario, che compongono il famoso mix strategico, anzi mi sembra la naturale estensione della rinnovata consapevolezza dei limiti ambientali con il quale il mondo globalizzato fa i conti quotidianamente. Perchè non dedicare soldi ed impegno allo studio della frazione residua destinata all’incenerimento per evitare che essa sia prodotta? Ripensiamo ai nostri stili di vita, al consumo delle risorse, estendiamo la responsabilità a tutti gli attori coinvolti nella produzione dei rifiuti, ed ecco che come per magia stiamo facendo rifiutizero!
Zannarini
So bene qual’è la situzione fognaria di Napoli e me ne guardo bene da proporre soluzioni che la vadano ad aggravare ulteriormente; la tubazione proposta è un collegamento, di piccolo diametro, da punti di raccolta rionali dotati di appositi trituratori. L’organico pompato andrebbe in Digestori Anaerobici per la produzione di biogas (150-200 mc/ton di organico) e la parte solida rimanente, completata la stabilizzazione, sarebbe utilizzata come ammendante in agricoltura (possibilmente arricchita di fertilizzanti) effetto collaterale: miglioramento del tenore di humus e cattura del Carbonio. L’eliminazione dell’umido consentirebbe un miglior punto di lavoro dell’inceneritore e conseguente miglior rendimento non solo elettrico ma manutentivo e riduzione di scarti (rappresentanti il 20- 30% del tonnellaggio in ingresso). La raccolta differenziata di qualità potrà immettere sul mercato del riciclo materiali molto più apprezzabili degli attuali e conferire all’inceneritore solo i residui della raccolta. Il piano è ampio ma la soluzione Inceneritore-Discarica è fin troppo semplicistica e piena di costi reali e nascosti che non ci possiamo più permettere.