In un editoriale apparso su La Stampa domenica 24 ottobre, Lorenzo Mondo, riferendosi alle note vicende di Terzigno, sostiene una linea condivisa da molti commentatori: le anime pie, vescovo di Nola in testa, farebbero bene a non puntellare una protesta irragionevole; l’opposizione all’apertura della discarica è sostanzialmente fomentata dalla criminalità organizzata.
La prima considerazione è radicata, di fatto, nella massima: meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera.
L’argomento di Caifa non è solo discutibile dal punto di vista morale; la sua applicazione al caso specifico è profondamente dannosa sul piano degli incentivi. Lo è perché deresponsabilizza il resto della cittadinanza. Se i miei rifiuti vanno in casa d’altri, che incentivo ho, per dire, ad effettuare la raccolta differenziata? Che incentivo ho a limitare gli sprechi? Un buco si troverà sempre per sgombrare il mio uscio. Tanto basta.
Per ciò che attiene alla seconda considerazione, è appena il caso di rilevare quanto sia paradossale accusare i campani di non reagire alla mortificante condizione in cui sono immersi, per poi considerarli, non appena reagiscono, come mossi da ragioni inconfessabili (ciò, ovviamente, prescinde dalla condanna agli eccessi che si sono verificati negli ultimi giorni).
Le due precedenti considerazioni spesso procedono con una terza: non si può consentire che qualsiasi intervento venga bloccato dalle comunità locali. Dall’opposizione al termovalorizzatore di Acerra a quella verso le discariche di Chiaiano e Terzigno, le comunità locali impediscono di fatto la soluzione del problema rifiuti in Campania.
Si tratterebbe, in pratica, di una forma degenerata di sindrome nimby (not in my back yard): tutti vorrebbero una soluzione del problema, ma ognuno soppone alla possibilità che il problema venga risolto nel proprio cortile.
E davvero questo il punto? Bisogna allora usare la forza per costringere i riottosi a cooperare?
UN PROBLEMA DI REPUTAZIONE
Perché le comunità locali si oppongono a qualsiasi intervento apparentemente risolutivo dell’emergenza?
La risposta è che nessuno, direi a ragione, si fida.
Come in qualsiasi altro caso in cui non sia immediatamente verificabile la qualità del bene fornito, ciò che conta è la reputazione del fornitore; in questo caso la reputazione delle autorità che a vario titolo sono investite della responsabilità del problema. Queste si sono dimostrate incapaci di risolvere unemergenza che dura ormai da quasi vent’anni. Quando, costretto dal precipitare della situazione, è intervenuto il Governo, i rifiuti sono immediatamente spariti. Ciò, tuttavia, anziché stimolare la fiducia verso le autorità competenti, l’ha depressa.
In questi anni, a Napoli, era comune la domanda: ma dove l’hanno messa l’immondizia?. Già, dove l’hanno messa? Il sospetto che per far fronte all’emergenza venissero utilizzati metodi poco ortodossi di smaltimento si è fatto strada, e la reputazione delle autorità ne è risultata vieppiù compromessa.
E chiaro che quando la controparte gode di una cattiva reputazione, la riluttanza ad accettare uno scambio sarà notevole. Se poi lo scambio si cerca di imporlo, la reazione sarà imprevedibile.
Se lo stesso Bertolaso ha ammesso che occorrono interventi per bonificare l’area in cui sorge la prima discarica di Terzigno, ormai stracolma; se egli stesso indica nel termovalorizzatore di Acerra una possibilità per fare fronte, temporaneamente, all’emergenza, è lecito o meno sospettare che in nome dell’emergenza in quella prima discarica sia stato gettato di tutto? E lecito o meno sospettare che non si andrà tanto per il sottile quando si tratterà di bruciare un po’ di rifiuti nel termovalorizzatore?
E lecita o meno, a questo punto, la posizione di chi si preoccupa della salute propria e dei propri figli, e non vuole che il problema di tutti sia risolto spargendo veleni nel cortile della propria casa?
SE DAVID HUME È UN CATTIVO CONSIGLIERE
In un articolo di recente pubblicato su Science, Sam Bowles (1) riconsidera la nota posizione espressa da Hume, secondo cui, nello stabilire un qualsiasi sistema di governo occorre partire dall’ipotesi che ogni uomo sia un furfante e non abbia altro interesse che l’interesse personale. Nella visione di Bowles, muovere dalla premessa che ogni uomo sia un furfante, disegnando le regole in conformità a questa premessa, conduce ad un esito opposto rispetto a quello che si vorrebbe conseguire. Si finisce cioè per incentivare comportamenti da furfanti. Nel caso specifico, si supponga che io mi convinca dell’inutilità di richiedere il rispetto delle regole; potrei allora essere tentato di derogare alle regole anch’io pur di addivenire ad una soluzione del problema, utilizzando poi la forza nei confronti di chi eccepisce l’illegittimità della mia posizione, per imporre la soluzione prescelta; non è impensabile però che ciò scateni una reazione violenta.
Nel caso della discarica di Terzigno, la strategia attuata dal Governo, pressato da un’emergenza principalmente frutto dell’incapacità (ad essere benevoli) degli amministratori locali, ha fatto appunto perno su: rilevanti deroghe alle regole di salvaguardia ambientale e tutela del territorio (basti a questo proposito considerare che l’ulteriore discarica di Terzigno era situata all’interno del Parco nazionale del Vesuvio, patrimonio dell’umanità secondo l’Unesco); l’utilizzo massiccio dell’esercito, giustificato dagli evidenti problemi di ordine pubblico connessi con la gestione dell’emergenza.
Vi sono motivi per ritenere che tale strategia non poteva che mostrare evidenti limiti (2). Innanzitutto perché la soluzione definitiva del problema richiede necessariamente una diffusa quanto intensa cooperazione, che non può che fondarsi su di un diligente rispetto delle regole. Ora, può il richiamo al rispetto delle regole essere efficace se il primo a non rispettare le regole è proprio il soggetto che fa il richiamo?
Il secondo motivo che doveva indurre a dubitare dell’efficacia della strategia governativa è connesso ai problemi di reputazione richiamati in precedenza. Il sito individuato per la nuova discarica di Terzigno era già, dal 14 novembre 2009, presidiato dall’esercito, così come l’area della discarica di Chiaiano o quella in cui è installato il termovalorizzatore di Acerra. Tale circostanza di fatto impedisce il controllo pubblico rispetto a ciò che viene gettato in discarica, ovvero nel termovalorizzatore, alimentando il sospetto che per gestire l’emergenza si sia disposti a sacrificare la salute di una parte della popolazione.
Se la fiducia accordata dai cittadini alle autorità investite del problema è condizione necessaria per la soluzione del problema stesso, occorre chiedersi come esse possano conquistarla.
In primo luogo sarebbe opportuna una modifica della strategia comunicativa. Affermazioni del tipo: risolverò il problema in dieci giorni, sono tali da ingenerare il dubbio che per salvaguardare la propria immagine l’esecutivo non andrà tanto per il sottile nel delineare il piano necessario a fronteggiare l’emergenza. Sembra banale, ma ciò sta contribuendo a creare notevoli tensioni presso il sito di stoccaggio di Giugliano e presso la discarica di Chiaiano, compromettendo l’esito della strategia di breve periodo delineata da Bertolaso.
In secondo luogo, una volta che sia stato con onestà chiarito che la soluzione del problema richiede tempo, il governo dovrebbe farsi carico di indicare una data entro la quale saranno demilitarizzate le aree deputate allo smaltimento. L’utilizzo dell’esercito, e la disponibilità ad inviare altri militari all’occorrenza, va infatti nella direzione opposta a quella che sarebbe auspicabile fosse intrapresa; occorre aprire le porte, non chiuderle; invitare la gente a rendersi conto che si è capaci di gestire impianti che comportano solo un trascurabile impatto ambientale. E amaro doverlo riconoscere, ma quella data dovrebbe segnare il momento in cui, finalmente, si sarà ricondotto entro le regole lo smaltimento dei rifiuti in Campania. Quanto precede dovrebbe poi concordare con un’azione volta a convincere i cittadini che la strategia di lungo periodo delineata dalle autorità competenti non è opaca come in effetti appare. Per ragioni di spazio mi limito a considerare solo una questione (3). E’ opinione diffusa che in presenza di un’efficace raccolta differenziata, da tutti ritenuta necessaria, il solo termovalorizzatore di Acerra sarebbe sufficiente per le esigenze della provincia di Napoli, non rendendosi necessario un ulteriore termovalorizzatore, c.d. di Napoli Est, per la cui costruzione sarà a giorni pubblicato un bando di gara. E’ lecito immaginare che nessuno impegnerebbe risorse in un investimento così specifico, il termovalorizzatore di Napoli Est appunto, se fosse davvero convinto che la raccolta differenziata sarà attuata? E’ lecito sospettare che una volta effettuato l’investimento vi saranno pressioni atte ad evitare che il termovalorizzatore di Napoli Est sia inutile?
(1) Bowles,S., 2010. Policies Designed for Self-interested Citizens May Undermine The Moral Sentiments: Evidence from Economic Experiments. Science 320, 605-609.
(2)E’ istruttivo visitare il sito del Sottosegretario di Stato per l’emergenza rifiuti in Campania , dove, tra le altre cose, si legge: Questo sito è aggiornato al 31 dicembre 2009, data di conclusione del mandato del Sottosegretario di Stato per l’Emergenza Rifiuti in Campania e della fine dell’emergenza.
(3)Un’ulteriore questione, più generale, riguarda la necessaria quanto urgente riforma dell’assetto normativo. La legge 26/2010 ha di fatto esautorato i comuni, attribuendo a costituende società provinciali competenze esclusive circa la raccolta dei rifiuti, lo smaltimento e la tariffazione a carico degli utenti. Vi sono motivi per ritenere dubbia la bontà del disegno normativo, soprattutto perché la presenza di un’unica società a livello provinciale non consente che vengano adeguatamente premiati i cittadini (e le amministrazioni) dei comuni più virtuosi nell’effettuare la raccolta differenziata; la presenza di un’unica società provinciale espone poi il sistema ad un maggior rischio di infiltrazione della criminalità organizzata.
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lormar
Bell’articolo con molti punti illuminanti , Ma debbo dire -con la morte nel cuore da napoletano di studi e di famiglia che vive a Roma e ha una sorella a Napoli – che la cultura della differenziata non esiste salvo eccezioni a Napoli . Per connessione d’argomento percorrendo Corso Vittorio Emanuele (via bene si dice !?) si fa lo slalom in mezzo alle deiezioni canine.
alessandro vigiani
Il caso di Napoli sia piuttosto l’anteprima di quello che accadrà ovunque in Italia quando le discariche dove viene gettato l’indifferenziato saranno piene.
Secondo me, qualcosa si puo’ fare in modo serio e da subito (magari per qualcuno potra’ esser pure fonte di reddito) usando la "cauzione", parola ormai passata in disuso, ma a mio parere andrebbe ripristinata e aggiornata in pien . Quanto sotto si potrebbe fare da subito
1) ogni comune dovra’ trovare apposite aree di deposito temporaneo
2) a ogni famiglia o azienda del territorio il comune stesso dovra’ inviare una tessera magnetica contente gli estremi anagrafici e apposito spazio di memoria per il carico e scarico del valore ( tipo tessera sanitaria per intenderci )
3) il codice a barre e’ l’identificativo del funzionamento del sistema .
Faccio un piccolo esempio una bottiglia di acqua minerale costa circa 0,30 , facciamo pagare 1.30 di cui 1 euro di cauzione , che verra’ caricato su tale tessera alla consegna del vuoto nei punti autorizzati . Perfezionando questo concetto ai vari materiali arriveremo al riciclo almeno del 90 % .