La decisione di accorpare i tribunali, eliminando molte sedi minori, è positiva per i costi dello Stato ma anche per la giustizia e quindi per l’interesse del cittadino. Consente infatti di sfruttare le economie di scala e soprattutto di specializzare i giudici, aumentandone così la produttività. Anche i costi diretti per il cittadino che ricorre alla giustizia civile potranno essere ridotti se, grazie alla maggiore dimensione delle sedi, si potrà accelerare l’introduzione del processo telematico.
Meno tribunali e quindi meno costi per lo Stato. Ma anche più giustizia, e potenzialmente anche minori costi, per i cittadini. Era uno dei messaggi più forti lanciati dalla Commissione tecnica per la finanza pubblica nel suo Rapporto sulla revisione della spesa che venne consegnato, a scioglimento appena avvenuto, il 12 giugno 2008.(1) Quattro anni persi, a causa del passaggio delle consegne al ministero dell’Economia da Tommaso Padoa-Schioppa a Giulio Tremonti.
PERCHÉ È MEGLIO UN TRIBUNALE GRANDE
Ma come si giustifica la certezza che sia una buona mossa, a dispetto dell’antica regola di portare il giudice vicino al cittadino? Innanzitutto, sono forti i risparmi di spesa ottenibili con la concentrazione dei tribunali. Anche un piccolo tribunale comporta infatti significativi costi fissi: di locazione e manutenzione dell’immobile, di sorveglianza, di pulizia. E c’è inoltre il costo medio di attrezzatura e di segreteria, che diminuisce al crescere della dimensione.
Ma le pur significative economie di scala sono la parte meno importante della storia, senza contare che non sono illimitate e che oltre una certa soglia si trasformano in diseconomie di scala e sconsigliano i mega-tribunali. La parte più importante è la produttività dell’apparato giudiziario, il che significa essenzialmente la produttività del giudice. E questa, da cosa dipende? Nella produzione manifatturiera di massa, la produttività del lavoro cresce aumentando il numero e la potenza delle macchine manovrate dall’uomo. Nei servizi di qualità, invece, è illivello di sapere incorporato nell’addetto – nei più vari mestieri: chirurgo, acconciatore, professore, restauratore e, appunto, giudice – che, a parità di talento naturale e di ore lavorate, fa aumentare in quantità e qualità il prodotto. Da tale analisi risulta che per far crescere la produttività bisogna esaltare il processo dilearning by doing da parte del produttore dei servizi. Per farla breve, tutti gli studi in materia, tra cui è doveroso ricordare almeno quelli di Daniela Marchesi, concludono che il giudice è tanto più produttivo – cioè emette sentenze più rapide e anche più pregevoli e meno soggette a ricorsi – quanto più è specializzato. (2) Non che debba fare la stessa cosa per tutta la vita. Va mantenuta l’attuale prescrizione di un cambio di materia ogni decennio: per evitare le tentazioni legate al restare troppo nello stesso giro (ci fosse analoga norma per tutti i politici e non solo per i sindaci!) ma anche per evitare che la specializzazione sfoci nella sclerotizzazione. Per dieci anni, però, è bene che ciascuno operi nello stessa branca della giustizia. Ecco allora il pregio maggiore dell’accorpamento dei tribunali: solleva il giudice dalla necessità di saltare quotidianamente da un campo all’altro del diritto, come avviene inevitabilmente nei piccoli tribunali, e consente la specializzazione dei giudici. In tal modo, promette più giustizia per i cittadini. (3)
UNA ORGANIZZAZIONE MIGLIORE
La maggiore dimensione consentirà anche di organizzare meglio l’apparato di sostegno del giudice: gestione dell’archivio, raccolta della documentazione, programmazione delle udienze e delle testimonianze, sistema informativo. L’esito più importante di una simile iniezione di efficienza nella macchina della giustizia è costituito dal processo telematico, che dovrebbe dominare nelle cause civili. Portando “la giustizia a casa delle persone”, esso promette di coniugare la concentrazione dei tribunali con la comodità dei cittadini, realizzando l’ottimo sociale. Verso tale meta il nostro sistema avanza con sfibrante lentezza. Colpa della difficoltà oggettive di elaborare le corrette procedure, ma anche colpa del costo per attrezzature e addetti, che richiedono ambedue costanti aggiornamenti. Sotto quest’ultimo profilo, l’adeguata dimensione dei tribunali, pur non essendo a rigore né condizione necessaria né condizione sufficiente, appare un forte fattore agevolante.
In conclusione, si capisce sul piano umano la reazione di quanti sono toccati dai tagli. Ma molto meglio se le azioni ostili si trasformano in domanda sociale di piena ed efficiente riorganizzazione tecnica dell’apparato giudiziario, in modo che la concentrazione dei tribunali assicuri ai cittadini minori costi personali di giustizia, oltre che minori tempi di attesa.
(1) Commissione tecnica per la finanza pubblica, La revisione della spesa pubblica. Rapporto 2008, ministero dell’Economia e delle Finanze, Roma, 12 giugno 2008, pp.43-46.
(2) Vedi, ad esempio, D. Marchesi, “Giustizia civile: buoni obiettivi e occasioni mancate” , in M.C. Guerra e A. Zanardi (a cura di), La finanza pubblica italiana. Rapporto 2008, Bologna, Il Mulino.
(3) La Commissione tecnica per la finanza pubblica (op. cit. p. 45), nell’ipotesi di una insormontabile opposizione politica all’accorpamento dei tribunali, suggeriva una soluzione di second best, consistente nella specializzazione per materia delle attuali sedi giudiziarie. Va dato atto, quindi, che il governo attuale sta perseguendo con coraggio la strategia più efficiente.
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